generazioni, distanza, perché

Le generazioni si accusano a vicenda, sempre che si caghino ancora, relativamente ad alcune cose specifiche, mi sembra. Non intendo temi politici che partono dal momento di lavorare.

Si parla di sentirsi giudicati, di aggressività passiva (se va bene, passiva). Ma chiaramente ci sono i gusti, i modi, la moda, gli abiti, la musica! Gli interessi culturali, il linguaggio.

Quello che pare a me ora, maggio 2024, è che la causa di questo che pare conflitto, lotta, sia dolore. E paura, sempre. Dolore perché tutte quelle cose uniscono e sentirsi esclusi da qualcuno che inizialmente avresti voluto includere o che avresti voluto includesse te, ti fa paura. Ma soprattutto ti addolora: i tuoi vecchi ti sono lontani. I tuoi giovani ti sono lontani. In cosa? Proprio in quelle cose in cui vorresti foste assieme. Il linguaggio. La musica. Gli interessi culturali. Le cose che si considerano “belle” o “brutte”.

Quel rifiuto porta dolore proprio dove si pensava di trovare unione.

E per affrontare queste diversità serve impegno, interesse e impegno, impegno per quell’interesse e interesse per quell’impegno. E tempo! E chi ha tutte queste cose e vuole?

Come siamo bravi ad isolarci in nuovi modi.

Durezza e sopravvivenza

Quando si guardano generazioni di genitori o popolazioni che, grazie alla loro vita dura, sono sopravvissuti ed hanno cercato di insegnare tale durezza dove questa non serviva, si può osservare che ognuno non considera il contesto dell’altro.

Apprezzare ogni cosa ed assaggiare tutto, mi diceva mio padre, e non fare “il palato di capra” e apprezza le cose buonissime che non saranno come quelle inferiori … ma poi mangia la crosta del formaggio anche se ti fa cagare, che non si butta, finisci anche se non hai fame, mangia quello che c’è. Istruzioni per un mondo povero in uno moderatamente ricco, che comunque non ha bisogno della sopportazione del peggio.

Comprensibile. Non giustificabile. O si? Si, in visione di un mondo di merda, di una vita di stenti. Di una sopravvivenza.

Per il sopravvivente tutto è energia, tutto è risorsa, come in guerra “quel che no sofega ingrasa” dicono nel Triveneto e nella Venezia Giulia, quel che non ti uccide ti nutre (non dicono che ti rafforza, non sono venuti da Hollywood). Venendo dalla povertà, impari il valore delle cose, non esageri, non ti annoi con le cose che sono godibili perché sei abituato ad averle.

Ma la sopravvivenza non è vita. Il “vizio” di una vita con determinate condizioni lo decidi tu. Non è un valore, per me, una vita in cui la fatica ed il dolore sono maggiori delle soddisfazioni. In cui il grigiore e la banalità sono nutrite dal freddo della solitudine, ceh sia colpa o caratteristica tua, fa lo stesso, per quel che senti.

Insomma la vita non ti ama. La vita fa quel che può per ucciderti, per sfidarti ogni giorno, non è un’amante, è una puttana, che può certametne farti godere, ma devi sempre poterti permettere il suo prezzo, ogni volta, ogni singola volta, fino a che comunque i servigi veri non te li darà più, fa selezione all’entrata.

reazionari/regressione #2347826-2

Una delle cose che mi pare evidente da tutto quello che scrivo è del senso di nostalgia, rimpianto, rimorso, qualcosa che “se potessi ricostruire il passato con quello che so adesso o cancellarlo del tutto” …

Capito, no?

Invecchiare. Non essere aggiornati, al passo coi tempi, all’altezza, contemporaneo (questo mi ricorda che Benedusi è sparito dal sito “competenze” … mh, interesting).

Penso speso al background comune, al linguaggio, ai riferimenti culturali che sono semplicemente l’acqua in cui si nuota insieme: se non ci nuoto, le mie branchie non la setacciano con le vostre… non c’è recupero, corso, studiare. Si tratta di viverci dentro.

Oggi però uscivo con MD che non ha ancora 30 anni… si va dal kebabbaro, dietro di noi dei 15enni.

