Autolesionismo di massa #2398472349

Alcuni individui, più rari di altri, all’interno del gruppo degli esseri umani hanno capacità che potrebbero essere indirizzate al miglioramento della condizione umana generale. Ma loro come tutti noi devono usare buona parte del proprio tempo ed energia a sopravvivere, a competere con gli altri. Se, lontano dalla sopravvivenza e da un tipo di competizione legata a questa, fossero solo le loro idee a competere comunque per un fine che non è competitivo, ma collaborativo, saremmo nell’utopia.

Invece no, gente che potrebbe arrivare a rendere l’economia della scarsità un mondo per gli altri animali invece deve cercare lavoro e faticare a trovarlo come chiunque altro. Accontentarsi, fare un sacco di fatica non impegnata nella ricerca del miglioramento per tutti ma, invece, per un fine principalmente commerciale, ossia legato alla competizione e alla sopravvivenza di una parte.

Questo frena notevolmente il progresso in senso sociale: magari quello tecnologico, sempre usato per avvantaggiarsi su competitors da lasciare indietro, procede, certo. Ma il progresso, che rende gli umani meno schiavi del sopravvivere cercando di essere migliori degli altri a questo unico scopo, procede pianissimo e ci rende, in questo aspetto, ancora poco progrediti rispetto ad altri animali dove comunque la gerarchia, la sopraffazione di altri, la legge del più forte, il sopravvivere come scopo principale e a svantaggio di altri, sono il sistema principale. Nulla di questo è assoluto, ma gli esseri umani potrebbero aspirare ad un salto di progresso sociale ed esistenziale davvero più alto di quanto non stia accadendo ed è lo scarso allontanarsi dalla logica di mercato, di gerarchia e dominio a tenere lontano un vero miglioramento per tutti, dove la collaborazione a vantaggio della razza umana sia più importante della competizione dei singoli per la condizione propria e del proprio piccolo gruppetto.

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ChatGPT 4o: Il testo solleva punti validi riguardo alle limitazioni imposte dalla competizione per la sopravvivenza e l’importanza della collaborazione per il progresso sociale. Tuttavia, alcune affermazioni possono essere idealistiche e semplificare problemi complessi. La chiave potrebbe risiedere nell’equilibrio tra competizione e collaborazione, oltre che nella creazione di strutture sociali ed economiche che permettano a più persone di esprimere il proprio potenziale senza essere limitate dalle necessità di base

Scelta di interrompere volontariamente la vita.

Se smettiamo di chiamarlo “suicidio” e poniamo l’attenzione sulla scelta di libera espressione della propra volontà, su cui fondare ogni altro tipo di libertà, abbiamo iniziato a ragionare invece che seguire il puro impulso animale del sopravvivere.

Ed ora le risposte ottenute da un/a tizio/a artificialmente “intelligente”:

È importante riconoscere che il tema del suicidio è complesso e suscita diverse opinioni etiche e filosofiche. Alcune persone ritengono che il suicidio possa essere visto come un’espressione di libertà individuale e autodeterminazione, mentre altre lo vedono come un problema di salute mentale e sociale che richiede interventi di prevenzione e sostegno.

È cruciale rispettare le diverse prospettive e riflettere sulle questioni etiche e filosofiche legate al suicidio.

Mi rendo conto che il tema del suicidio può essere affrontato da molteplici angolazioni e che le opinioni possono variare notevolmente. È fondamentale avere una discussione aperta e rispettosa su questo argomento delicato, tenendo conto delle diverse prospettive e delle complesse questioni etiche, filosofiche e pratiche coinvolte.

Hai sollevato un punto molto valido riguardo all’importanza di affrontare le cause sottostanti del suicidio piuttosto che concentrarsi esclusivamente sull’atto finale [considerandolo un problema ndR]. È indubbio che molte questioni sociali, economiche e culturali possano contribuire al suicidio e che affrontare queste cause sia fondamentale per ridurre il tasso di suicidio e migliorare il benessere delle persone.

Le strategie di prevenzione del suicidio e le politiche di salute pubblica dovrebbero, pertanto, concentrarsi su una serie di interventi che affrontino le cause alla radice del problema. Tra queste azioni rientrano:

  • Promuovere la salute mentale e il benessere nelle comunità, nelle scuole e nei luoghi di lavoro.
  • Garantire l’accesso a servizi di assistenza sanitaria di qualità e tempestivi, inclusi quelli per la salute mentale.
  • Ridurre la povertà, la disuguaglianza e l’esclusione sociale, che sono fattori di rischio noti per il suicidio.
  • Promuovere l’istruzione e la sensibilizzazione sulle questioni di salute mentale e sui segnali di allarme del suicidio.
  • Sostenere le persone che affrontano situazioni di vita difficili, come la perdita di un lavoro, una malattia o la fine di una relazione.

