ValigiaBlu, questo articolo potrebbe averMi smosso qualcosa

https://www.valigiablu.it/we-are-social-molestie-sessismo/

Certo, ci sono alcune cose di metodo che mi fanno storcere il naso. Ma nel complesso è così ben argomentato che è quello di cui sentivo il bisogno, anche se è difficile, anche se rattrista per l’autocensura preventiva che impone in luoghi di massima socialità e del convivere civile. Che, appunto, civile, potrebbe non essere affatto per tante soggettività che tale – civile – non la vivono.

Elenco solo quelle che mi ronzano in testa, tra quelle che mi disturbano inutilmente:

  • il fatto che una cosa sia banale non la rende falsa, se si rende necessario citarla è perché è evidente che nonostante la sua banalità, questo argomento viene ignorato dai seguenti o concatenati
  • un ragionamento che ha delle falle non va definito per sfregio “pseudoragionamento” se si ha rispetto dei propri interlocutori. Ne si evidenzia il problema e si prosegue. Cosa che – senza quella connotazione “non-stai-ragionando” sarebbe stato un semplice “rilevo un problema qui”.

Basta, non ho altro da dire per rompere i coglioni. Invece quello che c’è da dire è che si tratta di un ottimo spunto e che forse sarà il caso di stamparlo e tenerlo sempre vicino, rileggerlo prima e dopo i pasti, verso sera prima o dopo una passeggiata. E ragionare, rimescolarlo col proprio vissuto sia subito che partecipato.

Mi risolve, soprattutto, quel senso di ricaduta collettiva sull’essere parte di un gruppo che sa essere costantemente distruttivo e violento che opprime qualcuno, anche se tu non lo fai. Qui viene spiegato con chiarezza. Perché se anche ne parli con le donne che frequenti e glielo dici, spieghi “io quando vedo quanta violenza subite mi sento di scomparire, di eliminarmi come parte del problema e ridurre il numero e chiedere scusa per chi non lo fa” poi naturalmente ti si dice con gentilezza “si ma tu non lo fai”. Ma questo non lo spiega… mentre l’articolo tratta questa ricaduta specifica.

Resta il mio problema, che mi rattrista e mi opprime. Quando si scontrano due soggettività e una soccombe mentre l’altra dice “no, convivono pacificamente”, tu sai che non è vero. Lo senti, proprio come l’articolo spiega, ma dal lato di una delle due.

Quella che preme a me è proprio una vita meno formale e più disinvolta tra i sessi, meno sessuofoba ed introversa per stile British imposto a tutti, meno autocensoria e che cammina sulle uova… mentre invece si va proprio in quella direzione, per ottime ragioni storiche. A ribilanciare e tornare a respirare un’aria meno ingessata ci vorranno secoli, senza esagerare.

Naturalmente penso che determinati comportamenti sono sistemicamente premiati dal lato sessuale, che è importante, non secondario, parte dei bisogni primari e presentissimo nel pensiero, come bere liquidi o respirare senza impedimenti. Lavorare ti tocca, scopare vuoi, ci pensi spesso, lo desideri, ti rende felice quando lo hai fatto. Questo è anch’esso un fatto soggettivo e va trattato nel modo che descrive l’articolo oppure siamo alla divisione corpo-male anima-bene ? E’ una vera domanda, non è retorico.

Negli orribili esempi dell’articolo linkato nell’articolo ci sono queste disumanizzazioni (oggettificazioni, qui sono chiare e non le discuto come farei altrove) in cui i maschi parlano di donne quanto farebbero di motori.

Fare la domanda “perché non lo fate con gli uomini?” sarebbe stupido: non lo fanno nemmeno di pietra arenaria e di mille altre cose che non interessano né attraggono. Ma nel senso negativo e denigratorio accade anche con i corpi degli uomini. Nel gossiping della maldicenza il bodyshaming non fa distinzioni di genere. E le donne questo lo sanno bene, spero ammetteranno. Quando vuoi essere cattiva/o ci stai un attimo a dire “quel tappo” o “quel pelato di merda” o “ha una faccia che sembra un picasso” ridotto a “faccia di picasso” nelle chat, a prescindere dal fatto che si sia donne o uomini a spettegolare malignamente. La meschinità ha questa pratica: quando il freno del rispetto viene sganciato, non ha più importanza se volevi parlar male della professionalità di Gianni o della sua maleducazione: diventa “il dentone castoro” tanto a 40 anni come alle elementari. Magari dai 25 in poi dirai anche “maniaco” solo perché invece di uno che ti piace ti ha guardato uno non-attraente. Lui è maniaco, quello fico no.

