Accettazione #345928347

Accade che si possa avere accesso a qualcosa ma che le condizioni o le conseguenze siano talmente negative, per noi, che preferiamo rinunciarci del tutto: il beneficio sarebbe inferiore al danno e non si può essere grati per il danno o poco coraggiosi ad andare incontro a danni potenziali assicurati, facendoli diventare reali, così, solo per l’esperienza. È stupido e masochistico. La passione esiste, la gioia esiste, il bello esiste, ma anche i loro contrari: si fa il conto e si decide. Qualcuno accetta un granello di gioia in una distesa di nulla. Altri no. Perché, sempre, prendere atto della realtà ed accettare che è così, non significa che mi deve anche piacere. Non pretendo, quindi, che ciò che è cambi: lo accetto. Ma decido io quale tipo di relazione, con tale realtà, intendo o non intendo avere (accettare). Il libero arbitrio è questo?

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ChatGPT Plus, chat temporanea con GPT-4, a specifiche questioni su questo testo mio, dice:

Analisi Critica del Testo

Il testo proposto si concentra sul concetto di “accettazione” di realtà non piacevoli, esaminando il rapporto tra libertà di scelta e conseguenze derivanti da tale scelta. Una prima osservazione critica può essere indirizzata alla mancanza di una definizione chiara di termini come “danno”, “gratitudine” e “libero arbitrio”, che potrebbe portare a interpretazioni vaghe o ambigue. Il testo, tuttavia, non sembra presentare fallacie argomentative evidenti come attacchi personali o appelli emotivi non pertinenti. La struttura logica è generalmente coerente, poiché l’autore espone una situazione, ne analizza gli aspetti e conclude basandosi sulla riflessione iniziale.

Tuttavia, una possibile debolezza potrebbe risiedere nell’assunzione implicita che la decisione di non accettare una realtà non piacevole sia sempre un atto di libero arbitrio, senza considerare influenze esterne o condizionamenti che possono limitare le scelte individuali. Questo potrebbe essere visto come una semplificazione eccessiva di una questione molto più complessa.

Trattamento da Parte di Diverse Discipline

Filosofia: La questione dell’accettazione e del libero arbitrio è centralmente trattata in filosofia, con figure come Sartre che enfatizzano la libertà dell’individuo di scegliere nonostante le circostanze esterne. Argomenti contro possono includere le teorie deterministe, che negano la libera volontà a causa di fattori predeterminati biologici o ambientali.

Psicologia: La psicologia esplora come gli individui affrontano le situazioni avverse attraverso concetti come la resilienza e la percezione del controllo. Studi su queste tematiche spesso supportano l’idea che accettare la realtà, anche quando è negativa, può contribuire a una migliore salute mentale.

Sociologia: La sociologia può guardare alla questione dell’accettazione all’interno dei contesti sociali, analizzando come le norme culturali e le pressioni sociali influenzano le decisioni individuali. Ciò potrebbe portare a un dibattito sull’entità del libero arbitrio in contesti sociali densi di normative e aspettative.

Morale ed Etica: Queste discipline indagano spesso i principi dietro le decisioni di accettazione o rifiuto, interrogandosi se sia “giusto” accettare condizioni negative o se sia moralmente obbligatorio cercare di cambiarle.

Politica: La politica considera come le leggi e le politiche possano influenzare l’accettazione di certe realtà sociali o economiche. Il dibattito può riguardare questioni di giustizia sociale e diritti individuali versus il bene collettivo.

In conclusione, il testo solleva questioni significative che sono state ampiamente dibattute in molteplici campi del sapere, offrendo spunti per ulteriori riflessioni e discussioni.

L’assunzione che la decisione di accettare o non accettare una realtà sia sempre un atto di libero arbitrio è complessa e può essere analizzata sia da prospettive a favore (pro) che contro (contro). Esplorerò entrambi gli aspetti offrendo esempi specifici per illustrare meglio il dibattito.

