L’inutilità di quel che sei

Nausea, nel mio cerchiobottismo di sopravvivenza, cerco di seguire l’iter del tergiverso del mio universo in un ditale di voltastomaco, mi giro a destra e sinistra, cerco di fare appello alla morte pur di avere calma, alla storia pur di avere pace. Batticuore, ansia. Ogni granello di spostamento, di avanzamento, di “progresso” di questa “giornata” è difficile. Come sempre solo disfare e rifare lavastoviglie con un ascolto che – appunto – provenga dal passato remotissimo della storia o di una storia inventata, è la cosa più calma ed accettabile.

Provo ad andare in cantina ufficio, ma niente, ogni cosa mi fa tremare un pochino, mi fa un pochino venire da vomitare, mentre mi faccio schifo. Cerco di dire che no, che non “faccio” schifo in assoluto, è falso e lo so. Ho preso con regolarità la mia medicina? Ma si, si, davvero si, regolarissimo, domani-oggi è martedì, il cellulare dice martedì, la scatola portapillole dice martedì-fatto, quindi niente, la parte della chimica gestibile l’abbiamo fatta. Niente, sarà ottobre, sarà il tempo, sarà che so delle mie magagne e delle minacce economiche e non le sto tenendo in un armadio blindato della mente abbastanza chiuse.

Non so, comunque per mandare avanti un po’ di lavoro, faccio piccoli passetti. E lo so fare questo lavoro. Ma non interessa a nessuno, non più, non c’è abbastanza bisogno o comunque non lo so fare in una certa misura. Sbaglio contenuto, alla fine sto solo meccanicamente caricando vecchio materiale super standard di cui ci sono milioni di miliardi di copie che forse vengono acquistate in un-pezzo (cosa insensata nello stock) per fare machine learning che mi fotterà definitivamente.

All’improvviso questa sensazione di quel vecchio ricordo di intenso imbarazzo, inadeguatezza. Quanti anni avrò avuto? Eppure alla fine mi sento così nell’intero esistere. Condiscendenza è una parola che non conoscevo, ma sentivo bene cosa stava succedendo, e lo sentivo probabilmente per la prima volta. Cinque? Sette? Quanti? Dieci?

Le figlie del padrone di casa e forse una vicina… gioco da loro, al piano di sopra, a qualcosa “da femmine”, qualcosa come ballo o danza, non so. Nel gioco forse era previsto un ruolo “insegnante alunni”? Ricevo sicuramente un rimprovero per la mia incapacità di eseguire qualcosa. Sicuramente piango e per le altre bimbe c’è preoccupazione: ci daranno la colpa, “lo abbiamo fatto piangere” e quindi BAM, ricordo la sensazione di “giochiamo a quello a cui sai giocare tu, tipo le macchinine? dai giochiamo a quello” e la forte sensazione di essere un coglione che muove una macchinina mentre qualcuno mi osserva fingendo approvazione e pronunciando parole tra il conforto e il complimento con il solo scopo di farmi smettere di piangere.

Questa merda non è mai sparita da me. La sensazione. Patetica commiserazione, contenimento della lamentela per evitare giudizio delle autorità – che probabilmente avrebbero del tutto ignorato la cosa – ma distanza, distacco, esclusione anche in presenza: non sei come noi, non sai fare quello che facciamo noi, quello che a noi piace fare e la cosa è risibile.

Beh la sensazione è la stessa a cinquant’anni. Quello che sai fare? Chissenefrega. Wow, sai fare questo? Come miliardi di altri. E comunque non serve. Non ci serve. A nessuno interessa se tu ti vai bene, non se il frutto della propria fatica è moneta di scambio. La mia fatica non vale la tua, ne faccio a meno, sceglierò qualcosa d’altro. Amati pure, Fattici le seghe con il tuo te stesso.

Quanto potere hanno gli altri su di noi, anche quando non c’è alcuna minaccia per loro, per cui sarebbe giusto avere del potere, per respingerla?

