nel mezzo del cammin di nostra vita: la morte

A little help from my friend, forse: un link con degli indizi e poi alcune indicazioni più precise.

C’entra il Rum, vedo. Purtroppo questa cosa mi fa schifo. Non sono un bevitore. Magari col tempo trovo un superalcolico che mi piace e trovo il modo. Intanto andiamo nella direzione. Mi ha anche indicato due farmaci, ma si passa sempre per la via “dì al tuo dottore che hai molto molto dolore e vedi se ti da questo o questo”.

Si ma che cazzo di dottore è se non verifica? Mica ho un dottore del menga. Vedremo, magari qualcuno che lavora con gli anziani.

Hey! La mia stalker!

Si ma lei mi vuole vivo, cazzo. E poi non credo che abbia accesso; sicuramente lavora con “i suoi nonni” come dice lei… e magari potrebbe. Va beh, io comunque ho moltissimi punti fermi ora. 25 anni, 12+4 mila euro da procurare (10 debito ad amico x casa, 2 a B perché sono un pezzo di merda, 4 per le mie stesse spese funerarie, che dovrebbero coprire una morte “basic”).

E nel frattempo si va avanti. Ma meglio. Pronti a premere il tastino.

Tool: così belli da deludere

Hey, questo post non è una recensione. Questo blog è comunque sempre autobiografico. Parla di me. Non vorrei illudervi.

Aspettative, delusioni: legati inscindibilmente. Quando sono arrivato all’ippodromo del Visarno (le Cascine) e poi nel prato, mancavano si e no 10 minuti all’inizio. L’esperienza dell’anziano e arrivi così, a vedere quello che aspetti da mesi e mesi in assoluta tranquillità, senza ansia, senza correre, senza fare file, senza morire sotto il sole dal giorno prima, senza fretta e magari pure avendo dormito e con la panza piena. Continue reading →

IncoeRenzo

Diciamo che lo chiamiamo Giangi. Tanto per.
Bene. Avanti:

Poco fa ero “a bermi una birra con” Giangi (io non bevo, lui beve), al quale devo tutto perché io lavoro perché mi ha trovato il posto fisico in cui esercitare ad un prezzo che altrimenti ciao. Oltre al fatto che ha superato una separzione e divorzio in modo encomiabile, questa sera mi descriveva la differenza con cui (senza usare questo verbo) giudicava i suoi figli, sempre con amore, ma dicendo che Pippo “era un uomo” perché aveva l’intelligenza delle mani e quella del cervello (non ha usato queste parole) e soprattutto, in sostanza, si era sobbarcato una serie di responsabilità tra i 18 e i 21 anni, ingravidando la sua tipa, mantenendola, mantenendo il piccolo, lavorando come un mulo, tornato dal lavoro facendo lavori fisici di ristrutturazione e arredamento della casa, pagando il mobilio, aumentando il suo ruolo nella ditta metalmeccanica in cui lavora fino, in 3 anni, a comandare una piccola squadra di 4 persone ed oggi riuscire a fare un finanziamento per un’auto (che lui, Giangi, due settimane fa aveva definito eccessivamente lussuosa ed un capriccio della moglie) e comunque, mi dice, felice di fare quello che fa.

Prima botta mia: il mio piccolo grillo parlante interno mi fa tic tic sulla spalla e mi dice “eh, vecchio, tu non sei un uomo, ti rendi conto vero? cioé, hai capito vero? non so se ti è ben chiaro ora te lo dico io parola per parola: TU-NON-SEI-COME-QUELLO-LI-E-QUINDI-NON-SEI-UN-UOMO”.

L’altro figlio Pluto, nonostante, mi racconti, alla tenera età di 18-19 anni, si sia trovato in terra straniera, grande città, ad un certo punto abbandonato a gestire la responsabilità di 9 gelaterie assieme solo ad un paio di colleghi per una “figa della proprietà” per motivi familiari, che fosse in una grandissima città e non conoscesse bene la lingua se non per il lavoro di sala e laboratorio (cucina, se volete) – dice, nonostante questo, tutto sommato e anche a detta delo psicologo, dentro di se rimane un fanciullo, che affronta la vita e la subisce in modo differente.

Ecco, tra i 17 e i 18 Pippo e Pluto sono venuti entrambi a posare da me.

Pluto è quello che la scorsa settimana mi chiedeva di chiamare da me perché “lo aiuta, gli farebbe bene”. Da me.

Ne parlo con Giangi direttamente, ricordando che oltre a suo figlio, che lui stesso mi manda a mo’ di “terapia”, altra gente si presenta da me con questo spirito, del fare un passo, di mettersi alla prova, di sentirsi in un certo modo. Da me, dico, che non so certo aiutare me stesso. E Giangi mi risponde “è perché tu sei sociale… “.

Eh?

Vado a dormire. Che domani arriva un’altra di quelle che forse non ha capito come funziona la cosa. Che sono loro che vengono a posare per me, per il mio scopo, e che quindi le foto e il soggetto della foto è scelto da me. Non il contrario. Per il contrario si chiama lavoro commissionato e si paga. La cosa che funziona con me è che se le foto che io ho fatto sono di tuo gradimento, essendo state scattate per scopo professionale da un professionista, hanno intrinsecamente qualità e tecnica professionale. Non sto ad elencare che per qualcuno esiste il piacere di farlo o la gratifica personale di sentirsi bene o belli o “all’altezza di essere nella pubblicità”. Questo, per molte persone (che comprendo bene!) è una puttanata, secondario, effimero, ininfluente, superficiale. Ma tecnicamente quello che ottieni è una serie di buone foto con te dentro, scattate per il mio scopo. Se però non te ne frega, lo capisci. Se coincide, figata. Se comunque ricadi nel secondo caso (ti diverti) allora tutto questo è secondario. Ma finché non si prendono il tempo di capire (nonostante io glielo spieghi per iscritto e dettagliatamente, visto che non ho il potere della sintesi) ascoltandomi, chiedendo, guardandomi in faccia… a volte non capiscono. Vabbé. Fa parte del gioco. Dormirò poco.

Prima di partire #20121223-bis

film meraviglioso ma MOLTO triste

Sapere come morire, avere un metodo pratico e con tutta probabillità efficace, rapido ed indolore, mi ha tranquillizzato. La punta intensamente dolorosa, come i denti di una tagliola che ti prende le vene, il cuore, il collo e l’esofago (o il duodeno, non saprei) … queste molto legate all’ansia, al terrore, che ho conosciuto bene, queste sono scomparse. Avere quindi una via d’uscita mi ha tranquillizzato, mi ha reso un po’ pià sereno.

La sensazione che non mi molla mai è quella di una specie di fatina malefica che mi sussurra “sei uno sfigato”, che mi ricorda che come essere umano sono un fallito, che non riesco a “tenermi le donne” più meravigliose che io avvia avuto l’incredibile fortuna di incontrare: ragazze meravigliose, dalle moltissime caratteristiche che adoravo, che desideravo per me, che si adattavano a me. Se ne sono andate via sbattendomi il cuore in faccia, oppure la porta.

E fin qui, tutto normale per voi vivi. Continue reading →