Prospettive mortali #2389472

I miei ultimi atti, come vivente, devono avere a che fare con i viventi. Questo mi sta costando un po’ di fatica e, nonostante quanto ho appena detto, avere a che fare con altri non mi dispiacerebbe. Sono combattuto. La mia sensazione, che è tutta mia, è di essere respingente, ributtante, repellente fisicamente. Questo, si sa, non definisce una persona, ma concorre e partecipa a farlo, se ci si vede e si interagisce personalmente. Sembrano tutte ovvietà, eppure nel “successo” di ogni azione questo fattore esiste. Siamo così scimmie che ci stiamo sul cazzo a pelle. Io non sono un puro spirito che gli altri hanno facoltà di vedere con un corpo che a loro ispira amicizia, simpatia e voglia di collaborazione. Sono quello che sono. Ed essi, tutti, reagiscono a questo prima che a qualsiasi altra cosa.

Ed è faticoso. Penoso.

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Macheddomenicabbestiale

Comincio ad appiccicarmi al tavolo. Che schifo. Caldo appiccicaticcio. Speriamo almeno che sia decente la temperatura in Ucraina, povericristi.

B mi dice se voglio andare alla mostra X al bar Y, passerà suo padre. Ma si, perché no. Si va a piedi. Mhf. Pigro io, quindi meglio, ma mhpfh. Scelgo erroneamente la via più lunga, ce ne accorgiamo all’arrivo, è chiaro, avremo fatto il doppio. “Rilevato allenamento” mi dice lo smarzfon. Bene.

Era una inaugurazione di una mostra. Grande errore, io non amo le inaugurazioni. Le mostre si. Comunque entro e infatti, fastidio: è un bar, non c’è spazio, anche se siamo quattro gatti non si passa, chi dovrebbe essere interessato alla fruizione della mostra, gli espositori stessi, sono visibilmente infastiditi dal doversi spostare mentre chiacchierano tra loro in mezzo ai coglioni.

La mostra non è stata allestita del tutto. Pazienza, vediamo dai.

Ciò che è stato dipinto con un pennello fisico è essenzialmente paesaggio più , o meno, realistico. Nessuna opera reca targhetta con autore e titolo. Sotto, in giro, dei fogli che non si capisce se accompagnino le opere o no, con dei testi poetici tutti firmati dalla stessa autrice. Sono in relazione con le opere figurative? Non si sa. Non sembra. Erano preesistenti alla mostra? Non si capisce.

Alcune opere di qualcuno che le ha datate “’91” mi sembrano le più “carine”, di natura grafica stilizzata. Ma so, capisco, ricevo qualcosa a parte “sono esteticamente gradevoli” ? No, sono ignorante io. Ma quelle sembrano le uniche “opere d’arte”. E io che ne so? Ma hai ragione, che ne so.

Le stampe digitali del resto sono: un ZOC (un ceppo, nel dialetto locale) scontornato su nero. Alcune robe con delle altre robe sopra, nella maniera seguente: una immagine desaturata con qualche parvenza di raffigurazione viene sovrascritta con un “pennarellone” nelle linee dei “bordi” di queste forme. Se fossero dei volti, per fare un esempio, sarebbero quelle linee che poi diventano un disegno. L’ho già visto fare con delle fotografie o fotocopie a cui viene sovrapposto un lucido su cui viene dipinto un bordo marcatissimo in rosso con un pennarelleone. Per anni e anni.Sono stupido e quindi non so.

Due, ehm, “mossi creativi”. Uno verticale su due case, uno rotatorio sul punto nodale sinistro in basso. Boh.

Un’altra delle opere dipinte a mano sembrava volgere più nella direzione della tecnica che di solito chiamiamo “illustrazione” (e di solito “per l’infanzia” non si sa perché) , era un albero con la neve… ma non era deciso se essere un dipinto o una illustrazione.

Tanti vecchi che guardano con una avidità di attenzione e riconoscimento, con una certa mostra di status che in altri tempi avrebbero definito radical-chic. Sento tristezza. Ho lasciato il bancomat a casa. Forse ho un euro, non so quanto costi il caffé. Non hanno satispay, figurati. Il barista anche lui, avidamente cerca in giro, di far cassa, cerca chi offrirà a tutti, lo trova.