Argomentazioni a favore (Pro)

  1. Autodeterminazione personale: Dal punto di vista filosofico, autori come Jean-Paul Sartre sostengono che gli individui sono sempre liberi di fare scelte, nonostante le circostanze. Questa visione enfatizza l’autodeterminazione. Ad esempio, una persona può scegliere di lasciare un lavoro stressante nonostante la sicurezza economica che offre, evidenziando un esercizio del libero arbitrio in contrasto con le pressioni finanziarie.
  2. Resilienza psicologica: In psicologia, la resilienza è la capacità di riprendersi da situazioni difficili. L’esercizio del libero arbitrio è evidente quando individui affrontano traumi o stress significativi e decidono consapevolmente di cercare aiuto o adottare strategie positive di coping, piuttosto che cedere alle circostanze.
  3. Rifiuto di conformismo sociale: Dal punto di vista sociologico, il rifiuto di conformarsi a norme sociali opprimenti è un altro esempio di libero arbitrio. Le rivoluzioni e i movimenti sociali come il suffragio femminile o il movimento per i diritti civili negli Stati Uniti sono esempi storici di individui che rifiutano una realtà accettata dalla maggioranza e agiscono per cambiarla.

Argomentazioni contro (Contro)

  1. Determinismo biologico e ambientale: Le teorie deterministe sostengono che molti aspetti delle decisioni umane sono predeterminati da fattori biologici o ambientali. Ad esempio, la ricerca ha mostrato come certi comportamenti possano essere influenzati da geni o condizioni ambientali come la povertà, limitando di fatto il libero arbitrio nell’accettazione o rifiuto di determinate situazioni.
  2. Influenza delle condizioni psicologiche: Condizioni come la depressione o l’ansia possono limitare significativamente la percezione delle scelte disponibili per un individuo, influenzando la sua capacità di esercitare il libero arbitrio. Una persona con depressione severa potrebbe sentirsi incapace di cambiare la propria situazione, anche se esternamente sembrano esserci opzioni disponibili.
  3. Pressioni e aspettative sociali: In sociologia, è riconosciuto come le aspettative sociali possano limitare le scelte individuali. Ad esempio, in certe culture, il matrimonio può essere visto non solo come una scelta personale ma come un obbligo sociale, limitando la libertà individuale di scegliere diversamente senza subire significative conseguenze sociali.

In sintesi, mentre il concetto di libero arbitrio è centrale nella discussione sulla capacità di accettare o rifiutare situazioni, esistono argomentazioni valide sia a favore che contro, che dipendono da una varietà di fattori psicologici, biologici, e sociali. Questo dimostra la complessità e la multidimensionalità del concetto di libero arbitrio nelle scienze umane.

Riguardo alla resilienza e alla psicologia (io)

questo assunto è assolutistico, sembra fondato sul fatto che la libertà sia solo quella di non fare valutazioni che portino a cedere, come se queste non fossero lucide, senza dimostrare che sia invece un preciso calcolo di costo VS beneficio

Risposta (ChatGPT):

Hai sollevato un punto interessante sulle limitazioni della visione che associa il libero arbitrio solo alla capacità di non “cedere” alle circostanze avverse, che sembra suggerire una valutazione non lucida. In effetti, esiste una dimensione del libero arbitrio che implica un calcolo attento e razionale dei costi e dei benefici, che può portare a decisioni più meditate e potenzialmente diverse.

Costi vs Benefici nella Decisione

L’approccio di costo-beneficio è un aspetto cruciale nella teoria delle decisioni e può essere applicato efficacemente anche nell’analisi del libero arbitrio:

