generazioni, distanza, perché

Le generazioni si accusano a vicenda, sempre che si caghino ancora, relativamente ad alcune cose specifiche, mi sembra. Non intendo temi politici che partono dal momento di lavorare.

Si parla di sentirsi giudicati, di aggressività passiva (se va bene, passiva). Ma chiaramente ci sono i gusti, i modi, la moda, gli abiti, la musica! Gli interessi culturali, il linguaggio.

Quello che pare a me ora, maggio 2024, è che la causa di questo che pare conflitto, lotta, sia dolore. E paura, sempre. Dolore perché tutte quelle cose uniscono e sentirsi esclusi da qualcuno che inizialmente avresti voluto includere o che avresti voluto includesse te, ti fa paura. Ma soprattutto ti addolora: i tuoi vecchi ti sono lontani. I tuoi giovani ti sono lontani. In cosa? Proprio in quelle cose in cui vorresti foste assieme. Il linguaggio. La musica. Gli interessi culturali. Le cose che si considerano “belle” o “brutte”.

Quel rifiuto porta dolore proprio dove si pensava di trovare unione.

E per affrontare queste diversità serve impegno, interesse e impegno, impegno per quell’interesse e interesse per quell’impegno. E tempo! E chi ha tutte queste cose e vuole?

Come siamo bravi ad isolarci in nuovi modi.

Il sollievo del fatto che non freghi a nessuno

Tre miliardi di anni fa tizio cantava “siamo soli nell’immenso vuoto che c’è”, ma scommetto che qualcuno con un po’ di cultura seria potrà dirci che il concetto alla base forse può essere reperito anche nei Veda, in qualche scrittura Egiziana, nei filosofi antichi sia qui che in Cina oppure magari tra i Maya.

A nessuno gliene frega un cazzo di te.

Può sembrare disperante. Ma pensate di vergognarvi, per qualche motivo; pensate di sentirvi brutti, inadatti, socialmente indesiderabili. Potreste, nel posto e momento sbagliato, si, raramente, essere presi di mira per essere sfottuti, ma circa dopo i 7 anni dovreste aver capito, se siete quel tipo di persona, dove non andare per trovarvi additati. Fuori da quello specifico ambito di gente che fa il tiro al piattello con noi brutti e sfigati per divertimento, esiste la norma. E la norma è che non ti cagano, stai tranquillo/a. Ti senti solo o sola? Beh ma pensa perlomeno che l’aspetto di quell’isolamento che puoi gradire è: anche se ti stessi cagando addosso, in questo preciso momento, non gliene fregherebbe un cazzo a nessuno. Puoi cantare stonato/a. Puoi ballare in soggiorno. A nessuno gliene frega un cazzo se sei ridicolo/a.

E così quando vuoi morire. A nessuno gliene frega poi davvero un cazzo. Stai senza sentire nessuno per 4 settimane e vedi. A chi interessa? Non manifestare esistenza con social, telefono, presenza fisica. Qualcuno? No? Nessuno? Quanti anni hai? Se non sono neanche mamma e papà forse devi sentirli tu, magari stanno male e devi occupartene tu.

Ma magari no, stanno bene. Non gli frega, potresti essere sparito/a da tempo, rapito da un serial killer per sbaglio, nell’acido da una settimana, ormai sciolto/a.

È triste? Ma è anche liberatorio. Se a nessuno frega di te, se muori sono tutti cazzi tuoi, non fai male a nessuno. Certo, magari sul momento. Ma poi? Hanno dato priorità, ogni giorno della loro vita recente, negli ultimi anni, a qualcosa. E tu in quel qualcosa non c’eri mai. Ci hai fatto capolino e non ti hanno cagato. Offeso? Offesa? Ma non importa: il punto è: perché diavolo dovrebbe fottergliene qualcosa ora? Loro si fanno la loro vita ora e se la faranno domani, mentre tu imputridirai e tornerai a far parte del resto del materiale organico e inorganico.

