automazione liberatorie stock: RISOLTO

libsFinalmente! Le mie fottute liberatorie di POND5 verranno caricate con un click. Tutti i precedenti caricamenti automatici, semiautomatici, o quanto-cazzo-riesco-automatici funzionano ancora, invariati, con i CSV dei metadati e se possibile dell’attachment delle fottute liberatorie, contemporaneo. Ma anche con POND5 del cazzo, che invece di risolvere il problema della chiave duplicata, se ne sbatteva. E allora me ne sbatto io e ad OGNI upload gli mando una liberatoria con nome diverso, automaticamente, generato ed associato automaticamente. Volete così? Molto bene. E il resto della mia automazione non subisce differenze.

Qui sopra l’immgine di quello di 123rf che funziona ancora a cannone. Godo.

Se 123rf non facesse così pietà in termini di vendite e guadagni, avrebbe il miglior sistema di automazione a parte quello di Envato (che mi ha cacato fuori nonostante guadagnassimo) , che era ancora più risolutivo: inviavi un pacchetto e fine.

Comunque ce l’ho fatta.

La portinaia. (Il mio angelo della morte?)

Forse l’ho trovata. La mia farmacista. Come la chiamerebbero in un poliziesco qualsiasi, di una serie qualsiasi, magari vecchia, magari scontata come tante, per indicare uno spacciatore.

Quando mi sono risolto a parlarci e chiedere, lei sembrava fosse abituatissima. Ma abituatissima a roba che si considera droga, immagino.

Le ho chiesto di parlare un attimo, ma era ovvio che era “importante”. Dopo un paio di settimane siamo riusciti a trovarci dieci minuti al mac e mi fa “farmacia, immagino”. Siccome avevamo – è una mia modella – parlato di DJ Fabo e della nostra visione della vita e del diritto di decidere di morire e farlo decentemente (oltre al fatto che non vedeva di buon occhio mettere al mondo bambini suoi in un mondo di merda, quando invece sarebbe stato utile diventare madre di altri già nati ma senza risorse – cosa che mi è piaciuta tantissimo)… le ho solo ricordato che non scherzavo. Mi ha detto che avrebbe fatto una ricerchina per il rapido-e-indolore, ma che c’erano un sacco di trucchi per usare sovradosaggi di roba quasi normale. Poi mi è venuto in mente il fatto della scadenza: mi conferma che si, i farmaci scadono, tutti. Quindi averlo li “pronto uso” all’infinito non è praticamente possibile. Esiste la natura, ovviamente. Ma in sostanza l’ho trovata, mi può aiutare, non si scandalizza, credo sia persino dello spirito di aiutare anche mettendosi nei guai. Cosa che non voglio, ovviamente. Ma apprezzo, molto, lo spirito di chi cerca di fare comunque ciò che ritiene giusto, in modo altruistico e rischiando, per te. Continue reading →

credibilità / è mangiarsi un panino con dentro un

Mi avevano raccontato, da piccolo, che l’atteggiamento dei Mongoli, rispetto ai traditori che chiedevano asilo presso di loro, fosse di non fidarsi mai perché ovviamente, dicevano, se hai tradito il tuo stesso popolo come potrai essere fedele al nostro?

La modella XULFRANIZA mi dice che ha lasciato ASHTRULFIO, con cui si trovava bene, ma che è stato lontano per tanto tempo e lei aveva bisogno di cazzo, quindi è andata con GIANFULDERìCO, il quale (stronzo coglione! e ha  persino dovuto bere, inoltre, codardo!) ha dovuto dire quel che era accaduto ad ASHTRULFIO che ha lasciato quindi XULFRANIZA, oltre a ricoprirla d’ignominia persino con i di lei parenti tutti. Ella quindi si è …  messa assieme a GIANFULDERICO. Costui, dice, visto l’accaduto aveva la  sindrome che lei ripetesse la cosa anche con lui! 

