Riconosco le quattro

Le quattro riesco a riconoscerle. Mentre qualcosa mi tiene sveglio, il mal di stomaco sottolinea, l’amaro in bocca lo accompagna mi chiedo che ore siano. Ascolto. Non sento quasi niente. Ed è un quasi niente che riconosco. Se mi avvicino il quasi cambia subito: il frinire è leggerissimo, diverso dalle 5, diverso da quello del pomeriggio caldo. Niente uccelli. Rarissimo il traffico in lontananza. È un momento che può essere pace o dannazione: l’insonnia è così. Beh anche la vita. Qualsiasi cosa, ok.

Allora penso di alzarmi ed occuparmi di ciò che mi preoccupa. Ma una delle altre preoccupazioni è che gli occhi mi si chiuderanno e sarò stanco quando ci saranno le persone con le quali posso finire queste cose. Una preoccupazione che ho da una dozzina d’anni. Non è stancarmi ora, ma essere stanco dopo, in un momento non controllabile. Ma mi alzo, mi occupo di questa cosa inutile di riconoscere le quattro di notte o del mattino.

La mia preoccupazione più grossa è che non penso di riuscire a procurarmi la morte rapida ed in dolore con una sostanza facilmente ingeribile. E figurarsi reperibile. La vita, del resto, si presenta con sempre più schifo e meno bello. Più problemi e meno serenità a farla da anziani.

Le altre preoccupazioni sono tante, ma quelle attuali trattano gli anziani veri, i miei.

Mi accordano una fiducia sostanzialmente illimitata ma io la vedo anche come una gran rogna. Non so se con arroganza, supponenza, incoscienza ma stranamente li capisco: mio fratello ha dato prova di inaffidabilità (e menzogne) e mia sorella è troppo concentrata sul terrore per sé. Certo non sanno che desidero e cerco la morte. E non dico affatto che i miei fratelli non abbiano ragioni per sentirsi come si sentono. Ciononostante il risultato è che se sei nel bisogno di dire “a chi affido questa cosa qui” ? Ti guardi intorno e il meno peggio forse sono io. Il che è orrendo, il livello è basso basso.

A volte penso che le “abilità” che ho accumulato sono grigie e burocratiche, ma davvero utili in queste situazioni: gestire regolarmente, in modo tracciato, con la fedeltà con la quale seguiresti le tue, le finanze altrui. Prima una banca, poi l’altra. Mi tremano un po’ le gambe. Penso che un giorno i miei fratelli diranno che non è giusto e chissà che. Che me ne sono approfittato. Che sono state fatte delle preferenze. Ma di certo non sono state fatte col cuore, queste. Sono totalmente razionali, analitiche: sulla base di osservazioni prolungate e con quel tipo di fiuto che ti da la paura: quello la non mi piace, ma se devo affidargli la mia sicurezza vado da quella. Ecco, quel tipo di decisione.

Ho esagerato, non dico affatto di non piacere ai miei. Ma di cuore, almeno mia madre, è chiaramente per mio fratello. Forse però capisce che non può affidargli la regolarità di un conto, non è “solerte” nel sgranare le rogne.

Sto cercando dei buoni motivi. La verità è che mi sento terribilmente inadeguato, meschino, intrappolato mentre vorrei fuggire. Eppure mio padre mi tiene economicamente in vita. Mi sta dando le chiavi per gestire ciò con cui LUI aiuta me.

Credo che essersi visto rubare i soldi in casa da mio fratello sia sufficiente per spostarmi in classifica: direi non un mio merito quanto un suo demerito. Aveva dei motivi? Ok, ma tant’è.

Mia sorella non è forse capace? Certo che si, ma dà l’impressione di impazzire per la pressione di casini che già ha.

Eppure qui io sono l’unico che ingerirebbe immediatamente la pillola della morte immediata. Ho anche dato un piccolo avanzamento alla restituzione di debito a M.