  1. Valutazioni lucide in situazioni avverse: Anziché una semplice resistenza alle circostanze negative, il libero arbitrio può manifestarsi attraverso decisioni ponderate, basate su un attento bilanciamento tra i costi e i benefici previsti. Ad esempio, una persona che decide di rimanere in un lavoro poco gratificante potrebbe farlo valutando che i benefici economici superano il disagio personale, piuttosto che semplicemente “sopportare” le condizioni.
  2. Lucidità nelle crisi personali: Anche nelle crisi personali, come una malattia grave, la scelta di accettare o cercare un trattamento alternativo può essere basata su una valutazione dettagliata dei possibili esiti, degli effetti collaterali, della qualità di vita attesa e delle opinioni mediche, anziché un mero atto di resistenza al destino.
  3. Scelte sociali e culturali: Nel contesto socioculturale, le decisioni riguardanti l’adesione a tradizioni o norme possono anche essere il risultato di valutazioni dei costi sociali e personali associati alla conformità o alla deviazione. Ad esempio, una persona può scegliere di seguire una norma culturale non perché la subisca passivamente, ma perché valuta che il mantenimento delle relazioni familiari e sociali offra benefici superiori rispetto al costo della non conformità.

Questi esempi dimostrano che il libero arbitrio può essere esercitato attraverso decisioni che non sono semplicemente reazioni a circostanze avverse, ma risultati di processi decisionali complessi e riflessivi. Questo punto di vista offre una comprensione più ampia del libero arbitrio, considerando sia la resistenza alle difficoltà che la capacità di fare scelte consapevoli basate su valutazioni logiche e informate.

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L’argomento di questi ultimi anni, per me, è: vorrei che la psicologia clinica si assumesse la responsabilità di dichiarare che tutte le sue operazioni sono volte al benessere dell’individuo che sia lucidamente determinato a sopravvivere a prescindere dal fatto che tutte le terapie si fondano sull’accettazione che la vita è intrinsecamente mescolata a fatica, sofferenza, dolore. Questo però non è un assunto fondativo generale. Si tratta infatti già di una delle due biforcazioni di un bivio: mi sta bene / non mi sta bene. Quello che trovo pericoloso dal punto di vista normativo/legislativo è che, nel momento di prendere decisioni informate, il legislatore non si interroghi sufficientemente sulla base di alcuni ragionamenti degli specialisti psicologi e finiscano, in tema di libertà di scelte su fine vita, esistenza eccetera, per accettare acriticamente ciò che sembrano acriticamente accettare coloro che sono dediti al “far stare bene la gente” mentre si tratta di “far stare bene la gente CHE VUOLE SOPRAVVIVERE, automaticamente appiccicando una patologia a chi liberamente decide che questa valutazione sia soggettiva “.

Il fondamento legistlativo che patologizza una scelta libera soggettiva solo perché minoritaria nascondendo invece l’utilitarismo monodirezionale della società che intende estrarre beneficio dall’esistenza dei singoli, senza curarsi della loro felicità (poiché intrinsecamente considerano deboli e biasimevoli alcune condotte che altrimenti richiederebbero sforzo collettivo) è, per me, fascista. Malvagio, egoistico mentre considera egoista il singolo che non si fa fregare dall’egoismo di tutti gli altri singoli mentre ipocritamente si aspettano contributo. I numeri su quanti siano ricchi e quanti poveri nel mondo, rispondono alla critica di “assurdità”.

Scegliere di sottrarsi deve essere considerato al pari della scelta del lavoro intrinsecamente forzato della sopravvivenza. Come scelta libera riconosciuta valida dalla società dovrebbe, quindi, trovare un aiuto rapido ed indolore che renda effettiva questa pratica libera, deliberata di interruzione volontaria dell’esistenza. Additare a pigrizia del singolo la poca voglia di fare lo schiavo ignora la contemporanea pigrizia di tutti di adoperarsi per rendere la società collettivamente responsabile nell’elevarci rispetto alle scimmie ed altri animali gerarchici, competitivi, dominatori dei propri simili e collaborare, considerando il vantaggio proprio che porta danno ad altri come il principale dei mali inaccettabili. La scelta di non-esistenza, in questa ottica, scomparirebbe come “male” e sarebbe una valida scelta come tante altre, che non parte da presupposti machisti, efficientisti (solo per i sottoposti e i singoli), arrivisti, aziendalisti che spostano la responsabilità sul singolo che DEVE sopravvivere, ma sulla società nel suo complesso che la renda una scelta DESIDERABILE ed attrattiva. Soprattutto se, in fondo in fondo, quel che vuoi da quel singolo è che contribuisca a fare qualcosa per te. Beh sbattiti, o lasciami morire, ma con onestà intellettuale.