Può rattristarti non essere interessante per nessuno, ma quando pensi che non gli frega di te, non gli interessa, gli sei indifferente: questo vale per tutto ciò che sei. Non hai di che vergognarti perché la vergogna è un fatto sociale: e tu alla società non gli freghi, la società guarda da un’altra parte. La società, al massimo, ti chiede di fare della fatica in più oltre a quella che devi fare tu per far sopravvivere te e contribuire alla fatica collettiva senza volto, che conta solo il peso di fatica che metti su una ipotetica bilancia, un silos delle nostre fatiche, dalle quali attingere se collettivamente si delibera che qualcuno può.

Dunque, che obbligo hai? Hai dei debiti? Ne sei sicurissima/o ? Con chi? Con i tuoi genitori? Tu li hai creati o loro hanno creato te?

Hai dei figli? Hai un/a partner? Ti cagano? No? Che questo sia colpa e pena o che sia sfiga e dolore, essi non ci sono. Dunque se non hai debiti materiali: puoi morire, non soffriranno nel non vederti più di quanto non soffrano nel non vederti pur essendo tu viva/o. Non gli interessa un cazzo di te: vedi come è liberatorio? Non devi sentirla come una ferita, un buco scavato in te, non è qualcosa di te che ti viene tolto, ma una finestra dentro la quale nessuno guarda, che tu la tenga aperta o meno, se questa è la tua condizione.

La desideravi o è il frutto, la conseguenza della somma delle tue azioni e reazioni?

Questo può sicuramente causarti dolori per rimorsi, rimpianti, se. Tutti inutili, perché nel passato, che non puoi toccare.

ok basta così.

Buco nero #29384723 (delirium)

Il momento presente, fare qualcosa ora, per ora; e basta. Niente per il futuro, niente per domani, per l’umanità, per il futuro. Lo scopo della vita, realizzazione di sé. Immagino un DJ, un musicista che fa un pezzo alla moda, oggi per oggi, che non serve a null’altro che a divertire oggi, a soddisfare l’oggi. Questa è l’immagine che mi viene in mente: le persone che più incarnano “il momento presente”. Due amanti che scopano, la realizzazione dei sensi, costante, ogni giorno ripetuta. Tu che lavori ad una cosa e poi la raggiungi, naturalmente. E che mentre la raggiungi ne hai già in mente un’altra certo, quella roba lì. Ma l’arte o la produzione di espressioni? Che scopo ha, avrà, domani? Costruire qualcosa che duri … che senso ha? Ha senso per chi?

Delirio.

Oggi male.

Mi hanno prestato un big muff. 20 anni dopo che me ne sono interessato e sicuramente almeno 15 da quando me lo sarei anche potuto comprare.

La mia solitudine è fastidiosa.

La mia antipatia è peggio?

Accumulo musica, dopo quasi 17 anni da quando avevo deciso che era troppo, che non sarei mai riuscito ad ascoltarla, che non riuscirò, nuovamente, mai ad ascoltare. Questa volta ad una qualità impareggiabile, infinitamente superiore. Mi dico che lo merita, che merita di sopravvivere, di essere preservata.

Mi dico anche che a nessuno frega un cazzo molto poco dopo.

La vita eterna potrebbe essere un paradiso di esplorazione e godimento del tutto. Oppure un inferno di infinita solitudine e malinconia.

Delirio ancora. Che dice il dizionario? Ah beh si, ci sta, sono io: “stato di alterazione mentale, consistente in una erronea interpretazione della realtà, anche se percepita normalmente sul piano sensoriale, dovuta a profonda trasformazione della psiche e della personalità”. Sono io: psicologia, tu sai sempre dipingere un marrone della miammerda.

Depressione, orario, cibo?

Mi alzo normale, vado sul gruppo FB di nota associazione fotografica profesionale mentre sono sul cesso, leggo la testimonianza di un tipo: riporta quella di una ragazza che è stata in stage da un altro fotografo e hanno fatto matrimoni col cellulare. Chiede opinioni.