E’ facile che si alzi il polverone e che ci sia polarizzazione perché l’aspetto basilare ed impulsivo della cosa è dentro di noi ma questi discorsi vorrebbero sradicare un aspetto vivo e presente per lasciarlo ad una idealizzazione desiderata da una delle soggettività in campo. Non è che “siamo così e basta”, ma che “siamo così” (qualunque “così” statisticamente rilevante sia, misurabile, non come “bene” o “male”, ma come numero) sia necessario considerarlo come fatto di base.

Biasimo “la natura” ed “il gene ignorante” per questo: dentro di noi ci sono spinte a determinate dinamiche sia individuali, sia sociali, che non sono frutto di una entità solo-pensante o solo-sentimento, ma che esiste in corpi che hanno una storia fisica sociale più lunga di quella della cosiddetta civiltà. Ed è ancora presente. Siamo delle bestie, maschi e femmine.

Le persone gentili scopano di meno? Abbiamo dati? Non li abbiamo. Sarebbero tanto utili.

Ma – aneddotico – qualsiasi donna con una sessualità vivace che io abbia incontrato mi dice “se sei amico non scopi” , cosa che a ben vedere giustifica l’esistenza del concetto frenzonare, che non nasce certo dal nulla. Sempre che sia così disinibita da non doverlo dire in lenti stillicidi di parole di due settimane per dire, alla fine, la stessa cosa, ma in modo polite.

Articolo LO-DE-VO-LE. Mi farà pensare per decenni, se resto vivo, cosa che non desidero.

Conformismo di ritorno (vita maleducata: addio)

La generazione X , ma forse anche i Boomers, letteralmente parlando, credo siano stati molto “anti” , rispetto alla generazione che li ha creati. In contestazione con le formalità, le regole imposte, l’educazione formale, fare silenzio, osservare orari, regole che non potevano essere contestate in precedenza.

Durante tutta la mia giovinezza sentir parlare della “contestazione”, una contestazione che io non ho fatto e che forse chi aveva 18 anni nel ’68 beh… non era boomer, era nato ben prima, con i piedi dentro ad una rivoluzione più culturale, ragionata, elitaria, che solo emotiva? Non lo so, non ho studiato questa cosa. Ci ho vissuto dentro sentendo “l’era della contestazione, i movimenti di contestazione”.

Però si, noi contestavamo. Io di sicuro. “Devi” “si deve” “è bene, è male” “si fa così” per me sono sempre tutti stati discutibili e se la risposta era violenza o una sua forma nel “perché si”, di certo non mi sono fermato ad accettarlo. Molte di queste erano regole sensate, utili, ma me lo sono dovuto spiegare da solo, in relazione ad altri, per farci pace e dirlo ad alta voce, organizzarlo. Magari mentre altri pensavano a cose più pragmatiche. Le mie solite seghe mentali insomma.

Ma ora sento così conformisti quelli delle generazioni dopo, così pronti a dare nuovi ordini, nuove regole, nuovi “non si dice, non si fa, non si può, non sta bene” che mi sembra di tornare adolescente e rabbioso perché di nuovo, non possiamo solo stabilire i limiti delle libertà e poi smetterla di rompere i coglioni e voler conformare tutti? Sono imbarazzati da ogni cosa, a disagio con la vitalità esuberante tipica del popolo Italiano? Ma per essere meno imbarazzati loro, anche nel cringe, cioé: imbarazzato da qualcosa che TU fai e fa imbarazzare me … allora tutti devono adattarsi al loro problema, non il contrario, altrimenti sono dei cattivi gli altri. Cioé tu non ti svegli e il problema siamo noi. Per legge, vorresti.

Non lo so, a me sembra di si: sull’onda di battaglie che di certo non hanno iniziato loro, per migliorare le cose, si sono radicalizzati su alcune posizioni, usando metodi di chi, quelle posizioni, le aveva contrarie.

Magari questi stessi si chiedono come mai le destre stiano riprendendo forza: eppure il modo di ragionare così impositivo lo hanno anche loro. Convivenza, accettazione, dicono. Ma solo se fai come vogliono loro. Non mi sembra poi strano che ci sia più destra. Almeno sono onesti. Loro “vogliono imporre ciò che è giusto”. La parte conservatrice ora non mi sembra quella ideologica, ma quella di metodo? Non so, non sono sicuro.