Certo non sono andato avanti nell’eliminazione delle mie tracce terrene, non a sufficienza, eliminando l’inutile, il non desiderato da riciclare. Ecco, le quattro sono perfette per ragionare lucidamente (se convenite con me, altrimenti con lucida pazzia) di questa roba. Tutti dormono.

Ecco che arrivano le cinque, quasi: aumenta il volume, gli uccelli iniziano a cinguettare.

Questo no, io no. (Tilt)

Passo a preparare la scatola settimanale delle medicine di mia madre, dopo alcune altre commissioni di cui porto il risultato. Sto per andare ma vedo che vuol fare un po’ di conversazione. Mi pare che delle nipotine le va di sentir parlare e io ne parlo come parlo io. Qundi a parte i fatti, faccio considerazioni e metto in relazione alcune cose.

Ad un certo punto cito la dificoltà che riconosco nell’essere genitori in un piccolo fatto accaduto anni fa con una mia modella. Si lamentava perché i suoi genitori non avevano provveduto a lei (non faccio a tempo a specificare: alla sua salute) e che lei se ne stava occupando, ma che contemporaneamente li biasimava perché avrebbero dovuto insistere di più!

“Come hai fatto tu!” – mi dice.

Muto, colpito da questo diretto al volto, colto alla sprovvista: lei continua.

“quando hai detto che avrei potuto insistere che tu tornassi a scuola”.

Rispondo in 0.1 secondi “questo-non-è-mai-accaduto-mamma” e le dico subito come funziono, che io di certe cose ho una memoria pazzesca (mentre non mi ricordo un cazzo di altre cose), che mi fa appiccicare al luogo in cui determinate frasi e dialoghi si sono svolti, ricordo a lei ad esempio come fosse ieri di quando mi disse che non avrei avuto mai la forza di rimettermi a studiare lavorando, perché è faticoso e la sera si è stanchi. E che col tempo ho pensato che lei avesse ragione ma…

Di mille altre cose, le ricordo, sia che mi sia trovato d’accordo, sia in disaccordo, ho riavvolto il nastro e confermato o smentito: avevate sbagliato, avevate fatto bene. QUESTA non è tra loro.

Sono sgomento ma sento anche: confuso.

Come può avere un simile ricordo? Da dove viene?

Poi vedo nella mia velocità di reazione la stessa che ho visto l’altr’anno in mio padre nel verificare che negava l’evidenza “no” – diceva, per cose che io so che sono “si”, ero lì, sono pietre miliari nel mio fastidio o nel dolore.

Lo sto facendo anche io, mi chiedo?

Ma conosco anche la pluri verificata inattendibilità e poca credibilità di mia madre.

Ho anche questo elemento: da sempre si lamenta che non ho finito la scuola o che ho avuto risultati scolastici non all’altezza delle loro aspettative. Non perde occasione per farlo. Non sono io a citare questo.

Penso: che si sia sognata questo evento per darsi ragione? Troppo facile che lo dica io.

Penso: potrebbe averglielo detto con la consueta violenza che quelle parole, così citate (“potevi insistere!”) e così accusatorie e scarica barile, mio padre.

Io non ho mai pensato che poteva insistere nel farmi stare a scuola. Ho pensato tantissime altre cose, ma questa no. Eppure in certi momenti mia madre ha un occhietto particolare… che sembra un attimo di lucidità, di intensità di pensiero… come se dentro di lei ci fosse un’altra persona che è migliore e più forte che se ne sta a leggere nel soggiorno della sua mente e ogni tanto si scuote come se l’avessero chiamatae si affaccia dagli occhi a dar man forte e a dire il vero.

C’è anche il dubbio che quando B mi ha detto che ho detto certe cose io ne disconosco totalmente l’ideologia, ma non dubito di lei e della sua memoria, bensì della mia. Se lei dice che ero così, lo ero. Una merda, imperdonabile, già perdonata da lei, ma non da me. Quel precedente mi fa dire : se non ti ricordi quello, magari era lo stesso momento e non ti ricordi nemmeno quell’altro.