Naturalmente si finisce sempre per citare frasi e aforismi di famosi fotografi del pre-digitale. Credo che il mezzo fotografico di espressione non sia sufficientemente vissuto dalla popolazione tutta per poter essere guardato come la scrittura o la musica. Qualcosa che, in un modo o nell’altro, diventa alla portata di tutti. Eccomi qui, io scrivo. Ma non vivo di scrittura. Una appassionata scrittrice, di quelle che fanno la scuola di scrittura, sicuramente più preparata, competente, colta di me, mi fece tanti complimenti che porto con me. Certo, era innamorata, quindi: posso crederle? Non lo saprò mai. Ma non scrivo per mestiere, nessuno paga per avere il privilegio di leggere ciò che produco, per averne una copia, per riconoscermi il valore monetario della mia fatica e proprietà intellettuale. Evidentemente non ce n’è motivo, mica è taccagneria. Se puoi cucinarti “du’ ova” da solo, lo fai, mica aspetti Cracco: anche se dopo aver visto come le prepara, su youtube, mi levo il cappello e respect to you. Non mi pagano per scrivere testi per qualcuno. Non ho intrattenuto né cambiato la vita a qualcuno con i miei testi. Eppure in qualche modo, come tanti di voi, so scrivere. Ecco, questo fa di me uno scrivente ma non uno scrittore. E così, citando Smargiassi, il fotografare rende molti “fotografanti” ma pochi “fotografi”. Al di là di chi ha passione per questo genere di approfondimento però, esiste il mestiere.

Chi fa questo mestiere è stato prima appassionato e poi lavoratore. Magari ha mantenuto la pasione ed accresciuto la cultura.

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La musica mentre non c’ero

Claudio Baglioni, Luciano Ligabue, Vasco Rossi hanno pubblicato diverse cose mentre io non c’ero. Parliamo dei pù grossi personaggi del paese, non è che proprio facciano le cose in sordina. Non esistevo molto, ero più in preda della mia sola disperazione e depressione. Della mia tristezza anche prima. Del mio disastro lavorativo generale? Ad ogni modo non mi sono affatto accorto che stavano sfornando forse i loro ultimi album. Il mondo cambia, a me interessa molta altra roba, forse era questo. Comunque dopo aver mollato per un calcolo (ho più roba che tempo per ascoltarla, fino alla fine della vita) il download selvaggio, ed aver invece imparato tutto sulla conservazione della qualità di ciò che ho, poi mi sono interessato poco.

Ora mi accorgo che sono successe molte cose che ho ignorato. Forse sono stato attento ad altre. Forse sono stato, come spesso sono, come un adolescente, rinchiuso in me stesso, senza accorgermi che il tempo passa nel mondo.

Ma come sempre attraverso la musica, il tempo che io ho conosciuto e vissuto, attraverso la musica, mi porta quasi sempre tristezza. Me ne porta meno quello che non ho conosciuto, le scoperte di “questo esisteva e tu no”, forse.

Io vivo sempre così ( cronache da un Corona World )

Mettetevi un disco ambient di Brian Eno qualsiasi. Non quelli con la voce. Non le collaborazioni. Brian Eno vero. Se non fa per voi non importa, tenetelo e guardate fuori la notte, fermi alla finestra o in terrazzo, se ce l’avete. State li un po’.

Dissolvenza su nero, passate ad un largo schermo di computer.

Io vivo sempre come ora voi state vivendo in questo momento. Io #restoacasa quasi sempre. Tutto sommato è, per il 75% del tempo, il mio posto di lavoro. Quindi quando voi andate al lavoro e io vado “al lavoro in ufficio”, stiamo facendo la stessa cosa. Ma io lo faccio a casa mia. Quando scatto, momento bellissimo, origine della “materia prima”, sto solo facendo una piccola parte del lavoro.

Ora, proprio adesso che siamo in “isolamento fiduciario”, in quarantena come continuano a chiamarla tutti, io non noto grandi differenze.

In questo momento vorrei che – senza che muoia nessuno – restasse tutto così, fermo, mentre io con lentezza procedo, egoisticamente, a cercare di fare due soldi, a cercare di imparare cose. Ma con lentezza, calma. Senza correre. Perché spesso noi corriamo solo perché dobbiamo, non perché vogliamo. Molti hanno una indole più sbrigativa. Io talvolta, ma solo se lo sento io. Ora invece mi fa sorridere vedere gente che non sa che cazzo fare della propria vita se sta in casa. L’eternità in questa modalità non mi sta stretta, non mi è insopportabile. Sarà il periodo. Continue reading →

bambini capricciosi che crescono altri bambini capricciosi

Bambini idioti per colpa di genitori viziati, stupidi, testardi e vittime di un mondo di populismi, social-stronzate, fake, falsità scientifiche. Disadattati alla socialità.

