Dai dialoghi con mio padre (#238947)

In una chiacchierata notturna di 8 ore è capitato di dire finalmente e forse inutilmente a mio padre che ci ha sempre trattati male, in un certo modo: è talmente generico che subito si presta a permalose ricezioni di ingratitudine. No. Nessuno dice che non è stato responsabile, oltremodo responsabile, che non ci abbia dato cose, possibilità, indicazioni, esperienze, possibilità di farne. Nessuno dice che le manifestazioni fisiche di affetto siano quello che è mancato. Non fanno certo schifo, ma esiste la possibilità di sentire gentilezza senza arrivare al gesto fisico. No. Si tratta di sentirsi attaccati, in giudizio, in difesa costante, a rintuzzare, a rispondere, a dover-rispondere sempre, faticosamente, come in un combattimento costante, come un lavoro, a chiedersi come mai ti sei trovato a litigare e difendere le tue posizioni anche se la conversazione è di una banalità totale e se eri andato a fare una cosa anche carina.

Mi sono reso conto che cade dal pero.

Non ci sente proprio da quel lato: non ha mai capito nessun segnale fornito, nemmeno quando gli scrissi in diversi momenti della vita. Ricorda di aver riso, trovando sciocca una manifestazione di “accusa” per piccolezze, pensando che la lettera era rabbiosissima, ma che ciò che gli veniva imputato era di una tale piccolezza da far ridere.

Eppure si era reso conto – correttamente – che non essendosi mai accorto di tutta quella rabbia e ricevendola tutta d’impeto doveva essere stata covata. A parte consdierare il momento di “sfida all’autorità che si fa quando si cresce”, non ha pensato mai ad altro. Puerile potrà essere stato il modo, ma sono certo che il contenuto e gli addebiti di sicura piccola entità non erano lì a caso: erano esattamente le piccolezze con cui lui stesso ci tartassava ma la posizione di potere non ti fa percepire il peso della violenza, dell’accusa. Questo forse è mancato nella mia capacità di comunicare di così tanti anni fa. Era il modo: così come tu ci accusi con violenza di tante piccole puttanate, così tu le compi, costantemente, e ci accusi e e rimproveri costantemente, con quel modo, è il modo, la sensazione di comando, di superiorità, quando tu stesso umanamente non fai che fare le stesse identiche cose. Alcune delle quali però contengono una ulteriore mancanza di rispetto, che è – a riprova – la noncuranza. Non è solo un errore, una disattenzione o una maleducazione: è una di quelle che manifestano il fatto che tu puoi, ma gli altri no. Certo, è lo stesso anche per tutti gli altri addebiti, ma alcuni mostrano maggiormente la umile natura degli atti o delle omissioni che le riguardano, quando la noncuranza con cui vengono trattate investe altre persone che consideriamo siano, anche di poco, meno di noi. Tutti quegli atti umani che riguardano proprio il nostro povero corpo noi abbiamo sempre tutti quanti cercato di considerare che sarebbe stato davvero umiliante per chi fa e per chi subisce, trattarli come se noi fossimo l’imperatore e tutti gli altri abitanti della casa una sorta di servitù che deve tacere. Sulle cose umanissime, schifose magari, che però agli altri non taci mai, li rimproveri pubblicamente, di fronte a tutti, gridando, usando tutta la violenza verbale e psicologica possibile e – finché è stato – anche quella fisica, sempre con quell’aria di “e non pensare nemmeno di rispondere, perché non puoi, io posso, tu non puoi”. Perché la sensazione forte è “la mia vita non è mia, dipende da questa persona, ha del potere e nelle sue parole ha spesso ricordato di averlo, che dalla porta si entra ma si esce, che lui può fare a meno di noi ma noi non di lui, eccetera”. Questo non la rende una relazione in cui ti senti tranquillo a parlare con qualcuno. Certo non hai una chiarezza che tutto sia possibile nel dialogo. Anzi. Quello che hai è una minaccia. Questa è casa mia. Queste sono le mie regole. Se non ti piace te ne vai.

