La predica

Il padre di un mio amico complottista è morto. Alla funzione c’era un prete che – ancora una volta – ho finito per giudicare per la sua performance artistica. Sforano, la fanno un po’ troppo fuori dal vaso e alla fine escono dal personaggio mannaggia a loro. Ma se gli facessero un segno al momento giusto spaccherebbero. Credo sia il secondo ultimamente che ricordo. Questo era bravino, parlava anche in dialetto, cosa che dove stava significa parlare la lingua di tutti, questa si ecumenica. Ma era troppo appasionato d’arte e letteratura. La sua filosofia andava contrapposta a quella di Leopardi. Ci stava quasi dentro. Ma niente, è un vecchio, quindi anche se una storia di quand’era piccolo ci stava, quattro proprio no.

Il mio amico, quello al quale ero venuto a stare vicino, a mostrare che esisto, che non mi è indifferente, in realtà non ne aveva bisogno, di me. Forse aveva bisogno, come alcuni hanno, di vedere che ci sono ma solo per spuntare un elenco. Perché era troppo pieno della voglia di dare spettacolo, pure lui. Aveva una predica da fare. Sempre abituato, da una vita, a mettere su teatrini – come in vari capondanni che facemmo da lui, reali spettacoli televisivi costruiti in casa – quale palco migliore di quello millenario della Chiesa? Che disprezza, credo. Il prete, prima di lui, aveva esordito dicendo che lui non fa prediche, fa quattro chiacchiere con gli astanti. E che la predica l’avrebbe lasciata fare – previo controllo del testo che c’era già stato – a lui.

Era uno spettacolino. Potremmo dire che “lui è così”, ma era un io io io. Voleva farci sapere che suo padre aveva fatto qualcosa che non andava a sua madre e sorella. E voleva farci sapere che non gli stava bene – ancora una volta – la faccenda del green pass e delle mascherine. Ma che comunque suo padre gli aveva dato molto.

E che a lui tenesse tanto, questo lo so.

Ma il suo spettacolino era per sé, per noi, non era per suo padre.

Siamo tutti sempre più bravi a calcare un palco? Forse solamente ci vergognamo meno, pensiamo di farlo bene, di saperci esprimere, di avere qualcosa da dare, mentre è il nutrimento dell’attenzione che si anela, sempre più.

Sia l’uno, che l’altro, erano, tutto sommato, dei bambini soli, invecchiati.

Il coro però spaccava i culi: c’erano due ciccioni, uno all’organo e voce e l’altra solo voce, che sapevano il fatto loro, gente di mestiere. Si è aggiunto un terzo con una tromba: non hanno sfigurato affatto. E la sorella del mio amico, che soffriva davvero e non era lì per dare spettacolo, la musica l’ha subita forte, come me immagino. Mi ha toccato davvero, quella.

La cappella di quel luogo era una chiesa vera e propria. E quella “residenza per anziani” era letteralmente un vilaggio, pulito, ordinatissimo, spazioso… mi chiedo perché diavolo non ci siano posti così anche dalle mie parti, anche se la risposta facile è “soldi”. Beh, li hanno amministrati molto bene da quelle parti, con ottimi risultati.

E mi sono chiesto se anche mio padre, come mia madre, abbia messo via i soldi per il funerale.

Altro? Beh mi sono chiesto se i diritti di certi pezzi da chiesa siano scaduti, perché andrebbero totalmente suonati con chitarra elettrica! Verdone? Mah, non so, ma andrebbero fatti: le melodie di alcuni, staccate dal testo, si prestano al solo di chitarra e alle infiorettature.

Resta la predica vera, quella del prete, che ha toccato proprio un punto importante: il pastore errante. Non lo ha detto, che “la vita a me è male”. Ha solo buttato li che sia molto triste vivere senza speranza e sia meglio farlo. Così, perché si, alla fin fine, anche se d’ufficio ilsignoredinostrospiritosantoamen eccetera, ma la convinzione era chiaramente buttata lì perchéssì. Peccato, vecchio, nei primi 10 minuti avevi il mio ok per l’X-factor. Poi hai smenato talmente tanto che ho persino sentito la presione del mio amico che non vedeva l’ora di fare il suo pezzo. Pardon. Il suo saluto – pubblico – a suo padre.