Disadattato sono anche io eh. Ma distinguo in questo modo: io ho avuto tutte le istruzioni per essere inserito nella società, tutte le istruzioni e le informazioni relative alla cultura, scienza, conoscenza fondate su esperienze, errori e verifiche di chi ha fatto parecchio i compiti a casa su altri compiti a casa su altri compiti a casa su qualche secolo precedente. Non devo fare molti passi per sapere come mai l’aria esiste anche se non la vedo mentre non ho la stessa possibilità con Dio. Non ho grosse difficoltà nell’ottenere buone, solide, sensate informazioni sulla reale forma del pianeta. Ho diverse fonti, persino non concordanti ma tutte sensate e migliori di “secondo me” relative a quali errori non commettere nella crescita di una persona di piccole dimensioni e di giovane età. Disadattato o asociale io lo sono comprendendo quello che sto facendo. Se dovessi essere responsabile di un piccolo essere umano potrei affidarmi ad esperienze di persone migliori di me, demandare la scelta di essere una pessima persona a colui o colei che crescerà. Nel frattempo potrei dargli tutti gli strumenti per essere in salute psichica, fisica e culturale decente. Sei sempre in tempo per degenerare.

Ho visto invece bambini non vaccinati, isolati culturalmente e socialmente, inadatti all’home-schooling che pure volevano impartirgli, allevati da genitori ignoranti e testardamente viziati, adolescenti eterni nel modo di affrontare la crisi o la realtà della vita, spesso economica e di interazione con la società. Il confronto, il dialogo e il ragionamento non sono contemplati. Esiste piantare il muso, abbandonare la conversazione o il contrasto, urlare (finché qualcuno non urla di più e allora non saper che fare), lamentarsi sempre e solo degli altri.

Una persona così, che ne cresce un’altra così cosa gli insegnerà?

Io non sono cresciuto. Sono ancora un bambino e un adolescente, in molte cose. Ma so come deve e può essere un adulto: posso presentare queste alternative pur non fornendo un esempio di vita in prima persona. Le conosco, le comprendo a fondo, posso spiegarne le dinamiche e i vantaggi. Conosco moltissime delle regole che violo, non lo faccio perché non so.

Si dice spesso che ai figli mancano i genitori. Ma spesso, magari attraverso l’emotività, almeno il “buco” di non stare con i propri figli viene tappato abbastanza. L’amore, l’affetto. Il vuoto è educativo.

Violenza per noia, crescente. Baby gang in aumento. Dovrebbero essere a studiare o in altri luoghi a fare qualcosa di costruttivo. Invece si annoiano. E distruggono per noia.

Mi interesserebbe capire come mai l’istinto di riempire il tempo dev’essere qualcosa di negativo. Come dire che lasciati a noi stessi produciamo danno. Mi pare strano. Io lasciato a me stesso magari mi sento solo. Ma se sono abbastanza felice è quasi sicuro che mi interesserò a qualcosa. Cercherò conoscenza nelle cose, creazione di qualcosa, relazioni e rapporti positivi con gli altri. Comunicazione.

Questo posto, ad esempio, non posso dire che costruisca. Ma non distrugge, non reca danno a nessuno, credo.

la solitudine del sapere

Amy Farraw Fowler

amy FF

Un post di moon e un commento su quel post mi hanno ricordato una condizione in cui ho visto ritrovarsi mia sorella. Mia sorella è ancora più vecchiarda di me. 12 anni più obsoleta di me. E’ vetusta al punto che la sua senescenza che mi supera di gran lunga la porta a desiderare rapporti basati sull’intelletto. Pensate un po’. Per questo credo di averla sempre considerata priva di vagina e quando è venuta di punto in bianco a dirmi “ma perché voi maschi ci volete senza i peli?” io manco mi ricordo cosa le ho detto. Era chiaro che parlava della figa. E mia sorella NON HA la figa. Non la possiede. Le sorelle non hanno la figa. Sono come i bambolotti. Eh. Come… cosa… mi spiazzi. Come quella volta che è arrivata a dirmi “ma perché ‘ste scarpe coi tacchi… sti lacci e laccetti…”.