Ma sono due persone diverse! Una è credibile, l’altra no. E poi c’è proprio la ratio : io NON penso che lei avrebbe potuto, Non ho rancore, biasimo, recriminazioni da fare su questo. Per questo mi pare che non quadrino i conti. E so anche con quanta leggerezza ed una scrollata di spalle mia madre prenda le smentite e con quanta pervicacia difenda il falso che le provo vero in piccoli fatti (le medicine: “ma io l’ho presa!” – ed è li, di fronte ai nostri occhi, nello scomparto // cibo: il suo pluridecennale “ma io ho ne ho fatto tanto!” e tutti hanno fame).

Allora riporto il tutto a B che in zero secondi mi dice “no. tu non hai mai avuto questo tipo di pensiero o di lamentela: questoè qualcosa che tua sorella potrebbe aver detto. è lei che da le colpe delle proprie scelte agli altri”. Dopodiché mi cita N aspetti che quadrano perfettamente con la ratio del mio pensiero riguardo alla scuola, al rammaricarsi mio personale, di cui io sono responsabile di me stesso.

Ma il dubbio mi resta. L’ho detto?

Il debito d’infanzia

Leggo come correttore di bozze il racconto che un mio amico sta per mandare ad un concorso. Questa storia la conosco. A spizzichi e bocconi, in un ventennio ed oltre, so che gli accenni sono alla sua vita. Ecco perché lo sto leggendo io e no sua moglie.

Lo dico perché è in quello scritto che vedo citare il “debito d’infanzia”. So cosa intende lui ma parto da questo per parlare del mio e di quello che spero facciano i genitori di tutto il mondo, che non lo sbaglino più.

Ci sono cose molto animalesche, semplici, vitali, che puoi (e che dovresti) fare da bambino, da giovanissimo e da giovane. Poi socialmente diventa difficile. Spesso lo è fisicamente, per motivi estetici oppure muscolari.

Il problema culturale, sociale, però rende questo debito insanabile: non è una cosa che dipende da te. Tu non puoi ringiovanire, non puoi vivere quelle cose in quel modo. Se questo ti segna, certo puoi “fartene una ragione”, ma così come può “farsene una ragione” quella persona che prova ansia patologica: come diceva moon, “la teoria la so tutta”. Quindi puoi ragionarci, ma non fartene una ragione, accettarlo, accontentarti.

Questo ti segna per sempre, pesa tanto nel bilancio della vita. Giocare quando potevi giocare, quando aveva un senso, quando quella gioia, quella costruzione di un ricordo d’abitudine e serenità, di gioia, di avuto, come avevano gli altri, fare sesso o simili esperienze, parlare e conoscere le cose più intime senza mistero, senza cazzate, senza moralismi né di tradizione né di religione… Fare col corpo quello che un corpo giovane fa come un corpo giovane, con le possibilità di un corpo giovane e con quel che è e mai potrà più essere. Bello, riassumendo. Con tutta la discutibilità che volete, con tutta la soggettività che volete, ma chiedete a tutti i vecchi quanto soggettivo sia che un giovane sia bello in quanto giovane, come l’altezza che sarebbe mezza bellezza. Non è nu fatto, non è scienza. Ma dammi 10 centimetri di più, dammi più forza, più vigore, più bellezza “media che intendono tutti” e non credo che la rigetterò: perché ci siamo capiti.

Queste cose le possono governare i genitori e poi in qualche modo lo fa il lavoro. Si tratta del tempo: il tempo che puoi dedicare a una cosa o ad un’altra. Conosco le belle parole che si da al valore di annoiarsi. E le capisco, posso persino approvarle. Ma non quando so che gli altri mi accoglierebbero, non mi rigetterebbero, non quando so che gli altri come me sono assieme, fanno quello che gli altri fanno e che io voglio fare. Non sono e non sono mai stato uno da gruppo. Ma in certe occasioni, in certe fasi della vita volevo stare con gli altri, nel momento in cui gli altri stavano assieme. E invece prima il dovere. Magari volevo solo vedere una cosa in TV. Ma prima il dovere. E poi? E poi niente, la roba era a quell’ora e il videoregistratore non esisteva. E guardarla anni dopo non aveva senso, chisseneincula, era background condiviso, quando mi interessava.

