Anzianopoli (musicadimmerda?)

Prima di leggervi le mie stronzate, leggetevi opinioni di un altro anziano che conosco poco, ma che, leggendo, mi sento davvero di non poter criticare troppo, anzi: Umberto Maria Giardini.

Certo mi è scesa lammerda leggendolo. Combattuto tra il dire “uuuuh, booomer!” (è vecchio circa come me, qualcosetta di più) e invece sentire “ma sai che invece… ma invece… che c’ha proprio ragione?”.

Magari con un altro stile, ma tutto sommato pure Masini, a suo tempo, lo disse.

UMG sembra ignorare del tutto gli anni di pirateria: quelli non sono dovuti alle major, ossia, certo, il prezzo del CD/Vinile era troppo alto e aumentava e i proventi non erano corretti per i musicisti e i contratti erano abbastanza una cacca se non c’erano MIGLLLLLLLLLiaWdi di MigLLLLLiiiiaWWWWdi.

Se non erro chi capì come fare furono Venditti, Vasco, Ligabue. Poco altro: ti gestisci tutto. Ma non lo so.

Però la pirateria prima dei CD e poi via internet sono stati il primo grandissimo driver per il mutamento globale di questo settore. Le major rispetto agli artisti lavorano UNICAMENTE per il profitto. Quindi ragionano su meccanismi di profitto. Per rialzarsi e lavorare sulla musica liquida e soprattutto sullo streaming ci hanno messo un tot. Ma laddove è pure vero che su internet tutti possono fare tutto (e se quello che vuoi è fare e non vivere di quello che fai, cazzo, è straordinario!) , quando tutti possono fare tutto lo fanno, saturano di prodotto, nessuno è interessato a filtrare qualità, ma tutti sono interessati a produrre un meccanismo controllabile di guadagno.

Quindi: da investimento devo produrre guadagno? Uso tecniche. Devo produrre arte/qualità? Faccio un’altra cosa. Ci voglio mangiare? Eh.

Non ne esco in niente che mi interessi. Alla fine tutti possono scrivere. E persino pubblicare (eccomi qui). Persino su carta. Ma FARSI pubblicare è un’altra cosa. VENDERE è un’altra cosa. Che la gente LEGGA quello che hai venduto è ancora un’altra cosa.

Per la scrittura però la cosa è più antica. Non tutti quelli che sanno e possono scrivere sono scrittori.

Una parola che sendo essudare come vomito da questi luoghi è “dopolavoristi”. In un mondo attuale che cerca di ricordarti che tu non sei il tuo lavoro e che il modo in cui ti guadagni da vivere non è quello che ti definisce, è un po’ stronzo dire così, soprattutto dopo aver riconosciuto l’attuale contesto.

Leggendo di fotografia, spesso, quando riesci a capire chi era l’autore o l’autrice, beh… erano tutti dopolavoristi? Magari non tutti. Ma moltissimi non facevano per lavoro quello che li ha fatti diventare (magari postumi) famosi. Tanti sono famosi per cose fotografiche che non erano il loro lavoro.

E spesso autori di libri fanno altro. Difficile che si dica “scrittore dopolavorista”. Magari dici “medico, scrittore”.

I soliti –ismi del cazzo.

Resta il fatto che ora io stesso sono in quella posizione. Fare quello che vuoi, in un mondo in cui tutti possono farlo facilmente non sarebbe poi un problema. Ma a me sembra più che altro che sia tornato qualcosa che ho vissuto 30 anni fa, quando chiedevi “tu che musica ascolti?”

“ah io ascolto la Radio”

Cerca “Radio” e sostituisci con “playlist top 50 <annocorrente> spotify” [invio]

Non fare confronti (thanks to the penis)

Egrazialcàzzo – tu non fare confronti! – ti dicono. Eraclito avrebbe riso parecchio forte. Eppure la mia regressione, il mio declino iniziato già da un punto non poi troppo alto, circa trent’anni fa, è evidente sempre, quando chiedo, parlo e – mi confronto, così si dice – con altre persone.

Certo magari seleziono le persone interessanti. Lo sono, quindi ecco che sono sopra la media, media di cui io invece faccio – lo dico io – parte. La rapidità di risposta e pensiero critico complesso a domande abbastanza astratte che ho ricevuto su questioni spinose e controverse è stata stupefacente.

Ed era “ho sparato a caso”. Eh beh, cara amica, se hai sparato a caso in quel modo, non voglio immaginare che succede quando ti metti lì a pensare con calma.

Era tutto cervello? Era preparazione accademica e muscoletti fatti con questa?

Carlo Hitler, perché hai pensato solo all’efficienza? Se avessi pensato ad un modo indolore, io mi auto-assumo nelle fila degli eliminandi. Inferiori in corpo, spirito e mente. Lenti, deboli, di mente, di corpo, di spirito. Sono io. In questo mondo queste cose sono vive e presenti, necessarie.

