reazionari/regressione #2347826-2

Una delle cose che mi pare evidente da tutto quello che scrivo è del senso di nostalgia, rimpianto, rimorso, qualcosa che “se potessi ricostruire il passato con quello che so adesso o cancellarlo del tutto” …

Capito, no?

Invecchiare. Non essere aggiornati, al passo coi tempi, all’altezza, contemporaneo (questo mi ricorda che Benedusi è sparito dal sito “competenze” … mh, interesting).

Penso speso al background comune, al linguaggio, ai riferimenti culturali che sono semplicemente l’acqua in cui si nuota insieme: se non ci nuoto, le mie branchie non la setacciano con le vostre… non c’è recupero, corso, studiare. Si tratta di viverci dentro.

Oggi però uscivo con MD che non ha ancora 30 anni… si va dal kebabbaro, dietro di noi dei 15enni.

I quali iniziano a fare dei discorsi e dell’umorismo cantereccio che si sarebbe potuto fare allegramente in una bettola di vecchi, in caserma 40 anni fa oppure in generale 50 anni fa in giro.

Penso che rispetto a loro non sono indietro affatto. E che questo senso di “con loro non dovrei vergognarmi” possa coinvolgere vecchi, uomini, donne che non vanno avanti, per tranquillizzarsi, circondarsi di regresso e stagnazione, per stare tranquilli e non sentirsi fermi a causa del fatto che gli altri si muovono. Lo sei, ma lo sono anche gli altri: tutto bene.

Li capisco, li capirei.

Vorrei dire che non è sano… ma non è sano per il progresso. Per il singolo è un sollievo, è tanta meno fatica.

Assurdo tutto sommato, per una mentalità che fa del “sacrificio” un valore in sé.

Dei paesi tuoi #2019091842

Su Instagram avevo trovato una modella interessata/disponibile a posare nuda, che aveva lavorato con altri fotografi che seguo e mi piacciono dall’abbastanza al parecchio. Mi aveva detto ci sentiamo dopo settembre leggo e ti faccio sapere. Ha finto di non aver letto (posso sapere se leggi o meno le e-mail e lei lo ha fatto allo scoccare del 1 settembre) e poi i soliti bla ho moto da fare eccetera. Le faccio “ok, non ti interessa più, ciao!” , bla bla cazzate scusami sbrodolamenti. Pazienza. Sarebbe stato interessante ma avrei dovuto viaggiare davvero parecchio, senza soldi, a rischio. Quindi un po’ mi solleva (comfort zone) e un po’ mi rompe il cazzo. Ma ovviamente so che trovare una modella di nudo non è facile. E moltissime sono “perché mi dovrei spogliare se non per soldi?” … cosa che non mi interessa più. Giuro, potessi permettermelo, dovrei trovare dove collocare un tipo di collaborazione del genere. Ma credo dovrei trovare specifici committenti. In generale però lo escludo, non mi interessa. Non voglio che qualcuno dica mai “mi ha pagato, ho fatto”. No no, grazie. Oltre al fatto che questo tipo di atto si presta perfettamente ad essere giudicato prostituzione: l’esercizio del commercio di sé lo rende tale. E io non voglio farne parte.

Credo che, semplicemente, abbia letto la liberatoria e qualcosa non le sia piaciuto. Possibilissimo.

Pian piano mi faccio l’idea che sia sempre una frequentazione, una serie di passaggi. E la cosa richiede la presenza fisica. La distanza non lo consente. Serve tempo e presenza.

Quindi paradossalmente mi sa che mi troverò davvero a fotografare nude ragazze di questa zona dell’Italia così difficile, chiusa, distaccata, diffidente. Eppure, paradossalmente, è più facile che succeda qui solo perché “so da dove vieni”. Quanto siamo provinciali. Stesso accento, so da che paese vieni. E quindi? Non potresti trovarti con un machete piantato sullo sterno solo perché vengo da meno chilometri di qualcun altro? Mi pare che le cronache siano piene di orrori tutti molto molto locali. E violenze sessuali sono quasi sempre parentali.