E come mai avrà potuto sospettare GIANFULDERICO della integerrima XULFRANIZA che  con lui stesso ha tradito l’assente ASHTRULFIO per il gianfuldérico pene e non già per dei subìti oltraggi. Giammai! Ella mi dice che con ASHTRULFIO si trovava bene! Ma non con l’assenza del suo pene. Che comunque era attaccato a lui, non c’era, lavorava altrove. L’assenza del penieno amor le fu fatale.

E quindi.

Lo ha lasciato. XULFRANIZA ha lasciato GIANFULDERICO che comunque arrivava a casa, pompino, dormire e poi scroccava pure, con tutti i soldi che prendeva. Ed era geloso come un geloso. E le triturava la minchia se arrivava 6 minuti in ritardo. Eccetera. Evidentemente la minchia-tanta non bastò, ed ella lo lasciò.

Quando le ho chiesto se per caso aveva la pallina per la bocca (questa), ha guardato da qualche parte con gli occhioni di una bambina a cui chiedi se ha mangiato lei l’ultima caramella e ha detto “nooooooooooooooooooooooooOOOOooooooooooooOoooooooooooooooooooo”.

Quando le ho detto, per una certa posa che stava facendo, che l’avrei vista molto bene legata, ha guardato in giro per i muri, con tutta evidenza, cercando.

Ecco, questa è una cosa che non avevo previsto: mettere delle asole di fissaggio per bondage o Shibari (Kimbaku) in studio. Che razza di professionista scarso sono? E’ OVVIO che possono servire delle funi per appendere le modelle, no? Come posso non averci pensato, razza di negligente? Ora ovviamente mi dovrò fare la tinta alla barba: blu.

le nudi di marzo

Come dicevo, si svegliano tutte adesso. Febbraio ha portato qualcosa, ma durante marzo non ci sono stati nudi. Ci sono stati alcuni servizi, per il resto ho cercato di smaltire tutto il cosiddetto TF , dal mio lato, e quasi tutto al limite massimo del tempo, cosa che non è mai stata tanto da me. Ma ormai ho intabellato tutto: prendo il servizio, subito ho il countdown di “entro quando” devo consegnare il mio lato del TF.

Nel frattempo alcune ragazze si fanno vive per le foto di nudo. Tutte insieme. Nel senso: una più una più una, non sto parlando di ammucchiate. Anche se. Continue reading →

su emotività e populismo barocco: lo faccio (2 di 2)

Parte 2 – Segue da parte 1

Mentre mi accingevo a scrivere che quello che faccio è inutile, per fortuna mi sovviene che ogni cosa inutile per cui viviamo è spesso sorretta dalla sopravvivenza, utile per necessità. La nostra solita utilità dell’inutile.

Michele Smargiassi, nel suo blog “fotocrazia”, presso Repubblica online, nel suo articolo sul barocco-populismo mi fa riflettere sul parallelo, che non mi sento di confutare, anzi, su quella definizione di Barocco e sul populismo. Credo si basi sulla definizione di “barocco” che diede nel precedente articolo, che a sua volta si basa su riflessioni tratte dal libro di Mario Tozzi “Tecnobarocco” (che non ho letto ma una malattia recentemente rinata mi spingerebbe a procurarmelo di corsa, accidenti a te, come direbbe qualcuno).

Parte 2: Foto
Nella parte tecnologica, dunque, in parte mi sento come viene definito da Michele Smargiassi (avete letto la parte 1?), ovverosia “eccedenza” di quella che molti potrebbero chiamare complicazione. Io la chiamo complessità: la possibilità di fare tutto è complessità. La complicazione è che il modo per farlo è scemo, secondo me. La burocrazia italiana è complicata. La burocrazia in generale è complessa: se gestita intelligentemente non è complicata.

