Ignoranti

Su cosa sia l’intelligenza e cosa la cultura (o l’ignoranza) di solito si discute attorno alle medie o comunque presto, per l’abuso della parola “stupido”.

Arrivato ai 50 (quasi) però mi dico che anche “ignoranti” può essere discutibile. E che discusso sia, dunque.

In primo luogo trovo che gran parte del problema sia la condivisione di un terreno culturale comune al quale fare riferimento: venendo a mancare ci si sente separati, distanti, ci si deve spiegare invece che fare le cit, non si può parlare di storie, avvenimenti, esperienze vissute da entrambe le parti. Lasciamo perdere che questo coinvolge anche il linguaggio e la moda.

Se tu sei nato negli anni ’30 del 1900, forse per te leggere è stata la principale fonte di nozioni, nonché un certo impianto scolastico. E anche se si condividesse il medium, comunque i contenuti potrebbero cambiare. Hai letto 2000 libri. Magari un trentenne ne ha letti altrettanti (perché è nato in un periodo e contesto che glielo consentiva? Ok, non è questo l’argomento, ma la presunta ignoranza) ma non sono gli stessi. Entrambi pensate l’uno dell’altro “che ignorante, sono proprio le basi queste!”. E invece no. Non è raro che determinati concetti siano trattati sia in secoli che in zone geografiche differenti. Quindi visto che in fin dei conti si tratta dell’umana esperienza, nei libri, e dell’universale umano in tutte le sue sfaccettature, spesso i concetti potrebbero essere stati trattati almeno nel 50% delle letture di entrambi. Ma che succede? Che non si parla dei contenuti, ma solo “conosci questo, conosci quello? hai letto quell’altro?”. Solo alcune persone si fermano e dicono “dimmi cosa dice, riassumimi il contesto necessario a parlarmi di quello che il tal libro ha da dirci ora”. Molte dicono solo “mmh.” e pensano “che ignorante, non ha letto / non sa un cazzo”. E invece sono solo differenti letture. Ora mescoliamolo alle innumerevoli serie TV viste con una pletora di mezzi differenti e fruibili anche in modo seriale, sempre più, senza aspettare “venerdì alle 20 e 30”: chi si è infilato più cultura in testa? E i video su youtube? I podcast? Internet tutta, con testi, siti, paper, documenti e altrettanti libri ma da leggere su schermo.

Puoi fermarti a dire “eh ma su schermo bla” ma il punto è: quei contenuti sono stati fruiti.

Ora, quello che interessa me è: quei contenuti ti hanno insegnato ? ti hanno fatto pensare? Li hai messi uno contro l’altro? Uno a fianco all’altro? Mescolati? Ti hanno generato domande? Hai risposto? Uno di questi ha risposto all’altro? I libri si parlano, sono esseri umani con idee che passano attraverso i lettori. E così ogni altro contenuto.

Dunque : cosa te ne sei fatto di quel libro? Elencare di aver letto roba ma poi dimenticare il profondo contenuto che un alto essere umano con un cruccio o un sentimento, un dubbio, una rabbia, solitudine, qualsiasi altra cosa, ha deciso di condividere esprimendolo come meglio ha saputo – ed era un gran bel meglio, in passato, se è sopravvissuto – per “parlare” con i nostri cuori e le nostre menti?

Mi sa che l’ho già scritto, ma mi ha molto infastidito accorgermi che in un momento, con mia madre, importante per la vita, in cui la tua vita e la tua famiglia sono coinvolti, un messaggio chiarissimo di un poeta che reciti a memoria non ha minimamente sfiorato la tua mente. Ti parla, ti fornisce tutta la trattazione del problema e lo fa in versi che ora, dopo mezzo secolo, sai recitare a memoria, bella prova da saltinbanco del cazzo. E tu cosa te ne fai? NIENTE. Non sai niente. Non ti dice niente, non ti fornisce strumento, argomento, mattoncino per confrontare, ragionare, rispondere o domandare.

So che il non condividere belle opere isola, separa. Ma non è automatico: possiamo raccontarcele. Abbiamo voglia di ascoltare? Abbiamo voglia di ascoltare e lasciarci insegnare qualcosa da quello che ascoltiamo?

Modelli di potere e dove trovarli

esistono diversi compendi che trattano i vari modelli di esercizio del potere. Ad esempio, alcuni classici della sociologia e della scienza politica che trattano questi argomenti includono:

  • Il Potere di Michel Foucault
  • Teoria del potere sociale di Max Weber
  • La Scuola di Francoforte e i suoi rappresentanti, come Theodor Adorno e Max Horkheimer
  • Il potere nella società globale di Ulrich Beck

Mi ha ispirato a questa ricerca quanto ha detto ad agosto 2022 Michela Murgia a proposito del modello di potere esercitato da una donna, per capire se caratteristiche esercizio del potere siano da considerarsi femministe o meno. Si paracula elegantemente “dal dare la patente di femminismo ad un’altra donna”. Chapeau.

