Bruttezza Natalizia 2023

Faccio un giro. Vedo la mia ed altrui decadenza. Ricordo con un sorriso – che non è risata – una proposta di regalo di amazon: la copertina dice “motivi per cui vale la pena vivere dopo i 30 anni” : le pagine sono bianche. Dopo aver constatato la realtà puoi usare il blocco per scrivere.

Penso a me qui a lamentarmi mentre una figliuola che conosco è partita per dare una mano a Lampedusa. Posso farmi un po’ meno schifo? Direi di no. Oggettivo e soggettivo fanno la faccia “beh, in effetti”, mentre guardano in basso ed annuiscono involontariamente.

La cosa davvero triste è che essere impallinati per il non umano è forse la scelta migliore che esista se uno non considera la morte.

Hai una COSA che ti frega. Ti ci dedichi, è una cosa, per cui se ti evita non è per volontà. Non devi essere riamato. Non ci si aspetta nulla da te ma tu hai di che interessarti all’infinito.

È la sconfitta dell’essere umano sociale se la cosa è poco trendy. È anche palpabile: non hai niente e vivi per niente. Se è economicamente sfruttabile prima o poi incontrerai qualcuno a cui frega dei soldi, al massimo.

E questo è quanto.

Osservo tutta questa umanità di cui non distingui più il sesso se non fosse per gli abiti, divenuti grottesco evidenziatore.

Ripenso a tutte le “accuse” che potrei ricevere per i nudi di donna. Ma la sessualizzazione che vedo in giro è vera oggettificazione e strumentalizzazione: una Bellucci distesa a terra serissima per? vendere vestiti.

Almeno qui sei tu, desiderabile, ammirabile, umanamente. Dite bestialmente?

Non so se mi disturba più: della bestia che abbiamo dentro l’attrazione fisica per la bellezza di corpi generalmente considerati desiderabili cos’è di fronte all’istinto di prevaricazione, gerarchia, dominio, sopruso, sopraffazione ed esercizio del potere ancora qui, vivi e vegeti dopo che avremmo la possibilità di abbandonare tutto questo per stare tutti bene, rendendo desiderabile la vita per tutti?

Ogni attimo è prevaricatore? Fatevi un giro, salite in auto, osservateci tutti girarci attorno.

Rispondetevi.

Mi dicono che di solito ultimamente ad aprile fa il freddo che dovrebbe fare a dicembre: vedremo. Perché il caldino che fa ora di giorno… promette male per questa estate.

Riscaldamento globale. La bestia che ammira e desidera la bellezza cos’è in confronto a quella che ignora la distruzione della propria specie ed il potere dell’1% su tutti?

Che flash, come mi ha riconosciuto?

Succedono dei casini alla macchina, vado in concessionaria (cosa che di solito evito, il mio meccanico è onesto e resta in garanzia) e mentre attendo l’inculata il tipo al banco mi fa “HEY MA TU SEI QUELLO DEL <nome_programma_televisivo_un_tempo_noto> !!!”.

Sono passati 30 kg e 25 anni. Avevo i capelli lunghi sciolti e qualsiasi stato di stempiatura avessi non era in quel momento noto nemmeno a me. Ora sono un vecchio quasicinquantenne ciccione di merda con vario grigiume , gli occhiali, la coda tipo… si, il tizio del negozio di fumetti dei Simpson, sono così, una merda, in confronto a com’ero in quel momento. Potrei dire persino: figo.

Per qualcuno, perlomeno. Certo non per me, al tempo. Oggi però sarei grato di quell’aspetto.

Comunque non sono più fatto in quel modo e non conosco quel tizio. Mai visto. Lui mi ha visto SOLO in tv e sapeva quei fatti. E sbotta così, tutto gasato e felice. Come cazzo ha fatto?

Incredibile. Non c’è quasi traccia di me, dentro di me. Figurati fuori.

Reflusso acido di coscienza

Allora funziona così, a volte.

