ora mi odia (34ma puntata)

Siamo arrivati al classico “maledetto il giorno che ti ho incontrato“. Quando mi ha lasciato, lei, senza appello, mi ha chiesto esplicitamente “questa volta non bloccarmi, per favore”. Ok, le ho risposto, non ti blocco da nessuna parte, come vuoi, anche questo come vuoi.

Ieri ero costretto dalle circostanze a non dormire a casa, ma in studio, luogo che avevo iniziato ad amare perché ci “vivevo” con lei. Ero l’uomo più felice della terra osservando il soffitto industriale, la lampada al neon sopra di me, gli incroci di linee tristi e grigie… e pensando che non le trovavo più tristi e grigie: ero felice, felice e appagato, con la mia bimba tra le mie braccia, addormentata, accoccolata su di me in un modo che raramente è possibile tra uomo e donna, senza che qualcuno non abbia la circolazione bloccata. Felice.

Da solo, trovarmi di nuovo li mi ricorda lei, momenti felici, meravigliosi.

Ne ho fatta una foto/stato su whatsapp, perché me la ricordava, mi ricordava lei, mi mancava. Lei mi scrive “interessante” e poi parte a disprezzarmi, a dirmi “chi ti scopi adesso” … mentre io voglio solo lei, io non vado subito da qualcuno, io. Non lo faccio. Se qualcuno lo fa, tra noi, è stata lei. E non gliene ho fatta una colpa, mai. Dirlo a me… è meschino.

E’ arrivata ora a rinnegare ogni cosa, che se potesse tornare indietro non mi chiederebbe mai quel fatidico like che ci ha fatti incontrare. Quanto odio, anche se lei dice che mi ama ed è per questo che soffre così. Ma dove sta questo amore? io vedo disprezzo, non apprezzamento. Vedo lontananza, non voglia di stare. Lo so che è giovane. Mi accusa di essere causa del suo dolore, di fregarmene della sua solitudine (ma… sei andata via, bambina mia, mica ti ho mandato via! … e io, non mi hai lasciato solo? ti importa?) e poi ci mette dentro tutti i maschi del pianeta (i penedotati) eccetera. Ma io sono qui. Io ti aspetto, non sono andato via io. Sei tu e non torni. E ti lamenti che sei sola. Poi dopo avermi scaricato addosso merda, mi blocca. E se le scrivo su telegram, “lasciami in pace”. Ok. Lo faccio.

Ora sono uno stronzo, un mostro. Ma non ero una meraviglia? Chissà cosa diventerò nei suoi racconti ora, una specie di sirena-maschio che ammalia le povere malcapitate? Quando ci ha provato LEI? E io la adoro per questo. Ma cosa si inventerà la sua rielaborazione? cosa sta già facendo, invece di capire, tornare, calmarsi? Che guazzabuglio il cuore umano 😦

Purtroppo nel I secolo a.c. Catullo già aveva esperienza di questo sentimento doppio.

disprezzo gli ubriachi

So cosa vuol dire soffrire. E so quanto sia desiderabile qualcosa che faccia sparire il dolore. Cosa vuol dire fare qualcosa che ti porti via, che faccia sparire te stesso, allontanandoti dalla realtà.

Dormendo, ad esempio.

Ma so che se c’è un problema resta li. E che facendo qualcosa di peggio, in aggiunta al problema, hai un nuovo problema. Certo devi capirlo che questo qualcosa di peggio lo stai facendo. Che quello che fai ha delle conseguenze, che le ha tutte, non solo quelle che vuoi tu.

teomondo scrofalo

ubriacone

Ho un disprezzo viscerale per chi si porta verso l’ubriachezza. Se si tratta di sconosciuti la mia intolleranza è massima. Non so chi sono, non so come si comportano quando tornano umani. Ho un disprezzo viscerale per chi desidera l’ubriachezza, per chi ce l’ha come obiettivo. Ho un disprezzo viscerale, un fastidio vicino al ribrezzo per chi sminuisce ciò che l’ubriachezza lo rende, per ciò che consegue. Mi fanno schifo perché spesso non sono stupidi, hanno la capacità di fare i ragionamenti sufficienti per capire che non fa ridere, non è divertente. E’ miserevole, spiacevole, nauseante, pietoso (nel senso negativo), spregevole, spesso ridicolo e risibile (non divertente, di certo).

Ho un disprezzo acuto, superiore, intollerabilmente forte per chi usa “ero ubriaco” come se fosse un buon motivo per avere fatto una stronzata. Per me è come se dicesse “sono un coglione”. Quindi: ho fatto una stronzata perché sono un coglione. E’ un buon motivo? Direi di no. Calci in culo subito, fottiti e non tornare. Continue reading →

YAY svende il lavoro dei fotografi: quando chi vende e chi fa sono distanti

fotografino di lego

Photo (c) Davide Cerati

EMERGENZA microstock, per tutti i fotografi che lavorano con YAYmicro: questa la notizia apparsa 3 giorni fa: che sia una bella notizia per i clienti, può darsi. Che forse sia un segno che YAY intende svendere, come se fosse merda usata, tutto il database formato dal lavoro di milioni di fotografi, sembra altrettanto vero.