Ma tant’è.

cresime e comunioni: fotogavetta strong

Fotografare eventi religiosi cattolici è ed è sempre stato uno dei campi di lavoro dei fotografi professionisti. Direi di “piccoli professionisti”, senza per questo sminuire la professionalità, ma solo il campo di applicazione. Ci si può, forse si poteva anche campare di questo. Ovviamente senza escludere i matrimoni eh, che sono rimasti forse l’unico campo davvero remunerativo di questa area, oltre al fatto di offrire anche le soddisfazioni della foto di reportage, visto che è possibile, oltre che ormai uno stile più che affermato, non più di tendenza.

Fotografare cresime e comunioni però può essere una merda. Per me lo era. Ciò che ti richiede il committente finale e quindi anche quello intermedio (il negozio) confligge duramente con la “bella fotografia”. Non è che non si possano fare le cose belle: è che la GGente se ne sbatte il cazzo e al massimo riesci, se ne hai il tempo, a fare alcuni ritratti di cui non vergognarti troppo nel caso che qualcuno li associ al tuo nome.

scordatevi questa roba: non esiste.

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SEI RIBELLE AL TUO PAESE

Sei ribelle se resti, se resti dove la merda della tua vita si svolge ogni giorno, dov’è iniziata. Non sei ribelle se te ne vai e non cambi un cazzo di quello che ti ha prodotto i lividi e tutto il resto. Te ne vai e li lasci li, eh? Te ne vai e fai quello che vuoi. Ma non dire che sei un ribelle, questo non puoi dirlo.

Puoi dire che se ne restino li nella loro merda io faccio altro. Ma non sentirti ribelle. Hai solo abbandonato. Probabilmente ogni giorno, ogni settimana in cui sei andato o andata via… loro hanno messo una radichetta in più, rafforzato un legame in più, ribadito un rapporto di forza in più, sottolineato che loro hanno e hanno sempre avuto ragione, potere, qualcosa. Che vince. Che ha vinto su te, sulla tua vita, su chi non è come loro. Vincono e mantengono la zampa sul territorio. Alla fine hanno vinto loro: ti hanno mandato via. O te ne vai o stai alle nostre regole.

Ma è un intero paese, un INTERO paese libero oppure sono libere dalla colonizzazione della merda provinciale solo le città? Che poi magari sono affette da altro.

Se resti dove sei e combatti lì, allora sei ribelle. Se fai il 68 nel tuo paesello. Se sei femminista, gay, contro, gender, anti. Qualsiasi cosa tu sia. Se lo sei dove sei, allora si. 

Ma certo che non sei li per far felice qualcuno. Sei li perché esisti. E quindi puoi andare via e fare altro. Ma non raccontarti che ti sei ribellato/a. Il capobranco ha fissato per bene il tuo culo e le tue spalle mentre te ne andavi. Poi si è girato e ha controllato se qualcuno alzava lo sguardo.

E poi non ci sei mai stato.

Se fossero zoccole potreste averle

Spesso gli appartententi ad una categoria fanno il male di tale categoria. Osservo sempre “i giovani” fare spesso quello che serve per farsi stereotipare. Ricordo che quando ero giovane io vedevo fare le interviste ai coglionazzi e alle persone serie, ma le interviste dei coglionazzi erano le uniche ad uscire. Ero stato li, presente. Qunidi bisogna ridurre la presenza dei coglioni. Difficile, capisco.

Ma anche le donne fanno questo. Alcuni tra le peggiori detrattrici delle donne sono altre donne. Alcune tra le peggiori bandiere delle donne sono altre donne. Donne di cui le altre donne si vergognano? Non sempre. Donne che fanno del male col loro comportamento alla libertà di tutte le altre. Donne “castrate” come direbbe un’amica mia.

Ma tagliamo corto. Veniamo alla mia definizione personale de “la parola”: TROIA.

Se una è troia, tanto troia. voi siete felici: è il sinonimo di porca, di “donna o ragazza con grande appetito sessuale, gioia ed entusiasmo nel dare e ricevere”. Costei è come voi. Come voi altre donne. Come voi altri uomini. Questo non ha nulla a che vedere con la fedeltà sessuale o con l’amore. O magari perché mostra il suo corpo invece di tenerlo sotto un burqa della misura che voi considerate occidentale.