E’ tutto vero e tutto giusto, ma non è la base per un dialogo in cui si possano riconoscere difetti vicendevolmente e lavorare su una relazione. Esiste una minaccia pratica. E le milioni di volte in cui poi senti sminuire ciò che è stato detto…

Non stento affatto a capire quando la critica alla società patriarcalistica sia forte. Quando il rispetto ti è dovuto per contratto, non si tratta di rispetto, ma di timore, asservimento, obbedienza, deferenza, intoccabilità. Questo è il primo atto, quello del porsi come “superiori” del rendere l’altro “meno persona di me”. Sei “più persona” di me perché hai più anni? Sei più bravo “perché si” ? Se lo devo dimostrare io, lo devi fare anche tu. Non mi interessa quanti anni hai, se hai pene o vagina.

Comunque ho capito che il fatto che solo io gli dica le cose lo rende anche un po’ incredulo… come dire “nessuno me lo ha mai detto”. Forse non in modo chiaro. Forse quando te lo diciamo tu semplicemente o fai la vittima, o rispondi prendoci per il culo come (citando RickDuFer) “sensibilini”. Ma non siamo in guerra, non stiamo a fare battaglie e prenderci a tranvate in faccia sempre ed in ogni istante, luogo ed occasione. Di certo non è un rapporto sereno quello che lo richiede costanemente. Di certo non è gioioso. Di certo che si tratti di amore è davvero molto molto molto difficile crederlo. L’amore c’è, ma quella non ne è la manifestazione. Quella è solo manifestazione di nessun autocontrollo, di un carattere di merda e della assoluta libertà di esercitarlo perché si ha un potere che gli altri hanno interiorizzato.

Hai voglia poi un giorno magari a chiederti – non è il caso di mio padre – o dirti sconsolato “se non avessi questi soldi, queste cose, questo potere, nessuno mi amerebbe! Ecco, tutti mi odiano!” … quando per tutta la vita hai costruito la base sottostante per esercitare controllo sugli altri e che tu ti senta sempre in diritto di chiederne conto, di chiedere conto di qualcosa, di esigerlo, aspettartelo.

Alla fine il dramma del patriarca è invecchiare: hai vissuto di forza e non ne hai più.

“La teoria la so tutta”

Parlavo con B, quei 10 minuti al giorno in cui guarda altra roba e in qualche modo con un orecchio mi ascolta, con l’altro ascolta tablet e cellulare, ma ha la grande abilitàò di ripetere le ultime 10 parole correttamente per cui sembra che mi ascolti, ma poi a volte ascolta davvero, specie se ha iniziato lei. Mi diceva che P è incredibile perché ha studiato psicologia eppure si comporta in quel modo. Mi ha ricordato la donna lunare, che spero ora il più felice possibile con qualcuno accanto che non sono io, che diceva sempre “la teoria la so tutta”, a ricordare che aveva sentito e letto molte cose che riguardavano i suoi mali.

Spesso abbiamo la mappa, le foto del luogo, persino cartoline con la foto di chi ha raggiunto la meta, ma niente dentro di noi per percorrere serenamente il tragitto.

La spero sempre felice.

Una delle luci che ha acceso in me è stata quella del “se non mi amassi ti farei cagare”. Proprio scrivendo qui (nella versione del blog in cui ci conoscemmo) ne avevo parlato e lei ironicamente mi scrisse “fattene una ragione, vieni apprezzato per le tue qualità umane”. Come dire “buttale via… perché ti fa schifo?”.

Ma perché per me è come essere educati. Cioè, il problema è NON esserlo, la normalità è esserlo, la virtù è qualcosa di eccellente, che so… restare educati e pacati in situazioni difficili. Ma è come respirare. Io respiro e Usain Bolt respira, se usain bolt è amabile o meno, questo non lo rende meno forte. La sua forza è misurabile, il record lo stabilisce anche se è antipatico.

Amore, infatuazione. “Mi stai sul cazzo e spari cazzate ma ti amo”. Per me questa cosa non esiste. Esiste invece “talvolta spari cazzate, talvolta fai cose che non sopporto e non sono queste quelle per cui ti stimo e che mi attraggono, ma di solito ragioni, di solito fai cose che mi piacciono, in generale ed in particolare nei miei confronti”. Questo è sensato. Ma quando ti piace questo perché piace a me, fai questo perché piace a me… qualcosa non va, qualcosa è pronto a spezzarsi, il tuo pensiero è pronto a diventare “e io che ho fatto tutto questo per te! TI HO DATO i migliori anni… ” eccetera, “solo perché ti amavo!”.

