Sul valore #4386234

  • E quindi vali.
  • No, non vali un cazzo.
  • Si vali, vali per te, vali per i tuoi amici e i tuoi familiari e cari e la morosa, finché non ti molla.
  • Ah bello, quindi “ogni scarrafone è bbello a mamma soja” diventa un obiettivo dell’umanità.

Il valore è un elemento relativo.

Segue, Solipsismo con iA:

Analizziamo il brano riportato, che inizia con un dialogo e include una riflessione critica:

Dialogo:

  • E quindi vali.
  • No, non vali un cazzo.
  • Si vali, vali per te, vali per i tuoi amici e i tuoi familiari e cari e la morosa, finché non ti molla.
  • Ah bello, quindi “ogni scarrafone è bbello a mamma soja” diventa un obiettivo dell’umanità.

Riflessione critica:

Il valore è un elemento relativo.

Analisi del Dialogo

Il dialogo è un botta e risposta tra due (o più) persone, con un forte contrasto di opinioni riguardo al concetto di valore personale.

  1. Prima voce: “E quindi vali.” – Inizia affermando che la persona ha valore.
  2. Seconda voce: “No, non vali un cazzo.” – Risponde negando completamente il valore della persona, usando un linguaggio volgare per enfatizzare il disprezzo.
  3. Terza voce: “Si vali, vali per te, vali per i tuoi amici e i tuoi familiari e cari e la morosa, finché non ti molla.” – Cerca di mediare, sottolineando che il valore è riconosciuto da persone vicine e care, anche se condizionato.
  4. Quarta voce: “Ah bello, quindi ‘ogni scarrafone è bbello a mamma soja’ diventa un obiettivo dell’umanità.” – Ironizza sul concetto che ogni persona è bella per qualcuno che le vuole bene, suggerendo che questo sia l’unico riconoscimento di valore disponibile.

Riflessione Critica

La frase “Il valore è un elemento relativo.” esprime la conclusione che il valore non è assoluto ma dipende dal punto di vista delle persone e dalle loro relazioni.

Approfondimento Critico

  1. Relativismo del Valore: Il dialogo mette in evidenza il relativismo del valore personale. La prima e la seconda voce rappresentano due estremi opposti: l’affermazione di un valore intrinseco contro la totale negazione di esso. La terza voce introduce un punto di vista più complesso, riconoscendo il valore in base alle relazioni personali.
  2. Condizionalità del Valore: La frase “finché non ti molla” suggerisce che il valore percepito dagli altri è condizionato e può cambiare con le circostanze. Questo introduce l’idea della precarietà del valore basato sulle relazioni personali.
  3. Ironia e Critica Sociale: La quarta voce utilizza ironia e una frase idiomatica (“ogni scarrafone è bbello a mamma soja”) per criticare l’idea che il valore sia determinato esclusivamente dall’affetto altrui, suggerendo che tale concetto potrebbe essere visto come un obiettivo universale, ma in modo sarcastico.

Conclusione

Il brano attraverso un dialogo semplice e diretto esplora la complessità del concetto di valore personale. Sottolinea come il valore non sia una qualità intrinseca e universale, ma piuttosto una percezione relativa e condizionata dalle relazioni interpersonali e dalle circostanze. La riflessione critica finale sintetizza questa visione, evidenziando il relativismo del valore.

Proseguendo:

Riflessione Critica sul Concetto di Valore

Il brano propone un dialogo che solleva una questione fondamentale: la natura e la relatività del valore. Per comprendere appieno questa tematica, è necessario esplorare il concetto di valore in generale, per poi applicarlo al contesto personale.

La Natura del Valore

Definizione e Tipologie di Valore:

  • Valore Intrinseco: Questo tipo di valore è inerente a un oggetto o una persona indipendentemente dal contesto o dalle opinioni esterne. Un esempio classico è il valore morale o etico che alcune filosofie attribuiscono agli esseri viventi per il semplice fatto di esistere.
  • Valore Estrinseco: Questo tipo di valore è attribuito da osservatori esterni e può variare a seconda delle circostanze. Ad esempio, il valore di un oggetto di mercato è determinato dalla domanda e dall’offerta.