E mi mostra una foto di una strafiga mondiale di livello ultrapowerplus top-model-porno-santocielo. Che aveva una scarpa che proseguiva sul polpaccio avvolgendolo con laccetti decorativi.

Credo di aver dovuto ricorrere (con gli ausiliari siamo a posto?) a Leon Battista Alberti o alle linee della prospettiva nell’architettura per tentare di farle capire che è possibile coprirsi o anche vestirsi, come diceva il mio zio. Che poi però aggiungeva: ma tanto alla fine è come sei sotto che conta. Grazie zio, anche per questo. Mi manchi tanto. Continue reading →

sei strano

Sei pazzo! 🙂 Sei strano! 🙂 Sei fuori! 🙂 Sei particolare! 🙂

Tutta la vita che sento questo. Chiedersi cosa sia normale ti viene spontaneo, quindi. E ovviamente cosa sia normale lo stabilisce la statistica. Il comportamento diffuso, la conformità più piatta: il comportarsi quanto più possibile “come fanno gli altri”.

Che se magari parli di educazione o di stare a destra per strada non è male; ma se si tratta di vivere… mah.

Certo lo dicono sempre col sorriso, non è un’offesa. Ma forse la cosa spaventa, è imprevedibile? Eppure non sono uno imprevedibile, anzi.

Certo, mi piace prendere e andare, senza pensarci troppo. Voglio andare la: posso? No. Resto. Posso? si. Vado!!

Poi torno eh.

Dai 20 in poi ogni volta che qualcuno diceva “andiamo al mare?” (2 ore circa) in un sabato sera qualsiasi, magari in pizzeria d’inverno, io sempre “CERTO! partiamo!!!”. E poi scoprivo che era sempre uno scherzo. Tutt’ora se qualcuno lo dice io sono già al posto di guida.

Cento anni fa qualcuno disse “ok, facciamo come vuoi tu”; quindi ho preso la carta stradale del TCI sezione NORD, ho aperto dove si vedeva tutto il nord, ho chiuso gli occhi e puntato il dito a caso. E siamo andati. Questo non è mai più stato fatto, ma ogni volta ne parlano. Ma allora se vi era piaciuto perchéccazzo…

Vabbé.

Strano. Ma strano che? Ma cosa?!!!

dei paesi tuoi

La saggezza popolare, pragmatica. Realismo.

L’altra sera lei mi ha fatto tornare la tristezza. Era il suo compleanno, quello che le avevo promesso che le avrei fatto passare “non-di-merda-come-al-solito”. Io sono stato uno di quelli. Lo sono ancora. Di quelli che vogliono dimenticare il proprio compleanno, che odiano il natale. Ma in realtà il fastidio per il natale me lo sono scrollato di dosso qualche anno fa. Era colpa delle aspettative e dei miei. O di altra gente che ci sta intorno.

Quella del complenno… beh me l’hanno rovinata così tanti anni fa che non si recupera più. Poi ci ho messo il mio carico sopra. Cioè per quale cazzo di motivo dovrei festeggiare la mia esistenza?

Per le mamme dico questo: non subordinate il festeggiamento di un compleanno a qualche merito. Se i vostri figli sono intelligenti e sensibili (o hanno la testa piena di cazzate, non so, dipende dal vostro punto di vista) prima o poi si faranno due domande e qualche somma di fatti: devo meritare di esistere? – Tu che mi hai messo al mondo subordini il festeggiare il fatto che esisto al mio rendimento scolastico o al mio comportamento ? Ci saranno momenti, domani, ieri. Ma quel momento deve essere una specie di “pausa”: non si festeggia un merito, ma il semplice fatto che tu sei vivo.

Potresti già non esserne felice. Se ci metti sopra che “noi ti sorridiamo solo se”. Allora me ne fotto del compleanno. Se non mi volete sorridere, fatene a meno. Questo vi dirà un adolescente. Non fate questo errore.