Nella fotografia come la definì nell’ultimo articolo citato Michele Smargiassi, invece, temo di ritrovarmici: bella ed inutile. Non parlo del lavoro di stock: quella l’ha già criticata in un modo che io considero di sovra… non mi ricordo il termine: quando fai dietrologia e attribuisci interpretazioni ed intenzionalità che l’autore di chi ha creato qualcosa non aveva affatto. Persino nella forma di “ok, non voleva, ma la sua cultura o il linguaggio usato con nonchalance portano a…”. Non ti salvi mai. La fotografia (micro)stock è didascalica per la maggior parte, serve ad accompagnare più o meno gradevolmente in forma visiva altri contenuti. Oppure serve a rappresentarli simbolicamente, ma neanche tanto simbolicamente. Deve essere quanto più diretta possibile. Certo, la mela può essere dolcezza, salute, verde, dentista, mordere, il peccato, eva, Trentino. Ma di solito la mela è una mela, nel mio mestiere. E basta. Tendenziamente io, mi dicono, sono cervellotico, qunidi tendo invece a fare del contettuale, a rappresentare altro oltre all’immediato. Ma per me è talmente poco che mi pare ancora didascalico. Per altri invece bisognerebbe essere più diretti ancora. E io mi sforzo. E’ lavoro. Queste foto sono utili.

Quello che io faccio con la fotografia nudo, al di là della stiracchiata interpretazione di essere un artista che mi sono voluto dare quel giorno, e soprattutto prima di autoaffibbiarmela era sinceramente quella: non c’è nessun significato, non c’è nessun messaggio, non è utile, raffiguro ciò che trovo massimamente bello nel modo che più mi sembra bello: ritratti di ragazze e donne, totalmente nude o coperte solo per evidenziare la bellezza della nudità, delle forme del corpo e dei lineamenti del viso, degli occhi, della sensualità e anche dell’erotismo. E di più: secondo alcune interpretazioni la differenza tra pornografia ed erotismo è il non-mostrato, il non-visto. Non condivido. La mia è del tutto estetica. E’ una impressione. Se vedo bruttezza allora la parola “volgare” o “pornografico” mi risuonano. Altrimenti no: scioccante? Sfacciato? Esposto? Sfoggiato? Esibito? Anche “esibito” mi sembra molto da fiera. E’ più una statua: si esibisce una statua? Si sfoggia un quadro?

Ad ogni modo ecco, secondo queste definizioni, con le quali ora cerco di confrontarmi, io faccio barocchismo, pornografia.

Con le mie modelle di barocchismo non intendo parlare, a meno che non sia davvero di loro interesse. Ma di pornografia parlo sempre. Mostro le foto di miei precedenti servizi e chiedo se secondo loro , le persone che verranno ritratte, questa è pornografia. Per loro non lo è. Anche quando possono essere in imbarazzo pensando a “se fossi io sarebbe difficile da difendere… ma lo vorrei essere” – cosa più che comprensibile: è la loro vita! – non pensano mai sia brutto, osceno, volgare. E parliamo quasi sempre della massima esposizione.

Ci penso, ci ragiono. La cosa assurda è che dovrebbe essere la cosa più semplice e naturale del mondo: donne nude. Meravgliosi corpi di bellissime donne. Fine. E invece le brutte definizioni che sono legate al giudizio di queste immagini costringono (se non te ne sbatti) al confronto.

Finché il neurone non si appiccica alle pareti, lo faremo sbatacchiare.

posso festeggiare la festa della donna, padrone?

Narro questa cosa perché raccontata di persona ad una donna, sembrava stupita della mia eccesiva sfrontatezza, immagino. Non sono un eroe né un pazzo: le condizioni lo consentivano.

Risultati immagini per schiava

Come sapete , da fotografo, cerco modelle e modelli tra la gente: per strada, nei locali. Ero in una steakhouse, individuo la tizia, guardo bene, ok vado. Vado al tavolo, le faccio il mio discorsetto rapido introduttivo. Lei non proferisce verbo e si gira verso il maschio (c’era anche un’altra tizia) e lo guarda in faccia, aspettando.