I quali iniziano a fare dei discorsi e dell’umorismo cantereccio che si sarebbe potuto fare allegramente in una bettola di vecchi, in caserma 40 anni fa oppure in generale 50 anni fa in giro.

Penso che rispetto a loro non sono indietro affatto. E che questo senso di “con loro non dovrei vergognarmi” possa coinvolgere vecchi, uomini, donne che non vanno avanti, per tranquillizzarsi, circondarsi di regresso e stagnazione, per stare tranquilli e non sentirsi fermi a causa del fatto che gli altri si muovono. Lo sei, ma lo sono anche gli altri: tutto bene.

Li capisco, li capirei.

Vorrei dire che non è sano… ma non è sano per il progresso. Per il singolo è un sollievo, è tanta meno fatica.

Assurdo tutto sommato, per una mentalità che fa del “sacrificio” un valore in sé.

nessuna musica mi piacerà più di questa

Nel mezzo degli anni ’90 ascoltavo tantissima musica e la suonavo anche. E ricordo che mi dissi “nessuna musica mi piacerà mai così tanto”. Penso mi riferissi al suono, diverso da quello di tutti i decenni precedenti.

Ora ne sento la verità, quando la tristezza.

Più o meno negli stessi anni mi dissi che sarei morto sordo e grasso, evidentemente già conscio di quanto alcune cose mi piacessero. Di sicuro non mi sentivo un latin lover tale da poter dire che mi sarei consumato il cazzo. E forse avevo anche letto molto su quanto in vecchiaia la prospettiva su cosa non ti tradisca o ti lasci solo siano oggetti o aspetti non legati a persone.

Ascoltando il podcast “cose molto umane” la motivazione riguardante la musica mi ha reso tutto molto meno figo. Non si tratta prettamente di qualità musicale, bensì del legame emotivo con un momento intenso della tua vita. Sei incazzato? Sei innamorato? Sei … tante cose, ma intensamente.

E l’altra cosa che può “plagiarti” è la vita familiare in cui puoi essere inserito, in cui anche il sottofondo di musica può incidere molto sui tuoi gusti (la cosa spiega spesso perché alcuni “decenni” sono più graditi e poi ci sono dei buchi).

Questo lo scrivo pochi secondi dopo aver ascoltato qualcosa che veniva dal decennio prima e che sarebbe stato scalzato presto. “Stand” dei Poison: e la apprezzo, niente da dire. E anche se “Playing God” dei Polyphia mi fa impazzire, se dovessi decidere se far vivere una o l’altra farei parecchia fatica a buttare quella dei Poison. Ma lo farei 🙂 hehe

ZerinoFebb! NON col moment

ZerinoFebb! NON col moment (ibuprofene) almeno a distanza di 6 ore, nel caso e INVECE della Tachipirina se nella vostra influenza il naso c’entra poco. Può essere preso con Fluimucil (o equivalente, acetilcazzolosalaminchia). Serve a “trattare l’influenza” senza ma checcazzo ne so io? Ma davvero ascoltate me? Ma lo sapete che se chiedete a chatGPT, che pure non può essere considerato in caso di consigli medici, comunque servendosi di fonti a svalangate e non essendo un umano che si scazza a rispondere o ti giudica e ti guarda come una merda se spari cazzate, ma semplicemente ti risponde, sempre, avrete informazioni più utili che non cagando me?

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La famigghia, soap opera, puntata 239487

[ musica: Dredg, in random, senza l’album del 2011 ]

Per decenni mi osservavo vivere in una Italia senza guerra. Mi dicevo solamente “spero che non mi capiti: è davvero da troppo tempo che nel nostro stato non c’è guerra… ” bla bla considerazioni sulla leva, sull’esercito, sulla nostra nullità e sulla stupidità della guerra di conquista in generale, sia durante che, specialmente, dopo la guerra fredda.

Mai e poi mai mi sarei invece detto che avrei visto la mia famiglia meno normale. Continue reading →

Maschilismo/patriarcato VERO. #1289371

Come, per fortuna, Alessandro Masala “Shy” di Breakin Italy recentemente non manca di ricordare, cose come le desinenze delle parole, lo schwa, il liquid gender ed altre amenità sono infinitamente lontane dai problemi attualmente sul terreno, nel cosiddetto, appunto, “paese reale”. Quello di quando (cit) vai dal macellaio.