La biblioteca del

A liceo il prof di filosofia lo disse chiaramente “a fare il filosofo, lo studioso di filosofia, quel che conta è la vastità delle letture, la biblioteca”. Visivamente lo immaginai circondato di volumi, la classica libreria inglese, fino al soffitto. Certo era anche quello convinto che la rappresentanza, nelle persone di coloro che rappresentano gli studenti, fosse sempre una scusa per sottrarsi allo studio.

Se si riferiva a me, posso anche dargli ragione, ma da filosofo avrebbe almeno potuto considerare che non tutti sono uguali.

In futuro un alto che sento molto stronzo, Settimio Benedusi, fece sostanzialmente la stessa affermazione: il vero fotografo ha almeno 100 libri di fotografia, qualcosa del genere. Mi sembra sensato, comunque, essere circondato di cultura, informazione, fonti, discussioni relative a ciò che fai. Ne dovresti sapere. E il sapere migliore viene dai libri.

Magari il filosofo potrebbe considerare che l’esercizio della filosofia non sta nel leggerla, bensì nell’imparare anche delle regole per un dibattito e dibattere, pacificamente, costruttivamente, con delle menti presenti in sala, invece che far dibattere nel corso dei decenni e dei secoli quelle stesse menti attraverso la cristallizzazione nei libri. Si perde un po’ meno tempo. Ma principalmente concordo. Magari il fotografo può andare a vedere le foto nelle mostre invece che nei libri: è molto meglio, così come il pittore. Ma in ogni caso la fattibilità pratica bla bla ci siamo capiti.

Penso che ci sono, tanto per citarne tre, libri di Ansel Adams riguardanti la tecnica che in generale costano – per le copie fisiche – circa 70 euro. Certo, in inglese sono circa 20 dollari ciascuno. Ad ogni modo il costo fisico dei libri non è un problema inesistente, infatti gli avidi lettori da anni conoscono mercati paralleli di ebook, pdf, eccetera. Spesso anche di manuali. Naturalmente comprendo che chi abbia 1) regalato la propria conoscenza condensando le fatiche dell’apprendere ed il sintetizzare ad uso di altri fornendo loro la pappa pronta 2) fatto fisicamente il lavoro di produrre un libro qualsiasi – desideri essere giustamente compensato, così come l’editore e tutto il mondo circostante di rientrare dei costi e produrre degli utili: quello che qualsiasi operaio che spende benza per andare in fabbrica e mangiare a pranzo poi si aspetta quando riceve la paga, quantomeno.

Fatto sta che moltissimi di questi libri sono reperibili in formato dallo schifoso all’eccelso attraverso vari canali, che siano pirata o non, su mezzo digitale.

Nel mondo della ricerca, mi diceva un dottorando di biotecnologie, caro amico, è stata una svolta una invenzione che consente di aggirare legalmente i sistemi di licenze delle università (in stile: usiamo in 4 l’abbonamento a netflix) per rendere accessibile informazione altrimenti disponibile solo a costi non sostenibili.

Ed ecco che si, la biblioteca del filosofo, del fotografo, del biotecnologo, del qualsiasi-cosa che debba nutrirsi di conoscenza, è a disposizione: la stessa fatica che però il lettore dovrà fare, così come lo studente, sta tutta in ogni singola persona. E così, ecco, cari vecchi professori e professionisti, la vecchia storia della carta che è bella (e lo è!) andrebbe un po’ rivista con: quello che c’è dentro è conoscenza? Allora va bene qualsiasi altro mezzo che ne consenta la fruizione nei tempi necessari ad una mente per apprendere, digerire, ragionare, confrontare, consultare. Scaffali fisicamente vuoti? Ma chi lo ha lo spazio per degli scaffali cicciotti nelle case di oggi? Gli studenti squattrinati? La generazione ottocentoeuro? E tutti i discorsi che ci avete fatto sul non fissarsi si un posto fisico? Come lo coniughi un nomade non-digitale con una libreria da millanta quintali di carta a traslocare con la propria schiena ogni tre per due?

…perché mi sto eliminando – non lo posso dire.

Nel mio progetto di autoeliminazione una delle cose che occupano tanto spazio e hanno per me un valore sono i libri. Ne hanno molto e non mi va che vadano in culo, così a caso. Non mi va che vadano a chi non darà loro valore. Così ne ho date barcate ad un tizio. Dopo la terza borsa gonfia è stato difficile schivare la sua domanda in stile “perché mi stai dando dei lingotti d’oro?” stampato sul viso. Difficile, ma fattibile. Del resto dire il vero, tipo “intendo suicidarmi carissimo quasisconosciuto, ma non mi va proprio che cose così belle vadano date a caso, ed ho personalmente partecipato a decine di svuota-la-casa-del-morto per sapere come vanno queste cose: puzzano di morto, per qualche cazzo di motivo, un sacco di cose che avrebbero valore: i libri sono tra questi e questa è fantascienza e so che tu ami la fantascienza quindi sono FELICE di darla a qualcuno che la godrà, perché io con tutta probabilità non leggerò più”.