Se una è UNA TROIA dobbiamo intenderci: intendi dire che è una brutta persona? conviene usare un’altra parola. Brutta, ma che non lasci intendere che i suoi costumi sessuali siano mal giudicati: sono fatti suoi e non la qualificano come essere spregevole, ma il suo contrario. Continue reading →

Nuovo appello al SINDACO: ASSISTENZA PSICOLOGICA

Ricordiamolo: siamo uno Stato e si vede in particolar modo quando le multinazioanali o le traditrici statali vanno a far lavorare gli schiavi all’estero: rimaniamo noi che siamo i Cittadini di uno Stato: quelli che non dicono “vivo in questa casa” ma poi non pagano affitto e riscaldamento, quelli che ci stanno sempre, che se magari il pavimento del soggiorno lo sistemassimo non sarebbe male, perché in fondo è casa nostra, no?

Ecco, magari avevamo avuto l’impressione che le aziende avessero preso il posto delle nazioni. Ma dato che le aziende chiudono, falliscono, scappano quando non hanno interesse, resta da ricordare che chi rimane nel Paese sono i cittadini. E lo Stato e tutte le sue ramificazioni (comuni, provincie, enti, istituzioni…) sono le strutture che lo costituiscono: siamo noi stessi.

E fin qui lo sapete.

Bene: lo ripeto, perché non è la prima volta che lo dico, ma questa volta voglio indirizzare l’appello alle amministrazioni comunali e alle ULSS (ma più ai Comuni) : molti dei vostri concittadini non sono barboni ai lati della strada. Ma sono invisibili. Hanno perso o stanno per perdere il lavoro, sono invisibili per mille motivi ma spesso perché un rimasuglio di dignità ha generato un pudore che genera un senso di vergogna: si NASCONDONO IN CASA, molti sono depressi ultraquarantenni e più. Se è pur vero che il nucleo familiare, la famiglia, i familiari e i parenti sono tutto ciò che ci tiene in piedi e ci appoggia (ma non direi che sia così per tutti) , è vero che spesso queste famiglie si ritrovano con un fantasma in casa, depresso, distrutto, ansioso, annichilito dalla vita e di solito circondato sì – se va bene – da amore e compresione, ma anche da persone che non sanno trattare con un disagio psichico vero, che non hanno che rimedi validi per una persona “sana” che è solo un po’ triste.

Un esempio per capirci: una frase tipica è “pensa a quelli che stanno peggio! Guarda il Gianni Fargugliati che ha solo un piede, gli manca una palla ed è cieco dalla nascita… eppure è campione di scalata di specchi unti! Pensa lui! Lui si che potrebbe lamentarsi, mica tu! Dai, tirati su, non vedi che fortunato ad avere noi e un tetto sulla testa?”

Ecco, questo messaggio per una persona in difficoltà che già non ha più stima di sé significa solo “vedi che persino i subnormali ce la fanno? Sei una merda!” E basta. La parte che – con tutta la buona volontà – vorrebbe essere di sprone ed incoraggiamento, proprio come lo sprone, non fa che ferire.

Un’amminsitrazione comunale che non sia miope sullo stato psichico dei suoi concittadini in crisi se ne rende conto e vuol fare qualcosa. Cosa? Corsi gratuiti, supporto gratuito, accesso gratuito in vari modi (di gruppo o privati!) a supporto PSICOLOGICO, psichiatrico, gruppi di aiuto, corsi di autostima … qualcosa che ti tiri su davvero, che ti dia una mano, che aiuti le persone che si sentono (anche se non sono) sole a rialzarsi… perché la depressione, l’ansia, il panico, il magone e questa tristezza senza speranze sono un buco nero che trascina volentieri dentro anche altre persone: è contagiosa e non va ignorata, non si deve scappare.

C’è chi ha bisogno di mangiare, chi di scaldarsi, chi di riacquistare saldamente fiducia in sé stessa/o. Abbiamo deciso che il tentativo di porre fine alla propria vita è reato, che non si fa, che è una cosa brutta, che amiamo la vita “a prescindere”. Bene, dimostriamolo: a condannare chi non ce la fa più e se ne andrebbe siamo pronti. Ok, va bene. Allora a favorire la positività (non quella da schizzati ottimisti ideologici) , l’autostima eccetera, chi ci si mette con i propri soldini e l’organizzazione? Con personale qualificato, serio, con percentuali di successo comprovate?

SINDACO!!!!! Dico a te!!!!!