So delle cose, ma le sanno altri. Ed alti svalutano talmente tanto ciò che fanno da rendere quella contropartita irrilevante, non vale niente per loro e la fanno diventare di scarso valore in generale: varrà poco per tutti.

Ma la sensazione è quella: ti può piacere quello che fai, quello che sei. Ma questo non lo renderà attraente, interessante, piacevole, desiderabile fuori dai confini del tuo stesso essere.

Però mi ha fatto bene scriverlo, sento un leggero svuotamento, meno pressione alle viscere. Si, è il futuro, il rischio di miseria e rovina. Non è la morte il mio problema, ma la sofferenza, lo sapete. E la rovina non è solo la miserabilità economica, ma del sopravvivere per questa e basta “a qualsiasi costo”.

No, non stiamo chiedendo aiuto, abbiamo deciso ormai di morire.

Ecco un articolo che riporta dei buoni dati per non parlare a vanvera di suicidio. Si tratta di QUESTO (con dati 2015-2017) e oltre al finale, che mi sembra alquanto pragmatico e piuttosto ovvio (noi verremmo trattati come “mammolette del cazzo” contemporaneamente sia dalle donne che dagli uomini, nella società) il dato che maggiormente mi interessa è la stronzata che “è un grido d’allarme”, cioè un lamento, una richiesta d’aiuto.

NO. NON LO E’.

Può esserlo, e i numeri ci dicono che sono le donne le più propense a manifestare questa richiesta d’aiuto, perché a parità di metodo di tentativo di suicidio sono gli uomini a portare decisamente a termine l’atto. E non credo che si tratti di abilità. Le donne sanno fare tutto meglio 😉

Si tratta di aver preso una decisione. Magari durante tutta la tua vita, lungo il suo corso in gioventù, nella crescita, nel momento clue (20-30) hai manifestato e hai ricevuto risposta alla tua manifestazione.

Cosa hai ricevuto in risposta? Cosa, la maggior parte della popolazione con cui hai avuto a che fare direttamente o indirettamente, culturalmente o per dialogo, ti ha ributtato indietro?

Poi ad un certo punto puoi essere razionale anche coi sentimenti. Li guardi, dici cosa provi, cosa vorresti provare, cosa non ti è concesso, cosa conta per te, se lo hai o no, qualità prezzo, NO DEAL, non ne vale la pena, la pena è troppa per le bricioline.

E allora decidi e fai. Non è un inno alla morte, sia chiaro, ma un chiaro DINIEGO che tante affermazioni siano false, siano frutto del pensiero di ALTRE persone, non di quelle che davvero si sentono in un modo, fanno il bilancio, agiscono di conseguenza. Quelle hanno il pensiero che non volete considerare per rivedere la vita e la società. Che il bilancio totale della vita di ognuno lo decide ognuno, soggettivamente, in base al valore che ogni singolo soggetto dà a pro e contro. Si sente come si sente, e decide, non si tratta di soluzioni definitive a problemi temporanei, ma a prospettive, al fatto che di solito se la risposta è “accettalo”, ma anche no, ma accettalo tu se ti piace. Se l’unica alternativa a mangiare la merda è farselo piacere, io decido di no.

Eh ma sei sempre qui.

Ragazzi io non odio la vita. Io VEDO che la vita potrebbe essere qualcosa. Per cui faccio ogni giorno i miei conti sulle due colonnine come già detto: colonnina “morire” e colonnina “vivere” e faccio le cose per ognuna delle due. Quando non mi raggomitolo a frignare.

Vorrei includere delle fichissime immagini di Nico Madonia che trovate su Instagram, ma temo che non sarebbe felicissimo. Ora vedo se qualcuno le ha messe da qualche altra parte… si, eccolo:

contesto obbligatorio?