Però Asimov lo aveva tutto. Quindi ho tutta la Fondazione e forse altro… ma per fortuna un non-ancora-trentenne che ha tutta la mia stima non ha letto nulla di ciò. Glielo darò con gioia. Ma per fortuna è depresso lui, quindi confuso, e il suo “ma perch…” si è perso nella conversazione. Difficile dire alla gente che dai via ogni cosa perché non sopporti l’idea che alla tua morte cose che costano, che sono godibili, belle, apprezzabili, vengano trattate come spazzatura. Quindi finché sei vivo e non sanno di “roba del morto”, io so che devo solo trovare gente che è davvero interessata.

Purtroppo con i CD non è andata altrettanto bene, il tempo è passato… sono davvero divenuti pezzi di plastica per la maggior parte della gente.

l’amore di fianco

Mentre lavoro in modo più meccanico ascolto l’audiolibro de “Il giardino dei Finzi-Contini” letto da Marco Balliani. Per un po’ sono stato sul punto di considerarlo molto palloso. Anzi, confermo, tutto sommato. Per una gran parte interessante a causa del contesto storico.

Ma ecco. Il protagonista “ci prova” con lei. Lei con un garbo e una lucidità che renderebbe migliore il mondo se fosse così diffusa, finalmente, dopo un anno dalla sua fuga, gli spiega.

Hanno ancora il bel dire “Fare l’amore”, quando intendono dire sesso. Ma forse mi confondo. Lei però ad un certo punto parla in modo chiaro di come lei vede l’amore, ovverosia di due persone che non – come loro – si stanno di fianco, ma che si fronteggiano, pronte a sopraffarsi senza esclusione di colpi, continuamente, come belve feroci.

Penso che vorrei un consulto generale del genere femminile e chiedere “ragazze, ma voi, tutte, che avete sentito dire l’esatto contrario piangendo, da Claudio Baglioni, che siamo fianco a fianco e guardiamo insieme dalla stessa parte, che ne dite?”.

Perché io in effetti più passano gli anni e più parlo con donne schiette e più mi sembra che Terapia e Pallottole e lo stereotipo del meridionale che divide tra puttana e sposa, abbia il suo esatto corrispettivo maschile nell’immaginario femminile. Anzi, non immaginario, ma … desiderario. Sentimentario. Cioé che ci sono quelli che non fai tanto la rompicoglioni, te li vuoi scopare. Di brutto. Subito è “si”, subito tu gli salti addosso, subito TU mostri il tuo desiderio e vuoi essere sbattuta. Ed è fuoco, animale, spettacolare, soddisfacente, appagante, liberatorio.

E quelli che ci metti su casa, ti prepari ad ingrassare, a lasciarti andare e fare schifo, a far diventare tutto grigio e noioso, a fare papà e mamma, a scopare una volta all’anno ma anche no, che tanto chi c’ha voglia con una/o così.

Ecco io sinceramente non voglio essere il secondo. Per me la tenerezza, la compagnia, la condivisione, il dialogo, sono belli. Ma se mi togli il fuoco, il fatto che poi magari sei una che gode a farsi menare, a fare di tutto, a essere più troia di tutte, con gioia, con straordinaria passione… ma non con me. Beh vaffanculo, vaffanculo a tutta la gentilezza del mondo, la correttezza, l’onestà, la condivisione, qualsiasi cosa carina. Vaffanculo! Io voglio la bestia, quella bestia, prima di ogni altra cosa. Quella bestia che mi desidera, che desidera avere me, o che io abbia lei. Prima. Poi il resto. E se quello sparisce, beh il resto te lo può dare la tua amica. O il tuo amico fesso, come sempre sono io, tante volte, perché essere stronzi boh, non mi sembra giusto. Continue reading →

Levi/Ensler – brava Piemme!

Nel 2007, Eve Ensler scrisse “A Memory, a Monologue, a Rant and a Prayer” assieme a Molly Doyle. Nel 2012 la Piemme ha avuto la brillante idea di intitolare la versione italiana niente meno che “Se non ora, quando?” seguito da altra roba. Se si tratta di un deliberato affronto “ribelle” è un po’ idiota. Primo Levi è stato un uomo, quindi un maschio. Molto male. Primo Levi è stato anche un ebreo. Sul fatto che fosse un male ad Auschwitz sono stati sicuramente d’accordo.

