generazioni, distanza, perché

Le generazioni si accusano a vicenda, sempre che si caghino ancora, relativamente ad alcune cose specifiche, mi sembra. Non intendo temi politici che partono dal momento di lavorare.

Si parla di sentirsi giudicati, di aggressività passiva (se va bene, passiva). Ma chiaramente ci sono i gusti, i modi, la moda, gli abiti, la musica! Gli interessi culturali, il linguaggio.

Quello che pare a me ora, maggio 2024, è che la causa di questo che pare conflitto, lotta, sia dolore. E paura, sempre. Dolore perché tutte quelle cose uniscono e sentirsi esclusi da qualcuno che inizialmente avresti voluto includere o che avresti voluto includesse te, ti fa paura. Ma soprattutto ti addolora: i tuoi vecchi ti sono lontani. I tuoi giovani ti sono lontani. In cosa? Proprio in quelle cose in cui vorresti foste assieme. Il linguaggio. La musica. Gli interessi culturali. Le cose che si considerano “belle” o “brutte”.

Quel rifiuto porta dolore proprio dove si pensava di trovare unione.

E per affrontare queste diversità serve impegno, interesse e impegno, impegno per quell’interesse e interesse per quell’impegno. E tempo! E chi ha tutte queste cose e vuole?

Come siamo bravi ad isolarci in nuovi modi.

Conformismo di ritorno (vita maleducata: addio)

La generazione X , ma forse anche i Boomers, letteralmente parlando, credo siano stati molto “anti” , rispetto alla generazione che li ha creati. In contestazione con le formalità, le regole imposte, l’educazione formale, fare silenzio, osservare orari, regole che non potevano essere contestate in precedenza.

Durante tutta la mia giovinezza sentir parlare della “contestazione”, una contestazione che io non ho fatto e che forse chi aveva 18 anni nel ’68 beh… non era boomer, era nato ben prima, con i piedi dentro ad una rivoluzione più culturale, ragionata, elitaria, che solo emotiva? Non lo so, non ho studiato questa cosa. Ci ho vissuto dentro sentendo “l’era della contestazione, i movimenti di contestazione”.

Però si, noi contestavamo. Io di sicuro. “Devi” “si deve” “è bene, è male” “si fa così” per me sono sempre tutti stati discutibili e se la risposta era violenza o una sua forma nel “perché si”, di certo non mi sono fermato ad accettarlo. Molte di queste erano regole sensate, utili, ma me lo sono dovuto spiegare da solo, in relazione ad altri, per farci pace e dirlo ad alta voce, organizzarlo. Magari mentre altri pensavano a cose più pragmatiche. Le mie solite seghe mentali insomma.

Ma ora sento così conformisti quelli delle generazioni dopo, così pronti a dare nuovi ordini, nuove regole, nuovi “non si dice, non si fa, non si può, non sta bene” che mi sembra di tornare adolescente e rabbioso perché di nuovo, non possiamo solo stabilire i limiti delle libertà e poi smetterla di rompere i coglioni e voler conformare tutti? Sono imbarazzati da ogni cosa, a disagio con la vitalità esuberante tipica del popolo Italiano? Ma per essere meno imbarazzati loro, anche nel cringe, cioé: imbarazzato da qualcosa che TU fai e fa imbarazzare me … allora tutti devono adattarsi al loro problema, non il contrario, altrimenti sono dei cattivi gli altri. Cioé tu non ti svegli e il problema siamo noi. Per legge, vorresti.

Non lo so, a me sembra di si: sull’onda di battaglie che di certo non hanno iniziato loro, per migliorare le cose, si sono radicalizzati su alcune posizioni, usando metodi di chi, quelle posizioni, le aveva contrarie.

Magari questi stessi si chiedono come mai le destre stiano riprendendo forza: eppure il modo di ragionare così impositivo lo hanno anche loro. Convivenza, accettazione, dicono. Ma solo se fai come vogliono loro. Non mi sembra poi strano che ci sia più destra. Almeno sono onesti. Loro “vogliono imporre ciò che è giusto”. La parte conservatrice ora non mi sembra quella ideologica, ma quella di metodo? Non so, non sono sicuro.