Funzionamento del Valore:

  • Relativismo del Valore: Il valore è spesso visto come relativo, dipendendo dal contesto e dalla prospettiva dell’osservatore. Questo relativismo implica che il valore non è una qualità fissa ma può cambiare con il tempo, le circostanze e i punti di vista.
  • Determinazione del Valore: In molte situazioni, il valore è determinato attraverso interazioni sociali e scambi. Nel mercato economico, ad esempio, il valore di un bene è stabilito dal prezzo che le persone sono disposte a pagare.

Applicazione al Valore Personale

Con queste basi, possiamo applicare la nostra comprensione del valore al contesto personale.

Relativismo del Valore Personale:

  • Valore Percepito: Come suggerisce il dialogo, il valore di una persona può essere percepito in modo diverso a seconda di chi lo osserva. Un individuo può avere grande valore per i propri cari e amici, mentre potrebbe non essere riconosciuto allo stesso modo in un contesto più ampio o estraneo.
  • Condizionalità: Il valore percepito da altri può essere condizionato dalle relazioni e dalle situazioni specifiche, come evidenziato dalla frase “finché non ti molla”. Questo sottolinea la natura instabile del valore personale quando è basato esclusivamente sull’approvazione esterna.

Critica al Relativismo Estremo:

  • Insicurezza e Autenticità: Basare il proprio valore unicamente sulla percezione degli altri può portare a insicurezza e mancanza di autenticità. Gli individui potrebbero sentirsi costretti a conformarsi alle aspettative altrui per essere accettati.
  • Valore Intrinseco e Autostima: Riconoscere un valore intrinseco, indipendente dall’approvazione esterna, è fondamentale per sviluppare una solida autostima e vivere autenticamente. Questo riconoscimento deve coesistere con il valore percepito nelle relazioni, creando un equilibrio che permette agli individui di sentirsi valorizzati senza dipendere completamente dagli altri.

Conclusione

Il valore, sia intrinseco che estrinseco, è una nozione complessa e multidimensionale. Il dialogo del brano ci invita a riflettere sulla natura relativa del valore e sulla sua applicazione alle persone. Per evitare le trappole del relativismo estremo e della dipendenza dall’approvazione esterna, è cruciale sviluppare una comprensione equilibrata del valore che integri sia l’aspetto intrinseco che quello relazionale. Solo così possiamo promuovere una visione del valore che supporti la dignità, l’autenticità e la solidità personale.

L’immagine che ho chiesto all’iA di creare, per questo post, era talmente new-age e gomblotto di cazzate sciochimiche che ho desistito. Certo, usando magari più impegno… ma NAAAAH.

cinico moment

Ostentata indifferenza e disprezzo nei confronti dei valori morali e sociali – dice letteralmente per  cinismo, la definizione, derivata da “ad imitazione del cane”.

Osservavo la mia micia, mentre pensavo che ci si allontana dall’umanità per disperazione, non per cinismo. Ci si allontana per disillusione, per scoramento, per speranza disattesa, per aspettative tutt’altro che ciniche, ma anzi, il loro contrario. Puntualmente disatteso, puntualmente non incontrato.

E che offesa per il cane.

Disprezzo ed indifferenza: non direi. Disprezzo per quei valori, fatti in un certo modo, e non necessariamente condivisi. Io ho determinate visioni di valori morali e/o sociali. Umani, tra l’altro, li unificherei.

Con la vecchiaia, mi pare di scorgere noia, disillusione, un senso di già visto in tante persone che mi ammorba, che infetta anche me, che mi fa venire voglia di parlare solo coi giovani … e che qualcosa dentro di me mi fa pensare come “si, perché sono facilmente manipolabili e creduloni e tu sei uno stronzo”. E mi dico che non so da dove venga questa voce così stronza. Perché in realtà io scorgo speranza, voglia di fare, voglia di godere, di gioire. E anche la capacità e la potenzialità per farlo, del resto.