Mio padre è vivo. Mia madre è viva. Quello che io vi racconto ORA era vero e vissuto da quando ho coscienza e capacità di osservazione: sono un maschio bianco etero cisgender nato negli anni ’70, loro sono nati negli anni ’30.

Oggi sono vecchi.

Mio padre è semplicemente, mediamente, un prodotto standard del maschilismo tradizionale, non particolarmente conservatore per i tempi, ma entro i margini. Mia madre anche: ma mia madre è stata dentro il mondo che cambiava: le sue amiche avevano fatto scelte diverse; non tutte certo, ma era possibile: era proprio lì che le cose stavano iniziando a cambiare. Non si tratta di victim blaming, ma di corresponsabilità.

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un istante della mia famiglia di oggi

Ieri mi chiama mio fratello. Come sempre “non ha tempo” di cercare un link, ma poi perde una infinità di tempo. Ad ogni modo gli serve un hub usb 3.0 da 4 porte per qualcosa di mio padre. Qualcosa di mio padre che non ha niente di usb 3. Immagino che sia perché poi un giorno lo userà qualcun altro. Ad ogni modo segno, cerco, metto in prime, e via. Ma era molto preoccupato perché mamma – che qualche ora prima mi aveva chiamato perché lui non era tornato per pranzo ed erano le 15 e lei era preoccupata per la cena e desiderava andassi a metterla su io ma tanto poi era tornato e ha fatto – era molto stanca, era troppo stanca e finiva sempre a letto abbattuta. Quindi dottore. Alleluja! Lo avevo detto un miliardo di volte che mi sembrava TROPPO stanca. Boh nessuno mi cagava. Bene allora ottimo. Quando? Domani ore 9.

Lo sento ore 9.30 messaggio whatsapp: il doc passa tra le 14 e le 15, aggiornamenti futuri.

Lo sento alle 15: l’hub era arrivato (lo sapevo, amazon non mente) e il doc aveva la diagnosi ancora prima di vedere mamma: grave insufficienza renale da cui deriva tutto il resto. Fare movimento. Posso procurare una mini-cyclette che può usare anche stando in poltrona? Per patre: c’è da clonare HDD su SSD, sai? Non clono dal 1600 ma vedo.

Cerco il software, mi esce clonezilla, confermo che mi pare la scelta giusta, comunico, grazie. Ma solo la cyclette? si. Sento C che pure sua madre aveva casino, vado fisicamente li. Mi dice che ce l’ha e me la da, ma che ci sono scarsissime speranze che faccia qualcosa, perché non ne hanno voglia, si trascinano, si rifiutano, fanno storie e bisogna letteralmente farglielo fare. Ma me la da lui se ce l’hanno ancora. Comunico la cosa.

Nel mentre scrivo al dottore per presentarmi – una prima impressione di merda non si deve mai evitare – rivelando la mia scarsa fiducia nella mia famiglia nel comprendere quello che lui dice. Spettacolo.

Chiama mia madre, mi dice che è passato il dottore e che deve prendere un integratore.

Certo mamma – dico – “E FARE MOVIMENTO”. “… mgnhmmm … e si vede che userò il trabicolo… ” (si riferisce al deambulatore) …

Ok. Aspettiamo che la cosa arrivi.

Nel frattempo mio padre mi manda solo cagate. Che credo sia il suo modo di chiudere la possibilità di comunicare, perché, ha deciso, che visto che ha cose tristi da dire e che poi mi vede triste questo risolverà. Ottimo. Oh non gliel’avessi detto che vado li per parlare con lui e che non c’è problema se mi dice cose tristi, basta che non si aspetti che io le ignori e che si chieda come mai sono serio. Cristodiddio, mi parli di roba triste assai, per te, per la tua vita. Non ti voglio nemmeno dire quanto … ma no, che gliel’ho pure detto che non mi interessa più vivere.