~

Oggi me ne vado al vaffanpride della mia zona. Ne sarei moderatamente entusiasta, mi va di dare il mio supporto, se non fosse che è alle 14.30 SOTTO IL CAZZO DI SOLE BATTENTE ZIOMAIALE.

Ma lo farò. Ovviamente dopo aver sentito anche solo parlare di virtue signaling non so più che cazzo sto facendo: sto dando il mio supporto o sto ostentando ed esibendo il fatto che lo faccio? E’ indistinguibile ed intrinsecamente legato alla natura dell’evento che, appunto, rende necessaria la manifestazione esteriore della cosa per dire “smetti di stupirti, noi esistiamo” ?

La faccenda della sessualità, del sesso vero e proprio, è una questione in tutto questo? Domanda che mi è stata posta ieri. E sono d’accordo: sul porsela. La mia, di risposta, è che si, lo è, anzi, è tutto li. Chi infila cosa dove, chi manifesta che ama chi – e per amarlo fisicamente ci farà sesso.

Ok la mia risposta è si.

Ma per darla ci ho messo un tempo infinito ed ho argomentato in maniera poco solida.

Delirium – Humanitas

Titolo a cazzo, perché termino con argomento solito, cavallo di battaglia perdente mia.

Ascolto le storie dei Pietro Maso ed Erika ed Omar, raccontate ora; mentre accadevano io facevo altro. Spesso facevo altro invece di ascoltare la cronaca, la politica, quando accadeva. Forse una certa dose di inconsapevolezza era anche il segno di attività ed attenzione dedicata a qualcosa che occupava tempo, azioni e pensiero. Mi preoccupava e mi dava meno visione negativa del mondo, che già non si scherzava a ottimismo.

Io li capisco questi poveri stronzi. Vogliono tutto e subito. Vogliono la libertà. Odiano la fatica, sentono che è una inculata vivere altrimenti.

A me, ragazzi? Davvero non serve dirmelo. Quello che ho però capito durante il tempo è che persino in alcune persone apparentemente irreprensibili, se espongo la mia visione, e cioè la prosecuzione di quel ragionamento con “… ma non a scapito di qualcun altro. Se qualcuno deve morire perché non accetto che il vivere la mia vita sia una merda, quello sono io, nessun altro” – ecco, in quel caso più di una persona e in diverse occasioni mi ha obiettato “eh no, vaffanculo, porto qualcuno con me!” oppure altre versioni di “prima tu e gli altri si fottano”. Ma caro amico… gli altri sei tu. Ti fotto, ti uccido? Mi prendo la mia libertà contro la tua volontà? Che dici? Ho voglia di incularti, che dici faccio quello che voglio io?

Quelle bestie siamo tutti. Quello che si frappone fra il nostro proposito e l’obiettivo suscita rabbia, deve essere rimosso. Violenza. E se resiste? Frustrazione che diventa odio.

Con la disponibilità del suicidio rapido-e-indolore a prezzo di un paio di pizze e la rimozione dell’istinto di sopravvivenza come spinta primaria, dovremmo negoziare meglio tutti assieme. Mi sfrutti troppo, vado. Non ho dove andare muoio. Quello che ha preso il mio posto si accorge presto della cosa muore. Dopo un po’ ti devi arrangiare muori. Quelli che stavano osservando la cosa dicono “hey, forse dobbiamo rimuovere ubi maior e lavorare per il maggior bene degli individui, ma sicuramente non per il male, che dite? Ma dite quello che volete, tanto altrimenti desidererete e otterrete di sparire… quindi dobbiamo farlo”.

Ok, vado a folleggiare altrove.

La foto falsa di Lou Barlow

M. mi scrive testuale “…gli [nomedelgruppo] ho provato a sentirli, ma mi provoca troppe emozioni non riesco. Me li metto in una chiavetta e ascolto in macchina forse è meglio. Poi ti descriverò le sensazioni”.

Voglio bene a M. e questo tipo di messaggio me lo conferma. In qualche modo sento scalpitare l’impazienza dentro di me: da quanto ho recuperato il “demo-backup” fatto approssimativamente nel 1998, in formato solo audio (e pure parziale!) ho sentito O. , batterista, osservando il quale F., il nostro batterista, prendeva spunto ed imparava. Gli ho fatto sentire un pezzo alla volta, ogni volta era “wow”. Si dice onorato che gli abbia chiesto di recuperare e ri-registrare la batteria. Alla fine anche M. , con la cui chitarra sgangherata ma ispiratissima ad un certo suono e ad un certo gusto, mi confrontavo e si costruivano i pezzi, anche lui ha voluto sentire. Abbiamo tutti quasi 50 anni.