Per fortuna lui fa un mezzo sorriso sorpreso del tipo “beh? perché guardi me?” e a quel punto io dico “beh sempre ammesso che lui non sia il tuo padrone: in caso per favore ditemelo che contratterò con lui sul prezzo, ho una buona quantità di cammelli. E’ il tuo padrone?”.

Ha risposto lui ridendo, per fortuna, dicendo “ma no no, non siamo neanche assieme – si gira – e poi oh, decidi tu quello che vuoi fare, no?”.

Per fortuna.

Ma capita tanto, anche in un altro modo, che mi rattrista maggiormente: stessa scena ma con ragazzine tra i 16 e i 18 che guardano la mamma invece (non “prima”) di rispondere, con la chiara espresione “rispondi tu per me”. E spesso non sbagliano: la mamma è ben felice di vedere che il loro cagnolino è ben addestrato. Non sono in posizione di vigilare. Sono in posizione di imporre la sostituzione della volontà. E le ragazzine sembrano ben felici di essere esonerate da questa responsabilità, liberate dal peso di parlare, di decidere, di pensare, di rispondere.

Certo, certo, siamo stati tutti giovani eccetera. Ma eravamo incoraggiati a non essere timidi. E non ci lasciavano soli. Eravamo accompagnati ma incitati ad essere autonomi nelle risposte, perlomeno di base. Poi quando iniziavi a pensare sul serio allora iniziavano i “perché si” ma questa era già evoluzione!

non ti do il copyright! (minchiata)

Questa cosa la spiego ad ogni nuova persona che arriva in studio per posare. Credo che tutti debbano saperlo.

Prendete una macchina fotografica in mano. Fatto? Ora siete fotografi. Fate una foto. Fatta? Siete autori! Sulla foto che avete fatto voi AVETE IL DIRITTO D’AUTORE, ovverosia il cosiddetto “copyright”. Il CopyRight è vostro. Se avete fotografato vostra zia, il copyright è vostro, non di vostra zia.

Quindi se vostra zia dicesse “hey! non ti do il diritto d’autore per questa immagine!!!” oppure “guarda che non ti do il copyright!” starebbe dicendo una o l’altra minchiata.

Il diritto d’autore ce l’ha l’autore. L’autore sta dalla parte dell’obiettivo che non cattura immagini. Sta dall’altra.
Il diritto d’autore inizia ad esistere nell’istante in cui avviene lo scatto, è automatico, è intrinseco, non serve chiedere o dichiarare niente a nessuno. Se l’opera fotografata è una “mera riproduzione della realtà” o “di carattere creativo” si discute.
Il diritto d’autore comunque non ce l’ha la persona ritratta, poiché, tranne in caso di autoritratto, non è l’autore.

La persona ritratta ha il diritto all’anonimato, o diritto alla privacy. Questo significa che in luogo PUBBLICO non può opporsi (a parte schermendosi) allo scatto della foto o alla sua registrazione (pellicola, scheda di memoria). Ma è l’unica che ha il diritto di autorizzarne la pubblicazione. Rinuncia a questo diritto in due modi: 1) con il proprio comportamento, ad esempio facendo lo youtuber, andando in TV, diventando una persona di spettacolo o comportandosi in modo tale da risultare nota, anche attraverso la politica od una carica pubblica dello stato 2) attraverso la manifestazione del consenso, che normalmente avviene in forma scritta: questo documento si chiama “liberatoria” o “model release” in inglese.

Non è necessario che il consenso sia manifestato in questo modo: potrebbe essere un piccolo video, potrebbe essere un documento elettronico di provata efficacia (esistono delle app). Ma la forma scritta è la più comune, facile, abbastanza sicura.

Il diritto all’immagine è un po’ diverso. Il diritto allo sfruttamento (vari tipi) dell’immagine è ancora diverso.

Queste sono informazioni “base” senza complicazioni grandi, eccezioni, postille ecc.

Speriamo sia di pubblica utilità.