Si usa facilmente la parola cinico, no?

E della setta dei filosofi, invece? Non so niente. Googlowikizzo un attimo e… eh no, non mi piace quella prima definizione. In effetti trovo più completa quella pure citata da wikipedia, anche dell’uso moderno per estensione, ma comunque più aderente a quel che sento. Ma non mi basta. Ecco, un nuovo interesse idiota ed inutile: quando sei felice, appagato, te ne fotti.

Qualcuno direbbe: ecco, sei cinico – ?

foto/arte #2019238947 (chi fa la foto?)

Come sapete, da quando fotografo mi chiedo sempre “chi sta facendo questa foto?”. La foto la faccio io (creatività) o la fa il soggetto (reportage, cattura di immagini) ? Molti ti dicono che certamente sei tu, è la tua visione, la tua mente, il tuo occhio, la tua interpretazione, la tua tecnica, il tuo tempo (tempismo) e nel caso sia così, la tua presenza.

Per un po’ ho persino pensato che l’atto artistico della mia foto di nudo fosse la scelta della modella, la richiesta di posare e l’arrivo all’atto, più che scattare le foto.

Osservo le foto, ragiono sulla tecnica. Alcune delle foto che faccio vanno bene “as they are”, non vanno toccate. Sono ok. La tecnica è ormai nelle mie mani, nelle ossa, oppure nel semiautomatismo della macchina? La scelta dell’attrezzatura? Le lenti?

Credo che sia sempre il rapporto, l’interazione tra il ritrattista e la persona ritratta, il crearsi e il viversi della situazione, quello specifico arco di tempo in un delimitato e preciso spazio che crea questo incontro e che viene quindi sia creato, sia catturato. Perlomeno io faccio così. E devo continuare a pensarci. Perché spesso mi dico: bah, poteva farla chiunque. Ovviamente il coro del “si ma l’hai fatta tu” mi riecheggia in testa… e devo chiedermi quanto sia che ogni scarrafone è bello a mamma sua (amici, gente che ti ama) e quanto sia in effetti valore. E lo è, diamine: lo è! Si ricollega tutto: chi ha insistito? Chi si è messo davvero in relazione con quella persona tanto che questa si è denudata e messa in posa, oppure no, ma si è lasciata fotografare in quel modo, partecipando quindi?

Seghe mentali. In fondo non ci campo di questo. Nemmeno ci ho provato. Non ci credo? Bah, non credo che ci sia mercato, sinceramente. Ma ho verificato? Naah. Paura? Credo di si.

Ma entrando in modalità suicidio posso farlo: sono cose da tentare-prima.

come un gatto in uno scatolo sul baratro

A volte siamo così, in una situazione assurda, in cui conoscendo ed osservando lucidamente la situazione puoi essere dell’idea che ci sia una probabilità piuttosto alta di farsi del male. Ma anche no. Per questo bisogna guardarla bene e tutta, e segarsi mentalmente a dovere, più volte, eiaculare mentalmente, copiosamente, più volte, far uscire lo sperma dall’orecchio destro col mignolino, ricominciare.

Perché la situazione è assurda ma stai bene. Assurda allora? Assurda perché se ti allontani di 10 metri ti vedi, vedi di più, vedi che ci sarebbe un grosso pericolo. E allora è illogico quello che fai, a occhio. Ma ecco, questo è il livello di sega n.1; approfondendo, livello di sega 2, si smette di dire “a occhio” e si vede se sia poi davvero tanto assurdo quello che fai.

