Macheddomenicabbestiale

Comincio ad appiccicarmi al tavolo. Che schifo. Caldo appiccicaticcio. Speriamo almeno che sia decente la temperatura in Ucraina, povericristi.

B mi dice se voglio andare alla mostra X al bar Y, passerà suo padre. Ma si, perché no. Si va a piedi. Mhf. Pigro io, quindi meglio, ma mhpfh. Scelgo erroneamente la via più lunga, ce ne accorgiamo all’arrivo, è chiaro, avremo fatto il doppio. “Rilevato allenamento” mi dice lo smarzfon. Bene.

Era una inaugurazione di una mostra. Grande errore, io non amo le inaugurazioni. Le mostre si. Comunque entro e infatti, fastidio: è un bar, non c’è spazio, anche se siamo quattro gatti non si passa, chi dovrebbe essere interessato alla fruizione della mostra, gli espositori stessi, sono visibilmente infastiditi dal doversi spostare mentre chiacchierano tra loro in mezzo ai coglioni.

La mostra non è stata allestita del tutto. Pazienza, vediamo dai.

Ciò che è stato dipinto con un pennello fisico è essenzialmente paesaggio più , o meno, realistico. Nessuna opera reca targhetta con autore e titolo. Sotto, in giro, dei fogli che non si capisce se accompagnino le opere o no, con dei testi poetici tutti firmati dalla stessa autrice. Sono in relazione con le opere figurative? Non si sa. Non sembra. Erano preesistenti alla mostra? Non si capisce.

Alcune opere di qualcuno che le ha datate “’91” mi sembrano le più “carine”, di natura grafica stilizzata. Ma so, capisco, ricevo qualcosa a parte “sono esteticamente gradevoli” ? No, sono ignorante io. Ma quelle sembrano le uniche “opere d’arte”. E io che ne so? Ma hai ragione, che ne so.

Le stampe digitali del resto sono: un ZOC (un ceppo, nel dialetto locale) scontornato su nero. Alcune robe con delle altre robe sopra, nella maniera seguente: una immagine desaturata con qualche parvenza di raffigurazione viene sovrascritta con un “pennarellone” nelle linee dei “bordi” di queste forme. Se fossero dei volti, per fare un esempio, sarebbero quelle linee che poi diventano un disegno. L’ho già visto fare con delle fotografie o fotocopie a cui viene sovrapposto un lucido su cui viene dipinto un bordo marcatissimo in rosso con un pennarelleone. Per anni e anni.Sono stupido e quindi non so.

Due, ehm, “mossi creativi”. Uno verticale su due case, uno rotatorio sul punto nodale sinistro in basso. Boh.

Un’altra delle opere dipinte a mano sembrava volgere più nella direzione della tecnica che di solito chiamiamo “illustrazione” (e di solito “per l’infanzia” non si sa perché) , era un albero con la neve… ma non era deciso se essere un dipinto o una illustrazione.

Tanti vecchi che guardano con una avidità di attenzione e riconoscimento, con una certa mostra di status che in altri tempi avrebbero definito radical-chic. Sento tristezza. Ho lasciato il bancomat a casa. Forse ho un euro, non so quanto costi il caffé. Non hanno satispay, figurati. Il barista anche lui, avidamente cerca in giro, di far cassa, cerca chi offrirà a tutti, lo trova.

Com’è triste questa sopravvivenza che fa fare cose, e la voglia di vivere, le necessità di vivere, diverse dal sopravvivere e cosa ci fanno fare, fino a quando e in che modo.

Ho fatto un errore, dovevo andarci domani, quando sarebbe solo stato un bar, con quasi nessuno, e la bella iniziativa di ospitare della creatività. Le opere sono comunque quelle, ma la mia … asocialità? Socialità selettiva? Cagacazzismo? Timidezza? mi faceva essere il solito disadattato. Facio un giro per la stazione appena rifatta… carina; mentre esco dall’entrata e apro involontariamente la porta ad una viaggiatrice le sorrido, lei mi guarda con un chiarissimo “CAZZO VUOI?” che mi dona altra gioia verso la società.

