La famigghia, soap opera, puntata 239487

[ musica: Dredg, in random, senza l’album del 2011 ]

Per decenni mi osservavo vivere in una Italia senza guerra. Mi dicevo solamente “spero che non mi capiti: è davvero da troppo tempo che nel nostro stato non c’è guerra… ” bla bla considerazioni sulla leva, sull’esercito, sulla nostra nullità e sulla stupidità della guerra di conquista in generale, sia durante che, specialmente, dopo la guerra fredda.

Mai e poi mai mi sarei invece detto che avrei visto la mia famiglia meno normale. Continue reading →

Assurdo, il pomeriggio è troppo assurdo

Pensate a che assurdo intreccio: ad un certo punto mio padre si rende conto che non sa che fare: mio fratello ruba il loro denaro, pur essendo mantenuto vitto e alloggio ed usufrutto varie (auto, corrente elettrica, internet, varie spesette e pressoché qualsiasi cosa medica importante, basta chiedere, ma non chiese mentre era depresso), prende multe con l’auto di mio padre che è responsabile in solido. Ma i miei sono vecchi e 1) hanno bisogno di aiuto pratico 2) non hanno agito in modo “definitivo” quando sarebbe stato per il suo bene (lo psichiatra aveva detto di fare in un certo modo, spingendolo a muoversi invece di rintanarsi) , figuriamoci se agiscono ora che è passato più tempo. Cioè gli vogliono comunque bene e non pensano “visto che tu pensi a fare il cazzo che ti pare PRIMA di fare le cose di casa, magari vai a fare in culo eh?”.

Continue reading →

mio fratello ruba soldi a casa

Mio fratello è un uomo di 57 anni. Vive da anni in casa dei miei (83 anni) in seguito ad ormai riconosciute depressioni. Per anni ha avuto una sua vita ed una attività come libero professionista. Poi le cose sono andate male e lui si è depresso, probabilmente non riconoscendo di essere depresso, né che la depressione fosse qualcosa. Oggi che dei terapeuti siano adeguati a curarla.

Ogni tanto quando vediamo che ha un comportamento “assai vivace” in netto contrasto con il precedente, ci sentiamo di risonocerlo come “insolito”. Non è uno allegro, nervoso, che è sempre così saltellante. Lo era, un tempo. Ma ora a me viene da dire “fase maniacale”, perché non ci vedo lucidità. Vedo entusiasmo, ma un po’ fuori di mela. Più una sensazione che una certezza.

Ad ogni modo anni fa rubò dei soldi a casa. Frequentava gentaglia. Vorrei dire che erano solo esteticamente non gradevolissimi, ma in realtà è qualcosa nel carattere che mi pare accomunarli. Qualcosa che … qualsiasi cosa dica mi fa sentire un bigotto, un benpensante snob, eccetera. Rubò dei soldi per fare qualcosa di bene per qualcuna di queste persone.

Ma stava – come si dice – facendo il finocchio col culo degli altri. Non erano suoi i soldi con cui faceva del bene. Li aveva rubati a mio padre.

Mio padre non se ne è mai riavuto. La delusione che questo gli ha creato, il dolore, ha cambiato tutto, soprattutto perché mescolato a questo semplice fatto c’era quello che la negazione dell’accaduto faceva sentire mio padre assai pazzo prima del tempo: dubitava dei suoi sensi già fragili, della sua mente mentre i suoi coetanei cedevano alla demenza o all’Alzheimer. Dubitava di sé, non di suo figlio: era impossibile che davvero avesse rubato al proprio padre. Ha messo le mani nel suo mobile, ha preso i soldi, fine.

A suo tempo poi chiese scusa con contrizione che mio padre giudicò autentica. Sono passati degli anni.

E’ tornato un momento di “energia” (salto le altre parti) ma quello che è contemporaneamente successo è che ora non solo ha rubato di nuovo (chiamandolo “prelievo forzoso”!) a mia madre, non solo non provando vergogna, ma anche trovando rapidamente da rimbrottare perché non serviva dirlo a mio padre. Ah non serviva. “perchè si solleva un vespaio”. Beh si, si solleva un vespaio ogni volta che un crimine viene scoperto, dal punto di vista di chi compie il crimine.

Ma lo ha RI-FATTO. E naturalmente proprio nello spazio che io avevo detto di non lasciare più. Nessun bancomato in giro, nessun denaro contante in giro. Solo delle prepagate del supermercato locale.

