“Quando il tuo successo dipende da te … ” – dice in questa live Shy. E poi sento poco, ovviamente metto in pausa, me ne vado a riflettermi addosso nelle braghe, tornerò ad ascoltare dopo.
Quand’è che il tuo successo non dipende da te?
Il tuo successo dipende sempre da te, prima di tutto. La vogliamo più corretta, certo, insegnami la vita (cit). Nessun problema: non tutto quello che accade è una tua responsabilità, ma il principale responsabile di quello che ti accade sei tu. Bene, sette e mezzo.
Ma il successo?
Perché quello che intendeva dire non lo so, lo sentiremo, ma quello che arriva quando uno apre la bocca e dice “quando il tuo successo dipende da te” non sembra affatto qualcuno che tiene molto alla salute mentale. Eppure sappiamo che è così, che ci tiene, che porta avanti questo discorso pubblico: anche per questo lo seguo volentieri. Io ho quasi 50 anni e lo seguo perché dentro abbiamo cose molto simili, per come sento io, ovvio, non voglio offendere Alessandro. Ho tenuto ad ogni cosa a cui lui sembra tenere da quando lui non esisteva affatto. Ho seguito molti di quei percorsi prima che lui nascesse. E non era facile come ora. I vecchi sono gli stessi, e sono ancora vivi, gli stessi. Solo che avevano più potere, le cose si ottenevano con i loro mezzi, i soldi, il potere, lo smuovere.
I diritti, le battaglie, gli atteggiamenti, il provincialismo, la deferenza scambiata per rispetto e nessun rispetto dato. Tutta roba che è bene vedere in qualcuno che fa un telegiornale. Un “approfondimento critico serale post-fact checking” potremmo chiamarlo?
Ma alla fine:
“successo”
“dipende da te”.
Cioé, in sostanza, se non fai il dipendente. Questo arriva. E arriva il concetto di “successo”. Che, con sé, porta quello di fallimento. E queste due piccolissime cose insieme portano con sé il CONFRONTO, il giudizio, cosa sia fallimentare e cosa no. Sei un fallito, non sei un fallito.
Poi certo, partirebbe il maniavantismo, iointendevoche, nontigiudico, ionongiudico, ma è inutile. La prima cosa che facciamo è essere merdosamente umani. Attribuirci valore, in ragione di ciò che è importante per noi.
E siamo sempre quelli che guardano in alto, il più forte, che è salito in alto e ci piscia in testa pure se non vuole, pure se lo considera orrendo. Ma dentro di sé, il nucleo che ha, il sentimento, l’emozione e l’impulso incontrollato che ha, senza autocorreggersi … è quello.
Che non è affatto una critica a lui, sia chiaro. Ma un piccolo segnale di cosa sia la verità di ciò che valutiamo noi umani. Solo in totale solitudine, isolati, in nessun rapporto con gli altri, possiamo “accettarci”.
Segnalo, per i posteri (e per me che non l’ho ancora vista), questa intervista da lui stesso segnalata.