Un volantino parla di “genitori che parlano altri genitori” di videogiochi. Ottimo. Vorrei anche un incontro di fascisti che spiega il pericolo del fascismo ad altri fascisti ma non tanto fascisti.

Torno a casa facendomi schifo per il mio cagacazzismo.

Cerco di ricordarm che ho degli obiettivi, semplici, nefasti, ma coerenti, che il tempo vola. Alla fine D1 non mi aiuterà mai a morire. Vorrei che mi aiutasse a ridurre a qualcosa di semplice, mi bastano le due valvole di ingresso e uscita con le giuste regolazioni per azoto in entrata e uscita dell’atmosfera, graduale… poi che so… dovrebbe bastare un contenitore, per ridurre il “sarco” della Exit a qualcosa di praticabile da noi stessi. Ma niente.

D2 non credo mi aiuterà con una sostanza, pur essendo esperto in chimica, biologia, neurologia. Non credo, forse poi si rattristerebbe o sentirebbe in colpa.

Non so come fare: una bombola di monossido puro … solito casino. Magari con Aliexpress o Alibaba? ma poi arriva e che succede? In dogana che succede? Una volta arrivata sarebbe non troppo difficile, credo, collegare una mascherina tipo quelle dell’ossigeno per i vecchi. Cosa che io sono. Ma non è affatto facile tutto questo.

Resta la faccenda della carbonella. Ma io voglio morire, mica mezze misure… non voglio casini, voglio soluzioni. Come isolo bene un ambiente senza cucinarmi, in uno stesso posto in cui metto un fornelletto da grigliate da campeggio? Tenere attiva la brace potrebbe essere fattibile con un ventilatore. Ma se ci sono anche piccolissime feritoie in giro non entrerà l’aria rendendo tutto velenoso si, ma non letale? Sarebbe una merda.

E così non so. Ma i debiti da restituire a B e M non sono restituiti. Prima quello. E nel frattempo ho due o tre cosette che mi piacerebbe fare e un casino di ordine da fare, buttare via roba, venderne altra… che rottura quello. Ma mi rode davvero il culo non vendere i CD. E’ stato davvero straordinario vedere S così abile nel creare guadagno nella compravendita: è davvero portato, credo faccia meno soldi di quelli che potrebbe fare con la sua abilità in una azienda… ma forse non farebbe per lui la parte da manicomio-criminale delle strutture corporate.

Oggi un messaggio di mia sorella è arrivato nella chat whatsapp dedicata alle comunicazioni e gestioni familiari… riguardava i statelliti di starlink … e mi ha ricordato quanto ingiusto è questo, dopo che abbiamo rotto i coglioni a mio fratello quando postava lui roba non pertinente.

Continuo ad arrivare da mia madre, per ora a letto, quando mio padre o dorme o fa la doccia… poi lui si dispiace.

Con fatica penso che dopo che mi sarò suicidato sarà disponibile una cifra mensile fissa che dovrebbe aiutarli: quella che mio padre da(va) a me e quella che sua cugina dava alla famiglia e mio padre divide in tre e ci da. Questo potrebbe aiutare mio fratello al posto mio, forse sentirà un po’ di giustizia per come la vede lui. Gli lascio anche la macchina, volentieri. Spero che nessuno metta nei casini B per la proprietà della casa.

Appena arriva il nuovo PC in casa, apro la busta dell’agenzia delle Entrate e vedo quale cazzo di rogna ho. Spero che si rendano conto che rifiutare qualsiasi tipo di eredità mia sarebbe una buona idea, in caso, per evitare i debiti, se ne ho con l’agenzia delle entrate. Cosa che sarebbe strana davvero, visto che sostanzialmente da bravo fallito non ho ricavi. Ma chissà come la vedono loro.