Il dolore arriva – Faccio schifoschifoschifoDIOMIOCHESCHIFO no, cosa dici lo sai che è troppo, sai che sei mediocre non puoi dire che fai schifo si ok ma io sento che devo moriresubito, ma se hai appena fatto la lavastoviglie non mi pare che ci sia qualcosa di , si ok ok ma senti il dolore che ti attanaglia per nessun motivo, certo, questa è depressione, cioè dolore così senza alcun motivo, oggi abbiamo sentito chiaramente il dottor Gennaro Romagnoli Psicologo e psicoterapeuta dire a chiarissime lettere la base del tutto e che cioè se vuoi smettere di avere problemi devi smettere di vivere e non lo sapevamo già, certo che lo sapevamo già ma non riesco a trovare un modo per procurare il monossido di carbonio puro e poi dai hai dei debiti con alcune persone, non ti hanno fatto niente, non lo meritano, potevi fare a meno di farti dare cose o di prenderle in fondo, già non servi a niente perché devi essere anche di danno si ok ma solo tu pensi di fare così schifo ok ma non è davvero il punto lo sappiamo è la mediocrità la velocità del mondo e la meta che si sposta in tutte le cose che in qualche modo ti interessano perché dai, sei un mediocre, quindi ti interessano cose facili o la parte facile delle cose, che magari impressionerà qualche inesperto ma che non ha niente che non sia più che sorpassato da secoli, vivi solo in periferia e in provincia e siamo indietro di vent’anni e tu sei indietro del tutto, sei vecchio e quello che ti interessa e che sapresti meglio ora non è più nel tuo mondo e il resto costa troppa fatica per goderselo davvero, e adesso non vuoi vedere nessuno, vuoi distenderti sul divano ma sei stato così bravo a pensare che avresti sistemato tutto e invece il divano è pulito e se vuoi distenderti così come sei sporcheresti e ci sarebbe O che aspetta, che a te non costa niente davvero fare quella stronzata col font, per lui è complicato e per te è una bazzecola ma gli occhi ti si chiudono o sono lacrime? Sei solo stanco o sei così deficiente che non vuoi andare di nuovo dall’oculista si ma ci sono andato l’altra volta e alla fine sti cazzo di occhiali non mi risolvono e poi erano anche brutti eh bravo ma saran mica belli questi da 2 euro che prendi al super dai, ma almeno se li perdi, visto che li perdi, non son sta gran perdita, si ma poi vedo alcune cose leggermente deformate e niente che vuoi farci continuo a penasare ciclicamente al sesso, non a una sega, ad uno sfogo, ma all’incontro con un altro essere umano il cui corpo ti attiri… ma è assurdo perché il tuo non è più desiderabile e allora perché cazzo devi avere questo fottuto desiderio e stimolo che non serve a nessuno se non alla solita fottuta bastarda vita e si certo che non ha senso la fottuta bastarda, tu sei solo un piccolo ingranaggio una pedina che viene mossa da un meccanismo che perpetua sé stesso e nemmeno ha una volontà più di quanto non ce l’abbia un sasso che rotola dal monte e tu non hai altro che una caratteristica collaterale che ti provoca l’autocoscienza ma in rapporto a che cosa a chi a nessuno, sei un mezzo per lo scopo di una macchina nata per caso e i vecchi che sono vecchi e diventano vecchi ma soffrono e basta e tutti hanno anche loro quel fottuto meccanismo di autoconservazione che è solo un istinto che ti schiavizza ma che bello ora possiamo invecchiare e goderci più anni di quel pezzo di vita che fa schifo al cazzo e soffrire più a lungo e poi che tristezza scoprire che alla fine ci sono situazioni che rendono la libertà personale un diritto per alcuni di rimangiarsi la parola ed essere solo in balia dellosperiamochenonsiricordi e non capisco poi perché mi interessa di quello che succede di come cambia il mondo che poi non sono cazzi miei eppure mi prende forse perché non riuscendo a risolvere me mi distraggo col resto ma io mi distraggo volentieri con della buona fantascienza ma cazzo ce n’è poca anche se in effetti Legion era proprio carino cazzo non avrei mai immaginato che fosse così flashato certo la serie su disney la serie non quegli altri due con l’angelo in copertina che sono delle merdecolossali poi non vorrei perdermi dune seconda parte ecco dai almeno un motivo per esistere anche domani

Se vince la Russia, Se vince la Cina

Quando qualcuno vince bisogna negoziare con quel vincitore, che detterà le proprie condizioni da una posizione di forza. Le battaglie di civiltà – se fatte con la coscienza di questo, cioé che combattiamo per “diversi stili di vita” – possono passare, sul campo fisico, per battaglie che in sé di civile non hanno nulla. Quando sei passato dal livello del dialogo a quello dello scontro, solo il potere, la potenza, vince.

L’orso e la tigre non hanno nulla da rimproverarsi per la propria natura, ma nemmeno noi se ci difendiamo dai grandi carnivori, quando siamo al loro stesso livello, quello di animali che devono sopravvivere e proteggere i propri cuccioli.