 

aiuta te stesso

Ok, la citazione biblica completa è “medico, aiuta te stesso”.

Cosa so fare? Di tanto in tanto mi chiedo, forse tanti come me lo fanno, nella vita “cosa so fare davvero?”.

Ho scoperto, col tempo, qui nel mio campo di seghe mentali, da solo, ragionando, che l’unico ad autorizzarsi a vivere sei tu, che ti autorizzi ad esistere “e basta”, che ti dai il diritto di vivere perché si, non perché “servi a qualcosa” o a qualcuno. Anche se non hai merce di scambio. Questa è una cosa tua. Per la società ovviamente non è così: nasci e devi darti da fare per ripagare un debito di fame, di freddo, di sete, di qualcosa e poi di qualcos’altro, con tutti, con tutto.

Notavo ieri che, qui, non sono un buon copy. Ma quando seguo qualcuno e questo qualcuno fa quello che gli dico di solito funziona: i suoi numeri salgono, il suo target viene colpito. Certo non accade a chi non ha un cazzo da dire. Non accade a chi non ha nulla e vuole creare qualcosa dal nulla. Ma quelli non li conosco. E non saprei, questo lo dico sempre, come servire un assicuratore. Oppure si, ma sarebbe tutta volontà, contro tutto e tutti. Punterei sfacciatamente sulla sfiga, in modo comico. Ad oltranza. Difficile trovare uno che ti paghi per essere fottutamente pazzo.

Ma nel giro di pochi giorni laggente mi dicono la stessa parola.

Coach.

Ma scherziamo? Eppure… eppure ci starebbe con il mio pensiero. Pensiero che, inconsapevolmente, uno mi ha risbattuto in faccia. Dico inconsapevolmente perché, in modo totalmente incoerente gli dicevo una cosa che io di solito confuto. Cioè: come puoi permetterti tu di dare questi giudizi vista la tua situazione? Eppure io sono sempre stato dell’idea che quello che dici può essere giusto. Anche se non lo applichi. Infatti resta giusto: semplicemente tu non lo hai fatto, quindi hai fatto una cosa sbagliata. Le due cose non si elidono. Continue reading →

insicuri che generano insicure AKA basse autostime infettive

uomini che odiano le donneUomini insicuri generano donne insicure? Maschi, femmine. Ragazzi, ragazze. Giorni fa avevo programmato un servizio prima di volare sulla luna a razzo (ma non troppo, che mi hanno già segato punti e randellato il portafogli con grosse mazze ferrate) : si trattava di video; cose che non so fare benissimo. Ne avevo fatti con lei, che è violinista, ma poi avevo trovato un’altra ragazza che era violinista. E siccome i miei primi video erano cannati di brutto ma funzionavano lo stesso ho deciso di cimentarmi nuovamente, questa volta facendomi prestare dei fari x video. Questa roba era programmata da settimane.

Il giorno prima mi chiama G, sorella di D, e mi fa “hey!!!! veniamo con mia sorella a fare delle foto FIGHE? Mia sorella vuole sentirsi FIGA! E’ giù e dai che si decide!” … e cristosantissimo sono molto carine, ed è meglio operare del nurturing come dice il buon markettaro standard. In più la più giovane mi ricordo che aveva una silhouette di quelle da smascellare, solo che era tutta vergognosetta. Ma sul serio. Si vergognava proprio.

Ok ok ok, se arrivate presto facciamo, dai. “yeee!!!” ok allora poi sento la sorellina. E lei faccette dimidine su WhatsApp ma “sii, sono stufa di sentirmi insicura!”. Ok, bene. Una buona via. Del resto queste son belle eh! Io non sono uno che infonde bellezza. Se ce l’hai me la piglio. Rubo l’anima, no? Ma la immortalo, te la restituisco in copia digitale. Gratis, se posi per me. OK, chiedo conferma che vuole “fare la strafiga” e quindi OK.