(il titolo è una CIT)

Sarco: 15000 e rotti euro

A parte che comunque non puoi comprarlo. Puoi … boh, dicono che ci sono dei plans, quindi immagino boh… noleggiarlo? Comunque insomma dai bisogna comprare fisicamente il libro in inglese e pure aggiornato. E ci sta, in fondo fanno un lavoro encomiabile, paghiamoglielo cazzo. Sicuramente hanno tutto un giro di persone che cercano di capire dove procurare il nembutal, che aggiornano continuamente perché tutto cambia continuamente, ci sono scam dappertutto (merde! sempre con la gente disperata, pezzi di merda!) quindi dai… ci sta.

Comunque ne ho scaricata una copia non nuovissima con Soulseek, alla fine credo che la soluzione con l’azoto sia forse la più praticabile. Non ho capito, per ora, se aumenti l’azoto o diminuisca l’ossigeno… vai in ipossia e schiatti euforicamente. Tutto il palco spaziale probabilmente è per non farsi trovare tutti cacati addosso o roba del genere, ma raga, mettetevi in un sacco già nudi, non diamo fastidio alla gente che lavora, che tanto su, dai. I sacchi per cadavere li vendono su amazon.

Ah si, se non riuscite ad accedere ai siti di exit international, sarco eccetera, forse avete qualche cacata di DNS impostato a culo e potete sostituire tutto con il buono e giusto QUAD-NINE.

Quando piove vuoi comprare ombrelli

Il testo di “Immortality” dei Pearl Jam non lo avevo mai letto. L’ho suonata, ci ho pianto sopra per i cazzi miei personali, sentendo qualcosa. Ora l’ho letto e in effetti lo trovo molto criptico, traducendo o meno. La sensazione però, la sento. Perlomeno io credo che sia la mia, la stessa, sempre la stessa visto che non cresco, anche se invecchio.

Tutte queste generazioni che si succedono e danno dei vecchi ai vecchi, spero non lo facciano nei confronti delle espressioni della giovinezza di questi. Perché i vecchi ieri erano giovani come te. Cosa dicevano, sentivano, pensavano e cercavano in quel momento – fermato nel tempo con l’espressione, artistica o meno che la vogliamo considerare – quei giovani, quanto diverso è?

Come forse ho già scritto (scusate) ad un certo punto mi sono trovato a sentire quello che diveva Fabri Fibra e mi è venuto in mente Eros Ramazzotti di “Nuovi Eroi”. Altri modi, altri stili, ma le sensazioni sono quelle. Perché i problemi, il mondo, i rapporti tra la società, le generazioni e i vari ruoli, non sono troppo cambiati. Questa merda stantìa era spesso vecchia già al tempo: il riproporsi oggi, con le sempre nuove spolverate di fighettume che ti farebbero aspirare a ben altro, della stessa merda ancora più stantìa, non è incoraggiante.

Il motivo per cui IO vecchio penso “non sono cazzi miei, io me ne andrò presto” (“I cannot stop the thought / Running out the door” era questo Eddie?) e quindi con il mio disoccuparmene non contribuisco al futuro è disperazione ed ovviamente un “tanto per me non c’è niente”. Egoismo, certo. Che viene da lontano: i presupposti per lammerda c’erano già quando non ero maggiorenne, il mondo stava già andando in questa direzione. I cazzi miei erano potenziali. Beh ora non lo sono più. Certo, il buon Gennaro Romagnoli ci dice che non è mai troppo tardi e potrebbe anche avere tante ottime ragioni, ma nell’accettare c’è sempre anche l’accontentarsi, nel mangiare la merda perché quella puoi permetterti, e star contento. Decidere di star contento con quel che puoi permetterti, “questa è la via”. E siamo chiari, con non stiamo parlando di affordable, ma di capability in tutta la sua completezza. Sei vecchio e ricco, comunque non puoi permetterti una certa cosa. Sei giovane e povero ma hai altre caratteristiche poco desiderabili idem potrai permetterti solo certe cose. La via del non desiderare sembra sempre quella che ci consigliano. Accettare, accettare, accettare: la realtà è quella che è. Accettare è la via, se vuoi percorrerla serenamente. Ma puoi decidere: di non percorrerla affatto.