Com’è triste questa sopravvivenza che fa fare cose, e la voglia di vivere, le necessità di vivere, diverse dal sopravvivere e cosa ci fanno fare, fino a quando e in che modo.

Ho fatto un errore, dovevo andarci domani, quando sarebbe solo stato un bar, con quasi nessuno, e la bella iniziativa di ospitare della creatività. Le opere sono comunque quelle, ma la mia … asocialità? Socialità selettiva? Cagacazzismo? Timidezza? mi faceva essere il solito disadattato. Facio un giro per la stazione appena rifatta… carina; mentre esco dall’entrata e apro involontariamente la porta ad una viaggiatrice le sorrido, lei mi guarda con un chiarissimo “CAZZO VUOI?” che mi dona altra gioia verso la società.

Un volantino parla di “genitori che parlano altri genitori” di videogiochi. Ottimo. Vorrei anche un incontro di fascisti che spiega il pericolo del fascismo ad altri fascisti ma non tanto fascisti.

Torno a casa facendomi schifo per il mio cagacazzismo.

Cerco di ricordarm che ho degli obiettivi, semplici, nefasti, ma coerenti, che il tempo vola. Alla fine D1 non mi aiuterà mai a morire. Vorrei che mi aiutasse a ridurre a qualcosa di semplice, mi bastano le due valvole di ingresso e uscita con le giuste regolazioni per azoto in entrata e uscita dell’atmosfera, graduale… poi che so… dovrebbe bastare un contenitore, per ridurre il “sarco” della Exit a qualcosa di praticabile da noi stessi. Ma niente.

D2 non credo mi aiuterà con una sostanza, pur essendo esperto in chimica, biologia, neurologia. Non credo, forse poi si rattristerebbe o sentirebbe in colpa.

Non so come fare: una bombola di monossido puro … solito casino. Magari con Aliexpress o Alibaba? ma poi arriva e che succede? In dogana che succede? Una volta arrivata sarebbe non troppo difficile, credo, collegare una mascherina tipo quelle dell’ossigeno per i vecchi. Cosa che io sono. Ma non è affatto facile tutto questo.

Resta la faccenda della carbonella. Ma io voglio morire, mica mezze misure… non voglio casini, voglio soluzioni. Come isolo bene un ambiente senza cucinarmi, in uno stesso posto in cui metto un fornelletto da grigliate da campeggio? Tenere attiva la brace potrebbe essere fattibile con un ventilatore. Ma se ci sono anche piccolissime feritoie in giro non entrerà l’aria rendendo tutto velenoso si, ma non letale? Sarebbe una merda.

E così non so. Ma i debiti da restituire a B e M non sono restituiti. Prima quello. E nel frattempo ho due o tre cosette che mi piacerebbe fare e un casino di ordine da fare, buttare via roba, venderne altra… che rottura quello. Ma mi rode davvero il culo non vendere i CD. E’ stato davvero straordinario vedere S così abile nel creare guadagno nella compravendita: è davvero portato, credo faccia meno soldi di quelli che potrebbe fare con la sua abilità in una azienda… ma forse non farebbe per lui la parte da manicomio-criminale delle strutture corporate.

Oggi un messaggio di mia sorella è arrivato nella chat whatsapp dedicata alle comunicazioni e gestioni familiari… riguardava i statelliti di starlink … e mi ha ricordato quanto ingiusto è questo, dopo che abbiamo rotto i coglioni a mio fratello quando postava lui roba non pertinente.

Continuo ad arrivare da mia madre, per ora a letto, quando mio padre o dorme o fa la doccia… poi lui si dispiace.

Con fatica penso che dopo che mi sarò suicidato sarà disponibile una cifra mensile fissa che dovrebbe aiutarli: quella che mio padre da(va) a me e quella che sua cugina dava alla famiglia e mio padre divide in tre e ci da. Questo potrebbe aiutare mio fratello al posto mio, forse sentirà un po’ di giustizia per come la vede lui. Gli lascio anche la macchina, volentieri. Spero che nessuno metta nei casini B per la proprietà della casa.