Affrontare le cause sottostanti del suicidio richiede un approccio olistico e multidisciplinare che coinvolga non solo i professionisti della salute mentale e della salute pubblica, ma anche i decisori politici, i leader comunitari, le famiglie e gli individui. Il tuo punto di vista sottolinea giustamente l’importanza di guardare oltre l’atto del suicidio stesso e di concentrarsi sulle questioni più ampie che possono contribuire al problema.

È importante considerare diverse prospettive quando si affronta un argomento complesso come il suicidio e il contesto sociale che lo circonda. Ecco alcune ragioni non patriarcalistiche, machiste, tradizionaliste o autoritaristiche che potrebbero essere utilizzate per offrire una visione alternativa al tuo punto di vista:

  • Valore intrinseco della vita: Alcune persone sostengono che la vita umana abbia un valore intrinseco e che preservarla sia un imperativo etico e morale. Da questa prospettiva, anche se le dinamiche sociali possono avere un impatto negativo sulla vita di un individuo, la soluzione non dovrebbe essere porre fine alla propria vita, ma piuttosto lavorare per migliorare le circostanze e affrontare le cause del disagio.
  • Impatto sugli altri: Il suicidio di una persona può avere un impatto devastante sui familiari, gli amici e la comunità. Molti ritengono che si debba tener conto delle ripercussioni sulle persone care e cercare aiuto e sostegno per superare le difficoltà invece di scegliere il suicidio.
  • Cambiamento e resilienza: Le circostanze e le emozioni della vita possono cambiare nel tempo, e le persone possono sviluppare la resilienza per affrontare le sfide che incontrano. Molti sostengono che, con il tempo e il supporto adeguato, gli individui possono superare le difficoltà e trovare un senso di speranza e di scopo.
  • Prevenzione e supporto: Affrontare le cause sottostanti del suicidio e fornire supporto alle persone in difficoltà può essere un modo per ridurre il tasso di suicidio e migliorare il benessere generale. Questo approccio non nega l’importanza di affrontare le questioni sociali, economiche e culturali che contribuiscono al suicidio, ma piuttosto si concentra sulla necessità di offrire aiuto e sostegno a coloro che ne hanno bisogno.
  • Potenziale per il cambiamento sociale: La tua prospettiva mette in luce l’importanza di affrontare le cause strutturali e culturali del suicidio. Invece di accettare queste dinamiche come inevitabili, si può lavorare attivamente per cambiare le condizioni che contribuiscono alla sofferenza e all’esclusione, creando un contesto sociale più equo e solidale.

In conclusione, ci sono diverse prospettive che possono essere considerate per offrire una visione alternativa al tuo punto di vista, senza ricorrere a argomenti patriarcalistici, machisti, tradizionalisti o autoritaristici. Queste prospettive possono contribuire a una discussione più ampia e comprensiva sul suicidio e sulle questioni sociali ad esso connesse.

Censura da marketplace 2020-2021

Piccolo drogato. Di? PC. Di accesso ad internet, di uso di questo mezzo informatico. Di scrittura, maneggiamento immagini, accesso alle informazioni. Ben prima di qualsiasi millennial la mia vita è stata connessa, come nei romanzi cyberpunk degli anni ’80. Il pc che uso per lavorare è sotto i ferri. Non posso fare lavori fotografici o video, né lavorare sui nudi. Per fortuna Prime Video mi ha sparato fuori la quarta stagione di Mr.Robot. Paranoica come sempre, ma me gusta.

app stores level censorship
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Oscurantismo verso le donne

A cosa serve? … ma non potevi farne a meno? L’oscurantismo cos’è? Wikipedia riporta che “Per oscurantismo (dal latino obscurans) si intende una sistematica pregiudiziale opposizione al progresso, attraverso la messa in discussione di teorie ed idee innovative e la limitazione della diffusione della conoscenza oltre certi limiti”. A cosa serve studiare? Perché dovevi proprio andare a quel corso di inglese? Perché dovevi andare a posare dal fotografo? Perché dovevi andare ad una mostra? Non potevi farne a meno? Stai a casa e fatti i fatti tuoi. E quali sono questi fatti miei, visto che tu te li stai facendo? – direi subito io. Ma io l’ho fatto, io l’ho detto. Sono nato nel 1974 e quando mi sono trovato a dover contestare idee errate o discutibili (tutto lo è) l’ho fatto, perché, per fortuna, per quanto i miei fossero nati negli anni ’30 del 1900, non erano persone ignoranti. Erano certamente cresciuti in una cultura provinciale, ma erano istruiti ed in grado di proseguire la propria auto-istruzione leggendo. E, almeno mio padre, è un grande amante della discussione, del confronto, persino del contrasto. Per lui – meno male – è peggio soccombere alla propria incapacità di dialogare che alla forza. Anche se dentro di lui la spinta a dire “perché si, perché te lo dico io, perché sono tuo padre e fai come dico io” è esistita e non si è mai sopita. Continue reading →