Altre cose certamente non le posso attribuire ai genitori. Essere uno sfigato è sempre stata mia responsabilità in moltissimo. Solo in una cosa, una sola, credo, ricordo il tentativo – un po’ indelicato – di mio fratello per tentare di de-sfigarmi. Ma smise subito, lasciando che facessi io quand’era ora. Per il resto poco, e poi non c’era. La mia sfigatezza, io credo, è da attribuire solo ed esclusuvamente a me, o per quello che sono o per quello che ho scelto.

Ma il debito contratto da bambino non si ripaga, non si può. Come andare a vivere in una città fantasma, morta da anni. Le case sono ancora lì, puoi farlo. Ma non puoi farlo.

Fatti i cazzi tuoi e campa cent’anni #1234872

10 anni fa ho semplicemente detto “basta informatica+persone”. Le persone sono ok. L’informatica è ok. Ma queste due cose insieme non devono più avere a che fare con me, mi distruggono.

Ci casco ancora, invece. Mi sembra che la gente possa essere interessata a capire cosa succeda, cosa sarà il futuro dei loro figli, visto che sono loro che dovranno parlarci. Ma il modo in cui sembra che afferrino il concetto sembra sempre che non abbracci completamente le conseguenze. Preferiscono raccontarti demiocuggino piuttosto che farsi delle domande, osservare la vastità del problema o dell’argomento, pensare alla propria vita in relazione a quell’oggetto, quella tecnica, quella pratica.

Più provo chatGPT e lo metto alla prova, ci lavoro, ci dialogo, più mi sembra chiaro che ogni bambino e ragazzino saprà cosa farci, mentre i loro genitori sbuffano solo all’idea di provare, che c’è la password cheppalle.

Ma sono cazzi loro, no? A me interessa della mia nipotina. Ma con sua madre non potrei fare questo discorso, non potrei dire “hey, facci un giro, dialogaci, interrogala, prendigli le misure e capisci cosa può fare e cosa non può e quali siano le potenzialità visto che verrà corretto ogni 2 settimane”. Ma lei, la nipotina, lei proverà. E i suoi interlocutori non saranno competenti, nemmeno per quel minimo di competenza che si ha facendo una prova. Come farai ad accompagnare tuo figlio nell’uso di quello strumento, che è infinitamente più pieno di conseguenze della calcolatrice di 50 anni fa, del computer di 35 anni fa e di internet di 20 anni fa? È uno strumento meraviglioso, ma ovviamente ci sono relazioni con l’apprendimento che sarebbe opportuno vagliare e farlo assieme ai figli: se non impari a fare le cose non le sai fare, le sa fare questo coso. Se non impari a ragionare e mettere assieme i puntini e li fai mettere assieme a questo coso, senza questo coso sarai un ebete. Un conto è non-memorizzare nozioni, un altro è avere a disposizione non solo la summa delle conoscenze del mondo, ma dei ragionamenti che il mondo ha fatto fino a quel momento, in ogni campo del sapere.

Puoi lavorare ovviamente assieme ad uno che sa le cose, ma ci lavori bene se anche TU sai le cose. Questo uno od una potrebbe essere già da oggi una macchina. Avvalersi dello strumento è fico, ma anche negli scacchi l’accoppiata giocatore-ai è meglio di giocatore da solo e di Ai da sola. Il giocatore non è certo poco preparato.