E mi pare davvero schifoso notare che ovunque, dalla fabbrica di ieri al crowdsourcing, c’è sempre una catagoria di venditori che è staccata dai produttori. Loro non fanno fatica a creare. Vedono solo merce invenduta, al massimo. E quando non la paghi finché non te la paga il cliente allora fai preseto a buttargliela dietro gratis per offrirgliela e raggranellare qualcosa, una cosa qualsiasi.

Ma se l’avessi fatta tu quella cosa, qualsiasi cosa sia, allora sapresti che costa molto di più. Costa fatica, tempo, esperienza, capacità che non sono le tue. Costa sacrifici per avere l’attrezzatura, gli spazi, affitti e tasse, pagare gente che serve per ottenere il risultato, o materiali, al di là dell’attrezzatura.

Il microstock è un buon settore, se non ci si mettono di mezzo imbonitori e svenditori. Stiamo già cercando di farcela in un mercato low budget. Non puoi fare sconti, non puoi vendere TUTTO in un pacchetto. Perché una volta venduto TUTTO, è venduto. Chi è il coglione che va a comprare qualcos’altro dopo che si è scaricato TUTTO? Lo so che fare stockpile è vietato. Ma ridiamo tutti insieme forte, chi è che viene a controllare?

Il suggerimento di chi riporta la notiziaccia in quel forum dunque è di andare via di corsa da YAY come contributor, oppure di correre a fare l’optout.

ISTRUZIONI PER FARE L’OPT-OUT DA YAY per quella specifica operazione: login nel vostro profilo, click su “my account”, sotto la colonna “photographer” scegliere “API details” , deselezionare (dovrebbe essere la penultima voce) “yay streaming”.

E poi se volete leggete questo.

Funerali alla cultura in Italia #20120423

sentito cordoglio e condoglianze

La cultura ringrazia.

Prendo spunto della notizia del flashmob di Viterbo, il funerale simbolico alla cultura dopo la chiusura di ogni spazio pubblico che ad essa era dedicato.

Qualcuno, quando un quotidiano nazionale (poi* lo dico) stava chiudendo, alla radio disse che ne aveva parlato con un proprio amico indignato perché non era possibile, era una vergogna e così via – e lui gli chiese “ma tu lo compri? Sei abbonato?” e l’altro rimase un po’ spiazzato, fino ad ammettere che no, non lo comprava. E allora… Continue reading →

consulenze informatiche via sms che passione

Se vi occupate o vi interessate di informatica con una percepita competenza e non avete mai sfanculato in modo definitivo gli amici, sicuramente ne avete anche voi che vi chiedono dei lavori gratis.

mobile phone brokenE vabbé, fin lì, ci siamo.

La cosa che fa girare i sonaglini è tutto ciò che significa un “come faccio a” mandato via sms. Continue reading →

La scomparsa della qualità #20120322

Fare lavori che tutti possono fare, che molti possono fare, che molti possono autonomamente imparare, può essere una scelta relativamente facile, talvolta controproducente. Così magari ne impari uno più difficile, oppure impari a fare la versione “pro” , oppure solo l’applicazione “pro” … ma quando la qualità del tuo lavoro non viene più compresa dal tuo cliente, essere pro è solo uno svantaggio, mi pare, ormai. Perché essere pro significa spendere più energia, dover spiegare, metterci più tempo, a fare qualcosa che non viene percepita, che sembra scontata o strana, che sembra una fregatura rifilatati da un azzeccagarbugli che fa “sembrare complicato e difficile e di qualità una cosa che tanto mi faccio anche io”. Succede in tanti mestieri. Lo trovo sconfortante perché molti non fanno altro che considerare questo rilancio verso il basso nella qualità di ogni cosa come normale; non come decadenza della civiltà e scomparsa di capacità di apprezzare e riconoscere il valore che in seguito lo promuove, invece di squalificarlo.
Quando lo disprezzi (non ne accetti il prezzo) allora finisci per considerare accettabile ciò che è di più bassa, se non di scarsa, qualità. E ciò che è, qualsiasi cosa sia, peggiora, invece di migliorare. Ciò che tutti possono fare non tende al meglio. Tende alla stagnazione. Magari nasce un modo nuovo, ancora meno costoso, ancora meno faticoso, ancora più “vai che va bene” sempre più alla portata di qualunque incapace.
A cosa porta tutto questo?