Torno da una chiacchierata mesta con mio padre. Lo vedo smunto, stanco, preoccupato, che si arrovella. Sentivo che era il momento di andare a trovarlo. Oggi per cinque minuti ho visto mio fratello che stava tornando da un insensato (economicamente) lavoro di merda, ma visti i mesi precedenti, è qualcosa, invece di niente. Un niente mortale.
Si preoccupa per mia sorella, ora, mio padre. Perché finito il terribile periodo di fatiche lavorative, ecco che piomba nel nulla. Mia sorella ha 57 anni. Ha lavorato come insegnante precaria quest’anno. Era sempre molto presa e preoccupata, ma ora sembra essere svuotata di quella tenacia che le ha fatto cercare ogni – dice mio padre – possibilità, bussare ad ogni porta, tentare ogni cosa, pulizie comprese. E la preoccupazione di mio padre, lo vedo, lo consuma, ora è questa: che mia sorella si riduca come mio fratello. Posso dirgli io qualcosa che lo tiri su? Vorrei solo dirgli che non è una sua responsabilità, che non deve continuare a pensare “cosa posso fare io? IO?” e siccome non trova una risposta che nemmeno il diretto responsabile trova, allora deve sentirsi in colpa, male, come se non avesse fatto qualcosa che doveva.
Dico, posso dirgli qualcosa io? Che sono un fallito, che se non ci fosse lui boh, che sto solo pensando a restituire un debito e morire?
Taccio infatti. Sembra che i soli lavori possibili siano lavori di merda, ma non tanto per il lavoro in sé, come sempre, ma per come vengono gestiti, per il fatto che qualcuno ha il potere di sbattersene, di non fare, di non pagare, di non considerare le spese per svolgerli, che annullano il guadagno, e così via. Sembra che le sole cose che siano disponibili, non dovrebbero esserlo, non dovrebbero proprio esistere. Non ci dovrebbe essere qualcuno che propone a qualcun altro cose simili.
Penso che se le cose non migliorano la corda si stringerà. Io cosa potrei fare?
Ogni giorno sento di angherie fiscali che rendono l’avere una partita iva un suicidio annunciato. Gente che in tutta normalità ed onestà fa il proprio lavoro e ad un certo punto arriva la mafia fiscale e ti dice “o paghi o paghi, in qualche modo paghi comunque perché contrapporsi a questo costa di più”.
Avvilisce. Ti toglie l’energia. La speranza.
Non posso fare niente per mio fratello, per mia sorella, per mio padre, per mia madre? Ognuno di loro potrebbe fare di più per sé stesso come del resto potrei e dovrei fare io?
E’ arrivato un momentaccio. Stare nell’incoscienza, mi rendo conto, funziona meglio. Lavorare in prospettiva, con visione d’insieme, in determinate condizioni è talmente deprimente che è meglio fare i positivoni, davvero.
Dal 2013 sto avendo i 20 anni che non ho potuto avere. Cerco di pensarla egoisticamente così. Forse non è giusto ora. Ma non è stato giusto per me allora. Mi riprendo quel periodo. E’ sbagliato, eticamente, moralmente, economicamente. Non so nemmeno se porterà a qualcosa. Sono un morto che cammina, uno zombie. Da egoista ti salvi la testa più che le chiappe?
Non lo so. Ora spero di stancarmi a sufficienza per schiantarmi nel sonno. Domani e fino a domenica fingerò che tutto sia solo questione di tempo mentre fotografo nudi di giovani donne, che non ho il coraggio di trasformare in una vendita di opere “artistiche”, di proporle, di parlarne a qualcuno, mettendomi in gioco economicamente, di sentirmi dire quanto io sia un fallito.
Cosa fa, del resto Peter Coulson a parte fotografare gnocca? Promuove fotocamere e fa corsi. Ma chi era prima dei Social? Aveva lavorato per qualcuno? Beh, ha fatto una transizione importante, ma in effetti io di clienti veri non ne vedo.
Comunque… io?
Essere utili
Essere un peso
Essere? Ma perché, poi, devo essere? Sarò finché sarò, poi fuck.