Per me c’è meno libertà possibile, invece che di più, per tutti. Ma a me, tutto sommato, va sempre ricordato che l’obiettivo è trovare il monossido, pagare i debiti (frega solo a me, M si è comprato una Tesla e una villa, lo scorso anno) e suicidarmi facendo meno casino, entro i limiti del possibile.

Nel frattempo magari facendo qualcosa che mi va di lasciare… ma che alla fine penso possa essere come i Cugini di Campagna od un coevo di Natalino Otto per me, ciò che io potrei lasciare in giro oggi.

Le diverse sensibilità, le mode. Una cosa che ho odiato sin dalle medie… non hanno smesso di circondarmi. Fuori tempo, fuori moda, insomma sempre fuori, dai.

Donne considerate come culi semoventi

Attorno alla statua che, vista solo dalle due solite foto del web, non apprezzo particolarmente, ho letto varie critiche. Quelle che mi tangono assai sono quelle che ritengo punti di vista soggettivi ma che vogliono vendersi come oggettivi: il giusto, il vero, ciò che va fatto, il resto è male.

Questa volta un punto di vista che ho letto sulla pagina FB “Scienziati, filosofi ed altri animali” in una parte importante coincide con un punto di vista che lessi in una certa trattazione della fotografia di nudo fatta da Fotocrazia, cioè da Michele Smargiassi. Lessi l’articolo, a suo tempo, ma soprattutto il dibattito che si svolse nei commenti. Te lo riassumo? Riassumere richiede tantissimo tempo. Ci provo: parlava del “giro di fotografi di nudo”, già limitando le possibilità a “professionisti-lavoro” VS “il resto”. Chiunque lo facesse per lavoro l’autore lo risolveva con “lo fanno per denaro, di donne nude c’è richiesta”. Forse una volta. Oggi chi ha solo voglia di fica nuda va su youpornhubxvideoshamster gratis e non fa finta che gli piaccia il nudo artistico. Comunque il riferimento era quello. Oltre a questo, c’erano gli altri. Taglio corto perché a questo punto la visione della pagina FB citata e quella di Fotocrazia si incontrano ne “la visione della donna” e cioè la conclusione, osservando le opere, che le donne siano dagli autori viste in un determinato modo, che sia rappresentativo di TUTTA la loro visione della donna, del corpo della donna, del rapporto donna-corpo da parte dell’autore.

Wow!

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i soliti uomini

Qualche anno fa percorrevo le rotonde nel modo sbagliato. Mi “adagiavo” a sinistra, accostandomi al centro della rotonda, per poi andare dritto. Una volta messomi assieme a lei, che aveva fatto la patente da poco, abbiamo più volte battibeccato su questo. Ho anche verificato, anche coi carabinieri che mi hanno spiegato che qualcosa – che non ricordano più – dev’essere cambiato nel corso dei decenni e che i vecchi come me per qualche motivo hanno imparato a fare come faccio io, ma che il modo giusto – prescritto dalla legge – è quello che diceva lei. Me lo conferma un’altra ragazza, mia modella, che scopro appena patentata: le chiedo conferma, mi ribadisce che ho torto e che ci si accosta a destra sia per andare a destra, sia per andare dritti ma che la differenza la fa il mettere o meno la freccia a destra, tra le due cose. Ma mai ci si mette a sinistra-centro, a meno che non si intenda andare a sinistra o tornare indietro (inversione a U). Perfetto, quindi ho imparato. Ho fatto fatica sia ad ammettere di aver sbagliato (per anni! e rischiando grosso!) sia ad imparare. Ma ho imparato.

Oggi una bmw rischia di speronarmi perché si mette a sinistra per andare dritta, e io a destra per andare dritto. Mi strombazza e sclacsoneggia e io con gesti pacati faccio comprendere il mio disappunto col dito medio, ma siccome vedo persona molto agitata in auto, accosto a destra e la signora che aveva già aperto il finestrino per esporre garbatamente il suo punto di vista che devo morì, mi dice pressoché la stessa cosa che volevo dirle io: che non sa percorrere la rotatoria ed ha rischiato di fare un incidente – cazzo. Ma ciaraggione lei. Io, memore dei futili-motivi che fanno uccidere le persone nei parcheggi delle discoteche la seguo fino al parcheggio in cui va mentre chiedo a Google “come si percorrono le rotonde” ed esso, tosto, mi presenta l’immagine di cui sopra, ricordandomi che per una volta non mi sono rincoglionito. Continue reading →

tutto il resto può aspettare, ma non deve

ATTENZIONE OPINIONI FASTIDIOSE!