Ma se stavi male che cazzo?!?!!!! Se NON VOLEVI FARE non dovevi fare. Se non ti piaceva fare, non dovevi fare. Se non amavi parlare o ascoltare, non dovevi farlo. E questo proprio mentre amavi la persona. Perché proprio mentre la amavi le stavi mentendo. Ti succhio il cazzo perché piace a te.

Ma che schifo! Te la lecco solo perché piace a te? Ma che schifo!

Ti ascolto mentre sproloqui e affermi assurdità insensate perché ti amo e non ti dico niente perché ti amo.

Magari anche se non mi ami puoi dire solo “non sono d’accordo ma soprattutto sono argomenti che mi interessano poco e non ho voglia di investirci tempo ed emozione, mentre invece lo farei su questo questo e questo”. Ma se non lo faresti nemmeno in altro, ecco, mi chiedo: ma perché esiste questa relazione? Amicale, di frequentazione, perché?

photographer in his studio

Se invece la spostiamo sul “fare qualcosa”, diventa una aberrazione ancora più grande: vengo da te a farmi i capelli perché sei simpatico. E se ti monco un orecchio? Se ti faccio un taglio sbagliato? Anni 30?

Vengo da te, fotografo, perchè sei mio amico. Conosco te. Si ma ti fa schifo il mio stile o comunque non te ne frega un cazzo perché vuoi quello che vuoi tu, che è il contrario di quello che faccio io.

Vengo da te perché mi stai simpatico. Mi fa uscire pazzo. Chiaramente io sono felicissimo di starti simpatico, su questo non ci sono dubbi. Non mi piace starti antipatico, amo relazioni allegre, magari gentili. Ma quello che faccio è importante: se per te non conta mi sento una troia. Perché tu compri il mio aspetto umano e non la mia prestazione lavorativa. Che sia un problema mio può darsi, che sia anche un problema della mancanza di rapporti umani? Cioè finisci per pagare una cosa che dovrebbe eserci sempre?

Certo non ti prendo a calci in culo “vattene, non ami la mia arte, ami me!”. Ma qualcosa si rompe. Cerco sempre di pensarci “ma questa persona ci capisce qualcosa? vede la differenza?” e di dare comunque il meglio che posso, contanto che il risultato lo vedrà qualcuno che non sta vivendo l’esperienza.

Fatto sta che in una auto-meritocrazia mi sembra un imbroglio, un inganno, un agitare le mani per distrarti da una macchia sulla mia camicia, sulle mura imbrattate, sulla mancanza di qualcosa per cui eri invece entrato da me. Come se la mia gentilezza fosse un gioco delle tre carte e tu te ne uscissi con qualcosa di cui io non sono soddisfatto e tu non sarai orgoglioso, magari chiedendoti perché costi così tanto… che non era mica poi così tanto simpatico quello la eh.

Quello che ti offre un bar, un locale, è differente da quello che ti offre il fornitore di un servizio, anche alla persona, anche artistico. Da ritrattista sono il primo a dire che la relazione è fondamentale. Ma se è un matrimonio, un reportage… le foto le dovrai guardare, no?

donne nude a un depresso cronico

Sono anni che G viene a posare da me (vestita!). Almeno un paio. È sempre stata entusiasta, gioiosa. Anche se aveva un sacco di storie in mezzo di maschi idioti e (mal) giudicanti. Da un po’ si è decisa che le va di posare nuda. Meraviglioso, bene. F mi ha scritto che non sa più cosa decidere di stampare perché per lei sono una più bella dell’altra (nudi).