La guerra con l’Ucraina, per me, simboleggia qualcosa. Un test, un risveglio, un allarme suonato abbastanza in tempo per svegliare le coscienze nell’unico modo che ci sembra percettibile: la guerra. Ma non a noi. Laddove la Nato prima per noi non era nulla, ecco che si risveglia. Laddove l’Unione Europea sembrava non dover essere nulla, ecco che forse qualcosa si sveglia. Ma in chi, in che modo?

Tra persone civili la pace e anche la guerra si fanno dialogando, si fanno in tribunale. Quando si abusa di tale civiltà usandola come foglia di fico per abusare di un accumulo di potere si può pensare tranquillamente che alla gente girino i cinque minuti e vogliano ribaltare il banco.

Personalmente quindi sono per “buoni all’interno, buoni con i buoi, cattivissimi con i cattivi all’esterno”.

Volete l’inferno tra le vostre mura? Noi vi criticheremo dall’esterno, ma non venite a portare l’inferno da noi. Volete cambiare davvero, riuscite a cambiare davvero, mostrate impegno a lungo termine per cambiare davvero perché davvero volete abbracciare altri valori, cultura che li ha prodotti in lungo tempo e consuetudini ? Ne parliamo e osserviamo lungamente, con calma, nel corso di una intera vita, l’impegno perché i vostri figli possano beneficiarne. La Turchia è un esempio che mostra quanto non si affatto un tempo esagerato: non sono cambiati, hanno uno spirito antidemocratico.

Negoziare con chi organizza lo stato in modo medievale non è possibile per moltissime cose. E di sicuro trovarsi a negoziare in posizione di debolezza, di sconfitti in battaglia, con questo tipo di mentalità, non è desiderabile, a mio avviso.

ValigiaBlu, questo articolo potrebbe averMi smosso qualcosa

https://www.valigiablu.it/we-are-social-molestie-sessismo/

Certo, ci sono alcune cose di metodo che mi fanno storcere il naso. Ma nel complesso è così ben argomentato che è quello di cui sentivo il bisogno, anche se è difficile, anche se rattrista per l’autocensura preventiva che impone in luoghi di massima socialità e del convivere civile. Che, appunto, civile, potrebbe non essere affatto per tante soggettività che tale – civile – non la vivono.

Elenco solo quelle che mi ronzano in testa, tra quelle che mi disturbano inutilmente:

  • il fatto che una cosa sia banale non la rende falsa, se si rende necessario citarla è perché è evidente che nonostante la sua banalità, questo argomento viene ignorato dai seguenti o concatenati
  • un ragionamento che ha delle falle non va definito per sfregio “pseudoragionamento” se si ha rispetto dei propri interlocutori. Ne si evidenzia il problema e si prosegue. Cosa che – senza quella connotazione “non-stai-ragionando” sarebbe stato un semplice “rilevo un problema qui”.

Basta, non ho altro da dire per rompere i coglioni. Invece quello che c’è da dire è che si tratta di un ottimo spunto e che forse sarà il caso di stamparlo e tenerlo sempre vicino, rileggerlo prima e dopo i pasti, verso sera prima o dopo una passeggiata. E ragionare, rimescolarlo col proprio vissuto sia subito che partecipato.

Mi risolve, soprattutto, quel senso di ricaduta collettiva sull’essere parte di un gruppo che sa essere costantemente distruttivo e violento che opprime qualcuno, anche se tu non lo fai. Qui viene spiegato con chiarezza. Perché se anche ne parli con le donne che frequenti e glielo dici, spieghi “io quando vedo quanta violenza subite mi sento di scomparire, di eliminarmi come parte del problema e ridurre il numero e chiedere scusa per chi non lo fa” poi naturalmente ti si dice con gentilezza “si ma tu non lo fai”. Ma questo non lo spiega… mentre l’articolo tratta questa ricaduta specifica.

Resta il mio problema, che mi rattrista e mi opprime. Quando si scontrano due soggettività e una soccombe mentre l’altra dice “no, convivono pacificamente”, tu sai che non è vero. Lo senti, proprio come l’articolo spiega, ma dal lato di una delle due.

Quella che preme a me è proprio una vita meno formale e più disinvolta tra i sessi, meno sessuofoba ed introversa per stile British imposto a tutti, meno autocensoria e che cammina sulle uova… mentre invece si va proprio in quella direzione, per ottime ragioni storiche. A ribilanciare e tornare a respirare un’aria meno ingessata ci vorranno secoli, senza esagerare.