Uno dei confronti che non ci diranno di evitare è questo: gli altri vivono, devo farlo anche io. Questo confronto stranamente non ci dicono mai di evitarlo, di chiedere la libertà di una morte medicalmente assistita rapida ed indolore come fondamento primario di tutte le libertà. Di non essere schiavi della paura del dolore della morte, così come di non essere schiavi dell’istinto di sopravvivere. Solo così potrai scegliere davvero di vivere.

Certo, quando piove e sei sotto da due ore, l’unica cosa che vorresti sono gli ombrelli, che dopodomani col sole a picco non faranno che starti tra i piedi in una casa piccola. E magari puzzare di marcio se continuava a piovere e non potevi metterlo fuori ad asciugare.

Mio fratello a suo tempo aveva messo lì la frase “se continua così me ne andrò, chiamerò per sapere come va e basta” e la metteva giù come una specie di lamentosa minaccia, del tipo “e ve ne pentirete tutti!”. Questo perché vivendo sul groppone dei miei, da anziano tra anziani, nella stessa casa e con regole che non sono della medesima, gli attriti sono stati tanti. Gli stessi di un adolescente, che posso capire, figurarsi con quel rompicoglioni che sa essere mio padre.

Ma la scarsa lucidità del non rendersi conto che avrebbe potuto accettare metà e metà, costruendosi con calma una possibilità, invece di fare lo scappato di casa, mi ha preoccupato. Poi ha fatto talmente tante cazzate che adesso che questa cosa, da 10 giorni, l’ha fatta (chiama a casa, ma non ci va, sta a <cittàdistantecirca70km> ), io non sono particolarmente preoccupato. Ha fatto una scelta assurda, che io da ragazzino ho vagliato e non cambierebbe, non ci sono differenze, la situazione di base è la stessa; l’ho vagliata e l’ho scartata. E non una volta. Due volte. Quando D scelse di vivere letteralmente per strada io glielo dissi. Se mi chiedi di morire, ci posso pensare: ma in questo momento – dissi – ho altre cose da provare. Forse fu deluso, avrebbe voluto un romantico suicidio a deux per rendere epica la disperazione. E quindi gli dissi che anche il vivere per strada per me non aveva proprio nessun appeal, non aveva senso. Forse il suo senso di “fuori dalle regole” (chissà, sarebbe stato novax oggi?) era anche questo. Non so, a me sembra un prezzo che paghi per avere uno sconto: un loop di assurdità. Ma immagino che la cosa possa essere vista al contrario.

Mi chiedo dove sia mio fratello. Mi chiedo se avrei potuto fare qualcosa, cerco anche di chiedermi se lui stesso ha fatto qualcosa quando io ero così. Ma non si tratta di un commercio. Quindi penso piuttosto a ciò che ho deciso ragionandoci di volta in volta. E anche alle balle, alla verifica successiva, alle balle che ha detto a tutti. Quindi alla fine penso: di roba in sospeso che dovevi fare ne hai lasciata comunque. Hai la macchina di papà quando hai fatto tutte quelle storie per avere la tua, i soldi, l’anticipo, l’eccezione. Ma la macchina la hai tu, il bollo, l’assicurazione ed i rischi connessi sono in capo a papà. E tu la tua, con onori ed oneri della libertà, non ce l’hai. Che fai? Tanto non mi fiderei della risposta. Non ci crederei.

Spero che tu non ti faccia del male stupidamente. Che tu non te ne faccia perchè non consideri cause ed effetti. Se uno desidera fare una cosa che gli fa male e sa che gli fa male, allora è piena libertà. Non si lamenterà, né darà colpe agli altri. Questo intendo: spero che tu non stia facendo questo, fratello. Se hai scelto di vivere, spero che tu non soffra.

Oggi non ho fatto niente per l’autoeliminazione. Devo procedere. Almeno un’ora: riordinare, buttare. Pensa a quanta merda trovi in giro che non sai come gestire quando muore la gente.

La famigghia, soap opera, puntata 239487

[ musica: Dredg, in random, senza l’album del 2011 ]

Per decenni mi osservavo vivere in una Italia senza guerra. Mi dicevo solamente “spero che non mi capiti: è davvero da troppo tempo che nel nostro stato non c’è guerra… ” bla bla considerazioni sulla leva, sull’esercito, sulla nostra nullità e sulla stupidità della guerra di conquista in generale, sia durante che, specialmente, dopo la guerra fredda.