Detto questo… lei quella sera dopo un tutto-perfetto-graziegrazie per qualche motivo ha preso a tentare di farmi da chaperon di Facebook. Le sue intenzioni erano buone, in qualche modo. Ma come se non mi conoscesse affatto, come se non le avessi detto io quelle parole prima, mi ha voluto dire che meglio soffrire che sopravvivere e non vivere affatto. Sul fatto che sia meglio vivere che sopravvivere ovviamente dirlo a me è offensivo. Mi diceva “persino Y ha beccato su Facebook, vuoi non farcela tu?”. Ricordiamoci che Y è incatenato ad una moglie che tradisce costantemente e che la catena sono le figlie che gli vieterebbe di vedere. E che lui ama tantissimo. Quindi magari beccherà anche. Dice che è perché mi vuole bene e che siccome è chiaro che non “voglio” (??)  “levare le tende” (ho un mutuo trentennale con una persona di cui mi fido e nessuno che mi ama… guadagno poco per fare pazzie e il mio studio a questo affitto ce l’ho solo qui ed ho penato 2 anni per trovarlo) e che il convento passa quel che passa “perché non premi quel potresti conoscere” di Facebook?

Mi sono sentito ancora più sfigato di quanto non mi ci sentissi prima. Lo sono, lo so. Cerco di affrancarmi da questa condizione in cui chissà quanti anni fa sono entrato passetto dopo passetto, credo alle elementari, alle medie? Lontano dalla competizione, dall’arrivismo, dalle sgomitate.

Quando l’idea di tirare lo sciacquone della vita e colare giù torna così forte (a occhio tra la 15 e le 16.30 aumenta) buttarsi un po’ sul dovere aiuta. O no? No, magari non aiuta. Ma l’idea di avere roba in sospeso con gente a cui devi qualcosa, che gliel’hai promessa, che si fida di te… questo non mi piace. Come ho detto preferisco mettere in ordine tutto, prima. E tra le tante cose da fare prima di schiattare ho decine di migliaia di foto da caricare in agenzia. Se smettessi in questo stesso istante di tentare di vivere potrei lavorare ininterrottamente a casa per un anno, senza mai uscire. Beh potrei. Se rinunci a vivere ma non a sopravvivere, comunque la scelta la fai ed è giusto essere coerenti: ti dedichi a quello. E se rinunci a tutto, scegli. Vai via. Tasto rosso.

Sembra così puerile, infantile, immaturo eccetera, vero? Eppure vivere senza amore non è vivere, per me. E stare con “chiunque” non lo vorrei. Ma la cosa buffa e realistica e che non c’è nemmeno traccia di questo chiunque. Una traccia realistica, non un sorriso od una conversazione educata. Un oggi, un domani.

Ogni volta (e sono state tante) che mi hanno dato del pessimista ho sempre detto che sono realista. Ho anche sfottuto gli ottimisti. Ma l’illusione di una speranza può sollevarti. Questo fa la fede: la religione si basa su questo. Ed era con la speranza che facevano muovere i prigionieri nei campi di sterminio. Funziona. Per cui un po’ di illusione ottimistica e di sensazione che “tutto può accadere” mi stava bene. Era falsa, era una illusione. Ma con la realtà, questa realtà, ho smesso di voler avere a che fare. Mi si chiede di restare in vita, civilmente, educatamente, in ordine. Ma non è nemmeno vero. Non è richiesto davvero: è solo ostacolata la scomparsa comoda, rapida ed indolore. Lasciate passare 6 mesi: a nessuno frega niente se scomparite. Devono pensare ai fatti propri. 

Ed ora una riflessione sull’esteriorità: nei siti di incontri l’unica cosa che si privilegia è l’aspetto fisico. Non lo so per esperienza. L’ho letto sul blog di qualche ragazzino sfigato che ne faceva una analisi brillante. Dicevano: di solito se sei sfigato de visu sei sfigato anche li, se il criterio è estetico. Non c’è modo di passare questa forca caudina: le ragazze che sono li non ci vanno per trovare l’amore della vita. Quindi se non sei figo non passi. Ecco perché, se almeno vuoi toccare un corpo ogni tanto (che magari dentro ha una persona, tipo: io ce l’ho, non vedo perché una donna non potrebbe essere nelle stesse condizioni) e decidi di non morire, puoi dedicare del tempo alla cura dell’involucro. Realismo.