Eppure io mi sento la morte nelle vene, mi viene da piangere sempre più spesso in questi giorni, mi faccio schifo, mi sento una merda. Non mi odio eh. Se penso a quanto ho fatto perdere il tempo della vita a B, questo si, allora mi odio. Lei no, mi ha perdonato in un attimo ora e forse prima, col tempo. Ma è una cosa “localizzata” e specifica, non generalizzata come la demoralizzazione che provo per il fatto che … sono inutile. Se fossi ricco non sarebbe un problema. Non mi interesserebbe. Ma sento la pressione della sopravvivenza utile, l’autosufficienza economica passa per la necessità altrui. In qualche modo mi fa sentire schiavo e contemporaneamente inadatto ad essere persino quello. Uno schiavo che non comprerebbe nessuno.

Assurdo, no? Cosa fa la chimica di questo cervello. Ci sono persone che mi invidierebbero la capacità e la possibilità di fare quello che faccio. E io lo faccio nel modo in cui voglio: senza interesse economico (le ragazze che posano nude lo fanno perché vogliono). In effetti ormai funziona come una droga. Mi da contentezza per il tempo in cui questo succede. E poi mi sento di nuovo una merda.

certamente non capisco un cazzo di arte.

Visto che, osservata questa notizia su un’opera d’arte venduta a 90 milioni di dollari (info qui), ho esclamato “non capisco un cazzo di arte”, credo che la mia vita di “artista” subirà nuove interessanti scosse.

del listino di MediaWorld, le riflessioni della Santoni

sanguisuga

me lo fai tu gratis? io non leggo come si fa

Scrivevo l’altro giorno della Lucarelli e del listino di MediaWorld. Il giorno dopo ho trovato la stessa identica foto linkata dalla PhotoShop Guru Marianna Santoni, con la giustissima riflessione portata all’attenzione di fotografi e grafici sul fatto che normalmente ci si aspetta da questi professionisti che lavorino gratis. Ed era quindi un invito a pensare: vedi che se per una installazione di una app ti fanno pagare, posso ben farti pagare per l’editing più o meno complicato di una foto… per il servizio fotografico (e NON per la stampa, che compete lo stampatore) … eccetera?  Continue reading →

Habimus papam – by AFTERFINDUS – leggete, leggete

“Maria”, al contrario di quello che hanno cercato di far credere, è un uomo realmente attaccato alla Chiesa e alla sua missione pastorale. E proprio per questo non è riuscito a digerire la spregiudicatezza e la corruzione della realpolitik vaticana. Insieme ad altre “quinte colonne” sparse per i Sacri Uffici

viaHabimus papam.

Non ho ancora capito perché diavolo sia finita nelle bozze invece di essere pubblicata al volo a suo tempo. Ma … vabbé. Magari fuori tempo è più interessante.

del materasso e delle banche

34 euro li devo pagare se il mio conto è sotto i 3000 euro o li devo pagare se sta sopra i 5000 euro? No perché qualcuno me ne dice una e qualcuno un’altra, ma di certo conto arancio mi dice unilateralmente che il tasso d’interesse ora è all’1% e io nel piano di accumulo non è che abbia tanti soldini.

Se il conto costa e non rende, io ho il barattolo del caffè ed anche il materasso, che sono strumenti universalmente noti per la loro capienza monetaria.

Ma la legge ti OBBLIGA ad avere un conto corrente, ricordate? Sopra i 1000 euro… ecc ecc. Io non ritengo giusto che il mio Stato, ovvero non credo che noi tutti , il popolo, in assemblea, abbiamo davvero deciso che ci sta bene che gli scambi di denaro – che già rappresenta qualcosa – debbano essere caricati di altri costi obbligatoriamente. Se vuoi usare un sistema elettronico va bene,ma NON devi obbligarmi ad avere un rapporto commerciale con qualcuno. Dev’essere gratis. Tutto completamente gratis. Il mio denaro deve rappresentare solo il suo effettivo valore nominale, non deve trasportare altro, non deve poter essere preteso nulla di più per il suo uso!

Mi compro una caramella e tu vuoi guadagnarci perché hai preso in mano i miei 5 cent e li hai dati in mano all’esercente? Ma glieli do io, tranquillo! Il mio datore di lavoro non può darmi i soldi in mano, deve depositarli in banca e POI io DEVO andare li se li voglio.

Non lo trovo giusto, non lo accetto mentalmente. Lo accetto perché è un obbligo imposto con la forza e quindi obbedisco.