Chi fa l’opera? – Autore/Soggetto [FOTO/VIDEO]

Una questione basilare, apparentemente banale, per molti neanche da discutersi è che dalla merda non esce la cioccolata. Fotograficamente parlando, questo negli ultimi decenni è riferito – da parte dei “vecchi del mestiere” – al fatto che intestardirsi sul fotoritocco che alla base ha uno scatto sbagliato, mediocre, brutto, non sia una buona idea. 98% della foto è quella fottuta foto. Altrimenti, aggiungo io, sei talmente un bravo fotoritoccatore che non si tratta più di ritocco, ma di una opera digitale che ha qualche pixel originale alla base di una pittura digitale. Chiaro, ma distinguiamo.

Ma io non mi riferisco a questo. Parlo proprio di fotografia.

Una cosa che può accadere è che ti venga richiesto “fammi un video che faccia dire wow”. Fammi una foto che mi renda spettacolare.

Contestualizzo: parliamo di spettacolo. Se sei moscio, brutto, non fai un cazzo sul palco, non hai carisma, non hai personalità, non c’è qualcosa che possa essere colto, al di là del fare del mio meglio con quello che ho, che sei tu, il palco, la luce, quello che c’è li ed eventualmente il mio intervento su luce che posso portarmi, devi arrenderti al fatto – ed anche io che riprendo la scena devo farlo – che se la scena è la stessa, le luci le stesse, il fotografo lo stesso e le foto di un gruppo sono fighissime e quelle tue no, la cosa che cambia sei tu. Non hai fatto un cazzo di figo da fotografare, non mi hai dato materia prima.

Se mi dai un muro posso fare molte cose, ma se mi dai un muro DIVERSO ne escono altre. La foto la fa il soggetto o la mia interpretazione? La pappa la fa il cuoco, ma non la fa senza ingredienti. E se gli ingredienti non sono un granché, farà il possibile, ma una grossa parte della sua responsabilità è scartare gli ingredienti di scarsa qualità. Quindi ecco, dipende.

Uno di quelli bravi diceva che se vuoi fare belle foto una buona cosa da fare è che i soggetti siano belli. Cosa “belli” voglia dire e a cosa si riferisca, ovviamente, cambia a seconda dei contesti. Se sto facendo microfotografia sarà diverso da playboy.

Io però vedo molta, moltissima differenza, anche nella “semplicissima” arte fotografica del ritrarre corpi nudi, e se volete aggiungo “in bianco e nero”, per ridurre ancora il campo, e ancora lo riduco dicendo: femminile. E ancora: di tipe molto belle.

Ecco, ho ridotto moltissimo il campo eppure non ritengo tutti uguali i risultati dei diversi autori: prima di tutto un solo singolo soggetto umano – specialmente in questo caso –  è infinito, a mio avviso. Secondariamente le varie persone sono diverse. E si, certo, le combinazioni di fattori di ogni singolo autore fanno la differenza. Le scelte, tutte le scelte.

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Una di queste è cosa non fotografare. Ma questo solo quando sei autore e puoi fare quello che vuoi, generando un’opera. Invece se quello che hai è quello che hai, interessante è quello che ci fai (cit.”Ember”). Bene, si fa il possibile, ripeto. Potresti essere moscissimo ma interessante. Oppure essere uno che fa un sacco di cose sul palco. O essere un tocco di gnocco e offrirmi il tuo corpo suonante, cantante, danzante, in molteplici occasioni di combinazione con ambiente e luce.

Come fotografo posso “estrarre” molto da te, posso cogliere moltissimo, se c’è da cogliere moltissimo, posso anche sollecitarti, se sono regista della cosa, generando una “coreografia dello scatto”, posso fare lo stesso come videomaker… ma ci sono cose relative al carisma sul palco, al movimento personale, al modo di tenere gli strumenti, l’abbigliamento, il rapporto con le luci e con le camere (video/foto) che non è trascurabile nel risultato. Può esserci, può non esserci. E ci sta: se il tuo compito non è “fare spettacolo”, ma suonare, ad esempio, lo spettacolo, ci è chiaro, è più per l’opera sonora o sonoro/poetica che stiamo sentendo, se il testo è intellegibile. Io lo so perché su quel palco ci sono stato e non ho dato molto in termini di “roba da vedere”. Non mi interessava, non mi sentivo qualcosa da vedere. Quello che volevo fare era non cappellare mentre suonavo, ero li per quello, per farti sentire la nostra musica. In determinati casi è ottenibile del “bello” anche se io non sono personalmente coreografico. Ma ci si deve pensare: i Pink Floyd avevano i tipi delle proiezioni. Perché no. Di soluzioni ne esistono tante.