Mi sembrava giusto cercare di far presente a quanti più genitori ed insegnanti tutto questo ma… ti senti tanto una Cassandra. Così capisco che spesso la cosa migliore è: fatti i cazzi tua, che tanto non solo non ne hai abbastanza per essere decente per te stesso, cosa pensi di poter fare per gli altri? È arroganza, altro che. Tu? Tu pensi di dire a qualcuno qualcosa? Ma chi cazzo te l’ha chiesto. Stai muto e fatti le seghe mentali, come ogni sega, per conto tuo senza rompere i coglioni alla gente.

un istante della mia famiglia di oggi

Ieri mi chiama mio fratello. Come sempre “non ha tempo” di cercare un link, ma poi perde una infinità di tempo. Ad ogni modo gli serve un hub usb 3.0 da 4 porte per qualcosa di mio padre. Qualcosa di mio padre che non ha niente di usb 3. Immagino che sia perché poi un giorno lo userà qualcun altro. Ad ogni modo segno, cerco, metto in prime, e via. Ma era molto preoccupato perché mamma – che qualche ora prima mi aveva chiamato perché lui non era tornato per pranzo ed erano le 15 e lei era preoccupata per la cena e desiderava andassi a metterla su io ma tanto poi era tornato e ha fatto – era molto stanca, era troppo stanca e finiva sempre a letto abbattuta. Quindi dottore. Alleluja! Lo avevo detto un miliardo di volte che mi sembrava TROPPO stanca. Boh nessuno mi cagava. Bene allora ottimo. Quando? Domani ore 9.

Lo sento ore 9.30 messaggio whatsapp: il doc passa tra le 14 e le 15, aggiornamenti futuri.

Lo sento alle 15: l’hub era arrivato (lo sapevo, amazon non mente) e il doc aveva la diagnosi ancora prima di vedere mamma: grave insufficienza renale da cui deriva tutto il resto. Fare movimento. Posso procurare una mini-cyclette che può usare anche stando in poltrona? Per patre: c’è da clonare HDD su SSD, sai? Non clono dal 1600 ma vedo.

Cerco il software, mi esce clonezilla, confermo che mi pare la scelta giusta, comunico, grazie. Ma solo la cyclette? si. Sento C che pure sua madre aveva casino, vado fisicamente li. Mi dice che ce l’ha e me la da, ma che ci sono scarsissime speranze che faccia qualcosa, perché non ne hanno voglia, si trascinano, si rifiutano, fanno storie e bisogna letteralmente farglielo fare. Ma me la da lui se ce l’hanno ancora. Comunico la cosa.

Nel mentre scrivo al dottore per presentarmi – una prima impressione di merda non si deve mai evitare – rivelando la mia scarsa fiducia nella mia famiglia nel comprendere quello che lui dice. Spettacolo.

Chiama mia madre, mi dice che è passato il dottore e che deve prendere un integratore.

Certo mamma – dico – “E FARE MOVIMENTO”. “… mgnhmmm … e si vede che userò il trabicolo… ” (si riferisce al deambulatore) …

Ok. Aspettiamo che la cosa arrivi.

Nel frattempo mio padre mi manda solo cagate. Che credo sia il suo modo di chiudere la possibilità di comunicare, perché, ha deciso, che visto che ha cose tristi da dire e che poi mi vede triste questo risolverà. Ottimo. Oh non gliel’avessi detto che vado li per parlare con lui e che non c’è problema se mi dice cose tristi, basta che non si aspetti che io le ignori e che si chieda come mai sono serio. Cristodiddio, mi parli di roba triste assai, per te, per la tua vita. Non ti voglio nemmeno dire quanto … ma no, che gliel’ho pure detto che non mi interessa più vivere.

Questa mattina ho “perso” tutta la mattinata a chiacchierare con D, ragazzo che spero poi arrivi a recuperarsi e vivere. E’ lui che mi ha portato il big muff; l’altra notte ero QUASI riuscito a fare l’ultima ripresa – quella con me stesso dentro – in uno stato semi-decente in cui non ero gonfio come unammerda in faccia. Era notte fonda, ma avevo piazzato tutto, piano piano, ascoltando solo Brian Eno come un calmante. Alla fine mi ero dimenticato una piastrina. Ho detto “farò domani”, ero stanco, avevo tirato parecchio. In realtà avrei finito, mi facevo un po’ meno cagare, giusto quel po’ di gonfietto da cortisone (no, non prendo il cortisone: a ondate sono leggermente meno gonfio in faccia, dopo qualche buon sonno, con certe temperature, non so bene come accada) in meno: tutto spostato, piazzato… manca la fottuta piastra. Avevo anche tentato di usare il remote per far partire il video… ma quel CAZZO di remote funziona solo per il tasto di scatto PER SCATTARE e basta, non per far partire il rec. MERDE.

