La foto falsa di Lou Barlow

M. mi scrive testuale “…gli [nomedelgruppo] ho provato a sentirli, ma mi provoca troppe emozioni non riesco. Me li metto in una chiavetta e ascolto in macchina forse è meglio. Poi ti descriverò le sensazioni”.

Voglio bene a M. e questo tipo di messaggio me lo conferma. In qualche modo sento scalpitare l’impazienza dentro di me: da quanto ho recuperato il “demo-backup” fatto approssimativamente nel 1998, in formato solo audio (e pure parziale!) ho sentito O. , batterista, osservando il quale F., il nostro batterista, prendeva spunto ed imparava. Gli ho fatto sentire un pezzo alla volta, ogni volta era “wow”. Si dice onorato che gli abbia chiesto di recuperare e ri-registrare la batteria. Alla fine anche M. , con la cui chitarra sgangherata ma ispiratissima ad un certo suono e ad un certo gusto, mi confrontavo e si costruivano i pezzi, anche lui ha voluto sentire. Abbiamo tutti quasi 50 anni.

Col passare degli anni, ma attorno al 2001-2003, mi accertai che sia a F. che a C. (voce) non gliene “fregasse niente” e “fai quello che vuoi” fu la risposta generale. Ma M. no, sentito in questi mesi, mi dice che a lui importa eccome. Ne avrei fatta una questione di libertà artistica più che di copyright: pensavo “dai, fammi il favore di ri registrare le chitarre in modo che eventualmente possa lavorarci” … ed eccoci qui.

Quando bruciammo quelle calorìe? Io credo tra il ’94-95 e massimo il ’97-98. Poca roba. Tantissimissimisssima roba. Ossessione, interesse, concentrazione, convinzione, impegno, fatica, confronto, lavoro, contrasto, esercizio, ripetizione, freddo, difficoltà, viaggi e chilometri, vita di gruppo, poca figa ma anche tanta, la scena che esisteva.

Credo di poter elencare i luoghi dove fisicamente suonammo. Pochissimi. Ma i pezzi erano il succo spremuto di quattro persone diversissime con gusti diversissimi che solo una certa educazione, io credo, riusciva a far stare assieme producendo qualcosa di bello. O perlomeno per me lo è, lo è stato in questi anni, lo è ancora. E vorrei che esistesse una versione ascoltabile dal mondo. Persino con dei video.

Speriamo che a M. queste emozioni facciano bene, non male. Magari si tuffa in qualcosa in cui io vivo molto spesso: il passato.

Il titolo del post si riferisce ad un ritaglio di giornale, che mi ricordo fotocopiato su carta blu e probabilmente arrivato via fax. Era un articolo nella cronaca locale che parlava di noi. Non avevamo una foto e così FDM (ora cantantautore dei NVCC) che scriveva per il giornale decise di mettere la foto di Lou Barlow e dire che era C. … o qualcosa del genere “tanto la gente non sa un cazzo”.

Tenevo quel foglio nella custodia del basso di mio cugino, custodia rigida con interno in pelosetto rosso. Forse per testimoniare che “eravamo qualcuno”. Che eravamo esistiti.

“non to tempo”

Tra il 1995 e il 1998 suonavo mediamente in due gruppi il basso elettrico o la tastiera. Faccio fatica oggi a dare credito ai ragazzi/e che dicono di non avere tempo ed essere troppo impegnati. Io posso essere stato un pessimo studente, ma M, F e C non lo erano affatto. Due sono laureati e con dottorati, ingegneri informatici, C che non si è laureato è semplicemente incastrato in un loop mentale da quando i suoi sono morti e ha deciso di non laurearsi a un millimetro dalla laurea. Ma non era perché non aveva tempo. Facevamo le prove, componevamo a casa, provavamo perché nessuno ha fatto il conservatorio: serve tempo, prove ed errori, collaborazione, provare e riprovare. Io lavoravo, loro studiavano all’università. Si usciva nei fine settimana e anche dopo le prove. Chi aveva e chi non aveva la morosa a seconda del periodo. Ma le cose le volevamo fare, quindi trovavamo il tempo per farle. Con un gruppo abbiamo fatto un disco in studio. Come mai non ci suonai più non ha praticamente niente a che fare con il tempo: certo, ci ho messo del ragionamento anche con il tempo, ma tutto mediato dalla insoddisfazione: con quelli del CD odiavo la musica ma amavo loro, mi stavano simpatici e semplicemente mi rendevo conto che non volevo farmi il sangue amaro, con gente che mi stava simpatica, per motivi musicali. Volevo sempre andare a bere e mangiare qualcosa con loro DOPO le prove. Quindi visto che stavo iniziando a convivere, la soddisfazione di quel gruppo non valeva il tempo tolto allo stare con lei. Ma se lo avesse valso, avrei fatto cose, come le faceva lei: era il motivo principale per cui se n’era andata ad abitare da sola.
Con l’altro gruppo i gusti musicali e le divergenze erano forza e motivo di rottura: per tutti eravamo troppo diversi e la cosa non durò, ma io sono convinto fosse la nostra forza, anche se ci si poteva innervosire. È talmente vero che a distanza di vent’anni se faccio sentire i pezzi, la gente che amò gli anni 90 dice sempre “hey!” come a dire “ma questa non è merda!” anche se il suono è da demo. E infatti voglio che la cosa mi sopravviva, è un obiettivo preciso.
Il terzo gruppo mi buttò fuori: eravamo troppo diversi: io amavo loro ma loro non amavano me… sostanzialmente ero troppo poco integrato, per loro potevo fare bene per i cazzi mia. Al di là delle mie brutte storie, come è chiaro se leggi, non si tratta affatto di non avere tempo: tutti trovavamo il tempo, correvamo a destra e manca, con macchine usate, pochi soldi, i primi mutui e con mezzo piede in case di genitori che sono molti diversi da quelli che oggi ti lasciano scopare a casa come se fosse normale. Avevo tre gruppi, non uno. Andavo a corsi di illustrazione. Tutto MENTRE lavoravo e avevo la morosa, anzi, due le ho trovate lì e una andando proprio a suonare, così, in stazione.
G ha la mia stessa età e va ad ogni mostra possibile, scopa in giro, si organizza le scopate in hotel, ed è sul pezzo lavorativamente, tantissimo: è una che scala e viene riconosciuta in un mondo di uomini per il suo valore, quindi doppia energia lavorativamente. Eppure il suo tempo se lo trova. Più che palestra fa body-building… quindi “non ho tempo” e “che ansia” … maddeché?