Ancora una volta vedo una delle classiche frasi sul fatto che quando non ci saranno più ti mancheranno e quindi goditeli adesso. I figli, chiaro. Sono sempre madri quelle che mettono fuori questi slogan conditi con cose tipo “me li godo ora, tutto il resto può aspettare”.

Ora sarò più cinico di quanto io non sia in realtà, ma serve a ragionare da quel lato.

Cosa credete che pensi un datore di lavoro, in generale, quando “tutto il resto può aspettare”? Pensano quello di cui li accusiamo, ma che è normale che pensino. Se io posso aspettare, puoi aspettare anche tu da subito, un posto di lavoro, perché questo non è lo Stato che fa assistenza a te, ma un posto che dare soldi in cambio di dare servizio e se metterai, come è giusto che sia, sempre avanti i tuoi figli a questo posto, preferisco avere più gente che metterà avanti questo posto, che è quella che mi serve e che sa che se la baracca va avanti, va avanti anche per loro.

Stronzi. Disumani. Se tutti facessero così. Eccetera. Lo dico anche io. Passo di nuovo dall’altra ora.

D’accordissimo. Continue reading →

apologia del cazzo

Quotidianamente, con costanza, più volte al giorno, con insistenza, pesantezza, reiterata acredine, pervicace opposizione, piccata sicurezza e stizzita convinzione sento ancora una volta, ancora una fottuta volta, o lo leggo, che – il succo è questo – gli uomini, maschi, sono solo dei porci e che interessa loro solo il sesso.

Sono (io sono) un disco rotto. Questo discorso è così vecchio in questo blog che la muffa ormai è multistrato.

Ma questo discorso sessista non mi ha solo rotto i coglioni. Non è un fatto di classe/genere, campanilista o di squadra. No no, questo discorso mi offende personalmente. Voi sapete quanto io adori il sesso, la figa proprio, appassionato e amorevole ma anche selvaggio, piacevole, sensuale come lo è per gli animali, quali noi basilarmente siamo. Se mi avete letto un po’ sapete che la natura non mi ha dotato della possibilità di sbattermi la prima che passa solo perché ha degli orifizi. Oltre ad una questione estetica mi viene richiesto, perché tutto funzioni, di sentire di essere desiderato, direi apprezzato, voluto.

E siccome non sono Brad Pitt questo di solito non avviene per questioni estetiche. Sono un vecchio mediocre, stempiato, con la panzetta.

Bene, avete il quadro. Continue reading →

bulle/bulli e potere: DENUNCIATE.

Ieri in occasione della trasmissione di Gianluca Nicolini su Radio24 dedicata a “i bulli quando crescono” è stata “eccezionalmente” ospitata una telefonata interessantissima anche di una donna, bulla in giovane età, ora, dice “che si vergogna di aver fatto quelle cose”.

Il racconto di come si svolgono i fatti rende la “violenza di genere” tutta una prospettiva e non un fatto, rendendolo quindi anch’esso soggetto a misurazione dei numeri in quanto a “fenomeno sociale” ma non in quanto a fenomeno umano o “insito nel maschio”.

L’essere bulli è una questione di potere. L’insicurezza data dal non essere non leader, ma indiscusso si, rende la necessità della occupatio impellente. Mettere in chiaro chi “non si può offendere”, in cui ovviamente cosa sia offesa lo decide sempre l’offeso. Questo (che cosa mi offenda lo decido io) ovviamente è giusto: ma la mia reazione non può travalicare il giusto.

Per cui dico: in un mondo fuori dallo stato di diritto, il potere è derivato dalla forza per contrasto diretto: la lotta, il combattimento, la violenza fisica. Questa donna tra l’altro dice “non si tratta di chi è più forte ma di chi è più cattivo”. Illuminante anche questo. Continue reading →

non smettete di parlare: sputtanateli

Originally posted on Al di là del Buco: Di quante dimostrazioni abbiamo bisogno prima di chiamare le cose con il proprio nome? Accade a Melito, per esempio, in Calabria, ma potrebbe accadere ovunque e in fondo la questione si riduce alle conclusioni di sempre. lei è stata stuprata, minorenne, da più persone. lei se l’è…

via Alla vittima di stupro di gruppo in Calabria: non sei sola! — Il blog del nano Rocco

donne su donne #1 “mi trovo molto meglio con gli uomini”

Ultimamente vedo e chiacchiero più o meno approfonditamente con una quantità di donne e ragazze. Ne vengono fuori cose molto interessanti sul come sono tra di loro: molte sono totalmente distrutte giorno per giorno dalle altre donne: trovano insopportabile lavorare con le donne e spesso “ho sempre lavorato con gli uomini e lo preferisco di gran lunga: le donne sono insopportabili vipere” è la frase base. Quello che ne viene fuori se chiedo conferma l’ho sempre detto: le donne hanno la particolare capacità di tirartele fuori dalle mani (cosa che io non faccio perché non meno nessuno: figurarsi le donne) … ma siccome anche tra loro questo è considerato tabù, allora subentra la tortura psicologica.