Appena arriva il nuovo PC in casa, apro la busta dell’agenzia delle Entrate e vedo quale cazzo di rogna ho. Spero che si rendano conto che rifiutare qualsiasi tipo di eredità mia sarebbe una buona idea, in caso, per evitare i debiti, se ne ho con l’agenzia delle entrate. Cosa che sarebbe strana davvero, visto che sostanzialmente da bravo fallito non ho ricavi. Ma chissà come la vedono loro.

(il titolo è una CIT)

La famigghia, soap opera, puntata 239487

[ musica: Dredg, in random, senza l’album del 2011 ]

Per decenni mi osservavo vivere in una Italia senza guerra. Mi dicevo solamente “spero che non mi capiti: è davvero da troppo tempo che nel nostro stato non c’è guerra… ” bla bla considerazioni sulla leva, sull’esercito, sulla nostra nullità e sulla stupidità della guerra di conquista in generale, sia durante che, specialmente, dopo la guerra fredda.

Mai e poi mai mi sarei invece detto che avrei visto la mia famiglia meno normale. Continue reading →

Brother disarms

Mio fratello ha rubato a casa dei miei. Ormai più volte. Non gli si possono dare contanti per fare cose o spariscono.

Questa sera ero in un comune diverso dal mio per ritirare una liberatoria, ero con MD, che poi si va a lavorare in notturna. Vedo in zona mio fratello. Cerco di non pensare che oggi con la scusa di farci un caffè poi come al solito era a secco di benza e non aveva i soldi per farla e gliel’ho fatta io, poi gli ho dato 50 euro perché cazzo, è mio fratello e ho deciso dai che ti dedico del tempo. Cerco di allontanare dalla mente che ha deciso di usare questo tempo per farsi scarrozzare a casa a fare un lavoro inutile e non richiesto quando a casa attendono lavori che non fa. Cerco di scordare che ha detto che i 50 li avrebbe usati x salcazzo andare a salcazzo del bla per guadagnarne altri 70.

Cerco di denticare che 30 minuti dopo era a schiena dritta come un pene al supermercato dove io facevo la spesa per cui gli erano stati dati 100 euro che sono scomparsi.

E avrei anche voluto non sentire che era andato lì,dove io bevevo un caffècon qualcuno che sa chi sono io e chi è lui, per dire alla barista che NON le stava portando i soldi che (cristodiddio) le doveva, avendo ordinato da bere senza aver di che pagare. Perché per farlo ha speso inutilmente soldi e non era in nessun posto a guadagnarli.

Ho preferito saldare io quel piccolo conto. Ma adesso ho il terrore che lasci in giro altri debiti e che questo possa ricadere in qualche modo su mio padre o mia madre.

La portinaia. (Il mio angelo della morte?)

Forse l’ho trovata. La mia farmacista. Come la chiamerebbero in un poliziesco qualsiasi, di una serie qualsiasi, magari vecchia, magari scontata come tante, per indicare uno spacciatore.

Quando mi sono risolto a parlarci e chiedere, lei sembrava fosse abituatissima. Ma abituatissima a roba che si considera droga, immagino.

Le ho chiesto di parlare un attimo, ma era ovvio che era “importante”. Dopo un paio di settimane siamo riusciti a trovarci dieci minuti al mac e mi fa “farmacia, immagino”. Siccome avevamo – è una mia modella – parlato di DJ Fabo e della nostra visione della vita e del diritto di decidere di morire e farlo decentemente (oltre al fatto che non vedeva di buon occhio mettere al mondo bambini suoi in un mondo di merda, quando invece sarebbe stato utile diventare madre di altri già nati ma senza risorse – cosa che mi è piaciuta tantissimo)… le ho solo ricordato che non scherzavo. Mi ha detto che avrebbe fatto una ricerchina per il rapido-e-indolore, ma che c’erano un sacco di trucchi per usare sovradosaggi di roba quasi normale. Poi mi è venuto in mente il fatto della scadenza: mi conferma che si, i farmaci scadono, tutti. Quindi averlo li “pronto uso” all’infinito non è praticamente possibile. Esiste la natura, ovviamente. Ma in sostanza l’ho trovata, mi può aiutare, non si scandalizza, credo sia persino dello spirito di aiutare anche mettendosi nei guai. Cosa che non voglio, ovviamente. Ma apprezzo, molto, lo spirito di chi cerca di fare comunque ciò che ritiene giusto, in modo altruistico e rischiando, per te. Continue reading →

A chi serve un fotografo?