Questa mattina ho “perso” tutta la mattinata a chiacchierare con D, ragazzo che spero poi arrivi a recuperarsi e vivere. E’ lui che mi ha portato il big muff; l’altra notte ero QUASI riuscito a fare l’ultima ripresa – quella con me stesso dentro – in uno stato semi-decente in cui non ero gonfio come unammerda in faccia. Era notte fonda, ma avevo piazzato tutto, piano piano, ascoltando solo Brian Eno come un calmante. Alla fine mi ero dimenticato una piastrina. Ho detto “farò domani”, ero stanco, avevo tirato parecchio. In realtà avrei finito, mi facevo un po’ meno cagare, giusto quel po’ di gonfietto da cortisone (no, non prendo il cortisone: a ondate sono leggermente meno gonfio in faccia, dopo qualche buon sonno, con certe temperature, non so bene come accada) in meno: tutto spostato, piazzato… manca la fottuta piastra. Avevo anche tentato di usare il remote per far partire il video… ma quel CAZZO di remote funziona solo per il tasto di scatto PER SCATTARE e basta, non per far partire il rec. MERDE.

Ma alla fine la merda ero io che mi sono dimenticato la fottuta piastrina.

Dai che prima di schiattare FORSE ma forse forse forsissimo, registro i pezzi degli H. I nostri. Che poi son diventati miei. Ad ogni modo D ha detto anche lui che non sono registrati poi così male. Te credo: era il massimo che potevamo fare e lo abbiamo fatto. Ma nonostante tutto, non è il massimo. Era il nostro massimo. Tutto qua. E se riesco, anche dei C. forse riuscirò a fare dei videoclip. Magari uno solo? Non so, secondo me una volta fatto uno riesco a fare gli altri perché il problema non sarà più riprendere me stesso o gente invecchiata.

Di nuovo visualizzo: gente che urla verso l’esterno, nessuno che si guarda, che ascolta… tutti emettono, nessuno riceve.

democratizzazione #293847

“Democratizzazione della tecnologia”: permettere a gente che non sa fare le cose di farle comunque, grazie alla tecnologia. Dal mio traduttore automatico in modernese. Persino in ambito tecnologico, questo accade a più livelli: cioè tu, che sai fare una cosa complessa, complicata o difficile, grazie ad una tecnologia, verrai comunque presto affiancato da qualcuno che non la sa fare, ma grazie ad una tecnologia che rende più semplice quello che tu sapevi fare grazie alla tua conoscenza. È un processo ricorsivo, è la sua natura e come sempre abbassa la qualità alta, ma alza la qualità media di ciò che viene prodotto. Rendendo però, spesso, uno sforzo poco sensato, per moltissime persone, quello di essere esperto, di saper fare, di saperlo fare nel dettaglio. Sarà poi probabilmente interessante, oltre che per desiderio personale, anche per chi desideri padroneggiare la tecnica per produrre qualcosa di molto originale… “contento te”, dirà la massa democratizzata.

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Eh ma è fatt* così

Nella 8 ore di discussione che ebbi con mio padre uno degli argomenti che spuntò fuori era sostanzialmente il nonnismo. Non lo abbiamo chiamato così, ma sarebbe stato meglio.

Uno dei detti che hanno sostenuto lui era “L’età fa grado”. L’anzianità è già di per sé un dovuto riconoscimento di merito. Questo detto così, in assoluto, per me non vale un cazzo, lo sa. Sa che per me il valore va dimostrato, non è dovuto solo perché sei qualcosa. Vecchio, titolato, elegante. Spesso bastano due parole, basta solo che fai. Ma in caso di contestazioni, non basta l’autorità del grado. Naturalmente lui si riferisce soprattutto al mondo del lavoro ed in particolare quello dell’edilizia tutta, cantieri, progettazioni, rilievi topografici, perizie per tribunali, costruzioni. In quel mondo può starci: se sei ancora operaio dopo 30 anni è probabile che tu la cazzuola la sappia usare. Ma è anche probabile che se sei ancora operaio, non sei riuscito ad usarla poi tanto bene. Magari non hai voluto. Magari sei una testa dura, lo sei sempre stato e sempre lo sarai: e – sue stesse parole – con l’età si peggiora. Quindi non mi pare che faccia grado. Al massimo farà degrado.

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