Life is not a free ride

Ed è questo il presupposto sul quale è basato il mio viziatissimo non-desiderio di esistere. L’esigenza stessa è creata dall’essere, esistere, essere in vita costa energia. Quel costo lo devi pagare tu. Il bene per cui deve essere pagato questo costo è la vita. Vuoi questo bene per cui devi pagare quel costo? Decidi tu? La rinuncia ha in sé una crudele minaccia di sofferenza, se scegli “no grazie”.

Ora un dipinto del momento. In cuffia sento una soave musica di Rakia Traore (cercatevi la grafia corretta), uso chat-GPT plus (GPT-4) per trasformare la mia umanissima descrizione di ciò che rappresenta l’immagine che considero, nell’insieme delle molte che scattai, in questo caso nel 2016, in lingua Italiana, in: due riassunti in lingua inglese di massimo 200 caratteri, sette descrizioni di massimo 7 parole, e 50 keyword pertinenti separate da vitgole. Nel microstock questa parte di merda è davvero una rottura di coglioni e non è affatto fotografia. Ma è lavoro. Così come è lavoro aver scelto per una selezione del gruppo Luminar Ai per fare un lavoro, a tutte le foto che ne contengono, agli occhi nonché per applicare uno stile di colore modaiolo, che non sono solo delle LUT. Diciamo una cosa che forse delle azioni di photoshop potrebbero fare. Ma insomma sono dei template e si fa infinitamente prima. Spesso, per questo genere di lavoro, prima, in Adobe Bridge, usando Adobe Camera Raw ed il masking Ai, posso – e lo faccio – mettere in luce le persone dopo aver sistemato la luce generale della scena. Che bello eh? La chiamiamo fotografia? Non lo è, è postprocessing, in certi casi pittura digitale, postproduzione, editing.

Non è sintografia.

Perché alla base ci sono centinaia di foto che ho fatto in location con una persona, in quel luogo, con quei colori e quella luce.

Tra un po’ tutto questo aiuto per i lavori da sbadilare diventerà una condanna? Chi lo sa. Magari per un evento, un matrimonio, per tutto ciò ceh ha ancora una relazione umana tra umani, mediata da qualcosa, ma di base ancora umana, sarà strumento. Altrimenti sarà sostituto.

Le mie innumerevoli elucubrazioni sull’utile, sul rispetto, sull’esperienza, similmente a ciò che fecero tanti anni fa quelle sulla professionalità, tornano a frullare e rifrullare… ma mi trovano pronto quando qualcuno mi parla di rispetto per gli anziani ed altra roba che comprende certamente il sentimento, ma che va considerata anche con tanto raziocinio: raziocinio sul sentimento. La parte logica che considera quella non logica come un postulato e da quella parte a ragionare.

Costo/Beneficio dell’esistenza

Tutto è contro la sopravvivenza. La sopravvivenza sfida tutto. La spinta ed il desiderio di esistere remano contro la corrente. La sopravvivenza strappa pezzi dal mondo per mangiarseli ed esistere. Sforzo, lavoro, fatica, impegno, movimento, contrasto, resistenza. La vita è una puttana che non ti concede di essere goduta: devi pagarla e pagarla cara, non sei mai in pari. Il bilancio è sempre molto più sforzo e molta più roba brutta di quanto e quando ci sia da godersi. Salvo rari casi, il tempo passato a goderla, la vita, piuttosto che a subirla, pagarla, mantenerla… è drasticamente ed impietosamente inferiore.