Due uomini si affronterebbero prima o poi a muso duro. Potrebbero eventualmente anche picchiarsi o urlarsi violentemente addosso senza per questo beccarsi una denuncia per violenze o molestie: a prescindere dalla ragione reale e dal vincente la questione sarebbe chiusa per sempre. PER SEMPRE.

Le donne no.

Le donne sono come gli assassini della mafia russa attraverso i sedili imbottiti di materiale radioattivo. Il veleno si insinua, il piccolo acido scorre, goccia dopo goccia, un po’ si rimargina ma inizi a rovinarti, a marcire, a stare male anche quando ti allontani… le donne sono logoranti, si logorano tra loro tanto quanto logorano gli uomini che non sanno scrollarsi via le stronze. Si distruggono psicologicamente, fanno comunella del maleficio, si tagliuzzano col gossip, si infettano con la malalingua, le occhiatine e gli sguardi schifati, fanno a chi ce l’ha più lungo con la moda, lo stile, il fisico … dire che non sono competitive come gli uomini è un grave errore di valutazione. Tra loro sono terribilmente competitive. Per le ragioni e nei modi sbagliati, penso, ma tant’è.

Ho una sorella, molto più vecchia, e so che quando io ero un ragazzino e lei trentenne, mi sono reso conto dell’ingiustizia delle situazioni in cui mi trovavo: lei era semplicemente prepotente, e diventava isterica, irragionevole e violenta ma senza usare la violenza delle mani: era offensiva, urlava oltre il tollerabile. L’ho presa ad urloni io e l’ho chiusa semplicemente FUORI dalla stanza in cui volevo cercare di vivere 30 minuti. Si è buttata lei verso di me! E si è fatta male perché è goffa. E alla fine chi era il violento? Se mi conosceste sapreste che le mie mani non si alzano mai.

Beh per tutti i suoi urli non è successo un cazzo, per i miei 3 hanno chiamato la polizia. E’ stato divertente perché la vicina ha aspettato talmente tanto che se io fossi stato un violento mia sorella ormai sarebbe stata ormai putrida. E invece finito di fare quello che dovevo fare in cucina, ho riaperto e me ne sono andato mentre lei mi urlava ancora attorno: a testimonianza del fatto che il violento non sono io, FUORI dalla porta della cucina c’è ancora un buco sulla porta, fatto dal suo piede. Uno diverso da me le avrebbe dato quattro schiaffoni e tutto sarebbe finito, senza grandi shock e fermando un’ondata di isteria ingiustificata. Beh, questo accade ogni giorno da donna a donna: nessuno può agire oltre le regole: nessuno più dare uno schiaffone e porre fine alla lenta tortura. E quindi si corrodono le vite, che tornano a casa e sono spente, fastidiose, intrattabili… ma il tempo per ripensarci è troppo poco: ricomincia il giorno dopo.

E molte delle donne che dicono “io sto meglio coi maschi” non si sognerebbero mai di considerare aggressioni sessuali o molestie le classiche battute a base di sesso, anche molto pesanti, che normalmente si fanno in ambienti maschili.

Una donna che ho conosciuto ha combattuto con le unghie e con i denti per avere un lavoro che al tempo era tipicamente maschile: ha dato merda a tutti con la sua competenza e giorno per giorno è stata tra i maschi: tutti a dire (solo dire) che la dava a tutti e tutti a sapere che non la dava a nessuno. Lei ha scherzato, loro la rispettano. La rispettano sul serio, non di quel rispetto che dice che non ti devo guardare il culo se il tuo culo è a portata dei miei occhi. Ma di quel rispetto che hai per una collega capace, brava, disponibile, seria e non bacchettona. E che continua ad essere così anche se è mamma e moglie. Che continua anche quando divorzia, quando diventa mamma single.

Lei stessa mi dice: il problema sono le donne. Hanno creato una tensione che prima non c’era: si cammina sulle uova dove ieri si saltellava a piè pari con gli stivali: bisogna stare attenti a come si parla: pfui – donne! – E lo dice una donna.