Mai e poi mai mi sarei invece detto che avrei visto la mia famiglia meno normale. Continue reading →

Buco nero #29384723 (delirium)

Il momento presente, fare qualcosa ora, per ora; e basta. Niente per il futuro, niente per domani, per l’umanità, per il futuro. Lo scopo della vita, realizzazione di sé. Immagino un DJ, un musicista che fa un pezzo alla moda, oggi per oggi, che non serve a null’altro che a divertire oggi, a soddisfare l’oggi. Questa è l’immagine che mi viene in mente: le persone che più incarnano “il momento presente”. Due amanti che scopano, la realizzazione dei sensi, costante, ogni giorno ripetuta. Tu che lavori ad una cosa e poi la raggiungi, naturalmente. E che mentre la raggiungi ne hai già in mente un’altra certo, quella roba lì. Ma l’arte o la produzione di espressioni? Che scopo ha, avrà, domani? Costruire qualcosa che duri … che senso ha? Ha senso per chi?

Delirio.

Oggi male.

Mi hanno prestato un big muff. 20 anni dopo che me ne sono interessato e sicuramente almeno 15 da quando me lo sarei anche potuto comprare.

La mia solitudine è fastidiosa.

La mia antipatia è peggio?

Accumulo musica, dopo quasi 17 anni da quando avevo deciso che era troppo, che non sarei mai riuscito ad ascoltarla, che non riuscirò, nuovamente, mai ad ascoltare. Questa volta ad una qualità impareggiabile, infinitamente superiore. Mi dico che lo merita, che merita di sopravvivere, di essere preservata.

Mi dico anche che a nessuno frega un cazzo molto poco dopo.

La vita eterna potrebbe essere un paradiso di esplorazione e godimento del tutto. Oppure un inferno di infinita solitudine e malinconia.

Delirio ancora. Che dice il dizionario? Ah beh si, ci sta, sono io: “stato di alterazione mentale, consistente in una erronea interpretazione della realtà, anche se percepita normalmente sul piano sensoriale, dovuta a profonda trasformazione della psiche e della personalità”. Sono io: psicologia, tu sai sempre dipingere un marrone della miammerda.

Chi fa l’opera? – Autore/Soggetto [FOTO/VIDEO]

Una questione basilare, apparentemente banale, per molti neanche da discutersi è che dalla merda non esce la cioccolata. Fotograficamente parlando, questo negli ultimi decenni è riferito – da parte dei “vecchi del mestiere” – al fatto che intestardirsi sul fotoritocco che alla base ha uno scatto sbagliato, mediocre, brutto, non sia una buona idea. 98% della foto è quella fottuta foto. Altrimenti, aggiungo io, sei talmente un bravo fotoritoccatore che non si tratta più di ritocco, ma di una opera digitale che ha qualche pixel originale alla base di una pittura digitale. Chiaro, ma distinguiamo.

Ma io non mi riferisco a questo. Parlo proprio di fotografia.

Una cosa che può accadere è che ti venga richiesto “fammi un video che faccia dire wow”. Fammi una foto che mi renda spettacolare.

Contestualizzo: parliamo di spettacolo. Se sei moscio, brutto, non fai un cazzo sul palco, non hai carisma, non hai personalità, non c’è qualcosa che possa essere colto, al di là del fare del mio meglio con quello che ho, che sei tu, il palco, la luce, quello che c’è li ed eventualmente il mio intervento su luce che posso portarmi, devi arrenderti al fatto – ed anche io che riprendo la scena devo farlo – che se la scena è la stessa, le luci le stesse, il fotografo lo stesso e le foto di un gruppo sono fighissime e quelle tue no, la cosa che cambia sei tu. Non hai fatto un cazzo di figo da fotografare, non mi hai dato materia prima.