farsi schifo alle 11.22

Ho ritirato l’efexor, bene. Ho spedito il DVD con le foto per la tipa, bene. Ho iniziato a mettere le basi per un prossimo nudo, bene. Stampato il documento per inviare con quel DVD, bene. Avvertito tipa. Avvertito altra tipa che le sue sono ok, se si procura la liberatoria del tatuatore e una chiavetta oltre al DVD le faccio copia su chiavetta. Mangiato in giro, svuotato deumidificatore. Benza/gas ce ne sono, avevo avviato tagging/keywording a terzi, controllato se ce n’erano pronti, no (a dire il vero sono capioning, il keywording me lo faccio meglio io), fatto ritocco vario, tutto a partire da circa le 4 di notte, quando mi sono alzato. Fatto presente a modelladinudo FC che sto facendo il vampiro quindi difficilmente riesco ad andare a sentire che ha a pranzo. Controllato se il fottuto tablet arriva, non arriva. Sto per scendere dalla macchina e sento la punta affilata: sai che fai schifo comunque, vero?

Si.

Scendo fingendo decisione per sentire futura decisione. Ma come sempre dimentico il cellulare in auto, quindi torno indietro con sicurezza ma un senso di ridicolo che mi ricorda qualche Alberto Sordi, mentre lo strascico del fare schifo mi accompagna come la sensazione di un’anima, di un demonio custode, un fantasma incaricato di infondermi malessere, di pungolarmi facendomi memoria del mio status.

Salgo a casa, la micia grossa mi fa gli occhi da coccole, poi non le vuole ma le vuole ma non le vuole per un po’, poi sale su cose e butta a terra cose. Metto tre uova nel microonde (con apposito) a futura cena.

Dire che mi odio non sarebbe giusto. In fondo semplicemente non collaboro, non sono attivamente d’ostacolo a me stesso: non un ver nemico, ma una assenza di alleato. Inizia un po’ di nausea, un po’ di sensazione che merda e vomito dovrebbero uscire dalle due estremità di questo verme con arti.

Leggo che la Polonia fa casino con l’Europa.

Sento che Google for Africa. Sento che Taiwan/Usa/Cina. Sento che forse Greta Nobel.

Un fondo di dispiacere-paura per ciò che potrebbe accadere a qualcosa che potrebbe essere migliore viene sovrastato da un supremo sticazzi. Leggo su FB di XB che ha due cani e due gatti e un tot di figli separata e casini e merda e forse per fortuna si rende conto che “è stata tua la colpa e allora adesso che vuoi” (cit sua), mi aumenta la tristezza globale.

Pensa che fastidio avere un grosso dubbio sul fatto che un obiettivo cinema mi pare Samyang costa circa come una dose pirata di Nembutal, di cui non so se mi posso fidare. Ma la cosa fastidiosa è che non so se scade. Vorrei un preparato che sia li pronto, che sta li, come un pugnale affilato rapidoeindolore, ma sempre funzionante.

‘stamane ho sentito un meraviglioso Gaber. ‘stanotte sentito uno spassoso Manera con due personaggi davvero belli: lo chef emozionale e soprattutto la meravigliosa “Fedeinflu”.

Ok, faccio un caffé (cit)

mentre piovono coccinelle

Bastare a sé stessi. Rispettare sé stessi. Amare sé stessi.

Grandi seghe. Autoerotismo, autobastismo, autorispettismo.

Mentre piovono coccinelle tra la tastiera e le mie mani ci penso: assomiglia a quel tipo di valutazioni totali sul “saper vivere” (pare che ci sia qualcuno che sa come si deve vivere, che può valutare se lo fai correttamente, splendidamente, oppure male, se bagli a vivere, se vivi così così) ed anche quelle più vecchie sull’essere maturi oppure infantili. Le malsopporto? Le tollero? Se avessero un senso assoluto, definito, condivisibile, potrei decidere se tollerarle o no. Ma è proprio il fatto che qualcuno usi queste parole senza prima convenire con altri cosa intenda che mi fa astenere. Fino a che magari non decidi di dichiararti: se con maturo intendi questo, allora…

Puntualizzatore, fastidio.

Ma autoparlismo? Autoreferenziale? Autofficina.