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Punto informatico, i suoi forum, web 2.0

Come sicuramente potete leggere su wikipedia, uno dei primissimi magazine online fu Punto Informatico. Paolo ed Andrea de Andreis assieme a Luca Schiavoni furono davvero tra i pionieri… gente che di BBS e di informatica, di internet e di quello che c’era prima ne avevano bazzicato, che di cose ne sapevano e che comunque con lo spirito pionieristico e da “sognatori” avevano visto le potenzialità della rete. Alcuni di loro anche lettori del cyberpunk, tanto per ricordare a tutti (io, ora, lo ricordo a voi) che tutto questo del cyberpunk era nato molto, molto prima nella mente dei visionari e degli scrittori di fantascienza di quanto non sia poi accaduto nella realtà.

Finché PuntoInformatico era della DeAndreis Editore dunque le cose furono fatte in un determinato modo di cui su wikipedia si dà poco conto o comunque difficilmente si percepisce il suo “spirito”. Ricordo che su quelle pagine ebbero spazio personcine che oggi hanno un certo rilievo, come ad esempio “un ragazzo che ha fatto una segnalazione di sicurezza” un certo Salvatore Aranzulla, pensa un po’. Era da quel tempo che stava sui coglioni ai nerd. Ed ora vedete bene chi è. Bravo Aranzulla, fanculo a noialtri cagacazzi. Paolo Attivissimo era tra le persone che fecero la loro comparsa. Massimo Mantellini, che tuttora fa qualcosa. Ma se non erro è un radiologo, questa è la sua specializzazione. Erano tempi in cui Bruzzi esisteva, in cui Wittgenstein nasceva, in cui c’erano tante cosette che oggi o hanno un’aria istituzionale ma sono stanche e vuote, poco vitali, oppure non ci sono proprio più. Un po’ come nella canzone di Daniele Silvestri.

Punto Informatico dei tempi (forse Maruccia può testimoniare, ma di sicuro potrebbe farlo Gaia Bottà) era fondamentalmente un magazine UMANISTICO. Questa era la sua formazione. Parlare di libertà, di privacy, di controllo, di diritti, di diritto d’autore, di nuove tecnologie sia hardware che software, di ciò che la tecnologia era o diventava, ma sempre in relazione a ciò che succede ad un essere umano: questo era il suo spirito. Nasceva una nuova arma tecnologica, lo sapevi. Un sistema di tecnocontrollo, un suicidio annunciato via blog (nato mentre PI era vivo da anni). Il Punto Informatico di oggi non sembra avere la stesso spirito. Ma recentemente sembra si sia risvegliato.

Una delle cose che esisteva, molto prima che esistesse il WEB 2.0 e che si capisse esattamente cosa sarebbe stato, erano i commenti ad ogni singolo articolo. Univa in sostanza la pratica di usenet (con tutti i thread, la netiquette, gli OT, il trollying, il flame, eccetera) ad un sito che era sicuramente database driven, in cui il punto principale era l’articolo e poi giù a commentare e discutere. Era talmente tanto il lavorio che ad un certo punto sono nate delle vere e proprie pratiche comunicative e di “vita virtuale” che uno abituato ad una sana netiquette ed alla moderazione di usenet non avrebbe mai tollerato (oggi sono la norma, ahimé, e si vede dal livello di quello che riesci a raggiungere). Tale era la libertà (il commento anonimo era irrinunciabile sia lì che nel suo “concorrente in spirito” Zeus News (tutt’ora vivo e molto simile al vecchio spirito di Punto Informatico, anche se molto diverso nella pratica), da far nascere una sezione separata, il cosiddetto “forum dei troll”, che a chiunque conoscesse il cosiddetto “follow up” di usenet, forse lo ha ricordato e lo ha addirittura fatto nascere. Tipo: se vuoi rompere fai pure, vai a giocare, ma fallo lì e moderatevi da soli e da soli gestitevi.

Voglio ricordare che ogni cosa sia oggi “social” Punto Informatico l’ha vista nascere, prima.

Le cose sono andate verso la crisi, anche nello spirito, forse. Ad un certo punto vendettero e poi non so, le cose erano sensibilmente cambiate, e poi c’era la crisi del 2008-2012. Molto di quanto oggi tutti noi facciamo normalmente, molti cambiamenti, erano passati di là e se ne discuteva. E molti comportamenti “da facebook” che vediamo oggi, erano già stati anche lì. Non fu un caso se i suoi visitatori furono giornalmente MILIONI.