Se mi dai un muro posso fare molte cose, ma se mi dai un muro DIVERSO ne escono altre. La foto la fa il soggetto o la mia interpretazione? La pappa la fa il cuoco, ma non la fa senza ingredienti. E se gli ingredienti non sono un granché, farà il possibile, ma una grossa parte della sua responsabilità è scartare gli ingredienti di scarsa qualità. Quindi ecco, dipende.

Uno di quelli bravi diceva che se vuoi fare belle foto una buona cosa da fare è che i soggetti siano belli. Cosa “belli” voglia dire e a cosa si riferisca, ovviamente, cambia a seconda dei contesti. Se sto facendo microfotografia sarà diverso da playboy.

Io però vedo molta, moltissima differenza, anche nella “semplicissima” arte fotografica del ritrarre corpi nudi, e se volete aggiungo “in bianco e nero”, per ridurre ancora il campo, e ancora lo riduco dicendo: femminile. E ancora: di tipe molto belle.

Ecco, ho ridotto moltissimo il campo eppure non ritengo tutti uguali i risultati dei diversi autori: prima di tutto un solo singolo soggetto umano – specialmente in questo caso –  è infinito, a mio avviso. Secondariamente le varie persone sono diverse. E si, certo, le combinazioni di fattori di ogni singolo autore fanno la differenza. Le scelte, tutte le scelte.

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Una di queste è cosa non fotografare. Ma questo solo quando sei autore e puoi fare quello che vuoi, generando un’opera. Invece se quello che hai è quello che hai, interessante è quello che ci fai (cit.”Ember”). Bene, si fa il possibile, ripeto. Potresti essere moscissimo ma interessante. Oppure essere uno che fa un sacco di cose sul palco. O essere un tocco di gnocco e offrirmi il tuo corpo suonante, cantante, danzante, in molteplici occasioni di combinazione con ambiente e luce.

Come fotografo posso “estrarre” molto da te, posso cogliere moltissimo, se c’è da cogliere moltissimo, posso anche sollecitarti, se sono regista della cosa, generando una “coreografia dello scatto”, posso fare lo stesso come videomaker… ma ci sono cose relative al carisma sul palco, al movimento personale, al modo di tenere gli strumenti, l’abbigliamento, il rapporto con le luci e con le camere (video/foto) che non è trascurabile nel risultato. Può esserci, può non esserci. E ci sta: se il tuo compito non è “fare spettacolo”, ma suonare, ad esempio, lo spettacolo, ci è chiaro, è più per l’opera sonora o sonoro/poetica che stiamo sentendo, se il testo è intellegibile. Io lo so perché su quel palco ci sono stato e non ho dato molto in termini di “roba da vedere”. Non mi interessava, non mi sentivo qualcosa da vedere. Quello che volevo fare era non cappellare mentre suonavo, ero li per quello, per farti sentire la nostra musica. In determinati casi è ottenibile del “bello” anche se io non sono personalmente coreografico. Ma ci si deve pensare: i Pink Floyd avevano i tipi delle proiezioni. Perché no. Di soluzioni ne esistono tante.

Zucchero Fornaciari in concerto, PH (C) KEYSTONE

Qui di roba ce n’è! Ma se nessuno facesse qualcosa? Fotograferesti un palco.

Ecco, se siete quelli che si fanno fotografare o videoriprendere, sappiatelo. Se non fate niente, non avete uno sguardo, non evitate lo sguardo ma sapete benissimo dove lo sguardo andrebbe a cadere da quella particolare angolazione e quindi FATE qualcosa… questo qualcosa non sarà fotografato perché non c’era, quel qualcosa che non avete fatto non verrà ripreso. Non avete fatto un cazzo. Le luci hanno illuminato quell’uncazzo che avete fatto. Potete essere fotografati, sempre, come una statua di marmo: questo è ciò che il fotografo riuscirà sempre a fare. Se non siete vivi, il fotografo e il videomaker faranno del loro meglio, nelle condizioni in cui si trovano, per ottenere almeno questo, se hanno la capacità per farlo, ovviamente. Ma concediamogliela. Se voi non fate questo e il fotografo o l’operatore alla camera sono bravi, otterranno al massimo questo. Se invece voi fate qualcosa di visibile, lo manifestate, allora certo, voi sarete parte attiva di quel risultato, ma artisticamente non più di quanto non lo sia un cervo che spicca un balzo. Certo però, di più di quando sta li fermo e dorme. Bellissimo, ma fermo e dorme.