Col passare degli anni, ma attorno al 2001-2003, mi accertai che sia a F. che a C. (voce) non gliene “fregasse niente” e “fai quello che vuoi” fu la risposta generale. Ma M. no, sentito in questi mesi, mi dice che a lui importa eccome. Ne avrei fatta una questione di libertà artistica più che di copyright: pensavo “dai, fammi il favore di ri registrare le chitarre in modo che eventualmente possa lavorarci” … ed eccoci qui.

Quando bruciammo quelle calorìe? Io credo tra il ’94-95 e massimo il ’97-98. Poca roba. Tantissimissimisssima roba. Ossessione, interesse, concentrazione, convinzione, impegno, fatica, confronto, lavoro, contrasto, esercizio, ripetizione, freddo, difficoltà, viaggi e chilometri, vita di gruppo, poca figa ma anche tanta, la scena che esisteva.

Credo di poter elencare i luoghi dove fisicamente suonammo. Pochissimi. Ma i pezzi erano il succo spremuto di quattro persone diversissime con gusti diversissimi che solo una certa educazione, io credo, riusciva a far stare assieme producendo qualcosa di bello. O perlomeno per me lo è, lo è stato in questi anni, lo è ancora. E vorrei che esistesse una versione ascoltabile dal mondo. Persino con dei video.

Speriamo che a M. queste emozioni facciano bene, non male. Magari si tuffa in qualcosa in cui io vivo molto spesso: il passato.

Il titolo del post si riferisce ad un ritaglio di giornale, che mi ricordo fotocopiato su carta blu e probabilmente arrivato via fax. Era un articolo nella cronaca locale che parlava di noi. Non avevamo una foto e così FDM (ora cantantautore dei NVCC) che scriveva per il giornale decise di mettere la foto di Lou Barlow e dire che era C. … o qualcosa del genere “tanto la gente non sa un cazzo”.

Tenevo quel foglio nella custodia del basso di mio cugino, custodia rigida con interno in pelosetto rosso. Forse per testimoniare che “eravamo qualcuno”. Che eravamo esistiti.

Eh ma

Dovremmo chiedere critica solo da parte di coloro dai quali le accetteremo. Non hanno nessun altro senso, altrimenti. Forse si, se siamo statistici, se siamo distaccati: avere una base numerica di sensazioni e impressioni di chi riceve ciò che di nostro gli viene sottoposto. Ma tutto qui. Siamo poi in grado di elaborare e fare nostro o comunque utilizzare noi in modo costruttivo la critica? Di per sé la critica è una critica, non è distruttiva o costruttiva. “Fa schifo” non è una critica. “E’ scuro” è una critica. “è troppo zuccherato” “eccede il livello” “ha troppi bassi” “manca di spessore” “è scomodo e ti mostro quando”. Queste sono critiche fattuali, ti dicono cosa succede. Tu puoi o puoi non prendere provvedimenti. Puoi considerarli o meno.

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ZONA GIALLA

COVID-19, Italia, Nordest. – Ogni giorno qualcuno, da quando il presidente del consiglio Conte ha emanato l’ultimo DPCM, con decorrenza 5 novembre 2020, qualcuno fa la sua sparata “siamo in zona arancione”, “siamo verdi”, “siamo rossi”, “c’è il coprifuoco”, “è lockdown”.

Maddove, maddeché, ma checcazzo! Ma chi lo ha detto, dove, fonte ufficiale?

Alla fine la zona verde è scomparsa ed è diventata gialla. Siamo in zona gialla, poco male. Beh il coprifuoco è un po’ una cosa che rompe il cazzo solo a me, in questi posti. Di gente che esce o vive di notte non ce n’è mica tanta altra, a parte nel weekend. E io più che andare in studio o a farmi un caffé non è che mi faccia ‘ste orge di festa.

Questo post è una palla. Ciao.

su “femminicidio”

Non sul, ma su. Sulla parola. La parola mi ha lungamente infastidito, dal punto di vista della pedanteria, pignoleria, del ragionier rompinelli, dei conti che non mi tornano. E tutt’ora, quelle ragioni non scompaiono. Tuttavia la spiegazione fornita dall’aforisma attribuito a Michela Murgia mi spinge a riflettere sul fatto che la parola mi spinge a riflettere, la usiamo per quello. La citazione dice

A cosa serve chiamarlo femminicidio? La parola omicidio comprende già i morti di tutti i sessi!

No, la parola femminicidio non indica il sesso della morta. Indica il motivo per cui è stata uccisa.

Una donna uccisa durante una rapina non è un femminicidio. Sono femminicidi le donne uccise perché si rifiutavano di comportarsi secondo le aspettative che gli uomini hanno delle donne.

Dire omicidio ci dice solo che qualcuno è morto. Dire femminicidio ci dice anche il perché

Michela Murgia

e così la prendo.