A risposta di questo articolo, tra le varie altre, trovo “Tutti sono capaci di cucinare, ma gli chef esistono ancora”

E io sono quel fotografo?

non lo so davvero.
Quello che mi chiedo è : a chi serve un fotografo? Avete tutti un cellulare. Pressoché ogni cellulare ha una fotocamera più che decente, di sicuro permette di ottenere risultati migliori di qualsiasi compatta del pre-digitale.
Quasi tutte ormai hanno una messa a fuoco dignitosa. Colori, veri o meno, accettabili, così l’esposizione media.
Ma questo discorso dovrebbe essere valido per chi si occupa(va) di sviluppo e stampa da negativo. La stampa non si usa più, è un vezzo. Uno splendido vezzo, il desiderio di tangibilità. Ma resta marginale rispetto al mostruoso numero di immagini che ogni giorno ognuno di noi cattura: la fotografia, dunque, come tutti dicono con un minimo di obiettività, è più viva che mai. Non si tratta della pittura. E’ strumento quotidiano. Grandi foto di gente in pantaloncini davanti a qualcosa si facevano tra gli anni 80 e i 90 e si continuano a fare anche oggi. Oggi magari sono riapparse le foto di festa, tante foto di gente che si sta divertendo. Ogni bevuta, ogni momento di incontro felice, di coppia di amici e amiche, di fidanzati, di infiniti animali da compagnia. Non è morta.
Ma un fotografo è un’altra cosa. Un … cosa? Fissato di un’estetica? Di una qualità di un certo dettaglio? Dello scatto immediato? Di una vecchia tecnologia piena di grossi cristalli pesanti? Della consapevolezza che quei due scatti sono diversi anche se non se ne accorge praticamente nessuno?
O come sempre la foto si fa senza fotocamera, prima, e poi si fa CON. E quello è il fotografo? Il fotografo è qualcosa di diverso, che ha a che fare con un pochina meno nonchalance con ciò che fotografa. Gli interessa di più, assapora di più e quindi poi lo fa assaporare di più anche a te?
Io col cellulare non ho abbastanza controllo. Le mie foto col cellulare fanno cagare. Mi fanno cagare. Penso che le mie foto con una compatta (digitale) siano un’altra cosa. Forse perché anche in quel caso cerco uno strumento che faccia quello che dico io. Ecco, forse. La foto col cellulare la fa molto più il soggetto del fotografo, a prescindere dal tipo di foto.
La tristezza nel pensare che fai una cosa senza senso se non che per te, come mestiere, ti rende ridicolo, fuori tempo, assurdo. Cosa devo fare, l’artista?
Questo tipo di pensiero mi viene in mente solo ogni tanto, quando vedo qualcuno che ha lasciato del tutto per motivi economici. “non te le paga nessuno” “il reporter non esiste più” “si può fare col cellulare” “a chi interessa?” sono tutte cose sensate. Vere. Forse però proprio la possibilità, l’onore, la fortuna di poterlo fare oggi, momento in cui tutti possono creare immagini in qualsiasi momento senza alcuna fatica, competenza o dispendio economico specifico (vogliono il cellulare, poi ok, c’è dentro anche una discreta fotocamera) , dovrebbe farmi respirare di nuovo.
Come sempre bisogna essere anche realistici, guardare i guadagni.
Ma l’impegno? Quanto impegno?
Però il mio programma mi tira su, quando mi sento sprofondare. Non è il programma di una vita felice a farmi andare avanti: non ho vere speranze in quello. Non posso più dirlo in giro. Fa male a tutto, persino come calcolo, non è opportuno. Me lo tengo per me: devo pagare dei debiti, uno grosso, uno meno, e suicidarmi.
Nel frattempo, mentre vivo, ci sono cose che mi fanno anche piacere e cerco di farle. Ora devo aggiungere “cercando di non ascoltare la gente che mi chiede perché, se sia sensato, se sia lavoro”.
Assolto il compito di sopravvivere ogni giorno, la fotografia di nudo la farei comunque. Con soldi da buttare nel cesso a prescindere dall’interesse del mondo, farei anche mostre ovunque, con stampe, gigantografie: riempire di bellezza il mondo, che la si consideri arte o meno. Non sai che fare, entri in una mostra in cui ci sono foto decenti di splendidi esseri umani nel fiore della vita. Ti ho migliorato la vita anche di poco?
Certo, una stampa decente costa parecchio.
Ora sono troppo giù. Per fortuna Fear Inoculum sembra fatto apposta per stare in cuffia a ripetizione all’infinito, lungo, lento, atmosfera, suono ottimo, di tanto in tanto uno schizzo di violenza sonora.
Dopo il secondo ascolto credo che comprerò il CD, appena sarà disponibile in formato standard. Le follie intermedie non aggiungono qualcosa di davvero imperdibile. E visto che mi ci hanno costretto, me lo sono già procurato, per cui lo dico a ragion veduta.
Secondo qualcuno a loro* di noi non frega un cazzo, anzi, forse li infastidiamo un po’. Ma a me migliorano la vita. E diosolosa quanto io abbia bisogno di poterla chiamare vita.
*i Tool