Negli ultimi 10 anni la libertà di espressione – quando non apertamente osteggiata con motivazioni di tipo “politically correct” più intransigenti – viene spesso incasellata nella “contestualizzazione”. Cioè “puoi dire qualsiasi cosa, ma dipende dal contesto”. Per me, purtroppo, il contesto è “tra persone non idiote”. Non un luogo, un tipo di luogo, un luogo frequentato da una categoria di persone, od una o più categorie o sottocategorie di persone tranne quella di saper comprendere il limite tra la parola e l’azione, anche laddove la parola sia una incitazione all’azione criminale, cosa perfettamente già definita come illegale. Sarà dunque l’azione criminale e la negoziazione sociale fino alla definizione legale a comandare, non le parole.

Non vorrei, quindi, che gli unici a poter esprimere concetti che tocchino argomenti sensibili (“edgy”) o in modi che lo facciano, finiscano per restare i comici di professione, su un palco, con un cartello acceso “ora sto facendo lo spettacolo” oppure qualcuno autodefinentesi artista con un qualche tipo di esposizione che gli faccia da contenitore per potersi liberamente esprimere.

La libertà di espressione e di parola oggi in Italia e in USA deve avere un contenitore specifico persino per chi pensa che si possa dire tutto di tutto. Limitatamente, posso capirlo. Ma deve essere una piccola, piccolissima parte, secondo me.

Io so quando qualcuno sta usando l’umorismo per ridere e quando per dire – attraverso un meccanismo comico – qualcosa il cui intento è specificamente l’offesa, cioè il messaggio è l’offesa, arrecare danno, fare del male, ingiuriare, dire qualcosa di volutamente sminuente, non dire qualcosa che serve a fare altro, ma con un modo che tocchi una differente sensibilità. È molto, molto diverso.

Credo sia una battaglia in corso che è bene combattere. Più libertà, non di meno.

Eppure io so, con certezza, cosa significa nascondersi dietro ad una forma per dire che non era tua intenzione una sostanza, mentre invece lo è eccome. È sul filo del rasoio, così come può esserlo il rapporto attorno alle relazioni tra i sessi o meglio, che va verso il sesso. Lo stile con cui si esplica una relazione non è codificato. Non possiamo firmare un consenso per svolgere una conversazione, ma possiamo interrompere ciò che sta accadendo. Appena si interrompe il nostro rapporto, che è ciò che genera dolore, il tutto finisce. Quindi non smette di essere possibile ciò che noi facciamo, ma smette di essere possibile il fatto che NOI continuiamo – TRA NOI – a farlo. Questo è il compromesso tra il fattibile e il non fattibile in caso di zone “edgy”, secondo me.

Così come “secondo me” dovrebbe diventare (grazie Ricky Gervais, lo dico da sempre) il mantra di ogni “è offensivo” o “fa male” di chiunque. Se a NESSUNO va che si dica una parola, questa parola sparirà. Ma se tutti sanno che è classificabile come “volgare”, ma la dicono tutti, tanto volgare non è più: la dice il volgo ma la dice molto, la dice il nobile, la dicono uomo e donna, bambini e vecchi? Allora è solo diventato un grado di intensità di una espressione, che al massimo potremmo dire che è “informale”.

Puoi fermarti, chiedere “cosa intendevi” e vedere se sotto una parola, un tono, una espressione del volto, un gesto, un volume, un verso ci sia qualcosa la cui espressione è intenzionalmente insultante, sminuente, esercizio del poter disporre dell’altro ben oltre il possibile per essere frainteso con una sola espressione vivace di sé. Puoi. Invece di impedire tout-court che si dicano delle cose. Anche che si pensino. Ma del resto, per contrastare un pensiero errato, dobbiamo poterne sentire l’espressione, leggerla, vedere chi la esprime, parlarci, lasciare che dia il peggio di sé.

Maschilismo/patriarcato VERO. #1289371

Come, per fortuna, Alessandro Masala “Shy” di Breakin Italy recentemente non manca di ricordare, cose come le desinenze delle parole, lo schwa, il liquid gender ed altre amenità sono infinitamente lontane dai problemi attualmente sul terreno, nel cosiddetto, appunto, “paese reale”. Quello di quando (cit) vai dal macellaio.