Arrivano, facciamo, non sto a dire.  Continue reading →

no no no l’e-mail non te la do

E dateme sta emairellaaaaa

l’emairella gnornò gnornòò

So che ne ho già parlato. Ma nuovamente rimango stupito da questo fatto. Le persone non capiscono bene il funzionamento dei mezzi di comunicazione elettronica che si trovano in mano.

Vedo la foto di una che conosco e sua figlia. La figlia è molto carina. Le scrivo (a lei, non alla figlia) e le dico “tua figlia è davvero molto graziosa! Chiedile se vuole posare, se ha almeno 16 anni” “ma come, in che modo?” “lasciami la sua e-mail e vi mando lo spiegone!” “col cavolo che ti lascio la sua e-mail!”.

Non avevo grande voglia di separare i piezzi piccoli da quelli grandi di coglioni che mi tira questa storia, quindi ho solo lasciato un vocale per dirle “siccome la storia è lunga io ho un testo preparato che le persone se vogliono ricevono e leggono e quindi decidono che vogliono fare: del resto non saprei che danno i possa mai farti inviandoti una e-mail, ma tranquilla, se non vuoi lasciarmela non ci sono problemi! Se vuoi lasciami la tua! Ciao e buon anno!”.

Ma i gironi mi cogliano comunque. Visualizzate, specie se siete mamme: quale che sia la vostra preoccupazione, di cosa, davvero, vi siete preoccupate? Per favore, sul serio, no pancia, ragioniamo: perché non si da l’indirizzo e-mail alle persone? Come funziona l’e-mail? Pensiamoci assieme per favore. Non ho chiesto IL TELEFONO (cosa che qualsiasi ragazzino ti da, invece, più facilmente dell’indirizzo e-mail, porcattttroia della sicurezza) ma l’indirizzo e-mail. La cosa più gestibile, sicura, asettica, distaccata, meno invadente del mondo, tra persone.

Il motivo per cui nello scorso decennio abbiamo imparato a diffidare dal dare l’indirizzo e-mail è lo spam. E per qualcuno: i virus. Cioé stiamo parlando di problemi seri, tecnici, settoriali, ben definiti e circoscritti, specificamente correlati con attività negative che non partono quasi mai da individui, bensì da entità, che potrebbero essere aziende nel più normale dei casi di spam, o vari tipi di associazioni a delinquere o sistemi automatizzati sia nel caso dello spam, sia dei virus. Ma quanto spam c’è oggi? E ti difendi non fornendo il tuo indirizzo a delle persone? La raccolta e la generazione di indirizzi sono automatizzati. E lo spam è correlato ormai moltissimo alle abitudini di navigazione targettizzate, profilate, correlate all’uso dei cookies e dei social per chi non si protegge. E si proteggono solo quelli come me, nerd, paranoici, smanettoni per capirci.

QUINDI: cosa cazzo può succedere se mi dai il tuo indirizzo e-mail? Che …? Ti mandooooooo ….

Una e-mail! 🙂

CaZZOoooooooo! 😀 Terribile. Cosa posso farti con una e-mail, soprattutto dopo che ti ho avvertito esplicitamente? Che ti scrivo. Porcaminchia! Pericolosissimo! Certo, sono un vecchioporcochefotografaledonnenude e miafiglianonlavrai. Ma non mi hai detto beh, parliamone, io voglio sapere se vuoi fotografarla nuda. No: mi hai detto: col cazzo che ti do la sua e-mail! Questo mi fa girare i frascatelli! Ma sei scema? Ma si! Sei stupida. E ignorante. Tutte e due. E lo so, ti conosco, bella. E hai il sangue alla testa in due secondi, quindi pazienza, meglio perderti che trovarti, a te e alla tua discendenza. Ma resta il fatto – diffuso – che invece di usare l’e-mail come uno scudo, uno spazio-tampone che assorba il pericolo di un contatto diretto, di un telefono che è molto più invasivo, di un contatto facebook dove scrivi i fatti tuoi … no, hai PAURA dell’e-mail.

