Maschilismo/patriarcato VERO. #1289371

Come, per fortuna, Alessandro Masala “Shy” di Breakin Italy recentemente non manca di ricordare, cose come le desinenze delle parole, lo schwa, il liquid gender ed altre amenità sono infinitamente lontane dai problemi attualmente sul terreno, nel cosiddetto, appunto, “paese reale”. Quello di quando (cit) vai dal macellaio.

Mio padre è vivo. Mia madre è viva. Quello che io vi racconto ORA era vero e vissuto da quando ho coscienza e capacità di osservazione: sono un maschio bianco etero cisgender nato negli anni ’70, loro sono nati negli anni ’30.

Oggi sono vecchi.

Mio padre è semplicemente, mediamente, un prodotto standard del maschilismo tradizionale, non particolarmente conservatore per i tempi, ma entro i margini. Mia madre anche: ma mia madre è stata dentro il mondo che cambiava: le sue amiche avevano fatto scelte diverse; non tutte certo, ma era possibile: era proprio lì che le cose stavano iniziando a cambiare. Non si tratta di victim blaming, ma di corresponsabilità.

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sei effeminato! AH VIOLENZA!

Sono nato nel 1974. Da che mi ricordo ho sentito parlare di “maschi” e “femmine”… il femminismo era più vicino. Quello serio. Di violenza di genere, della sua nascita, delle basi del comportamento se ne parlava. Il machismo stava perdendo appeal: la sensibilità del maschio, parlare, i sentimenti.

C’è stato uno spazio per tutto questo. Ma non abbiamo “tenuto botta”. Non abbiamo aspettato nemmeno il corso naturale che prevede che la vecchia generazione, che non cambierà mai idea, muoia. Non abbiamo tenuto duro ripetendo “basta machismo” mentre chi era nato durante gli anni ’50 e ’60 morisse. Sono tutti ancora qui. Avranno sentito molte cose. Ma non le hanno ascoltate, non ci hanno pensato, i loro genitori e la loro famiglia non ha sentito forte biasimo sociale.

Alla fine non c’è accettazione per la debolezza.

C’è una specie di spolveratina di zucchero a velo di accettazione. Si però basta. Adesso smettila, hai rotto il cazzo. E si torna esattamente come prima: fai l’uomo, sii uomo. Sii forte, comportati da uomo. E anche la donna. Basta piangere, stai in piedi, stai su, schiena dritta cazzo, piagnistea.

Messaggi contraddittori: come creare la pazzia.

Oggi lei – alla quale ho solo chiesto se stava bene e che mi dice che non sa che cazzo fare della sua vita e che inizia una cosa e che se dopo 6 giorni non è tutto riuscito molla e si dice che fa schifo e io non funziono così che inizio e finisco le cose – mi propone la lettura di questo articolo perché le fa “capire i maschi”. L’articolo lo condivido. La sua conclusione però è di biasimo verso la debolezza. Di tutti: uomini e donne. Quindi da un lato capisce che questa educazione dei maschi a non poter esternare delicatezza eccetera è uno sbaglio. Dall’altro si aspetta uomini forti, maschi, forza fisica e “le palle”.

Vorrebbe esserlo lei. Vorrebbe che quando lei è debole qualcuno la tirasse su. E quindi biasima tutto ciò che non ha. Mi pare.

Io sono un debole. Io piango. Io mi dolgo. Mi lamento. Io ho una sensibilità fastidiosa. Ma ci ho a che fare, continuo ad averci a che fare. Quello che è stato insegnato ai maschi guerrieri fino ad oggi è sradicare via questo dolore, essere insensibili. Ci sono sicuramente dei vantaggi: una pistola che non si inceppa, un martello che non si sgretola, una mazza che non si spezza in due. Come armi sono buone. Ma se cresci una persona come un’arma, hai un’arma. Siccome è una persona, sarà come minimo confusa. Ma da fuori… avrai un’arma: puoi abbracciarla, forse sarà dura, robusta. Spesso mortale.