Ronin-S continua a ruotare [risolto]

Tratto da QUI. Avete un Ronin-S, lo avete bilanciato perfettamente, finalmente ne siete sicuri, riuscireste a bilanciare anche un gatto. Eppure una volta finito il bilanciamento il ronin con la camera, appoggiato, fermo, inizia a ruotare sul motore pan/spin piano piano, generalmente in senso antiorario, all’infinito. Fatte le calibrazioni automatiche, resettato tutto, imprecati tutti i santi di tutte le religioni. Rifatta la calibrazione, con e senza balsfemia. Aggiornato il software dell’app, fatto login, logout, provato a vedere se c’era un nuovo firmware, fatto il refresh, il reset, e ripetuto tutte le combinazioni. Iniziato a pensare che possa essere una ottima idea usare ronin+camera come il martello di Thor su varie cose. Ricordato il prezzo di tutto e desistito. Niente.

Dunque?

Il tastino che si preme con l’indice, sull’impugnatura, quello per riportarlo alla posizione base oppure (se premuto tre volte e non disabilitato) per andare in posizione “selfie” si chiama trigger. Saputo questo ecco a voi la soluzione!

LA SOLUZIONE

Premere 4 volte il trigger tenendolo premuto sulla quarta pressione. A questo punto le tre lucine che segnalano quale user mode state usando, iniziano a lampeggiare simultaneamente in verde: muovete il joystick un po’ dappertutto e quando avete fatto ripetete la sequenza con il trigger: click, click, click, click-tenendo premuto. Risolto.

Questa cosa che avete fatto si chiama “calibrazione del joystick”. Evviva 😀

le massacrano la stima

Ancora una. Ancora una ragazza, ancora una volta, arriva con l’autostima massacrata da un coglione. Certo, li mollano. Certo sempre troppo tardi. Ma certamente non indenni.

Quindi questi coglioncini che mettono il burqa moderno alla mente ed ai corpi della “loro donna” (ora purtroppo mi da fastidio usare questo possessivo) … alla ragazza che ha scelto di essere scelta e di scegliere una di queste testine di cazzo come partner, di amarlo, di essere da questi… amate.

Ma ancora una è arrivata che aveva 90 di potenziale e usava 10, tutto massacrato da vestiti alla testimone di geova, perché ormai Pavlov aveva già fatto il suo bel lavoro: “sono abituata a sentirmi dire che”.  Continue reading →

essere un fallito, uscirne

TRY AGAIN

Se non ritenti resti li.

Visto che sentirmi una merda non è una novità, non è mai stata una novità ma alle volte è insopportabile, ecco che per chi ha i miei tratti caratteriali (credo siano questi ma che ne so) potrebbero esserci alcuni consigli migliori di altri per lavorarci:

UTILE1 : MA PROPRIO UTILE http://www.psicolinea.it/Forum/showthread.php?tid=133

UTILE2: blando, ma ok: https://www.chiarafrancesconi.it/letture/65-schema-del-fallimento.html

 

Cito, dal sito psicolinea.it, la dott.sa Giuliana Proietti che risponde a uno:

Dei suoi fallimenti lei si dispiace e si compiace allo stesso tempo: infatti, mentre lei dice che una cosa le è andata male, afferma nello stesso tempo che avrebbe potuto andarle meglio, e dunque che lei avrebbe potuto meritare di più. Tutto questo ha un effetto consolatorio su di lei: le sue ferite narcisistiche vengono lenite, ma la sua autostima non migliora e le sue relazioni sociali restano difficili, se non impossibili.

Le faccio un esempio di questo meccanismo in un suo ragionamento:

“Ho accumulato, fin da bambino, una serie impressionante di insuccessi negli studi (nonostante fossi molto bravo, mi sono laureato tardi e male)”.

Ciò che le procura tristezza e delusione nei confronti di sé stesso dunque non è l’essere stato un “fallimento” a scuola, ma il non essere stato capace di mettere in atto delle performances all’altezza della sua intelligenza e della sua bravura.

Un altro esempio:

Ho provato a consultare un terapeuta, che mi ha detto che dovrei avere stima di me, e di convincermi che sono una persona bella, intelligente e interessante. Ma questo approccio non funziona con me: come faccio a dare fede a queste cose, se NON E’ VERO NIENTE?

Come fa lei a dire che “non è vero niente”? La sua lettura della realtà è per forza migliore di quella del terapeuta? Inoltre, cosa sa lei di psicoterapia? Per quanto tempo ci è andato? Per quanto tempo ha messo in pratica questi consigli? Mi sembra che la sua fiducia nelle sue personali conclusioni sia eccessiva, almeno fino a che il tempo non potrà dirle: 1. che quel terapeuta non capiva niente 2. che la psicoterapia non funzionava su di lei. Ma decidere su due piedi che lei ha ragione e gli altri hanno torto mi sembra una scelta quanto meno azzardata.

E allora mi chiedo, e le chiedo: non è possibile che il suo livello di aspettative su sé stesso sia esagerato? Che vi sia cioè un dislivello eccessivo fra ciò che lei realmente è e quello che vorrebbe essere (o che si è convinto di essere? O che qualcun altro desidererebbe che lei fosse?)

Perché se lei si aspetta sempre l’eccellenza da sé stesso, lei sarà sempre e soltanto un perdente: questo peggiorerà la sua autostima e le creerà problemi con gli altri.

