Il dovere di esistere: il “senso” è la nuova religione laica

La ricerca di senso (o come suggerisce RDF – “di talento”) viene indicata ormai con le stesse modalità con cui si trattava la ricerca di dio, oppure la vocazione. Dio mi ha parlato: ho la vocazione. Ho il talento: devo farlo. Se non faccio questo sto male: il pallino per questa cosa, il mio motivo di vita. Ma se non lo hai, biasimo a te. Se lo hai poco. Se la fatica è infinitamente più del risultato. Non importa, Dio ha voluto così, non importa, lo scopo della vita te lo richiede, la realizzazione piena te lo richiede, la messa in pratica del tuo talento, che tu hai riconosciuto e scelto ma che in fin dei conti non risulta in un bel cazzo di niente, te lo richiede.

È sempre patologico, mai razionale. Solo perché non è una pulsione ma una sua mancanza, come non avere il gag reflex. Ma non diciamo sempre che la pigrizia ed il risparmio energetico sono una delle più potenti “pulsioni” (come la molla che tira indietro, più di quella compressa) del nostro corpo fisico? Più il non-fare del fare. Quanto innaturale è? E poi che ce ne frega del naturale? Ci paragoniamo agli altri animali solo se vogliamo e come vogliamo mh?. Noi pensiamo, del resto. Pianifichiamo, astraiamo, sogniamo, facciamo bilanci, decidiamo in base a dati, quindi possiamo anche pensare che quella cosa che dovresti fare se vuoi vivere, beh, non la farai, perché non vuoi sopravvivere.

Sentirsi sega perché si è sega, sentirsi considerati sega in quanto si decide di non esistere in quanto sega… è un biasimo relativo al biasimo. Resta qui, soffri con noi. Massimamente “sii uomo” : gli uomini vivono e soffrono. Beh ma che bello.

Un pugno stretto attorno al cuore per ogni progetto, per ogni considerazione di valore e giudizio sul reale, la constatazione che stando così le cose le cose ti fanno schifo e che le cose stanno così perché il tempo è passato e non si torna indietro, colpa tua? Ma si, certo è pure colpa tua, quindi? Devo pagare pegno restando qui? Forse un buon impegno è studiare il tanto necessario per morire senza dolore.

Chiudere baracca quando i conti sono in rosso non è irragionevole. La baracca sono io. E aprirne un’altra è ragionevole. Ma infatti, a questo serve la quantità di esseri umani che nascono ogni giorno: sono nuove baracche che vengono aperte. Auguro maggior successo a loro.

i ragazzi non hanno voglia di lav MA FOTTITI

Ascolto Radio24 ora; Barisoni intervista un professore universitario da cui si aspettava (lodevole) una opinione completamente diversa da quella che normalmente viene fuori dal suo commento ai fatti. Fatti che sono gravi, di solito, rispetto allo spreco, alle truffe ed all’utilizzo di risorse da parte delle regioni Italiane. Ci ricorda, questo professore, che quando andiamo a leggere sui documenti, fuori dai proclami politici, le regioni del nord sono voraci ed egoiste come e peggio di quelle del sud. Vorrebbero, ad esempio, la gestione completa di opere che sono situate sul loro territorio, si, ma che sono state pagate da tutta la nazione, non solo da loro. E questo non è poco, perché per ogni regione ce n’è una da miliardi. Ok. Mi interessa. Ci sta. Dobbiamo ragionarci. Continue reading →

i soldi che non fanno la felicità

quanto infelici si può essere per carenza di soldi? perché si può essere sicuramente infelici con i soldi, certo.

Ma vogliamo citare alcuni casi assolutamente non eccezionali?

Hai un disabile, un anziano, un figlio, devi lavorare, nessuno che te li tiene.

Hai uno stipendio talmente basso che non sai mai se riuscirai a mantenere in funzione auto, in circolazione con bollo ed assicurazione e ti serve proprio per quel lavoro oppure … per cercare di avere una vita sociale, che con la felicità potrebbe aiutare.

cosa faccia la felicità non si sa.

Ma per chi lo sa, di solito, magari non sono i soldi, ma il mezzo per spianargli la strada … anche si.

Ed ora due massime gratis di qualcuno che comunque non mi dispiacciono:

E’ meglio accendere una candela che maledire l’oscurità (E. Roosvelt)

Aggrapparsi ad un passato senza futuro non è una buona idea (io, rielaborando qualcosa che non so da dove viene).

 

black mirror reale

ATTENZIONE SPOILER: di un episodio di Black Mirror.

In un episodio della serie Black Mirror che ho appena visto, in un ipotetico vicino futuro la gente ha la possibilità di memorizzare ogni cosa che vede e sente e rivederla a suo piacimento in stile videoregistratore, anche proiettandola in dispositivi esterni (televisori eccetera).