Inizialmente ho pensato solo che alla Piemme fossero un po’ scemi. Poi che a qualcuno in testa risuonasse il vecchio titolo ma si fosse dimenticato che stava copiando un premio Campiello del 1982. Io non l’ho mai letto ma mia madre, non ebrea ma profuga di guerra, lo ha letto e spesso ne citava il titolo, motivo per cui risuona in testa anche a me.

Poi però ho pensato che buona parte del pensiero della Ensler scaturisce dalle violenze subite dal padre (maschio, ebreo). Paranoico io? Cervellotico? Può essere. Continue reading →

pensavo fosse 42

Toh guarda, qualcuno se ne è occupato in modo specifico, dando anche un titolo specifico.

Sia chiaro che non è il significato della vita. E’ molto preciso. E anche se citato in un libro di Dan Brown, anche quella, vista in quell’ottica, è meccanica: perché esiste la vita? –> Per diffondere l’entropia in modo efficiente.

Qui dice: perché esistiamo noi? Per questo e questo motivo dovuto a storia e biologia.

Simpatico, ma non mi risolve un cazzo. Ma interessante, credo che lo regalerò almeno ad un ingegnere. E al maestro. Resterà male dopo aver letto la quarta di copertina, ma sarà felice del titolo. E poi non potrà fare a meno di leggerlo, lo so. MUAHAHAHAHAH, non so, forse. Non ho soldi per far regali. Forse uno o due. 

3 libri, un promemoria fotografico

Anche se è uno stronzo, o fa lo stronzo, accolgo l’utilità del suggerimento di un famoso fotografo che in una storia Instagram, parlando con Gianni Berengo Gardin e citando Ugo Mulas riguardo al solito discorso sulla “foto buona, non bella” , elenca tre titoli fondamentali per lui. Credo siano fondamentali per qualsiasi fotografo; di certo non sono né gli unici né i più importanti “per tutti”, e sospetto che il terzo sia stato citato per dare una leccata a Berengo Gardin. Tuttavia li scrivo qui così posso buttare il foglietto di carta su cui li avevo appuntati. Condivido, ho avuto modo di dare uno sguardo almeno al primo e al terzo.

Seccante constatare che quello italiano finisce per costare più di tutti, ad una ricerca veloce. Ma bello scoprire che sono sostanzialmente ancora accessibili tutti e tre. Ho letto male: quello di Avedon riesce a costare anche 1500 euro. Mavaffanguano 😀 

Poi per carità, in PDF immagino si trovi ogni cosa. Ho trovato “SEX” di Madonna quando cartaceo costa centinaia di euro usato … 

Ma era un appunto. Il Maestro ha deciso di regalarmi chincaglieria cinese oppure un giradischi con la tromba sopra come i grammofoni, ma moderno e kitsh… e quindi devo cancellargli dalla mente il trash bastardo con cui vuole riempirmi la casa di merda e ricordargli che esistono i classici, brutto stronzo. Ma non me li ricorderò mai: e quindi scrivo 🙂 Ora è qui.

Pensare che ho un libro della Leibovitz che ho a malapena sfogliato: non erano i ritratti che mi aspettavo: non era un caso se costava poco anche se era ciccione: erano più cose sue personali, bruttine, forse molto significative per lei e la sua biografia.

Ignobile presente, addio D

“Quanto più il presente intorno a noi diventa ignobile, tanto più dobbiamo guardare le stelle” – Joan Mirò

Questa citazione era inserita prima di entrambi i libri che D aveva scritto. Non ho terminato nemmeno uno dei suoi libri, quello che avevo comprato. Autoprodotto, auto-stampato. Non mi pigliava tantissimo, anche se era ben scritto e mi sembrava che avesse qualcosa. Ma è tanto tempo che difficile per me leggere. Molto difficile. Quindi quello che leggo spesso è “facile da leggere”. Il che non significa necessariamente che sia una cazzata o sia leggero. Deve pigliarmi di brutto, perché presto mi viene un senso strano di “dovrei fare qualcos’altro”. Assurdo, ansioso.

Quando scoprii che D aveva scritto dei libri gli chiesi dove potessi acquistarne uno e lui mi disse che avrebbe seguito volentieri l’acquisto perché non sapeva se fidarsi del sistema di intermediari che se ne occupava. Quando arrivò, comunque, mi colpì fortemente la citazione che aveva scelto. Lui era molto positivo mentre tutto attorno a noi crollava, si disgregava, si distruggeva. Forse perché lui riusciva ad evitare il tipo di casini che capitavano a noi altri che rimanevamo: lui si occupava comunque di vendita, di clienti grossi, faceva girare soldi grossi. E forse si occupava di quello che sarebbe dovuto essere il futuro. O forse no, semplicemente la prendeva meglio. Se ne sbatteva, non si lasciava toccare. Da qui la citazione che ricordo qui. Continue reading →