Ma no, loro devono andare dal macellaio. E così lui è andato al supermercato, ha preso la carne e si è tenuto i soldi del macellaio.

Ora, certamente il ladro è ladro, ma se tu sai che il tuo servitore ha un difetto e ti serve per forza il servitore, sei un po’ idiota se non tieni conto del difetto del servitore.

Ora ho dovuto dire espressamente “mamma basta andare dal macellaio, si va al supermercato”. Ma niente, lei fa la faccia dei bambini no-no-no e fine. E quindi accadrà di nuovo.

Solo poi ho pensato che potrebbero chiedere di aprire un conto col macellaio, che li conosce da tutta la vita. Vediamo se ci pensano, l’ho scritto a mio padre.

Chiaramente ne moriranno. Ben prima che io mi suicidi, se va così.

Devo capire quanto posso aiutare – facendo io le compere – perché non succeda più e quanto può farlo mia sorella.

L’unica vita possibile è quella di merda?

Torno da una chiacchierata mesta con mio padre. Lo vedo smunto, stanco, preoccupato, che si arrovella. Sentivo che era il momento di andare a trovarlo. Oggi per cinque minuti ho visto mio fratello che stava tornando da un insensato (economicamente) lavoro di merda, ma visti i mesi precedenti, è qualcosa, invece di niente. Un niente mortale.

Si preoccupa per mia sorella, ora, mio padre. Perché finito il terribile periodo di fatiche lavorative, ecco che piomba nel nulla. Mia sorella ha 57 anni. Ha lavorato come insegnante precaria quest’anno. Era sempre molto presa e preoccupata, ma ora sembra essere svuotata di quella tenacia che le ha fatto cercare ogni – dice mio padre – possibilità, bussare ad ogni porta, tentare ogni cosa, pulizie comprese. E la preoccupazione di mio padre, lo vedo, lo consuma, ora è questa: che mia sorella si riduca come mio fratello. Posso dirgli io qualcosa che lo tiri su? Vorrei solo dirgli che non è una sua responsabilità, che non deve continuare a pensare “cosa posso fare io? IO?” e siccome non trova una risposta che nemmeno il diretto responsabile trova, allora deve sentirsi in colpa, male, come se non avesse fatto qualcosa che doveva.

Dico, posso dirgli qualcosa io? Che sono un fallito, che se non ci fosse lui boh, che sto solo pensando a restituire un debito e morire?

Taccio infatti. Sembra che i soli lavori possibili siano lavori di merda, ma non tanto per il lavoro in sé, come sempre, ma per come vengono gestiti, per il fatto che qualcuno ha il potere di sbattersene, di non fare, di non pagare, di non considerare le spese per svolgerli, che annullano il guadagno, e così via. Sembra che le sole cose che siano disponibili, non dovrebbero esserlo, non dovrebbero proprio esistere. Non ci dovrebbe essere qualcuno che propone a qualcun altro cose simili.

Penso che se le cose non migliorano la corda si stringerà. Io cosa potrei fare?

Ogni giorno sento di angherie fiscali che rendono l’avere una partita iva un suicidio annunciato. Gente che in tutta normalità ed onestà fa il proprio lavoro e ad un certo punto arriva la mafia fiscale e ti dice “o paghi o paghi, in qualche modo paghi comunque perché contrapporsi a questo costa di più”.

Avvilisce. Ti toglie l’energia. La speranza.

Non posso fare niente per mio fratello, per mia sorella, per mio padre, per mia madre? Ognuno di loro potrebbe fare di più per sé stesso come del resto potrei e dovrei fare io?

E’ arrivato un momentaccio. Stare nell’incoscienza, mi rendo conto, funziona meglio. Lavorare in prospettiva, con visione d’insieme, in determinate condizioni è talmente deprimente che è meglio fare i positivoni, davvero.

Dal 2013 sto avendo i 20 anni che non ho potuto avere. Cerco di pensarla egoisticamente così. Forse non è giusto ora. Ma non è stato giusto per me allora. Mi riprendo quel periodo. E’ sbagliato, eticamente, moralmente, economicamente. Non so nemmeno se porterà a qualcosa. Sono un morto che cammina, uno zombie. Da egoista ti salvi la testa più che le chiappe?

Non lo so. Ora spero di stancarmi a sufficienza per schiantarmi nel sonno. Domani e fino a domenica fingerò che tutto sia solo questione di tempo mentre fotografo nudi di giovani donne, che non ho il coraggio di trasformare in una vendita di opere “artistiche”, di proporle, di parlarne a qualcuno, mettendomi in gioco economicamente, di sentirmi dire quanto io sia un fallito.