Naturalmente penso che determinati comportamenti sono sistemicamente premiati dal lato sessuale, che è importante, non secondario, parte dei bisogni primari e presentissimo nel pensiero, come bere liquidi o respirare senza impedimenti. Lavorare ti tocca, scopare vuoi, ci pensi spesso, lo desideri, ti rende felice quando lo hai fatto. Questo è anch’esso un fatto soggettivo e va trattato nel modo che descrive l’articolo oppure siamo alla divisione corpo-male anima-bene ? E’ una vera domanda, non è retorico.

Negli orribili esempi dell’articolo linkato nell’articolo ci sono queste disumanizzazioni (oggettificazioni, qui sono chiare e non le discuto come farei altrove) in cui i maschi parlano di donne quanto farebbero di motori.

Fare la domanda “perché non lo fate con gli uomini?” sarebbe stupido: non lo fanno nemmeno di pietra arenaria e di mille altre cose che non interessano né attraggono. Ma nel senso negativo e denigratorio accade anche con i corpi degli uomini. Nel gossiping della maldicenza il bodyshaming non fa distinzioni di genere. E le donne questo lo sanno bene, spero ammetteranno. Quando vuoi essere cattiva/o ci stai un attimo a dire “quel tappo” o “quel pelato di merda” o “ha una faccia che sembra un picasso” ridotto a “faccia di picasso” nelle chat, a prescindere dal fatto che si sia donne o uomini a spettegolare malignamente. La meschinità ha questa pratica: quando il freno del rispetto viene sganciato, non ha più importanza se volevi parlar male della professionalità di Gianni o della sua maleducazione: diventa “il dentone castoro” tanto a 40 anni come alle elementari. Magari dai 25 in poi dirai anche “maniaco” solo perché invece di uno che ti piace ti ha guardato uno non-attraente. Lui è maniaco, quello fico no.

E’ facile che si alzi il polverone e che ci sia polarizzazione perché l’aspetto basilare ed impulsivo della cosa è dentro di noi ma questi discorsi vorrebbero sradicare un aspetto vivo e presente per lasciarlo ad una idealizzazione desiderata da una delle soggettività in campo. Non è che “siamo così e basta”, ma che “siamo così” (qualunque “così” statisticamente rilevante sia, misurabile, non come “bene” o “male”, ma come numero) sia necessario considerarlo come fatto di base.

Biasimo “la natura” ed “il gene ignorante” per questo: dentro di noi ci sono spinte a determinate dinamiche sia individuali, sia sociali, che non sono frutto di una entità solo-pensante o solo-sentimento, ma che esiste in corpi che hanno una storia fisica sociale più lunga di quella della cosiddetta civiltà. Ed è ancora presente. Siamo delle bestie, maschi e femmine.

Le persone gentili scopano di meno? Abbiamo dati? Non li abbiamo. Sarebbero tanto utili.

Ma – aneddotico – qualsiasi donna con una sessualità vivace che io abbia incontrato mi dice “se sei amico non scopi” , cosa che a ben vedere giustifica l’esistenza del concetto frenzonare, che non nasce certo dal nulla. Sempre che sia così disinibita da non doverlo dire in lenti stillicidi di parole di due settimane per dire, alla fine, la stessa cosa, ma in modo polite.

Articolo LO-DE-VO-LE. Mi farà pensare per decenni, se resto vivo, cosa che non desidero.

Calmati e muori, ma se ci tieni, vivi

Paura, ansia, caos mentale, iperconcentrazione di stimoli e compiti, nessuna possibilità di rallentare, forse di prendere un respiro. E tutto questo va fatto, per sopravvivere. Non è cacciare nella foresta: è il suo corrispondente moderno.

Afflitti dalla sofferenza non possiamo pensare, mi dico, sembrandomi contemporaneamente di rispondere a me stesso e confutando: dunque rimuovi la sofferenza, la causa della sofferenza e penserai… ma allora anche il tuo desiderio di vivere o non farlo cambierà, rendendo vaneggiamenti gli apparenti esistenzialismi frignoni miei.

Solo se si parla poco e si elide molto. L’intensità della sofferenza è diversa. Tutti, sempre, nei confronti di un dolore acutissimo ne accettiamo la soppresione con anestetici, antidolorifici di qualsiaisi entità, amputazioni, rimozioni della parte.

Verso dolori inferiori invece, culturalmente, pensando, solitamente si considera il dovere di accettare la sopportazione: te lo tieni, ci fai l’abitudine e il callo.