Ma alla fine la merda ero io che mi sono dimenticato la fottuta piastrina.

Dai che prima di schiattare FORSE ma forse forse forsissimo, registro i pezzi degli H. I nostri. Che poi son diventati miei. Ad ogni modo D ha detto anche lui che non sono registrati poi così male. Te credo: era il massimo che potevamo fare e lo abbiamo fatto. Ma nonostante tutto, non è il massimo. Era il nostro massimo. Tutto qua. E se riesco, anche dei C. forse riuscirò a fare dei videoclip. Magari uno solo? Non so, secondo me una volta fatto uno riesco a fare gli altri perché il problema non sarà più riprendere me stesso o gente invecchiata.

Di nuovo visualizzo: gente che urla verso l’esterno, nessuno che si guarda, che ascolta… tutti emettono, nessuno riceve.

FASE MANIACALE?

My bro da inizio mese, forse mese scorso, sembra in quel tipo di fase in cui è tutto energico e carico. Purtroppo di solito fa seguito una fase di down che non finisce per anni. Solo questo mi preoccupa, di certo non quella parte relativa alla fervente attività. O forse non è tanto attività, quanto eccitazione. Ma devo essere giusto: l’attività c’è eccome, tutta rivolta a risolvere i problemi di nostra madre e direi anche padre. Problemi fisici, della vecchiaia. Questo non è poco. Da quando mia madre ha deciso che non farà più certe cose (era ora) tra cui cucinare, ci si è messo di buzzo buono. Ha inoltre prevenuto il momento in cui mi sono rotto il cazzo e stavo per andare e prenderle il deambulatore a prescindere da esenzioni INPS inutili eccetera. Lo ha preso lui. Ed anche un sostituto di quello che avrebbero voluto: un pitale. Per fortuna ha trovato una differente soluzione. Temo che tutto questo avvilisca un po’ mio padre, tutta questa decadenza, che gli ricorda la sua, che gli fa sentire “meno dignità”. Mia madre per fortuna accetta la realtà o sembra farlo. Inoltre mio fratello ha anche messo un corrimano sulla scala esterna, a cui mia madre si aggrappa letteralmente. Tutto in pochi giorni.

Io spero che tenga botta, non vorrei che si trovasse con troppa gente scazzata su cui l’entusiasmo non ha appigli, si scivola, si ricade in terra, soli.

Del resto sono felice se si dà energia. Alla fine resterà lui forse, quello messo meglio, quando sembrava quello messo peggio.

Ho l’impressione che anche lui si trovi a cercare di “essere utile”, di far sentire che serve a qualcosa, qualcosa che vale la pena pagare, immagino. Purtroppo è questo il problema. E infatti mio padre ora, dopo i vari fatti che lo amareggiarono, è ben contento di vedere che mio fratello è così servizievole e disponibile con loro, in casa. Ma resta preoccupato perché non si guadagna da vivere. Mia sorella novax (noterzadòs, nopass, più che altro) alla fine il covid se lo è pigliato e quindi mio padre non si deve più preoccupare che lei perda il lavoro per il cazzo: avrà il green pass da guarigione e via.

Oggi è tutto grigio, compreso me.

happy b

Era il giorno del mio compleanno e volevo morire non esistere un po’ più del solito, almeno per quest’anno, per questo periodo.