Mio padre è vivo. Mia madre è viva. Quello che io vi racconto ORA era vero e vissuto da quando ho coscienza e capacità di osservazione: sono un maschio bianco etero cisgender nato negli anni ’70, loro sono nati negli anni ’30.

Oggi sono vecchi.

Mio padre è semplicemente, mediamente, un prodotto standard del maschilismo tradizionale, non particolarmente conservatore per i tempi, ma entro i margini. Mia madre anche: ma mia madre è stata dentro il mondo che cambiava: le sue amiche avevano fatto scelte diverse; non tutte certo, ma era possibile: era proprio lì che le cose stavano iniziando a cambiare. Non si tratta di victim blaming, ma di corresponsabilità.

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OK BOOMER #2398472

Nella prima puntata di FIX di/con Jimmy Carr, una delle comiche fa una battuta il cui contenuto allude al fatto che sarebbe un sollievo trovare “finalmente di nuovo” uomini che si tengono i loro pensieri. Ora per me che sono del 1974 tutto questo andirivieni di non-va-mai-bene-un-cazzo ha davvero rotto i coglioni. Per decenni su decenni non ho fatto altro che sentire donne lamentarsi del fatto che gli uomini non dicono ciò che pensano, gli trapano la minchia chiedendoglielo, quando glielo dicono non ci credono e insistono.

Ora, cristodiddio, se ne trovi che condividono il loro pensiero, non ti va più bene? Ma checcazzovolete?

Se uno vuole “solo chiavarti” e si tiene i pensieri non va bene, se condivide i pensieri e non ti si butta in culo non va bene. Chiaramente la via di mezzo, certo. Ma non vedo mai alludere a questa via di mezzo.

Il fatto però che le vere conversazioni, che il dialogo di persona lo faranno solo “i vecchi” l’ho sentito dire a chiare lettere proprio da Jim Carr. E questo mi lascia secco. Io vivo in un paesetto del merdaviglioso nordest Italiano, ma cazzo Jim Carr no, è Inglese, vive e frequenta città e bellagggente.

OK BOOMER. Vaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaabene.

perché gli uomini [maschi?]

Poco fa sono andato a portare una cosa ad una mia ex collega a cena con una mia ex-ex-collega e mia sorella. Appena arrivo mi dicono che parlavano di uomini. Faccio “beh allora vado eh!” e sembravano interessate ad avere la mia opinione su qualcosa ma hanno finito per dire che cercavano uno coi soldi e farsi mantenere. Una delle tre era delusa del fatto che il suo ex l’ha lasciata e si è messo con una più giovane. Me la ricordo: era splendida. Ma si è sformata. Di carattere, nella vita, non so dire. Era simpatica ma non ha lavorato molto con me, quindi non ho molto da dire.

Le altre due le conosco. Hanno una immensa paura del futuro e non si sentono bene nell’arrangiarsi, nel farcela da sole a sopravvivere. Da un punto di vista simile, partire a ragionare su “gli uomini” cambia prospettiva. Vuoi che qualcuno faccia il lavoro per te. Il rapporto non è paritetico: io dare pene tu dare vagina. Io stare con te tu stare con me. E’ : io non risolvere problema, tu risolvere mio problema.

Riguardo all’immagine di google search qui sopra… è interessante che quando parliamo della preistoria “uomini” sia tornato neutro, intendendo “esseri umani”.

Depilazione: un fatto estetico o pratico. Ieri mi sono depilato sommariamente il petto perché sembrava “sporco”. Se stessi con una ragazza o una donna che ama che lo tenga, lo terrei: mi è indifferente. Lì, sul cazzo, sulle ascelle. Non mi interessa. La barba invece mi cambia molto. Posso lasciarti fare qualcosa, ma ci sono dei limiti. Ma io non sono tutti. E tutti non sono tutti.

Gli uomini guardano il sedere perché gli piace. Perché tanti anni di evoluzione lo hanno reso attraente per dei motivi, anche, ma questo non toglie che lo sentiamo attraente. Voi guardate le spalle, la schiena, il torace, i muscoli pettorali. E noi non ci sentiamo oltraggiati. Volete metterci le mani. E noi vogliamo scoparvi con foga il culo, il vostro culo. E ci piace la figa. Come mai non la guardiamo? Perché non è visibile, altrimenti non faremmo altro. Ci piace tanto.