Zucchero Fornaciari in concerto, PH (C) KEYSTONE

Qui di roba ce n’è! Ma se nessuno facesse qualcosa? Fotograferesti un palco.

Ecco, se siete quelli che si fanno fotografare o videoriprendere, sappiatelo. Se non fate niente, non avete uno sguardo, non evitate lo sguardo ma sapete benissimo dove lo sguardo andrebbe a cadere da quella particolare angolazione e quindi FATE qualcosa… questo qualcosa non sarà fotografato perché non c’era, quel qualcosa che non avete fatto non verrà ripreso. Non avete fatto un cazzo. Le luci hanno illuminato quell’uncazzo che avete fatto. Potete essere fotografati, sempre, come una statua di marmo: questo è ciò che il fotografo riuscirà sempre a fare. Se non siete vivi, il fotografo e il videomaker faranno del loro meglio, nelle condizioni in cui si trovano, per ottenere almeno questo, se hanno la capacità per farlo, ovviamente. Ma concediamogliela. Se voi non fate questo e il fotografo o l’operatore alla camera sono bravi, otterranno al massimo questo. Se invece voi fate qualcosa di visibile, lo manifestate, allora certo, voi sarete parte attiva di quel risultato, ma artisticamente non più di quanto non lo sia un cervo che spicca un balzo. Certo però, di più di quando sta li fermo e dorme. Bellissimo, ma fermo e dorme.

Questo è solo un piccolo microscopico pezzettino di quanto io, come fotografo o “riprendi-cose” considero di me stesso quando mi chiedo – e tranquilli, me lo chiedo parecchio – quanto l’opera la faccia chi sta da questa parte della fotocamera e quanto chi sta dall’altra. Ecco che il “merito” e il “meritarsi” una cosa, qui prende un significato: sei una statua o un’attore? Beh il merito della tua azione ci sarà, si, se te lo meriti.

Perché l’attore agisce. Anche poco. Un respiro, uno sguardo, la fisicità, l’abbigliamento, il suo corpo, i capelli, un gesto. Mille gesti.

A Chiara B.

Mi chiedo cosa sarà di te, come me lo chiedo di molte altre. A volte mi sento responsabile, corresponsabile intendo, parte in causa di quello che fate della vostra vita, del fatto che di questa onda di edonismo, di vanità che i social network hanno fatto impennare, io mi servo a piene mani. Non credo che farlo o non farlo, per come io lo faccio, cambi qualcosa. Corro il rischio, e con te sicuramente è successo, di annoiarvi, tanto sono responsabile, chiaro, esauriente, esaustivo nello spiegare il contesto, le conseguenze possibili, non solo nel grave, ma nel meno grave, che i vostri genitori non capiscono, ma in cui io sono dentro e vi vedo, entrambi, di fronte a me, mentre loro non capiscono, non si capacitano, sono in un’atmosfera che non hanno mai annusato mentre io e voi ci capiamo e loro non capiscono. Ma io capisco sia loro che voi.

Un mesetto fa, via contatti su Instagram, sei venuta a posare da me. Sei arrivata con tua madre, eri minorenne quindi ti ho reso sempre chiarissima la cosa: obbligatorio parlarne coi genitori, che devono venire , capire, firmare.

Guardarti negli occhi quel disprezzo, vergogna perché – si vede che lo pensi – tua madre non capisce un cazzo, è sfigata, eccetera. Senza pensare forse che tua madre ha fatto tutto e fa, ogni giorno, tutto per te. Che le devi tutto, anche il tuo grazioso aspetto fisico, che presto scoprirai essere uno dei tanti, niente di speciale nel mondo degli speciali. Le devi ogni cosa: in 15 minuti ho capito che è (stata) una ragazza madre. Osservandole le mani ho capito molto. E tu ti senti a disagio, ti vergogni, facendo una foto con lei, vicino. Ti vergogni che la tua faccia sia associata a quella di tua madre, piccola cagacazzi. Continue reading →

la tristezza della sera?