Il protagonista percepisce che la moglie lo ha tradito, vede e rivede cose in cui si, alla fin fine ha ragione… ma che gli causano un dolore infinito, nella cruda Verità di quanto accade, la lama più tagliente per un maschietto: la tua donna che fa sesso con qualcun altro, che ride quando lui parla, che è un po’ spenta per te. Lo vede e lo rivede, riavvolge e ha modo, non di avere un dubbio, ma di essere sempre più certo di non sbagliarsi. Alla fine scopre inganno su inganno ma di una donna che ormai lo amava? Comunque sbugiardata con durezza lei se ne va, lasciandolo con solo la verità e la ragione, in una casa fredda in cui può rivedere in totale vividezza gli stessi luoghi con lei dentro, nei ricordi videoregistrati, luoghi che allora erano scaldati da lei, dai suoi occhi che lo amavano.

Alla fine si strappa l’impianto per non dover mai più rivivere con nitidezza nulla.

Sono io.

solitudine con sfiducia: un godimento invidiabile

Ormai sarà la terza volta che mi arriva uno di quei powerpoint ottimistoni sullo stile “test assunzioni: ti chiedono cosa vorresti che dicessero alla tua veglia funebre” – tanto che ormai so la risposta prima di sciropparmi tutto : “cazzo, si muove!”. Ha – grandi risate. Il punto è che in quel momento io probabilmente … stringerei parole troppo gelate per sciogliersi al sole. Ma per i meno raffinati: probabilmente #turpiloquio, tanto, pesante, volgarissimo #turpiloquio.

Il mondo ti dice che sei solo e devi abituarti a percorrere la tua via da solo. E forse ai forti questa cosa non fa grande effetto… tirano un bel respiro, sono un po’ tristi, ma tanto ce la fanno con le loro forze. E io vi invidio, forti, perché siete forti.

Io mi sento una merda ambulante circa ogni 10 minuti, ormai; gli alti e bassi non sono più questione di “ieri e oggi”. E di tanto in tanto cerco di prendere il mio rapporto in maniera più positiva di quanto non sia realistico e opportuno fare, probabilmente. Sono solo, nella realtà. Affettivamente se va bene ho amici. Ma come diceva quello… ho bisogno d’amore perdio, perché sennò sto male!

Ogni gesto di gentilezza che le faccio ora riceve quasi sempre una smorfietta, una condizione per essere accettato, non è gradito perché comunque sarebbe stato meglio in un altro modo… Io non sono perfetto. Sono sommamente imperfetto: un mediocre già tempo fa, ora tendenzialmente in peggioramento. Ma non rivolgere più gentilezze sull’onda del “fanculo cosa te le faccio a fare che tanto non va mai bene, non sono mai, semplicemente, gradite” … non è da me. E’ vero, sulle prime mi verrebbe da dire che se avevi freddo e ti ho preso qualcosa, se non era quella che preferivi ma non ti sei alzata, comunque non è male… non è perfetto ma non è male. E così per ogni piccolo gesto per te.

Perché non è vero che è il pensiero che conta, l’importante non è partecipare – e così via. Lo vedi negli occhi di chi ti sta di fronte: ad un certo punto non sei gradito. E sei ancora meno gradito perché non hai fatto niente di male.

E questo potrebbe essere solo un piagnucolio isolato su un dettaglio. Ma io lo sommo a come sto… e non riesco a superare nulla: non c’è nulla che io riesca a superare adesso… il mio stato mentale è penoso… i sensi di colpa per ogni cosa… le aspettative nei confronti di tanta gente, la mia immobilità verso tutto e tutti … circoli viziosi, malessere, sofferenza e nessun passo verso la soluzione, niente di utile per nessuno… e la relativa tranquillità solo di notte, con il terrore al mattino.

blaaaah.

Terrore al mattino e lucidità di notte: la spassosa chimica di questo borderline.

La mattina mi batte il cuore all’impazzata. Batte forte, ho paura. Senza alcun motivo ho paura. La respirazione è sempre un po’ apnea e poi respirarespirarespira. Da tempo, questo, da prima del batticuore. Cerco di fare semplicemente pipì, ma inizio a pensare a qualcosa che dovrei fare al lavoro, che già penso che non farò bene, che non saprò fare, che qualcuno mi biasimerà un giorno od immediatamente per non aver fatto come se l’aspettava od in modo ad esso utile. E non importa se tra 6 giorni sarò in mobilità. E così quello che potrebbe essere un normale riposo diventa agonia, temperatura che sale, sudore, temperatura che si abbassa, freddo. E così via.

Non c’è ragionamento in questo, non un vero – logico – ragionamento.

Ogni attività che intraprendo, qualsiasi microscopica ed insignificante attività, la sento come una perdita di tempo di cui sentirsi in colpa. Faccio questo ma sarebbe stato meglio se avessi fatto quello. Faccio quello? Sarebbe stato meglio se avessi fatto quell’altro. Continue reading →