La mia palinculaggine (o pigna, se siete più moderni) mi spinge a ricordare che se questa fosse la logica dovremmo avere dei termini di sottoinsiemi di omicidio-con-causa-e-autore infiniti. Non abbiamo il tradicidio (omicidio-assassinio ai danni del traditore operato dal tradito quale che siano i sessi degli interessati) o il “sindacalisticidio” o una parola unica pari ad “infanticidio” ma dedicata a “omicidio-per-mafia”. Continue reading →

e il naufragar m’è amaro in questa merda

I rumori che vengono dalle case quando cammini per strada a quest’ora mi piacciono molto. Mi rassicurano, mi tranquillizzano e mi danno un senso di normalità, di tregua. Quella vecchia idea dei rumori del pasto del condominio, delle palazzine affacciate sulla strada… e anche se solo tu non sei li, a tavola coi tuoi, a mangiare, li immagini. Ci accomuna. Ci accomunava, più che altro. A noi Italiani il cibo fa abbastanza bene. Il tintinnio delle posate sui piatti di ceramica, o dei piatti che vengono messi nell’acquaio per essere lavati.

Mentre torno e il cielo si fa – grazie – scuro e promette un po’ di refrigerio che spero non sia solo umidità, sento questo rumore, per fortuna.

Mentre tornavo pensavo che forse non è vero che non posso essere amato. Qualcuno, di tanto in tanto, si innamora. Ma non dura, non mi ama, non resta. Questo significa fare la verifica, persino metterci il cuore. Non ha importanza se è infatuazione, amore, attrazione, colpo di fulmine, se le amo o non le amo. Non sono fatto per essere amato, sembra la conclusione. Continue reading →

意大利人如何清潔 ?

最好學習如何在德國或奧地利進行清潔。在意大利北部,意大利人所期望的清潔就屬於這種類型。清潔必須準確,必須質量好。

乾淨一切。不要只在桌子和地板上的物體附近清潔,也要在下面清潔。你必須移動,清潔一切,清潔地板,清潔浴室,非常好,消毒,你應該永遠不會覺得沒有氣味,既不好也不壞。乾淨的氣味是愉快的。

在桌子上移動物體,在下面清潔,而不是在周圍。清潔所有單個物體。使用洗碗機。使用手套。如果你在烹飪時使用手套,但是在餐具或筷子上沒有戴手套的手是愚蠢的。所以總是戴手套。

應首先用洗滌劑清潔地板,然後沖洗,然後乾燥。你必須用牙刷或蒸汽在瓷磚之間清潔它。每30分鐘檢查一次浴室,如果有問題,請立即清潔。

如果餐具掉到地上,你必須立即帶上新的餐具給顧客。您經常需要對餐桌進行清潔和消毒。您必須清潔並消毒銷售貨架。你必須清潔和消毒你喝的地方和你吃的地方,尤其是放置碗和餐具的地方。

真的做清潔,不要假裝並表明一切都很乾淨。它真的需要清理。

檢查天花板和蜘蛛網,檢查隱藏的角落,窗簾後面,移除和清洗,並至少每月更換一次窗簾。浴室的天花板,廚房,大廳,電梯,走廊必須乾淨。在燈光周圍和蜘蛛網可以形成的地方:始終檢查和清潔。

昆蟲或老鼠是不可接受的。如果你在房間裡看到它們,你必須感到羞恥並解決這個問題。它絕不能再發生。

必須清除庭院中的雜草,必須清潔窗戶,必須照顧花朵,所有窗戶必須每2天清潔一次。必須清潔指紋。我們不能撒謊,我們不能假裝:我們必須真正清潔。

客戶真的很欣賞清潔。甚至控制當局也希望清潔,並認為外國人不會清理。所以,讓我們不要跟他們一起:我們幹得好。

之後他們無法說它很髒。

architettura e fotografia

Ieri mi aveva stupito che una modella volesse stampare le foto che stavamo facendo. Oggi ho scoperto che faceva architettura. E questo spiega molte cose. In effetti tendo a dimenticare che chi studia architettura ha parecchio a che fare con la fotografia: si studia, si danno esami e la cosa ha anche a che fare con la formalità, con l’estetica, con la pratica.

Ecco quindi che con la frequentazione e la conoscenza viene anche l’apprezzamento. Ecco anche come mai tutto sta involvendo in Italia: mancanza di cultura, di interessi. Se ti interessa una cosa hai più voglia. Se ti si presenta davanti tenderai a interessartene invece che ignorarla: so simple.

Ho poca speranza per l’Italia. Leggiamo meno, ci interessiamo meno alle arti. Almeno un po’ di gusto generalizzato in quello che ci circonda lo abbiamo ancora. Ma boh, non so nemmeno quello.