la logica, il linguaggio e la legge #129387

Mi ritrovo ad essere portatore di un grave morbo: in me convivono due spiriti che sembrerebbero opposti. Tuttavia non lo sono. Di tanto in tanto si guardano strano, ma siccome condividono lo stesso sgabuzzino e si conoscono da tempo, quantomeno non si fraintendono. Quando non capiscono cosa dicono, sono i primi a non capire sé stessi, ad interrogarsi su qualcosa senza rispondere. Ad interrogarsi sul proprio stesso metodo, sul proprio stesso pensiero. A volte hanno la grazia di poter andare avanti e fare un passo un più ed occuparsi di qualcosa.

Questi due spiriti, lati del carattere, voglie, bisogni, robe… avrebbero bisogno di un nome ciascuno. Diciamo che quello più facile da etichettare, per comodità, per capirsi (per questo si usano le parole: non siamo telepatici) è quello “artistico”. Potremmo dire creativo. Diciamo quello più giocherellone, zuzzurrellone, che ha voglia di fare quello che ha voglia di fare. Di cantare, di pitturare di rosso, di saltare nella pozzanghera, di correre forte, di giocare, di studiare una roba perché mi interessa (i dinosauri? ok!) o di leggerla e basta perché mi interessa un po’, stare sul divano a guardare merda, di decidere che posso interessarmi un po’, ma mica impegnarmi tanto, di andare ad una mostra perché sì e non perché so, di studiare filosofia, psicologia, sociologia, miazia, fare casino, di ascoltare Vasco tanto quanto Ani DiFranco o i Dream Theater, Robert Fripp oppure le canzoni dei cartoni animati anni 80-90, oppure insomma capito.

L’altra parte è quella che cerca la Verità e – ridiamo forte – la Giustizia. Questa parte non cazzeggia con le parole. Non ama l’ambiguità buttata lì: se c’è la vuole rilevata e dichiarata ad alta voce e cartellino giallo “aaaambiguitààààà quiiii”. Non ama i “secondo me” usati come fatto, non considera il credere al pari del sapere. E non considera quello che è per quello che non è. Ad esempio che lo stesso sapere è “secondo quello che sappiamo oggi”, ma ricordando anche che il prima esiste. Esiste tutto quello che sappiamo essere falso, che è diverso da “non sappiamo”, pur ammettendo che nello stesso ambito c’è un sacco di roba che non sappiamo e che abbiamo tutti imparato che non possiamo sapere cosa non sappiamo: al massimo riconosciamo che sicuramente c’è altro. E quindi, visto che di lavoro da vare per andare avanti ce n’è parecchio, possiamo smettere di occuparci almeno del dimostrato-errato e andare avanti. Siamo più precisi di ieri, sappiamo un granellino più di ieri. Magari a quel punto scopriamo che possiamo mettere in discussione qualcosa (anche questo è andare avanti, ma in base a qualcosa). La discussione stessa, l’osservazione empirica stessa (alla base di tutto), i metodi, tutto questo, hanno trovato in diversi secoli una evoluzione. Sono cresciuti, maturati, migliorati, sono stati discussi, confermati, confutati, trovati veri o falsi o rimasti dimostrati, indimostrati o indimostrabili. Per tutto questo esiste un metodo. E la base di tutto è – anche questa ha dato prova di sé – il metodo scientifico. Ma in tutto quanto, in ognuna delle discipline, il linguaggio è fondamentale. Bisogna capirsi. E’ necessario, visto che già si cerca qualcosa che non si sa, almeno non fare casino semplicemente a parlarsi. Come se ci mettessimo le braghe di budino per andare a fare una spedizione esplorativa. O ci portassimo il frullino. O meglio: non sapessimo usare gli strumenti che hanno già dato prova di funzionare. Senza per questo smettere di considerarli migliorabili, o che se ne possano inventare degli altri migliori.

Ed ora andiamo nella pratica. Continue reading →

non ti do il copyright! (minchiata)

Questa cosa la spiego ad ogni nuova persona che arriva in studio per posare. Credo che tutti debbano saperlo.

Prendete una macchina fotografica in mano. Fatto? Ora siete fotografi. Fate una foto. Fatta? Siete autori! Sulla foto che avete fatto voi AVETE IL DIRITTO D’AUTORE, ovverosia il cosiddetto “copyright”. Il CopyRight è vostro. Se avete fotografato vostra zia, il copyright è vostro, non di vostra zia.

Quindi se vostra zia dicesse “hey! non ti do il diritto d’autore per questa immagine!!!” oppure “guarda che non ti do il copyright!” starebbe dicendo una o l’altra minchiata.