Questo è solo un piccolo microscopico pezzettino di quanto io, come fotografo o “riprendi-cose” considero di me stesso quando mi chiedo – e tranquilli, me lo chiedo parecchio – quanto l’opera la faccia chi sta da questa parte della fotocamera e quanto chi sta dall’altra. Ecco che il “merito” e il “meritarsi” una cosa, qui prende un significato: sei una statua o un’attore? Beh il merito della tua azione ci sarà, si, se te lo meriti.

Perché l’attore agisce. Anche poco. Un respiro, uno sguardo, la fisicità, l’abbigliamento, il suo corpo, i capelli, un gesto. Mille gesti.

Sono una sac a poche di merda

Sac à Poche Monouso Trasparente - Dolci Tentazioni
sac a poche

Mentre mi saliva lo schifo di me stesso oggi, stavo pensando a questo concetto elevato, di essere un sacchetto che premi ed esce la merda, smollicciosa, che non si stacca bene, come quando usi il suddetto attrezzo da cucina con i suoi tipici cotenuti. Mi è tornato in mente che la mia lei-storica (B) ha sempre detto “siamo dei trasportatori di cacca!”. Pensava sempre: guardati intorno, tutti in questo momento stanno trasportando della cacca! Mi faceva molto ridere. Oggi a volte mi fa ridere, a volte mi fa pensare che è solo normale. Il sangue non lo trasportiamo, non siamo pronti a depositarlo.

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giornatella dimmmmm…

Sento che la porta si chiude: B è andata a lavorare. (per chi non segue: convivo con una donna che fu la mia compagna, abbiamo acquistato casa circa 10 anni fa, mutuo trentennale, ora ognuno si fa le sue cose, anche se siamo come fratelli). Ma la giornata non inizia bene, sento. A parte che ho caldo, caldo, caldo e questo mi infastidisce già. C’entra? Forse.

Ma inizia subito a mordere, il pensiero ossessivo: sei una merda sei una merda sei una merda fai schifo fai schifo fai schifo non combini un cazzo tutto è un fallimento quello che sei e fai fa schifo e nembutal, come me lo procuro? come so che quello che vedo online è vero? sono 500 euro, e se me lo buttano in culo? Quando sei depresso e vuoi morire, essere preso in giro proprio su quello non ti fa bene, vi assicuro. Io non voglio soffrire. Antiemetico e Pentobarbital di sodio è la ricetta delle cliniche della morte decente. Non sono segreti, non vi sto istigando a fare lo stesso: vivete la vostra vita, scegliete voi. Ma io a volte voglio solo premere il tasto OFF e spegnere tutto, subito, senza dolore, senza dover avere coraggio per qualcosa.

Mi rigiro, sento il classico mal di pancia che conosco dall’adolescenza ad ogni momento di merda della vita. Eccomi, mi dice, sono qui, non me ne sono andato, ti accompagno sempre! Pezzo di merda di un bastardo. Pure doloroso fisicamente, deve essere.

Fotografare figa nuda forse è la sola cosa carina che mi fa dire “ho fatto una cosa bella oggi”, ho eternato bellezza, ho catturato un’opera d’arte vivente per quando non esisterà più. Lo dico volgarmente, figa nuda. Perché si vede, nelle mie foto il pube, il monte di venere, l’osso iliaco adorato, si vedono il più possibile. Nessuna vergogna: è bello. Splendidi corpi di ragazza, di donna. Cosa c’è in quelle teste, in quei cuori io provo a farvelo vedere dagli occhi, che io voglio sempre. Ma ovviamente è solo una foto. Mi dicono che io catturo l’anima delle persone, quando mi vogliono fare complimenti. Spero che sia vero.