Ecco quindi che sotto una certa soglia, un dolore sordo e costante, sembra dover essere accettato, perché si, perché si deve, perchè è la vita, e via stronzeggiando.

Prendendo un bel respiro, dando il tempo ai compiti da svolgere, alla testa di ragionare su quella o l’altra complicazione, arrivando al fondo del barile e trovando finalmente il tempo di alzare la testa, rimuovendo dunque l’intensità e la concentrazione di pesi sul pollicione, potremo comunque decidere che questa pena, questa fatica, non c’è niente che lo valga. Di per sé molte cose valgono, ma la fatica le supera di gran lunga. La fatica resta, si reitera, permane ed aumenta. Le belle cose finiscono, durano poco, si diradano.

Mi chiama mia sorella perché, preda comprensibile dell’agitazione, si è dovuta costringere a ricorrere a questo, a “disturbarmi” (quando non è certo questo che mi “disturba”, ma abbiamo capito che consideriamo “disturbo” solo ciò che sentiamo ci rende meno in controllo e dobbiamo appoggiarci agli altri, ma magari non quando siamo invadenti e arroganti e davvero disturbiamo gli altri senza porci alcun problema) a causa dello SPID. Una questione pratica, la versione di oggi di “mi si è rotta la serratura”. Eppure lei – lo capisco bene, lo ho vissuto nel 2012 assieme ad altra gente impazzita, per un cambio di gestionale ma in una situazione in cui ti senti in pericolo di vita, per il lavoro, il futuro – ha aspettato giorni anche solo per guardare un’accesso alla pubblica amministrazione per ritirarsi le buste paga a causa di questo spauracchio tecnologico. Per lei invece si tratta di un ostacolo insormontabile. Boomer di nascita (“solo i boomer usano la parola boomer ormai” cit) la tecnologia la spaventa e di rimando ci ragiona in modi suoi. Ma sono tante queste persone. Più di una volta ho pensato a corsi di “accesso alle cose”. Hanno sempre e solo problemi di password, di login, alla fin fine.

E “hanno” forse è ingiusto: ne ho anche io con un certo conto online che ha esagerato davvero.

Ma lei è in stato di prostrazione, ha già depressione e altro casino, paura per il lavoro, cose da fare, sensi di colpa accatastati, eccetera. Sfangarla ogni giorno da sola contro il mondo, sentire di mancare a dare una mano ai miei, o di non fare quelle cose che le hanno chiesto – burocratiche anche queste, relative alla casa – sono tutti pesi. E la tecnologia diventa letteralmente metallo rovente su cui non vuole mettere le mani.

Questo lo risolveremo, e ok, non è davvero di questo che vi parlo.

Ma del caos di doveri e pensieri dolorosi, di stress fisico e psicologico che, una volta rimosso, non necessariamente lascia spazio alla voglia di esistere. Togli l’infiammazione, togli il dolore e vedi comunque l’insensato ed il bilancio. Nonostante ciò, ha senso, proprio per non agire (a meno che non si voglia usarlo consapevolmente come un trampolino) sotto un impulso di fitta di dolore. Lo togli, ci pensi, capisci se vuoi davvero vivere. Il dolore potrebbe essere più sistemico, più intrinsecamente correlato alla indesiderabilità di vivere, lontano dalla spinta biologica di sopravvivere, in una qualità per noi non soddisfacente. Certo, se intanto ti prendono a sprangate in testa, per me, vale la pena impegnarsi a porre fine a quella situazione contingente. Poi, una volta ragionato, potresti decidere che al prossimo che spranga puoi chiedere di farlo con colpi più secchi e decisi, senza opporre resistenza e grato/a dell’aiuto.

è già stato fatto tutto – ai e raffigurazione

My 2 cents sull’argomento. Ogni volta che parliamo di arti figurative, che raffigurano la realtà, ad un certo punto qualcuno conoscerà un accademico, uno che ha studiato e ti dirà che ogni forma di raffigurazione della realtà, per quanto abile sia la tecnica dell’esecutore, è roba vecchia, già visto, già fatto. Quindi come “arte / artigianato” in sé, non la considererà proprio. Quindi fotografia e compagnia bella non sono che un seguito di questo.