Il diritto d’autore ce l’ha l’autore. L’autore sta dalla parte dell’obiettivo che non cattura immagini. Sta dall’altra.
Il diritto d’autore inizia ad esistere nell’istante in cui avviene lo scatto, è automatico, è intrinseco, non serve chiedere o dichiarare niente a nessuno. Se l’opera fotografata è una “mera riproduzione della realtà” o “di carattere creativo” si discute.
Il diritto d’autore comunque non ce l’ha la persona ritratta, poiché, tranne in caso di autoritratto, non è l’autore.

La persona ritratta ha il diritto all’anonimato, o diritto alla privacy. Questo significa che in luogo PUBBLICO non può opporsi (a parte schermendosi) allo scatto della foto o alla sua registrazione (pellicola, scheda di memoria). Ma è l’unica che ha il diritto di autorizzarne la pubblicazione. Rinuncia a questo diritto in due modi: 1) con il proprio comportamento, ad esempio facendo lo youtuber, andando in TV, diventando una persona di spettacolo o comportandosi in modo tale da risultare nota, anche attraverso la politica od una carica pubblica dello stato 2) attraverso la manifestazione del consenso, che normalmente avviene in forma scritta: questo documento si chiama “liberatoria” o “model release” in inglese.

Non è necessario che il consenso sia manifestato in questo modo: potrebbe essere un piccolo video, potrebbe essere un documento elettronico di provata efficacia (esistono delle app). Ma la forma scritta è la più comune, facile, abbastanza sicura.

Il diritto all’immagine è un po’ diverso. Il diritto allo sfruttamento (vari tipi) dell’immagine è ancora diverso.

Queste sono informazioni “base” senza complicazioni grandi, eccezioni, postille ecc.

Speriamo sia di pubblica utilità.

 

bulle/bulli e potere: DENUNCIATE.

Ieri in occasione della trasmissione di Gianluca Nicolini su Radio24 dedicata a “i bulli quando crescono” è stata “eccezionalmente” ospitata una telefonata interessantissima anche di una donna, bulla in giovane età, ora, dice “che si vergogna di aver fatto quelle cose”.

Il racconto di come si svolgono i fatti rende la “violenza di genere” tutta una prospettiva e non un fatto, rendendolo quindi anch’esso soggetto a misurazione dei numeri in quanto a “fenomeno sociale” ma non in quanto a fenomeno umano o “insito nel maschio”.

L’essere bulli è una questione di potere. L’insicurezza data dal non essere non leader, ma indiscusso si, rende la necessità della occupatio impellente. Mettere in chiaro chi “non si può offendere”, in cui ovviamente cosa sia offesa lo decide sempre l’offeso. Questo (che cosa mi offenda lo decido io) ovviamente è giusto: ma la mia reazione non può travalicare il giusto.

Per cui dico: in un mondo fuori dallo stato di diritto, il potere è derivato dalla forza per contrasto diretto: la lotta, il combattimento, la violenza fisica. Questa donna tra l’altro dice “non si tratta di chi è più forte ma di chi è più cattivo”. Illuminante anche questo. Continue reading →

Free for noncommercial!

Software – Quando la licenza dice “free per uso non commerciale” , “gratuito solo per uso PRIVATO” oppure “shareware” , “trial 30 giorni”, ecc … ci sono tanti simpatici manager, direttori, proprietari di aziende, che considerano il software “gratuito”.

Ad esempio gli antivirus, pressoché indispensabili per Windows, ma nessuno li vuole pagare. Ma “quanto è illegale” installare (e tenere dopo il periodo di prova) un software free-fornoncommercial in ambiente commerciale, rispetto ad esempio all’underlicensing di un software dichiaratamente commerciale-e-basta? (acquistare UNA copia e installarne 25). Spesso a questi generi di pratica sono suggeriti con molta convinzione da parte di chi sta sopra nella catena di comando a chi poi se ne occupa… e se questi non lo fanno sono considerati negligenti (non hai obbedito, non fai quello che ti dico di fare).

Ma la BSA si gratta? Per dire: se la BSA – ammesso e non concesso – si occupa solo dei suoi associati, allora sbaglia, perché se quest’altra pratica la si lascia passare, agisce come la concorrenza sleale!

Se – sempre ammesso e non concesso – Avira free (esempio!) viene installato su 13 postazioni in un’azienda e mantenuto sempre, quanto è illegale, rispetto ad un Kaspersky acquistato in una copia e installato su 13 postazioni? Perché se “è uguale” e soprattutto chi controlla se ne frega di Avira, oppure Avast, oppure AVG … a mio avviso commettono un grave errore, perché in questo modo sembrache sia vero che il software gratuito-per-uso-privato sia gratuito anche in una PMI, da un Freelance o addirittura in una enterprise.

A me non pare che sia mai stato chiarito. Qualcuno lo fa?