Gli uomini non dicono ti amo? Non è affatto vero. Ma credo che siano stati messi alla prova molte volte. Ci fregate sempre. Soffriamo tanto quanto voi. Non vuoi veder messo in discussione il sesso. E spesso citare l’amore fa cambiare le cose. Tanto quanto il non citare apertamente i figli: io NON VOGLIO FIGLI. Ditelo. Oppure dite “ora scopiamo un po’ ma io lo faccio solo perché alla lunga voglio figli e quando mi dirai di no penserò che hai tradito la mia fiducia anche se in realtà era una MIA aspettativa e non mi hai mai detto che li volevi, anzi, il contrario, e io ho pensato che sia possibile convincerti”. Nota bene: quando un maschio pensa che basti insistere per convincere, ora si chiama: 1) stalking 2) molestia sessuale 3) molestia in generale 4) pressione.

Non vogliono SOLO portarti a letto. Però vogliono. Vogliono perché ci sono alcune cose prioritarie nell’essere umani, ogni giorno, ogni settimana, ogni mese. Chiedetevi se per caso avete più voglia di mettervi in bocca del cibo che il vostro ragazzo. Io ho più voglia della tua figa che della pizza e pure del sushi. E se sei la mia ragazza/donna e la cosa ti fa schifo, non mi sento io quello sbagliato. Hai un rapporto più sincero col ristorante che con l’essere umano che sta con te. Dillo chiaro: scopare mi piace poco, mi piace raramente, non provo molto piacere, non mi piace dare piacere né riceverlo, mi fa schifo, mi imbarazza. Mi piace fare cose diverse dal sesso più che il sesso.

Il sesso è prioritario in una coppia.

Ad ogni modo io BRAMO FAMELICAMENTE avere conversazioni interessanti, scambiare idee, ragionare su tante cose. E vi assicuro che trovo solo gente che vuol dedicarsi alla famiglia, ai figli e roba simile. Quindi a parità di non-dialogo, preferisco avere rapporti sessuali con una ragazza/donna che stare dietro alla gestione domestica. Se il “perché” lo state trovando, in quel che dico, bene. Io non faccio una famiglia con qualcuno che PRIMA non è con me. Se mi usa come strumento per avere figli o risolvere problemi, prego, avanti un’altra.

Gli uomini hanno la pancia gonfia tanto quanto le donne e per gli stessi identici motivi. Se invece mi parlate della pancia GRASSA, allora esistono differenze riguardo al grasso intraaddominale. Ma essenzialmente il grasso all’altezza dei fianchi, che sia davanti, di lato, ma anche dietro (schiena!) è una caratteristica comune di entrambi i sessi e per gli stessi motivi: bevande gasate, alcol, gas+zucchero, scarsa attività fisica, accumulo di grassi.

Ora mi concentrerei su “non lasciano le mogli”. Non è una domanda posta da un uomo. Quindi chiedetevi tra voi, fanciulle questa cosa.

Il motivo è che non è vero, per nessuno, che se ami qualcuno non cerchi qualcun altro. Il motivo è che non hanno parlato abbastanza prima, che ci sono stati compromessi che hanno lasciato insoddisfazioni e situazioni irrisolte. Se vi chiedete come mai non lasciano la moglie è perché voi siete l’altra. Se non siete ricchi dovreste sapere che un divorzio causa sofferenze e danni, impegna tutti molto. Siete ricchi? Forse potete permettervelo. Il problema è proprio sposarsi. Perché non vi chiedete invece “perché continuiamo a volerci sposare?” Se ami qualcuno perchè cazzo devi sposarlo?

I figli? Ma ne avete parlato approfonditamente? Quanti uomini vogliono DAVVERO figli e li vogliono in quel momento della vita? Il punto è che spesso li COSTRINGETE: vogliono tutto di voi, voi invece volete solo figliare.