Se dovessi mandarti spam in due secondi mi denunci e mi aprono in due. E se tua figlia è minorenne, a parte che in tutta la mail c’è scritto: DEVI DIRLO AI TUOI, SE NON LO DICI AI TUOI NON FACCIAMO NIENTE, FAI LEGGERE QUESTA E-MAIL AI TUOI (ma ovviamente questa stupida – non per questo motivo – non può saperlo perché non ha ricevuto l’e-mail in cui questo è contenuto) – comunque non ha diritto di firmare un documento, la liberatoria, che mi da diritto ad usare le foto.

E ok, ok, mentre lo scrivo lo capisco da solo: non sanno delle cose, hanno paura giustificata per i figli. Ma ok. Ma siamo nel 2018. L’e-mail è nata prima 15 anni prima di me, ok? Abbiamo usato il telefono, le lettere, le cartoline, gli sms, e un sacco di altra roba con più consapevolezza del mezzo. L’e-mail è meno pericolosa di altri mezzi. Se tua figlia l’avessi trovata per strada le avrei parlato. Non è più pericoloso forse? Se l’avessi trovata su instagram (cosa che adesso è il 70% del mio contatto, e non sono io ad avvicinarmi per primo: sono loro) cosa credete che sarebbe successo? Che la comunicazione sarebbe stata mediata da un genitore? Assolutamente no. Se fossi un predatore sessuale senza scrupoli avrei gioco facile. Ciao come stai, vediamoci. 15 minuti e io vedo in faccia tua figlia. Ma io NON lo faccio. Io le dico: lasciami qui il tuo indirizzo e-mail e ti manderò informazioni scritte.

Io lascio VOLUTAMENTE una traccia scritta, dettagliata, repricabile, documentabile legalmente, a tua disposizione. Potrei usare i messaggi autodistruttivi in istagram, telegram e snapchat. I ragazzini lo usano, le mamme non sanno manco se premo qui oppure qua? cheioconquestecosetecnologiche. Ok, d’accordo. Ma allora l’e-mail, cara mamma? L’e-mail è del tempo tuo, non di tua figlia. Per tua figlia l’e-mail è “quello che ho usato per iscrivermi a facebook” (sic).

Seguo volutamente questo iter preciso. Innanzitutto ti lascio il mio indirizzo, io, se sei per strada. Non tu a me. Se TU vuoi mi scrivi. Io non so chi sei, come ti chiami, il tuo telefono, niente. TU sai chi sono io. Se mi scrivi (e quindi mi darai il tuo indirizzo) , io ti risponderò, mandandoti informazioni. A questo punto cosa avrò io di tuo? Il tuo indirizzo e-mail. E basta. E un po’ della tua attenzione.

Tu cosa avrai di mio? Nome, cognome, telefono, indirizzo e-mail, zona di casa mia, zona dello studio, e se scendessimo nei dettagli tecnici, una miriade di informazioni contenute nei metadati. Ma lasciamo perdere. Non solo: nella mail ti spiego ogni cosa. Ti fornisco esempi, ti do il collegamento per vedere il lavoro, ti dico che faccio anche foto di nudo ma che se sei minorenne non esiste. Che se sei minorenne DEVI far leggere tutto ai tuoi quantomeno perché loro firmano documenti.

Se le cose funzionano allora si, mi lasci i tuoi dati. Ma comunque lo fai perché hai deciso di posare, di venire personalmente da me: il lupo. E se sei minorenne deve venire chi firma i documenti! TU, IL GENITORE.

Ma se sei stupida come una capra, allora hai paura di lasciare il tuo indirizzo e-mail ad uno sconosciuto. Pensateci, per favore. Cos’è un’e-mail tra due individui? Non aziende. Non banche. Quell’indirizzo lo hanno dato almeno a 6 social diversi. Cosa posso fare io, di differente, senza che voi possiate intervenire in modo ragionevole, civile, responsabile?

Daaaaaaaaaah