Se la regola del bastare a sé stessi fosse buona. Allora. E giù ad elencare conseguenze che contrastano con questa tesi. Non lo faccio. Continue reading →

ognuno per la propria strada

Il distacco che di tanto in tanto sento perché ognuno deve andare per la propria strada ed il tempo che ci dedichiamo gli uni agli altri sembra sempre dover essere commisurato con il tornaconto od una contropartita mi fa male. Perché il tornaconto e la contropartita sono quello. Ci sono, sono già lì. Non fai quello che fai per avere altro. Quello che hai li, in quel momento, è già quello che è bello avere, per cui vale la pena vivere.

E’ allora che dici… quindi preferisci percorrere, forse anche dolorosamente, la tua via solitaria nel perseguimento di? Di cosa? Piuttosto che affiancarti anche solo un po’ a me, sapendo che questa via non porta a qualcos’altro?

Sai che non diventerà il tuo ragazzo allora non perdi tempo a parlare con me? So che non ti scoperò allora non chiacchiero con te? So che non mi farai un lavoro gratis allora non mi fermo al bar o al parco con te? Non vengo a trovarti?

Saper stare da soli. Non aver paura del vuoto. Alcuni la mettono su questo piano.

Eppure.

Scegliere a tavolino prima? Davvero? La vita è ORA, in questo momento, questo qui.

essere il nulla

Di tanto in tanto mi ricordo di quale droga può essere l’amore per i figli. Io ho solo una nipotina, ma in alcuni momenti pur di renderla felice – e viziandola, ok, io non sono un genitore – faresti qualsiasi cosa. E ti senti di essere il tutto. Sei tutto. Sei indispensabile. Sei chiamato al dovere … un dovere che vuoi. E’ un legame indissolubile, lo hai creato, qualsiasi cosa diventi quella persona, comunque la amerai perché lei è lei. Magari l’accompagnerai personalmente in galera, perché è un assassina, uno strupratore seriale, un torturatore. Ma è stato il tuo bambino, la tua bambina. E questo è una droga anche per te: totalizzante. Amore, amore e essere indispensabili e sentirlo, vederlo, non sono dichiarazioni: lo sai. Fisicamente, spiritualmente.

Fare il tuo percorso nella vita con questo, probabilmente, ti garantisce di essere stato qualcuno. Quando sparirai sarai davvero stato qualcuno per qualcuno a cui tieni. Sarai stato tantissimo, non solo del DNA mescolato, ma sentimenti, sensazioni, tempo, vita.

Questo è, tutto sommato, facile.

Tu sei Dio, crei la tua creatura. Legame fatto.

Essere questo per qualcun altro, nella vita, è davvero difficile. Quello si che è difficile. Potresti cercare nel vuoto e nel deserto per tutta la tua vita morendo un secondo prima di girare l’angolo e trovarla. Oppure la trovi ma non vi capite. Continue reading →

non gioco più con te

Da quando è in grado di esprimere qualcosa, osservo mia nipote, di solito in momenti di “crisi” e quasi sempre mi viene da dire “siamo così, noi tutti siamo così – io di certo”.

Fa i capricci. Vuole che lo zio e la zia restino a giocare. E non vuole mangiare. Vuole finire presto di mangiare per… tornare a giocare con lo zio e la zia. Ma lo zio e la zia devono andare via, anche loro a mangiare, a casa loro. “Chi resterà con me?” – piange. “Chi giocherà con me?”, singhiozza.

E io singhiozzo allo stesso modo, 41 anni più di lei, scricciola, che ha tre anni e mezzo e sua madre se ne sbatte se piange, ne ha pieni i coglioni e non vuole essere manipolata dai ricattini del piagnisteo, dice. Fa la dura, fa quello che si deve fare, quello che io non so fare con i bambini, altro motivo per cui sarei un padre di merda, che come il medico pietoso fa la piaga verminosa. Ecco, mi dico, non sono cresciuto non solamente dai 17 anni. No. Non sono cresciuto dai 3. La sindrome dell’abbandono. Piango sul serio, in macchina, da solo. Ormai da settimane. Non devo convincere nessuno per smettere di mangiare la pappa.

( La mamma è l’universo, mangiare la pappa è sopravvivere, se vi serve l’allegoria, la metafora, il parallelo artistico. ) Continue reading →