#iStockphoto, esclusivi, conviene? E ai clienti, conviene?

Solo un ragionamento e delle opinioni. Di questi giorni quindi, un atto eroico. Ma eccoci qui a farlo.

Uno dei maggiori siti del settore microstock del mondo, iStockphoto, fa pressing sui suoi contributors perché diventino esclusivi. Ora, non prendetela come la verità assoluta e andate pure a leggervi le regole e le faq precise, ma sostanzialmente l’artista (illustratore, fotografo, ecc ecc) “esclusivo” non può lavorare per nessun altro che per loro – nell’ambito del settore microstock: solo per loro. Se poi tu vendi quadri e nel macrostock o nel Royalty Managed sei non-esclusivo, è un’altra faccenda, ma restiamo nel microstock: lavori solo con loro.

Svantaggio sentito. Vantaggio: guadagni 4 volte di più e le tue vendite aumentano perché i risultati nelle ricerche del cliente sono resi automaticamente più rilevanti dal sistema.

Fico eh?

Domanda 1: fico per me, fico per iStock, ma è fico per il cliente? Cioé, di fico per lui c’è che di sicuro avrà una immagine che hanno meno cani e porci: non sarà anche su tutti gli altri siti di microstock. Ma mica è un’esclusiva per lui a meno che non spenda un tot. E quindi … quanto conviene a lui economicamente che io sia un esclusivo? Lui paga di più? Ed inoltre, dove sta la meritocrazia, ovvero la maggior qualità dell’esclusivo rispetto a quello non-esclusivo? Non mi risulta, non mi quadra, non mi convince.

Domanda 2: quanto durerà questo beneficio? Perché se domani iStock decide che si è fatta il suo bel portfolio di contributurs esclusivi, e deciderà (unilateralmente, come sempre succede) di variare le condizioni e dargli di meno e di non spingerli, questi piomberanno assieme a tutti gli altri ed in pià con un bel guinzaglione … quadagneraebbero quindi di meno degli altri.

Domanda 3: la somma di guadagni di 12 siti di microstock in un mese per un contributor non-eslcusivo, davvero è garantito sia superiore per lo stesso periodo per un contributor esclusivo? Non è garantito e nessuno lo dice, lo so, ma ragioniamoci: molti dicono “io sono eslcusivo e non torno indietro, si sta benissimo” ma invito a ragionarci su.

Domanda 4: in quale modo un esclusivo viene protetto dal furto del suo lavoro da parte di altri contributors che sono non-esclusivi e rivendono su altri siti di microstock? E dai semplifi furti su web da parte di chi – senza averla acquistata – copia una foto regolarmente acquistata e la usa su web? Un esclusivo ha servizio di controllo online, vigilanza e alert, e magari copertura legale? Come esclusivo dovrebbe avere qualcosa in più, dato che tutto il suo impegno è verso un unico partner… quel partner come protegge questo valore reciproco?

la pubblicità sul duomo di Milano e il 10 (out) a 14 (in) – milioni di euro.

Una interessante riflessione da laici, che comunque di Cattolicesimo mi sembra se ne intendano, e che con questo spirito possano fare alquanto bene a quello VERO del Cristianesimo, che uno creda nei valori fondanti di quella religione, o meno. Ma la serietà che dovrebbe accompagnarla… Insomma leggete l’articolo linkato.

Una nota: evidentemente chi l’ha scritto ha una certa cultura, una certa età e si aspetta che il lettore colga determinate citazioni, che “condivida il background” … La vedo dura, di questi tempi 😉

Terremoto Emilia: ma il vaticano ha dato soldi?

un manager storico del VaticanoLa mia morosa saltando di palo in frasca, di punto in bianco ieri mi fa: ma … ti ricordi che in Emilia c’era il terremoto, no? … eh … si. Ma il Vaticano ha dato soldi, a parte andare lì (spendendone) a fare presenza? E io che non lo so e non confermo e non smentisco, ho voluto chiedere alla scatola magica di internet e siccome vedo che c’è già un bel po’ di botta e risposta sull’argomento, vi rimando all’articolo linkato: Vaticano, soldi Terremoto in Emilia.