Visualizzate ora il mio esempio in oggetto con questo scenario (foto):

Il quadratino nero è questo bellissimo LURVIG dell’IKEA (foto):

LURVIG scatola per gatto, by IKEA

e dentro c’è il gatto; il gatto-noi. Entri nella scatola e fine, c’è una parete, rassicurante, anche calda, protettiva. Dalla parte del cerchio c’è l’entrata, la visuale che conosci, tieni d’occhio tutto. E sopra il cielo: bello. Quando ti accoccoli sei nella tua scatoletta, al sicuro. Allontanando un po’ la visuale beh, sei sull’orlo del baratro a 1400 metri a strapiombo sulle rocce, forse appuntite, forse un fiume.

La probabilità che ti schianti è superiore a quella se fossi a terra, in mezzo al deserto, con o senza scatola. Ma che tu non sia al sicuro è tutto da vedere. Quella roccia è lì da miliardi di anni: di per sé dimostra che, per quanto in equilibrio più precario delle pareti rocciose che la circondano, non è poi tanto precaria. Anzi. Persino sulla scala dell’universo forse si è fatto una partitina a carte con gli Dei, qualche settimana fa (sempre su scala tempo-universale). Magari sarà il fatto che non ci sia acqua a rendere il posto poco ospitale. Ma a me pare che a 20 metri dalla scatola ci sia una fontanella, la vedete? A tenere su tutto quel popo’ di roba è il tub o della fontanella, secondo me.

Vi informo che ho un po’ di tensione alle spalle e vorrei fortemente dei massaggi sciogli-tutto. Davvero, lo dico sempre: sarei come i ricchi-cattivi dei film di James Bond: sempre a farmi massaggiare.

Ma lo escludo. 480 di tagliando. E oggi il dentista mi ha dato il conto finale di “quando avremo finito”. Sono 3500 euro.

Svengo e torno.

L’insufficienza #2019129387 – #1

Mi rimase molto impresso un video di Enrico Bertolino. Mi rimase impresso perché lo trovai brusco, insensibile, poco attento del bisogno dell’altro nonostante le buone, pratiche e pragmatiche ragioni per essere “tranquilli” e procedere dritti senza avere dubbi, nella coppia.

Ho visto ridere a crepapelle B, che forse si sentiva così con me, lei era “l’uomo” in questa cosa, forse. Poco incline a dire ad alta voce in modo esplicito le cose, ha sempre preferito il gesto, la presenza, il fatto che fosse “di per sé evidente” (cit) che eravamo li, che ci si voleva bene, che non era con un altro. Il pezzo era in modalità marito-e-moglie, coppia sposata da tempo, relazione solida, fine giornata e “ho voglia di dormire, è stata una lunga giornata e tu mi chiedi se ti amo davvero”.

“E diglielo, no?” pensavo. Ma non bastava. Era questo il punto: il povero Cristo – sosteneva il pezzo comico – non usciva dal discorso. Mai. Amava sua moglie, ma lei ad un certo punto aveva bisogno di essere rassicurata, di conferme, di gesti, di…

Ora non è il suo pezzo, ma ora sono io. Di qualcosa che lui non faceva. Ho rivisto nella mia mente mille volte quel pezzo. Visto da lei, visto da lui. E non ha importanza il sesso. Ha importanza l’aspettativa di A nei confronti di B, che siano transgender, omosessuali, madre e figlia. Aspettativa frustrata. Vorresti, ma non hai. Ti aspetti, ti sembra normale che. Ma non hai, non ti viene dato, spontaneamente, senza chiederlo, qualcosa. E quando manifesti la mancanza, quando lo chiedi, lungi dall’essere fugato un dubbio o soddisfatto un bisogno, inizia un’escalation. Il solo fatto di averlo manifestato, sembra, è già un problema perché “dovevi capirlo da solo”. Poi se ne parla. E alla fine di solito non va bene. Manca davvero qualcosa. Se non fosse mancato, non sarebbe successo nulla. Che manchi davvero non ha importanza. La percezione è tutto. Tu senti a te manca. Continue reading →

la vita e l’arte: e che ancora ne parliamo

Che cosa sia la vita. Quale sia il significato della vita. Che cosa sia arte, cosa non lo sia.