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basta fare figli: ne fanno già troppi

Oggi una delle ragazze che viene a “provare ad essere figa” (terzo tentativo) in studio da me, ha detto, da sola, parlando di maternità, senza che ne avessimo parlato, senza che sapesse cosa ne penso, una dietro l’altra cose che ho “maturato” nella mia vita da tantissimo, che sono molto “contro corrente” (non per scelta di essere contro corrente: la penso così e gli altri no) e che di solito mi attirano antipatie , segni di ditino verso la testa (“è tocco”) o altre cose su bizzarria ed eccentricità. Non che io non sia strano. Strano = diverso dal normale. Normale = molto diffuso.

Ma mi ha stupito. Da sola ha notato che di fronte ad una “eh ma tu non hai avuto gravidanze” che lo dice senza aver fatto attività fisica per recuperare, un solo giorno da dopo aver smesso le superiori negli ultimi 30 anni, mentre mangia la nutella, sul divano mentre guarda real-time, lo stronzatometro inizia a suonare. Tira fuori la foto di sua madre, pancia piatta, e le dice “boh, mia madre è questa e ha sfornato me, mia sorella e mio fratello, ha la tua età e ha un culo più sodo del mio” – mi racconta. Sorrido. Lo so, lo dico sempre. Non è la regola, ma non lo è nemmeno il contrario. Il fisico è genetica (predisposizione) , ambiente e azione. Se ad una sollecitazione poi tu non rispondi, ad un cambiamento di metabolismo (altro che gravidanza) tu non fai un cazzo e mangi come se avessi 15 anni e facessi il boscaiolo … poi certo, molte volte la gravidanza fa il suo. Ma non è una regola e puoi lavorarci.

Dopodiché mi snocciola un “io non ho intenzione di mettere al mondo un essere umano in questo pianeta di merda, con queste condizioni e su questi presupposti: ho la responsabilità di sapere quello che quel povero nascituro avrà in regalo per colpa nostra, senza averlo chiesto – allora preferisco prendere uno di questi otto miliardi che sono già nati, poveri, e adottarlo, che di sicuro ce n’è uno che ha bisogno; così ottengo 1) di non aumentare il danno 2) di contenerlo un po’ – ma so che quando lo dico mi dicono che sono pazza”.

Mi riempie il cuore di gioia questa ragazza. Non è come me, egoista, che non ne voglio fare e basta, oltre a quelle motivazioni, che condivido. No: lei non abdica al ruolo di genitore, ma dice, non di creatore di vita. Splendido.

Certo, persone così sono rare.

Dopodiché mi dice che segue Cappato, l’associazione Luca Coscioni, la storia di DJ Fabo, che è sia per eutanasia che per il suicidio se uno così vuole.

Ma allora esiste speranza per le menti?

E tutto questo in una ragazza che è tranquillamente una modella anche glamour, ma che di sé dice sempre “no no no, ma cosa dici, fammi provare”. Vorrei postare una foto e giudichereste da voi. Piena di interessi sia fisici che mentali.

E le piacciono i vecchi, ma vecchi! Tipo che io sono troppo giovane.

Secondo me qua i nonni c’entrano qualcosa, in queste generazioni.

pretendere un favore / gratitudine

Quante bambine viziate incontro? Bambine viziate che hanno 50 anni. Ma non sono mai state, in tempo utile per usare questa caratteristica, belle.

Genitori, padri soprattutto, che viziate le vostre figlie: le lasciate sole quando conta di più. Quando non ci siete più da tempo, quando serve essere adulti, voi le avete lasciate sole tanto, tantissimo tempo prima. E non sanno farcela, e alla fine  tutti le odiano. E questo ovviamente vale tanto per tutti i figli, ambosessi, ovvio.

Oggi di più. Una volta per i maschietti erano calci in culo, trovati un lavoro, metti via, impara ad arrangiarti, tieni duro, non fare la femminuccia, non fare la mammoletta, ruba con l’occhio, impara l’arte e mettila da parte, fattelo da solo, guadagnatelo, te lo scordi che ti dia i soldi. Eccetera. Troppo duro, magari.

Ma quando chi ti puliva il culo se ne va, potresti trovare che le dita nella tua stessa merda non ti piacciono e che a 40 anni magari nessuno trova ovvio trattare con gentilezza la tua incapacità di usare la carta igienica. Qualcuno si. Qualcuno non ti trova fuori posto, ma solo impreparato fuori tempo abituale. E a 50, ovvio.