Preparo il riso. Lo scuocio, porcaputtana, di nuovo. Ripenso alle mie letture di ieri sulla visione di un certo femminismo riguardo a quella che chiamano pornografia, alla nudità, al sesso, all’eros, a quello che è stato il post, alla visione anarco-femminista, libera, completamente diversa. Poi mi dico “basta seghe mentali, chi vuole lo fa, e sa che lo fa perché è bellezza”.

Bevo acqua, bevo caffè. Sento il malumore generale di un sacco di gente, vedo gli stati. Sento beba, sta di merda. Siamo in tanti in questi giorni. Che succede? Umidità?

non so se non voglio vedere nessuno oggi o se è meglio che mi metta a parlare con la gente

Hey, 12.30! Riso. Poi insalata. Con il maestro, magari. Che sta di merda pure lui. Ma lui almeno ora identifica con il solo amore perduto. Io che ho da dire? Che l’amore mi salva la vita. Che ora non c’è. Né chi ama, ne chi amo. Niente. Resto io, che sto fallendo, una vita fallita. Che spreco di materia, energia, esistenza, denari altrui. Miei cari genitori, quanta sofferenza avete patito per causa nostra? Quanta poca gioia vi abbiamo dato? Solo delusioni. Certo, ve la siete cercata: ci avete creato, e con la nostra esistenza avete creato aspettative. Come tutte le aspettative non sono correlate con la realtà ma con l’illusione che il nostro desiderio sia fondato su qualcosa di realizzabile “perché si”. Ma non è mica una colpa. E mi dispiace. Poca gioia, davvero poca, vi avremo dato: forse da piccolini.

Oggi me la piango di brutto. Fantastico. Quindi devo fare gli esercizi-facciali (quanta esperienza raga!!! sono 30 anni che lo faccio!) per ricordare ai muscoli facciali che io so ridere, cercare di non avere gli occhi rossi e andare a prendere le minchia di verdure senza sembrare un drogato. Che poi… lo sono? Beh, si, l’efexor non è aspirina.

Ora ricordo che chi mi ha amato, il giorno dopo, un solo fottuto giorno, dopo, mi ha detto “e non fare la vittima”.

E perché? Perché devo obbedire a questo ordine? Hai autorità per darmelo?

Non mi ritengo vittima. Vittima di chi? Sono vittima e carnefice. Sono artefice della mia vita di merda. E’ tutta colpa mia. Ogni cosa.

SEI RIBELLE AL TUO PAESE

Sei ribelle se resti, se resti dove la merda della tua vita si svolge ogni giorno, dov’è iniziata. Non sei ribelle se te ne vai e non cambi un cazzo di quello che ti ha prodotto i lividi e tutto il resto. Te ne vai e li lasci li, eh? Te ne vai e fai quello che vuoi. Ma non dire che sei un ribelle, questo non puoi dirlo.

Puoi dire che se ne restino li nella loro merda io faccio altro. Ma non sentirti ribelle. Hai solo abbandonato. Probabilmente ogni giorno, ogni settimana in cui sei andato o andata via… loro hanno messo una radichetta in più, rafforzato un legame in più, ribadito un rapporto di forza in più, sottolineato che loro hanno e hanno sempre avuto ragione, potere, qualcosa. Che vince. Che ha vinto su te, sulla tua vita, su chi non è come loro. Vincono e mantengono la zampa sul territorio. Alla fine hanno vinto loro: ti hanno mandato via. O te ne vai o stai alle nostre regole.

Ma è un intero paese, un INTERO paese libero oppure sono libere dalla colonizzazione della merda provinciale solo le città? Che poi magari sono affette da altro.

Se resti dove sei e combatti lì, allora sei ribelle. Se fai il 68 nel tuo paesello. Se sei femminista, gay, contro, gender, anti. Qualsiasi cosa tu sia. Se lo sei dove sei, allora si. 

Ma certo che non sei li per far felice qualcuno. Sei li perché esisti. E quindi puoi andare via e fare altro. Ma non raccontarti che ti sei ribellato/a. Il capobranco ha fissato per bene il tuo culo e le tue spalle mentre te ne andavi. Poi si è girato e ha controllato se qualcuno alzava lo sguardo.

E poi non ci sei mai stato.