Per me c’è meno libertà possibile, invece che di più, per tutti. Ma a me, tutto sommato, va sempre ricordato che l’obiettivo è trovare il monossido, pagare i debiti (frega solo a me, M si è comprato una Tesla e una villa, lo scorso anno) e suicidarmi facendo meno casino, entro i limiti del possibile.

Nel frattempo magari facendo qualcosa che mi va di lasciare… ma che alla fine penso possa essere come i Cugini di Campagna od un coevo di Natalino Otto per me, ciò che io potrei lasciare in giro oggi.

Le diverse sensibilità, le mode. Una cosa che ho odiato sin dalle medie… non hanno smesso di circondarmi. Fuori tempo, fuori moda, insomma sempre fuori, dai.

nessuna musica mi piacerà più di questa

Nel mezzo degli anni ’90 ascoltavo tantissima musica e la suonavo anche. E ricordo che mi dissi “nessuna musica mi piacerà mai così tanto”. Penso mi riferissi al suono, diverso da quello di tutti i decenni precedenti.

Ora ne sento la verità, quando la tristezza.

Più o meno negli stessi anni mi dissi che sarei morto sordo e grasso, evidentemente già conscio di quanto alcune cose mi piacessero. Di sicuro non mi sentivo un latin lover tale da poter dire che mi sarei consumato il cazzo. E forse avevo anche letto molto su quanto in vecchiaia la prospettiva su cosa non ti tradisca o ti lasci solo siano oggetti o aspetti non legati a persone.

Ascoltando il podcast “cose molto umane” la motivazione riguardante la musica mi ha reso tutto molto meno figo. Non si tratta prettamente di qualità musicale, bensì del legame emotivo con un momento intenso della tua vita. Sei incazzato? Sei innamorato? Sei … tante cose, ma intensamente.

E l’altra cosa che può “plagiarti” è la vita familiare in cui puoi essere inserito, in cui anche il sottofondo di musica può incidere molto sui tuoi gusti (la cosa spiega spesso perché alcuni “decenni” sono più graditi e poi ci sono dei buchi).

Questo lo scrivo pochi secondi dopo aver ascoltato qualcosa che veniva dal decennio prima e che sarebbe stato scalzato presto. “Stand” dei Poison: e la apprezzo, niente da dire. E anche se “Playing God” dei Polyphia mi fa impazzire, se dovessi decidere se far vivere una o l’altra farei parecchia fatica a buttare quella dei Poison. Ma lo farei 🙂 hehe

Eh ma è fatt* così

Nella 8 ore di discussione che ebbi con mio padre uno degli argomenti che spuntò fuori era sostanzialmente il nonnismo. Non lo abbiamo chiamato così, ma sarebbe stato meglio.

Uno dei detti che hanno sostenuto lui era “L’età fa grado”. L’anzianità è già di per sé un dovuto riconoscimento di merito. Questo detto così, in assoluto, per me non vale un cazzo, lo sa. Sa che per me il valore va dimostrato, non è dovuto solo perché sei qualcosa. Vecchio, titolato, elegante. Spesso bastano due parole, basta solo che fai. Ma in caso di contestazioni, non basta l’autorità del grado. Naturalmente lui si riferisce soprattutto al mondo del lavoro ed in particolare quello dell’edilizia tutta, cantieri, progettazioni, rilievi topografici, perizie per tribunali, costruzioni. In quel mondo può starci: se sei ancora operaio dopo 30 anni è probabile che tu la cazzuola la sappia usare. Ma è anche probabile che se sei ancora operaio, non sei riuscito ad usarla poi tanto bene. Magari non hai voluto. Magari sei una testa dura, lo sei sempre stato e sempre lo sarai: e – sue stesse parole – con l’età si peggiora. Quindi non mi pare che faccia grado. Al massimo farà degrado.