Cosa fa, del resto Peter Coulson a parte fotografare gnocca? Promuove fotocamere e fa corsi. Ma chi era prima dei Social? Aveva lavorato per qualcuno? Beh, ha fatto una transizione importante, ma in effetti io di clienti veri non ne vedo. 

Comunque… io?

Essere utili

Essere un peso

Essere? Ma perché, poi, devo essere? Sarò finché sarò, poi fuck.

Figlio di te stesso

In questo periodo devo essere nella fase maniacale. Sento che quella depressiva è lì sotto da qualche parte. Ma non spinge, non mi artiglia, non morde.

Osservo, cerco di andare avanti, mi ricordo il mio programma: se vivi fai qualcosa per stare meglio, altrimenti muori. Ora sono sul primo “se”. Osservo tutti questi che figliano, figliano, figliano appena possono. Ieri una ragazza che dev’essere diplomata dall’anno scorso mi ha dato l’idea di essere la classica neet. Non fa niente. Non studia niente, sembra che non cerchi niente. A questa domanda, sua madre, presente al primo incontro, ha preso la parola al suo posto dicendo con la determinazione del “e più non dimandare” con un laconico “con calma”.

Cosa fa? Non me lo spiego bene. Sembra che non faccia un cazzo, che non le interessi un cazzo. Le è scappato un “il mio ex le odiava e quindi hanno iniziato a fare schifo anche a me” riguardo ad un capo di abbigliamento: concordo col suo ex, ma mi spaventa il fatto che lei abbia cambiato il suo pensiero.

Ad ogni modo ad un certo punto il mio pensiero torna su tutti questi che come scopo nella vita hanno la riproduzione, tirare su figli. Non mi addentro sul discordare o concordare con questo.

Ma ad un certo punto penso: iniziare a prendere il posto di tuo padre e tua madre e prenderti cura di te stesso forse potrebbe essere visto, parlo davvero solo di “punto di vista”, come essere genitore di te stesso. Il sacrificio che i genitori fanno per i figli, i Genitori, intendo quelli che meritano di essere genitori, che sono davvero dei buoni genitori, quel sacrificio è grande, supera quello che farebbero per un interesse personale, anche di comodo. Pigrizia? Eh, ma è per mio figlio. Soldi? Eh, ma è per mio figlio. Nciovvoja. Si ma è per mio figlio, è mio dovere, lui conta di più. Assicurazione? Chiedere l’aumento? Cambiare città perché la scuola è migliore? Quartiere? Aria buona? Macchina? Trovare il tempo? Se è per i figli il tempo si trova. Su questo non posso non fare un inciso polemico: quindi il tempo si trova e basta, non sparate cazzate sul fatto che non avete tempo: se per i figli lo trovate, allora semplicemente è possibile trovarlo. A parte questo: quando si tratta di tuo figlio, tu le cose LE FAI. Ci pensi. Vale sempre la pena. Continue reading →

aiuta te stesso

Ok, la citazione biblica completa è “medico, aiuta te stesso”.

Cosa so fare? Di tanto in tanto mi chiedo, forse tanti come me lo fanno, nella vita “cosa so fare davvero?”.

Ho scoperto, col tempo, qui nel mio campo di seghe mentali, da solo, ragionando, che l’unico ad autorizzarsi a vivere sei tu, che ti autorizzi ad esistere “e basta”, che ti dai il diritto di vivere perché si, non perché “servi a qualcosa” o a qualcuno. Anche se non hai merce di scambio. Questa è una cosa tua. Per la società ovviamente non è così: nasci e devi darti da fare per ripagare un debito di fame, di freddo, di sete, di qualcosa e poi di qualcos’altro, con tutti, con tutto.

Notavo ieri che, qui, non sono un buon copy. Ma quando seguo qualcuno e questo qualcuno fa quello che gli dico di solito funziona: i suoi numeri salgono, il suo target viene colpito. Certo non accade a chi non ha un cazzo da dire. Non accade a chi non ha nulla e vuole creare qualcosa dal nulla. Ma quelli non li conosco. E non saprei, questo lo dico sempre, come servire un assicuratore. Oppure si, ma sarebbe tutta volontà, contro tutto e tutti. Punterei sfacciatamente sulla sfiga, in modo comico. Ad oltranza. Difficile trovare uno che ti paghi per essere fottutamente pazzo.

Ma nel giro di pochi giorni laggente mi dicono la stessa parola.