dead man walking #201907293847

Il bilancio della mia intera esistenza è deplorevole.
Ma ecco il programmino aggiornato. Ora come ora ho una rinnovata voglia di morire. Cioè, una grande tristezza del vivere, più che altro. Sconforto, sensazione di inadeguatezza, ecc, ecc, ecc. Bilancio negativo.
Quindi: devo altri 2000 euro a B. Devo guadagnarli. Devo 10000 euro a T, che ce li prestò per iniziare con la casa. Mai restituiti, santo santo santissimo. So che non ne ha bisogno, ora, ma santissimo, è giusto restituirglieli.
E poi se non voglio mettere nei casini qualcuno devo guadagnare i soldi del mio funerale, come ogni vecchio che si rispetti. Non che io sia “uno che si rispetti”, ma cercherò di fare del mio meglio, anzi, un po’ meglio eh? Per fare in modo che nessuno si debba accollare le spese di smaltimento del mio cadavere.
E questo è appunto il programmino “main”; tutte le altre cosine che posso fare nel frattempo magari ribaltano la cosa, ma intanto ho questo progetto principale. Sono un sacco di soldi.
L’altro giorno ho versato tutto quello che avevo messo via a B, 3000 euro. Ma ho calcolato che nel periodo in cui sono stato una merda schifosa, senza ricordare di esserlo stato, senza capacitarmi di poter essere stato uno che pensa davvero così, potrei averle sottratto (lei ha speso volentieri, lo so, ma questo non cambia il mio lato dell’atteggiamento) l’equivalente odierno di 5000 euro.
Così anche se pensavo di prendere un paio di fari e il Ronin per fare le riprese, ho azzerato tutto. Non ho più niente come “capitale”. Ma lei cosa aveva quando io ero così una merda con lei? Ha potuto attingere da qualche parte? No. E lo so. Non “credo”. So.
Fare schifo mi è sempre riuscito bene. Sono un professionista dello schifo. Ma sempre mediocre.
Vermi, mi dovrete attendere un po’. Ma ho debiti da saldare prima di schiattare.
Oggi, nonostante il programmino, non ero assolutamente in grado di fare un cazzo. Depressione-full, di quelle che ti distendi e basta.
Avevo portato il PC a vedere, perché è troppo potente e scalda: volevo vedere se era raffreddabile: mi hanno detto di mettere un condizionatore, proprio come per me stesso. Mi piacerebbe. Ma non credo proprio.
‘sta sera lei mi ha chiamato, era tornata dalle vacanze col suo tipo, aveva la tristezza post-ferie, così voleva un po’ di compagnia. Raccontarmi cose. Non dico che non me ne freghi niente. Ma ero in un momento così, mi sembra di essere un fantasma che parla con i vivi, con qualcuno che ha prospettive di vita. Ero uno che era vivo, che l’aveva conosciuta. Non capisce che vederla nell’acqua del mare con il salvagente, così carina, mi distrugge. Non glielo dico. Ma dovrebbe vedermi piuttosto noioso, poco partecipe. Non era una posa, solo faccio già fatica a non piangere. Mi fa sentire bella musica che ha sentito giù al sud. Carina davvero, in effetti.
Aspetto che esca quello dei TOOL ad agosto, sperando che sia all’altezza.
Comunque oggi credo di aver decretato che Lateralus è il mio preferito. A fatica però.

essere in debito

Bisogna scegliere attentamente a chi … concedere di concederci un favore. Perché quel favore ti pone in debito. E chi è, come si comporta questa persona, ente, azienda?