Allora siate sincere, se è questo. Fatevi metere incinte e poi vivete con un’altra donna: tutte felici di avere figli da mantenere, faticare per loro e per mandare avanti la baracca: nessuno che “vuole solo portarvi a letto” e vivere una vita piena di cose e interessi. Nessuna donna divorziata con cui io abbia parlato ha variato dal copione “comunque lei/lui/loro sono la cosa più importante della mia vita e non mi sono mai pentita di averli avuti, anche con quel coglione”. Allora perché non ve la mettete via? Noi le donne le vogliamo: voi non volete gli uomini, volete fare le mamme. Se poi dite che gli uomini vogliono solo usarvi: chi è che vuole davvero usare gli uomini? Usare significa rendere strumento l’altro: strumento per avere e mandare avanti figli. Io invece che faccio sesso con te scambio alla pari: tu a me, io a te.

I maschi spesso vogliono un bel rapporto con una femmina. Uomini, ragazzi, ragazze, donne, fate voi. Quello che invece pare chiaro è che la femmina della specie trova innaturale che il maschio della specie si attratto da lei tanto quanto il maschio della specie trovi fastidioso che l’obiettivo della femmina sia curare la prole.

Quando questo non avviene, di solito le cose sono più chiare e meno stereotipate. Spesso accade che la gente si veda quando vuole. Che ci si chiami quando si ha bisogno, ma mai per farsi aggiustare qualcosa di diverso dall’anima. Per le altre cose chiami dei professionisti e li paghi. Quando questo funziona scopare non è una brutta cosa dei brutti maschi brutti che infilano il pisello anche nella grondaia: è una bella attività, che non fai con chiunque, che fai volentieri perché è bella, non necessariamente perché è un progetto di vita.

Magari google la pensa diversamente.

Bisogna trattare il sesso con maggior chiarezza. Così come le emozioni. Essere espliciti. E così la questione figli.

Speed date: ciao, vuoi scopare con me potenzialmente – non necessariametne subito? Nel senso: ti piace tanto scopare? si/no ; nella tua vita vuoi prima o poi avere figli? si/no ; il resto riguarda le emozioni. Parlare parlare parlare.

E invece tutti a cazzeggiarci attorno.

Se ami qualcuno non cerchi qualcun altro – stronzata.

Gli assolutismi da cioccolatino non mi piacciono, ma quante volte, nelle cose più importanti della vita, le relazioni, ci si ispira a degli “ipse dixit” in cui l’ipse in questione non è che una enfatica voce di una serie televisiva? “Quando ami qualcuno non cerchi qualcun altro” o “non hai bisogno di nessun altro”. O “L’amore è per sempre”, o il suo contrario “niente dura per sempre”. Sempre, mai. Tutto è diverso, tutto è possibile. Altrimenti non avreste amiche, amici, gente a cui dite i fatti vostri che non è il/la vostro/a partner. Molti considerano intimità la visione dei genitali altrui, più o meno. So che è brutale, ma intimo è davvero ciò che sta dentro, e a quanto ne so, come specie, i nostri genitali sono esterni: è solo un costrutto convenzionale quello di coprire ciò che ci fa vergogna, freddo permettendo. C’è da chiedersi più il perché ci debba far vergogna. Se è brutto a vedersi, magari vi sarò grato di esservi coperti. E voi siate grati a me.

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Quello che invece c’è DENTRO di noi, che è davvero intimo, quello si che è da custodire gelosamente, da non dare in giro “ma non dirlo a nessuno”. TU non devi dirlo a nessuno: l’ho detto a te, tu l’hai detto a me. E basta, a nessun altro. I miei amici, le tue amiche. Chi sono? Mostra la patata su youtube, se è bella gradiremo, e io mi denuderò in piazza, se è gradito bene, se no giratevi. Ma quello che io ti ho consegnato, il mio sentimento, la mia fragilità, il mio difetto, un momento della nostra vita, solo nostro: quello è intimo, quello non è esteriore, quello è davvero qualcosa che non puoi strapparmi: posso solo dischiudermi a te.