In questo senso dunque sentir dire che l’intelligenza artificiale generativa “copia” troverà da questo tipo di persona la risposta snob/posh che “beh, come tutti”. Perché ogni cosa è stata già raffigurata, rappresentata. Al massimo dunque cambierà dello stile, che non sarà considerato “artistico” ma tecnico. E comunque dopo il primo gesto originale, tutti i seguaci copieranno. Le AI hanno portato questo da lento e poco diffuso ad immediato. Due secondi e prendi lo stile inventato 3 secondi fa. Come fa il fast-fashion con i grandi marchi e l’alta moda. Due secondi dopo e hai una copia venduta in grandissimi volumi.

Stessa cosa di PornHub (lo spiegano loro stessi nel film su netflix).

è difficile accettare che in linea di principio sia piuttosto vero: solo il vero ed unico primo-innovatore, quello che aggiunge quel passaggio, quel cambiamento, quella roba diversa sopra la copia che stava facendo… quello/a lì e l’unica persona che è originale. Tutti gli altri copiano, come stava copiando lui/lei.

Il resto è : proprietà del mezzo (il robot o la Ai chi avvantaggiano? chi guadagna? Quanto gli costa? posso permettermelo in concorrenza?) e velocità della tecnica rispetto agli umani.

Se non l’ho già scritto lo scrivo: a determinati limiti non posso che sperare nella proprietà di robot, intelligenze artificiali e software in generale da parte degli Stati, per la sopravvivenza, il benessere e la fornitura di ogni servizio ai propri cittadini.

Che restiamo liberi di goderci la natura e passeggiare mentre le macchine ci mantengono ad un costo inarrivabile per noi da pagare e impossibile da battere come concorrenti.

Alessandro Masala SHY ed il successo

Quando il tuo successo dipende da te … ” – dice in questa live Shy. E poi sento poco, ovviamente metto in pausa, me ne vado a riflettermi addosso nelle braghe, tornerò ad ascoltare dopo.

Quand’è che il tuo successo non dipende da te?

Il tuo successo dipende sempre da te, prima di tutto. La vogliamo più corretta, certo, insegnami la vita (cit). Nessun problema: non tutto quello che accade è una tua responsabilità, ma il principale responsabile di quello che ti accade sei tu. Bene, sette e mezzo.

Ma il successo?

Perché quello che intendeva dire non lo so, lo sentiremo, ma quello che arriva quando uno apre la bocca e dice “quando il tuo successo dipende da te” non sembra affatto qualcuno che tiene molto alla salute mentale. Eppure sappiamo che è così, che ci tiene, che porta avanti questo discorso pubblico: anche per questo lo seguo volentieri. Io ho quasi 50 anni e lo seguo perché dentro abbiamo cose molto simili, per come sento io, ovvio, non voglio offendere Alessandro. Ho tenuto ad ogni cosa a cui lui sembra tenere da quando lui non esisteva affatto. Ho seguito molti di quei percorsi prima che lui nascesse. E non era facile come ora. I vecchi sono gli stessi, e sono ancora vivi, gli stessi. Solo che avevano più potere, le cose si ottenevano con i loro mezzi, i soldi, il potere, lo smuovere.

I diritti, le battaglie, gli atteggiamenti, il provincialismo, la deferenza scambiata per rispetto e nessun rispetto dato. Tutta roba che è bene vedere in qualcuno che fa un telegiornale. Un “approfondimento critico serale post-fact checking” potremmo chiamarlo?

Ma alla fine:

“successo”

“dipende da te”.

Cioé, in sostanza, se non fai il dipendente. Questo arriva. E arriva il concetto di “successo”. Che, con sé, porta quello di fallimento. E queste due piccolissime cose insieme portano con sé il CONFRONTO, il giudizio, cosa sia fallimentare e cosa no. Sei un fallito, non sei un fallito.

Poi certo, partirebbe il maniavantismo, iointendevoche, nontigiudico, ionongiudico, ma è inutile. La prima cosa che facciamo è essere merdosamente umani. Attribuirci valore, in ragione di ciò che è importante per noi.

E siamo sempre quelli che guardano in alto, il più forte, che è salito in alto e ci piscia in testa pure se non vuole, pure se lo considera orrendo. Ma dentro di sé, il nucleo che ha, il sentimento, l’emozione e l’impulso incontrollato che ha, senza autocorreggersi … è quello.

Che non è affatto una critica a lui, sia chiaro. Ma un piccolo segnale di cosa sia la verità di ciò che valutiamo noi umani. Solo in totale solitudine, isolati, in nessun rapporto con gli altri, possiamo “accettarci”.

Segnalo, per i posteri (e per me che non l’ho ancora vista), questa intervista da lui stesso segnalata.