Perché se non ti hanno detto arrangiati, fattelo tu signorinella, chi sei la principessa? Aspetta o corri, chi fa da se fa per tre e tutte queste belle cose … ad un certo punto tu ti abitui a PRETENDERE un favore. “Pretendere” e “favore” nella stessa frase. Non esiste. Se ti fanno un favore tu DEVI essere grato, perché nessuno è tenuto a farti nu favore. Ed anche se esiste un rapporto di do-ut-des contrattuale, è molto probabile che la pretesa e l’esigenza (esigere) non siano accettabili. O magari puoi chiedere, ma ogni cosa fattibile che esula dal servizio standard sarà conteggiata a parte. Così funzionano i favori. Se sono favori non puoi pretenderli; puoi supplicarli. Puoi chiederli. Puoi sperare che ti vengano fatti. E devi essere grato. Devi provarla la gratitudine, non solo esprimerla: la devi capire, devi capire che senza quella persona che ti ha tenuto/a sollevato/a mentre tu non eri in grado, tu saresti stramazzato/a a terra, con le tue inutili, non allenate forze. Che “forze” non sono.

I genitori sono i tuoi allenatori, che ti preparano per quella partita in cui lo sport non è più di squadra, non c’è il team di supporto: sei solo. E se ti hanno allenato bene, mentre TU risolvi il problema, dirai, da solo, dentro di te, provando commozione e calore “grazie”, perché ce la fai. Ce la fai da solo.

Quando impari questo, allora puoi di nuovo imparare che non puoi fare tutto da solo/a. E allora impari ad avere rispetto di quello che ti viene dato, di provare gratitudine verso la fatica, il tempo, la competenza, la capacità o le risorse altrui. Non sono le tue. Hai potuto avvantaggiartene. Ringrazia, paga. Entrambe le cose. Non è detto che ti sia data la facoltà di rimettere in pari i conti. Quindi quanto meno abbassa la testa, sii riconoscente: riconosci.

E quando qualcuno ti fa un favore, non puoi negoziare i termini o la qualità. Puoi e devi: ringraziare.

E tu? E io eh? Io sono uno di quei bambini viziati. Ma per fortuna ho imparato in modo chiaro e limpido che quando qualcuno mi fa un favore, mi fa un favore. Non posso pretenderlo, non posso negoziare quando, con che velocità, in quale modo, ma anzi: devo essere grato. Qualcosa che non so fare, non posso permettermi di pagare, non verrebbe altrimenti fatto, raggiunto, risolto, invece va avanti, si fa. Grazie.

Mio zio è morto, ma mi ha insegnato a fare le curve in un modo che mi salva sempre la vita: grazie, grazie infinite zio.

Mio padre presto morirà e di sicuro non mi ha insegnato alcune cose fondamentali perché non ha saputo come fare e di sicuro altre, terribili, me le ha trasmesse per direttissima nel carattere. Alcune di queste però sono nel survival-kit e mi hanno salvato le chiappe un sacco di volte. Roba che ti rende una pigna in culo, tignoso, pessimista, precisino e pesante. Ma quando poi arriva il momento, se ti giri dalla mia parte non ci sono crepe, mentre nella tua stanza stai morendo allagato. Certo sono cagate della vita, roba brutta, burocrazia quasi sempre. In un sacco di cose che avrei preferito sono io quello che annega, nessuno sa niente. Mio padre le impara oggi, che ha oltre 80 anni.

E mia madre? Non ha fatto niente? In bene e in male? Beh forse anche lei, senza un buon metodo, mi ha salvato le chiappe troppo. In altre cose magari mi avrebbe disciplinato. Forse almeno la disciplina me l’ha trasmessa, senza che io l’applicassi. Ma averne il perfetto senso è già utile. Sai dove devi andare anche se non hai mai voluto. Sai esattamente come fare.

Good night.