Chi mi offre lo studio ad un prezzo bassissimo mi chiede molto poco in cambio: quando hanno necessità dei miei servizi, semplicemente, me li chiedono. Non esagerano. Glieli offro.

Oggi ho seguito una manifestazione canora, alla fine della quale, smontando il palco, si sono messi chitarra alla mano a cantare roba vecchia.

Felicità.

Sarà perché ti amo.

Sono settimane che non provo nulla. Nessun sentimento. Ri-sentimento: verso me stesso, perché sono fatto male. Ma a parte questo non sentivo il colpo, per ora.

E invece BAM. Eccolo. E’ quasi sempre la musica a colpirmi più duramente, credo.

Bella senz’anima (in cui riecheggia “Bella stronza”).

Persino “Nessuno mi può giudicare”, per quanto sembri superficiale, mi ha dato da pensare. Continue reading →

Gino Paoli VS Vasco Rossi (albergo a ore, by Herbert Pagani…)

Cover su cover di cover su reinterpretazioni di riedizioni di remake… di chissà quando e di chissà chi? Credo sia la versione italiana (by Herbert Pagani) di un’altra canzone, cantata in questo caso da Gino Paoli (non l’avevo mai sentita prima – grazie radio Capital) … ma sentite quanto sembri Vasco Rossi? Si assomigliano tantissimo sul recitato… ci manca un “eeeeehhhh” alla Vasco 🙂

Ok, forse ho scoperto l’acqua calda. Scopritela anche voi.

E godetevi questo pezzo. LINK HERE.

mi piacerebbe tanto fare il doppiatore: how to?

… e non so da che parte iniziare. Faccio già un altro mestiere (finché ce l’ho) , ho un mutuo su una casa condiviso con un’altra persona. E magari faccio pure pietà. Però il mestiere lo ammiro… mi piacerebbe molto. Del resto, come dice* il protagonista de La migliore Offerta “non basta amare l’arte e tenere in mano un pennello per essere un artista”; quindi per non confondere il tifoso col calciatore bisogna cercare di capire qualcosetta. Del resto anche lo speaker per le pubblicità … insomma usare la voce per lavorare, mi piacerebbe molto.

Che si fa? So di avere una lettrice (almeno apparente) che ne sa qualcosa… e potrebbe forse darmi qualche indizio, suggerimento, istruzione precisa. Nessuno pretende (anche se vorrebbe) diventare Dario Penne o Bruno Alessandro in tre minuti dopo aver fatto tutt’altro per 40 anni (circa) … ma dare una direzione diversa alla mia vita mi piacerebbe davvero: guadagnarmi da vivere facendo un mestiere che ammiro. E continuare fin da vecchio!

Paola Cortellesi, risorgi alla vita! MIO APPELLO PUBBLICO

Paola Cortellesi

Paola Cortellesi a Zelig (2012)

Questo appello lo faccio apertamente e direttamente a te, Paola.
Non so cosa ti sia successo, e prego Dio che non sia la tua mente brillante ad essere stata intaccata, o che non siano psicofarmaci, qualcosa di tanto brutto che ti può essere successo, ma ti prego,  ti prego, TORNA in te! Dove sei finita? Ti ho vista per caso a Zelig e mi è venuto da piangere. Da anni vado dicendo a tutti che “La Cortellesi è la dimostrazione che le donne sono perfette, che sanno anche essere delle vere comiche!”
Poi vedo quella specie di soubrette clonata dalla Cortellesi ma lessa, spenta, scialba … ok, con i tacchi alti (ti stanno bene, si) … che fa le mossette, le faccette e il sorrisetto che si deve fare.

Ma dove sei? La tua voce, la tua VITA vigorosa, dentro la tua voce mi ha fatto drizzare le orecchie dalla prima volta che t’ho sentita. I tuoi personaggi comici mostrano il tuo talento allo stato concentrato: intelligenza, creatività, capacità d’esecuzione; sei stata brillante, provocatoria, dissacratoria, ficcante, spassosa, ironica, e di una grande professionalità (ok, ormai non significa più nulla, va bene) … insomma sai fare tutto COME SI DEVE … ho visto il dvd teatrale, ottimo … sai fare le cose serie e quelle divertenti… non mi piaci tanto nei film, ma “live” (teatro/sketch comici/presentare/cantare) sei un esempio di perfezione.
No, sbaglio. Non posso dire “sei“. Posso dire “eri“. Continue reading →