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Quando riprendi in grande, TUTTO è più grande

Il titolo riporta una semplice verità di un collega, non ricordo se riferita al video o alla foto. Ma credo al video. Quando aumenti la grandezza della scena, ogni cosa che ti serve deve essere calcolata più in grande. Non stiamo parlando di qualcuno che lavora nel cinema o in TV, ma di freelance che iniziano in piccolo, gente che non ha studiato in una scuola specializzata né ha imparato andando “a bottega”; del resto oggi sembra assurdo non fare un corso. Comunque: hai ragionato con una certa luce, un certo angolo, una quantità di fondo, una grandezza di stativo, una quantità di peso fisico.

Ecco, tutto diventa più grande, tutto, appena vuoi fare “qualcosa” più in grande. Ne devi tenere conto: hai quello che hai. Vale la pena pensare di comprare roba? O vale la pena spremere ogni possibilità da quello che hai già?

Ad ogni modo cari ragazzi figliuolici di una volta, ossia quasi-boomer della generazione X, io la vedo così ANCHE nel passare da foto a video. Magari solo perché fatico di più a mettere in ordine mentale le cose e ci sono meno facilitazioni. Ad ogni modo formati video e codec, editing che diventa montaggio/color (correction/grading), tutti i dispositivi di ripresa “tangibili da umani” (cioé vi dico solo di andare a leggere qualche prezzo di una roba ARRI per dire cosa NON è umano) , software diversi, hardware pc tutto con specifiche triple rispetto a quello che credi tu, i movimenti di camera fluidi, ogni genere di strumentazione meccanica, ma soprattutto le basi: la videocamera, i supporti, tutta la parte di strutture portanti (non ho ancora un nome per quella roba, ma fate conto ogni cosa che fa la – sempre sia lodata – smallrig, ah ecco, si, forse tutto il rigging) , le basi, i cavi e come proteggerli, audio si/no, come, la quantità di personale coinvolto, si, no, evitabile, merda si, merda no, dipende da.

Formati video RAW, i LOG, le LUT, la gamma dinamica, l’HDR, la risoluzione, i frame per secondo, tutto da pensare MOLTO BENE perché appunto “poi tutto è più grande”. Puoi usare il formato più fico del mondo, ma poi lo gestirai? Ma se è fico, è fatto per essere gestibile anche se ha tanta roba? E studiarestudiarestudiare. E poi guardi qualche canale su instagram con gente che FA COSE. Fighissime. E che distrugge attrezzature da 7000 euro a bullone. Certo, le mettono apposta. Però.

E la messa a fuoco, cazzo. CAZ ZO.

Quanto posso fare da solo?

Ad ogni modo al mio arsenale inutile aggiunsi una Black Magic Pocket Cinema Camera 6K pro. Forse sono pronto a mettere il piede nella fredda acqua del nonsouncazzo sia lì che in DaVinci Resolve Studio / Fusion Studio che è compreso nel prezzo. Certo il test del raw dice che il mio pc ce la fa fin lì. E sembrava un dragomostro.

Ad un inutile corso (full novax!) di cui vi parlerò ho però imparato una serie di cose che probabilmente trovo su youtube o su dei manuali, pure vecchi. Quella più simpatica che ho trovato è la relazione tra la corretta sequenza:
– silenzio
– motore [attesa dei feedback]
– ciack
– azione
– stop
e il fatto che i software di montaggio di oggi sincronizzano automagicamente. Ma godo!!!!!!!

Cioè, godrei se dell’audio mi fregasse qualcosa.

Ma adesso qualcosa mi frega, tipo monetizzare.

E la cosa fa un po’ ridere perché non ho davvero prospettive, e nel mio progetto “VIVI/MUORI”, la parte muori non è ben completata, devo ancora 9/10 a M. Non va bene. Devo trovare il modo di monetizzare, porcaputt.