Tutti abbiamo bisogno di qualcun altro per mille motivi. Perché nessuno di noi è “tutto”. Continuare ad avere aspettative erronee su singoli esseri umani poi, come ogni aspettativa disattesa – perché siamo umani e reali, non idealizzazioni – genera delusione. Semplicemente potremmo avere interessi non condivisi con la persona con cui ci sentiamo bene per tantissime altre cose. Magari abbiamo con questa mille interessi, ma altri mille no. E sono importanti. Alcune persone dicono “non volevi una morosa, volevi un amico maschio”. Ma la stessa cosa vale a sessi inversi. In parte vorreste dei voi stessi che però sono indubitabilmente meno pigri.

Però dai, non diciamo stronzate da filmdammoOore. Perché l’amore è più complicato, il sesso, le relazioni, tutto questo è molto più sfaccettato e soggetto a gusti e personalità. Costruire le aspettative sulle favole romantiche rende la normalità dell’essere umani qualcosa di degradato. Ma non è vero. Non c’è nessuna degradazione: quella è la realtà. La realtà è spesso pratica, ti costringe. I soldi, il lavoro, la salute, le relazioni familiari, le pressioni sociali e l’opportunismo ad esse collegato.

Tu stesso/a non hai e non sei tutto quello che vorresti. E come puoi aspettarti che lo sia qualcun altro in relazione con te? Come mai vai dal panettiere invece che dal meccanico? Come mai parli con una certa tua amica e non con l’altra? E come mai con tua madre e non tuo padre, tuo fratello e non tua sorella? Perché semplicemente le situazioni e le persone sono varie. Devi vedere quello che c’è e poi decidere di volta in volta. E ognuno può essere in un modo oggi ed in un altro domani. Magari lo conosci meglio e vedi come sia quel “vero lui” o “vera lei”. La frequentazione, la ripetizione, la reazione e gli eventi difficili. Qualcuno ci piace tanto e altrettanto non ci piace. Vogliamo forse far finta che quella parte che non ci piace non esista?

Alla prossima.

Il/la “mi piace cambiare”

Il tema: quando le donne si sposano non te la danno più. Affermazione.

Assoluta.

Verificata?

Eccoci qua, discutiamone. Discutiamone io, voi non ci siete, mica siamo su feisbuc.

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tempus fugit #293847

Vado da T per fare i consueti video per Facebook, ora più che mai con la “situazione epidemia” serve un po’ di promemoria e di simpatia nei confronti di chi – davvero – resta a casa. Lo facciamo. Trovo lì una vecchia signora, che si rammarica per il più grande errore della sua vita: essersi sposata. Credo sia il suo copione, quello che dice sempre a tutti. E credo sia anche “frequentare persone interessanti”, cosa che devo essere improvvisamente diventato agli occhi di questa pensionata in cerca della libertà perduta, che non tornerà mai cara la mia Signora: essere una bella tedesca scarrozzata per 30 anni in mezza Italia sembra non averti dato fastidio per un bel po’. In cerca di orgoglio, di rivalsa, di riconoscimento di valore, desiderava immagino un’invito ad una chiacchierata da qualche parte. Ma io già ero li per comprovati motivi lavorativi, anche unpo’ tirati. Però sarebbe stato interessante. Non mi dispiace mai parlare con vecchie signore. Parlare e basta, ascoltare e parlare. Chiacchierare. Sono così rare poi, quelle con cui puoi davvero avere un dialogo. Pensare che poco prima nello stesso posto c’era una relativamentegiovane signora vuota, stupida, che rideva molto di quelle che credeva fossero ottime battute. L’altra signora era tutta un io faccio, io ho fatto, riempio la mia vita, sto bene da sola, non voglio situazioni definitive (casa) … interessante davvero. Peccato anche non aver saputo l’età, che credo si portasse molto molto bene.

Peccato anche aver avuto da fare. La signora me la sarei portata volentieri al bar. O mi ci sarei fatto portare: credo lei avrebbe preferito vederla così.