Coach.

Ma scherziamo? Eppure… eppure ci starebbe con il mio pensiero. Pensiero che, inconsapevolmente, uno mi ha risbattuto in faccia. Dico inconsapevolmente perché, in modo totalmente incoerente gli dicevo una cosa che io di solito confuto. Cioè: come puoi permetterti tu di dare questi giudizi vista la tua situazione? Eppure io sono sempre stato dell’idea che quello che dici può essere giusto. Anche se non lo applichi. Infatti resta giusto: semplicemente tu non lo hai fatto, quindi hai fatto una cosa sbagliata. Le due cose non si elidono. Continue reading →

anti-impulsività (53ma puntata)

Alla fine lei non ha fatto cazzate. Non è andata a farsi picchiare, umiliare. E non era sesso. Era masochismo senza la parte sessuale. Era autodistruttività. Forse.  Continue reading →

forse vuole un prete? (49ma puntata)

Per tutte le feste non l’ho sentita. Nella mia e tua follia, lei non c’era. Anche auguri era “si si, auguri” (nel tono, nella fretta), ho detto beh, ok, siete amici, è ventenne, tu hai altri pensieri, lei ha altri pensieri, ora che ti ha archiviato come “ok ho un amico a disposizione, a posto, altra tacca sul mio legnetto”. Può darsi, me ne fotto, gli amici sono amici, non fanno troppi conti.

Sono qui che rendo le fighe più luminose (questo è letterale)* quando mi arriva un messaggio “vieni in studio?”. Non avevo intenzione o necessità. Ma la domanda è ambigua. Chiedo chiarimenti. Dice che vuole “supporto morale”. E allora ok, ci sono. Ho deciso di esserle amico, e a dispetto di quel che disse lasciandomi, io sono affidabile cazzo, cazzo si, se sono affidabile. Nei limiti delle possibilità umane non do parole che non posso mantenere. Certo, certo che lo faccio, ma in modo non intenzionale. Quindi finisco un po’ di lavoro e vado, dice che non è al freddo perché sta con il gruppo che suona davanti al mio studio.

Arrivo, sembra che siano tutti li in tranquillità. Mi fanno tutti “si esce a bere qualcosa?!” e io la guardo e lei faccetta felice tipo “siiii!” e iniziano a fare quelli che ti convincono ma io li stoppo e chiedo a lei “dunque?”. Perché non sono uscito la sera prima di un servizio che inizia mattina presto per andare a bere. Non io. Io non bevo, cazzo. Per fortuna mi conoscono tutti, sono il solito stronzo che non ama bere in gruppo, lupo solitario (non è vero: ci sono anche andato: ma come regola generale è vero). La guardo bene, le chiedo con gli occhi “mi volevi qui per un problema, adesso vuoi andare a bere con la ciurma? io sono qua per te“. Ma niente, facciamo il capriccetto, ha fame. Se sono il babbo-zio, bisogna nutrirli ‘sti cuccioli. Per fortuna mi ero dato il tempo di usare la struttura per stampare delle liberatorie, almeno il viaggio non è andato in culandia. Saliamo in macchina e scopro in pochi secondi che il supporto morale necessario era per un vaffanculo momentaneo de sticazzi del porcoddue. Proprio il tempo di andare al pub. Le faccio “cioè, mi hai detto che avevi bisogno di supporto morale perché non ti fanno il trasporto, principessa, nella tua tonalità e siccome la Regina Oscura del Male è abituata che i sudditi che studiano al conservatorio non fanno fatica a farlo allora se lo aspetta da una band rock-ska? Sul serio? Supporto morale?” “si perché mi dicono che se non si possono fidare che io ci sia davvero poi devono ritrasportarsela in un’altra tonalità e bla”. Toh, mi viene da ridere. Qualcuno, che non sono io, le fa notare che non ci si può fidare che lei resti. Nemmeno in una cazzo di band. Che poi. “Nemmeno”. Il motivo per cui le band esistono è che non si separano. Per la maggior parte. Non è che sono fighi. No, vanno d’accordo, si fidano, ci sono, non se ne vanno, non mollano, restano uniti e cercano accordi. E la base è che si possono fidare.

Comunque questo richiede circa 4 minuti. Al pub le faccio presente un dettaglio di una cosa che le fa dire “e tu che ne sai?”. E capisce che non sono stato asessuato. Che mi vedo con qualcuno.

Vedo che le crollano le spalle e le si spegne la vista, di colpo. Continue reading →