Wow, davvero ancora ne parliamo? Davvero ancora ci interroghiamo su questo?

Bello? Brutto? Inventiamo l’acqua calda?

La vita è un sacco di cose. Ogni volta dovremmo dire: la vita in che senso? Perché la vita è chimica, fisica ed elettricità. Ma è anche sofferenzagioia. Quindi “in che senso” è, una volta tanto, una domanda non solo lecita, ma davvero appropriata.

Arte. Wow: questa è arte? Fai arte? Cosa intendi per arte? Contesto o non contesto, definizione di? Dove?

Bello no? Che lo facciamo ancora.

E magari senza averne letto abbastanza, reinventando l’acqua calda. Io sicuramente.

Di tanto in tanto mi dico: dev’essere solo perché non ho finito il liceo che mi faccio queste seghe mentali. Del resto non credo che abbiano esaurito ciò che si studia all’accademia da una parte e nelle facoltà di filosofia dall’altra, in una unica classe che mi sono perso. Al liceo ci sono antologie, non i libri. Il mio prof n.1 di filosofia (che non mi ha stimato mai granché, credo a ragione, ma con alcuni pregiudizi errati che lui invece mescolava ai giudizi) diceva sempre che il “vero filosofo” si giudica in primo luogo dalla sua biblioteca: dev’essere sterminata, vastissima, di buona qualità e ovvimente conosciuta. Se anche avessimo conosciuto a mermoria l’Abbagnano non credo ci saremmo avvicinati …

E la storia dell’arte non è che conoscenza del passato per sapere, se va bene, cosa sia attualmente considerata (e da chi? e perché? e chi gli conferisce autorevolezza?) arte.

Allo stesso tempo mi viene da sorridere. Penso a tutto il mondo e a quanto se ne sbatta di tutto questo. Ti guarderebbero pensando: ragazzo tu scopi davvero molto poco. Birretta?

Ora, se sapete quanto la figa mi appassioni vi asterreste da un simile, affrettato, giudizio. Ma nel mondo di tutti i giorni questa roba non esiste mai. Eppure … almeno la vita, il suo significato, i valori… in realtà li sentiamo tutti. Parlarne sviscerando opinioni, argomenti, visioni… dovrebbe essere il nostro primo argomento, io credo.

A proposito: la Juve quanto ha fatto?

mentre piovono coccinelle

Bastare a sé stessi. Rispettare sé stessi. Amare sé stessi.

Grandi seghe. Autoerotismo, autobastismo, autorispettismo.

Mentre piovono coccinelle tra la tastiera e le mie mani ci penso: assomiglia a quel tipo di valutazioni totali sul “saper vivere” (pare che ci sia qualcuno che sa come si deve vivere, che può valutare se lo fai correttamente, splendidamente, oppure male, se bagli a vivere, se vivi così così) ed anche quelle più vecchie sull’essere maturi oppure infantili. Le malsopporto? Le tollero? Se avessero un senso assoluto, definito, condivisibile, potrei decidere se tollerarle o no. Ma è proprio il fatto che qualcuno usi queste parole senza prima convenire con altri cosa intenda che mi fa astenere. Fino a che magari non decidi di dichiararti: se con maturo intendi questo, allora…

Puntualizzatore, fastidio.

Ma autoparlismo? Autoreferenziale? Autofficina.

Se la regola del bastare a sé stessi fosse buona. Allora. E giù ad elencare conseguenze che contrastano con questa tesi. Non lo faccio. Continue reading →

pazzìa

Ultimamente è stata portata alla mia attenzione una lettura che in maniera sottilmente differente dal solito però ricorda sostanzialmente uno dei modi in cui noi, mosche umane, sbattiamo sul vetro della vita incessantemente, mentre lo spiraglio della finestra è – naturalmente – aperto.  Continue reading →