Come fotografo ho cercato di mandare a fare in culo tutto ciò che non mi rispetta, lasciando all’infimo prezzo di mercato del mondo dello stock di decidere le mie sorti fornendo la qualità a livello di mercato al prezzo di mercato, ma senza tutti quei comportamenti legati alla committenza, provinciale o meno che sia, che manca di rispetto alla mia umanità, spesso per ignoranza, più spesso per maleducazione.

Però devo molto a molti. Fino ad ora mi sono trovato ad essere debitore di persone ottime. Il debito è sempre stato saldato col cuore pieno di gioia.

Però poi ricapita la roba su commissione. E allora ecco che la condizione di sudditanza ricapita: quel qualcuno andrebbe messo a posto. Ma quel qualcuno ti sta facendo un grosso favore e – in media – quello che tu hai deciso per la tua vita viene considerato anche dagli altri professionisti “essere viziato”, disadattato, permaloso.  Continue reading →

Amicus certus in re incerta cernitur

(c) Andrezj Dragan

La crisi, per me, è iniziata nel 2012, circa. Nel 2013 ero in piena crisi. Il sentore, però, dei cambiamenti nel mondo del lavoro dipendente ce l’avevo dal 2008. Quello che supponevo sta succedendo, passo per passo.

Quello che però scopro giorno per giorno ora, che siamo tutti nella merda, sono le persone che aiutano veramente. Quelle che forse lo hanno sempre fatto ma tanto non ne avevo bisogno, vero? Beh, si, alcuni non li vedevo da 10 anni, regolarmente. E ora, di punto in bianco, fermati fuori dal supermercato con una certa faccia tosta e dicendo loro “hey, sai che ora ho questo problema? Conosci qualcuno che?” … beh, invece di scappare via… si fermano e dicono “… fammi pensare… in effetti si, sentiamoci domani” … e qualcosa parte.

L’Italia delle amicizie non è solo il clientelismo. E’ pur vero che ci sono persone che ti danno una mano solo perché “è amico mio” e ok, è vero, ma … si tratta di vera amicizia e in quel caso la meritocrazia non c’entra nulla: posso fare o non posso fare: scelgo di fare per te, che sei mio amico. Perché ti conosco, perché so che non sei uno stronzo, che non butto via la mia buona volontà, le mie risorse che ti cedo per poco o nulla, la mia fatica, il mio interesse, il mio tempo. Lo faccio perché sei tu. Continue reading →

Non è vergogna: è disperazione

È diverso, io credo. Sento il rappresentante di una categoria di imprenditori che, di questi tempi (maggio 2012), considerando l’alto numero di suicidi anche fra categorie di non-dipendenti , intende dare il suo consiglio dicendo che “chiudere un’impresa in difficoltà, fallire, non è una vergogna e non deve portare a gesti estremi”. D’accordissimo, non è una vergogna, ma questo potremmo semmai dirlo a quelli che ti guardano male se fallisci, se perdi o se non hai un lavoro.
Qui il discorso personale non è di vergogna, ma è disperazione. Quando non hai speranza, sei disperato. Quando fai fatica ma vedi che il mondo non considera inutile la tua esistenza, che esiste la giustizia, che il lavoro significa retribuzione in cambio di un servizio o un oggetto avuto in cambio, quando si capisce cosa sia di qualità, quando non si fa tutto il possibile per fare a meno di te, di renderti inutile … allora c’è posto per la speranza. Anzi, non dovremmo nemmeno chiamarla così.
La dignità ce la togliamo a vicenda. Io nasco con la dignità e per me voi tutti nascete già degni del mio rispetto. Ma il rispetto lo merita chi rispetta… mentre la dignità, volenti o nolenti, ce la affibbia il sentire comune, la morale convenuta, lo sguardo dei gruppetti di persone. E questi anche ce la tolgono. In silenzio, girandosi dall’altra, evitandoci, declinando l’offerta, andando altrove. Continue reading →