Se lei invece abbassasse il livello di aspettative che ha su di sé, accontentandosi di risultati buoni, anche se non ottimi, ed imparasse ad accettare anche i suoi limiti e le sue vulnerabilità, le cose andrebbero molto meglio.

Una persona veramente intelligente non lo è solo perché ha un pensiero razionale e delle ottime capacità cognitive: è intelligente anche se sa darsi forza nell’affrontare le sfide, se sa consolarsi ogni volta che cade, se sa stabilire buoni rapporti con gli altri, anche quando non sente di essere la mela più bella del cestino.

Spesso, bisogna dirlo, è il mondo a darti la misura del tuo fallimento, a fissare gli obiettivi e a stabilire se sia l’accontentarsi o l’eccellere a essere utile a qualcuno tanto da, per fare un esempio, pagare per avere quel risultato oppure invece per dire “beh, posso farmelo anche da solo se è fatto così”. Accontentarsi e farsi tanti bei complimenti è consolatorio. Ma è come dirsi da soli “sono bello” : quello che conta è il giudizio esterno di cui tu vedi i risultati. Quindi la lettura della realtà non è diretta, ma mediata dai risultati delle nostre performance sul giudizio di qualcuno, in un ambiente di competizione qualsiasi.

Quindi… questi due sono spunti MOLTO utili, i più utili che ho trovato. Bisogna darsi la forza di non cadere nella spirale discendente e di dire “ok, fai schifo? ma hai fatto abbastanza per migliorare?” … e magari le cose cambiano, invece se mi siedo e piango, non cambia un cazzo. Non che sia facile, intendiamoci. Ma se siete in questo tipo di circolo vizioso, a prescindere da chi o cosa dobbiate ringraziare per essere diventati così, ora vi dovete sbattere per uscirne: e potete farlo solo voi, per primi. Persino ad appoggiarvi agli altri: siete voi i primi. Sono io il primo. Devo chiedere ed appoggiarmi… ed essere grato. E ricordarmelo: non l’ho fatto da solo, ma ho avuto l’intelligenza di accorgermi che da solo non arrivavo da nessuna parte.

Hey, dai che forse anche oggi ne esco! 🙂 Scrivendolo ci ho ragionato un po’… ma ogni giorno devo combattere contro me stesso per non demordere, perché se non hai talento allora sei normale! Il talento è comodo ragazzi, ma se non hai talento e ti applichi, allora si che sei bravo! 🙂 Facile quando basta che alzi la mano e accade la magia… ma se nasci storpio, ti applichi, sbagli, migliori e poi fai la magia… allora si che sei bravo! 🙂

Abbracciare la propria mediocrità, sedercisi a pranzo, pagarle il conto.

Puoi lamentarti. Oppure puoi fare qualcosa.

Ho appena letto un botta e risposta in uno dei soliti gruppi specialistici: questo è sul microstock; questi gruppi essenzialmente (non si sa perché: nel mondo di usenet questo capitava, ma molto meno: o forse so perché: c’erano regole ed in alcuni casi moderatori intelligenti) sono zeppi di lamentele. Tutti si lamentano: alcuni sono allarmistici (shutterstock chiudeeeee, istock chiudeeeeeeeee, tutti falliremooooooooooo ) mentre la maggior parte si lamenta della infima percentuale che guadagna. E’ vero. Non sei però obbligato a stare a quelle regole. Metti su un symbiostock tuo e vediamo se guadagni come con la agenzia che in quel momento ti sta sulle balle.

E’ vero che ti danno poco. E lo sai da subito, da prima. Fai il fotografo? Prova: prova nel mercato tradizionale. Ce la fai? Fai l’illustratore? Ce la fai? Riesci a farti pagare (e in Italia poi) per quello che fai? Il giusto? Fai il videomaker? Il musicista? L’animatore grafico? Modellatore 3D ? e RIESCI a guadagnare? Ottimo! non ci riuscivi e con lo stock si?

E allora chi deve cosa a chi?

Questa conversazione – circa – l’ho letta e mi ha ricordato quanto duramente ho dovuto combattere con questa decisione. Guadagnare nel microstock non è affatto facile. Oppure si: alcuni meccanismi sono facili. Ma produrre sempre guadagno, continuativamente, non è facile.

Ma lamentarsi non produce alcun cambiamento. Fare. Questo produce cambiamenti. Certo, sarebbe ottimo riuscire ad organizzarsi globalmente in un sindacato dei produttori di materiali frutto dell’ingegno ed avere protezione. Ma … guarda un po’: le major discografiche non sono riuscite a produrre i loro interessi nonostante fossero dei colossi. E qualsiasi organizzazione dal basso deve fare i conti con un crudissimo individualismo sottostante, che è il contrario del “lavorare per noi”.

Io ho problemi. Tu hai problemi. Lamentarsi è possibile. Dire che le agenzie esistono perché noi esistiamo è vero… ma anche che senza le agenzie noi dovremmo competere in un mercato molto locale è vero. Oppure imparare competenze, pagare server, web agencies, imparare cose diversissime. Già così è vero: fotografo, illustratore, musicista: comunque se vuoi vendere stock devi fare molto altro oltre a produrre il tuo materiale. Ma se l’agenzia non facesse la sua parte che faresti? Non voglio affidare loro tutta la mia sicurezza, ma nemmeno considerarli sfruttatori. Ci dobbiamo usare a vicenda: è giusto. E’ uno scambio. Proprio come il denaro e il lavoro.