e il naufragar m’è amaro in questa merda

I rumori che vengono dalle case quando cammini per strada a quest’ora mi piacciono molto. Mi rassicurano, mi tranquillizzano e mi danno un senso di normalità, di tregua. Quella vecchia idea dei rumori del pasto del condominio, delle palazzine affacciate sulla strada… e anche se solo tu non sei li, a tavola coi tuoi, a mangiare, li immagini. Ci accomuna. Ci accomunava, più che altro. A noi Italiani il cibo fa abbastanza bene. Il tintinnio delle posate sui piatti di ceramica, o dei piatti che vengono messi nell’acquaio per essere lavati.

Mentre torno e il cielo si fa – grazie – scuro e promette un po’ di refrigerio che spero non sia solo umidità, sento questo rumore, per fortuna.

Mentre tornavo pensavo che forse non è vero che non posso essere amato. Qualcuno, di tanto in tanto, si innamora. Ma non dura, non mi ama, non resta. Questo significa fare la verifica, persino metterci il cuore. Non ha importanza se è infatuazione, amore, attrazione, colpo di fulmine, se le amo o non le amo. Non sono fatto per essere amato, sembra la conclusione. Continue reading →

mangiare a cazzo è comodo

Sono alcuni mesi che non vado più in palestra. Mea culpa. E come si sa, mangiare come si deve è una questione di organizzazione. Dire che si fa “perché non si ha tempo” è falso. Il tempo lo hai in un altro momento. E allora te lo devi preparare e poi portartelo, averlo quando serve.

Un panino … si fa presto. Pizza. Tramezzini. Toast.

Tutti carboidrati del cazzo, sbagliati.

Una pasta o un riso, d’estate, freddi li trovi. Ma ci sono un sacco di cose che puoi preparare e averle pronte quando ti serve.

Quindi bisogna rientrare in carreggiata. La panza non se ne va se non fai niente. E la tonicità non esiste se non fai niente. Ho visto gli addominali di un signore anziano che si tagliava ancora la legna tutta a mano: mecojoni!!!!!!!!

E con anziano, intendo ANZIANO, una ruga vivente. Ma gli addominali erano six-pack. Certo, ricoperti di pelle flaccida, ma comunque sixpack. Fanculo!!!

So che non c’entra un cazzo ma consiglio il libro “Mussolini ha fatto anche cose buone – Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo”.

Asciàào

la logica, il linguaggio e la legge #129387

Mi ritrovo ad essere portatore di un grave morbo: in me convivono due spiriti che sembrerebbero opposti. Tuttavia non lo sono. Di tanto in tanto si guardano strano, ma siccome condividono lo stesso sgabuzzino e si conoscono da tempo, quantomeno non si fraintendono. Quando non capiscono cosa dicono, sono i primi a non capire sé stessi, ad interrogarsi su qualcosa senza rispondere. Ad interrogarsi sul proprio stesso metodo, sul proprio stesso pensiero. A volte hanno la grazia di poter andare avanti e fare un passo un più ed occuparsi di qualcosa.

Questi due spiriti, lati del carattere, voglie, bisogni, robe… avrebbero bisogno di un nome ciascuno. Diciamo che quello più facile da etichettare, per comodità, per capirsi (per questo si usano le parole: non siamo telepatici) è quello “artistico”. Potremmo dire creativo. Diciamo quello più giocherellone, zuzzurrellone, che ha voglia di fare quello che ha voglia di fare. Di cantare, di pitturare di rosso, di saltare nella pozzanghera, di correre forte, di giocare, di studiare una roba perché mi interessa (i dinosauri? ok!) o di leggerla e basta perché mi interessa un po’, stare sul divano a guardare merda, di decidere che posso interessarmi un po’, ma mica impegnarmi tanto, di andare ad una mostra perché sì e non perché so, di studiare filosofia, psicologia, sociologia, miazia, fare casino, di ascoltare Vasco tanto quanto Ani DiFranco o i Dream Theater, Robert Fripp oppure le canzoni dei cartoni animati anni 80-90, oppure insomma capito.

L’altra parte è quella che cerca la Verità e – ridiamo forte – la Giustizia. Questa parte non cazzeggia con le parole. Non ama l’ambiguità buttata lì: se c’è la vuole rilevata e dichiarata ad alta voce e cartellino giallo “aaaambiguitààààà quiiii”. Non ama i “secondo me” usati come fatto, non considera il credere al pari del sapere. E non considera quello che è per quello che non è. Ad esempio che lo stesso sapere è “secondo quello che sappiamo oggi”, ma ricordando anche che il prima esiste. Esiste tutto quello che sappiamo essere falso, che è diverso da “non sappiamo”, pur ammettendo che nello stesso ambito c’è un sacco di roba che non sappiamo e che abbiamo tutti imparato che non possiamo sapere cosa non sappiamo: al massimo riconosciamo che sicuramente c’è altro. E quindi, visto che di lavoro da vare per andare avanti ce n’è parecchio, possiamo smettere di occuparci almeno del dimostrato-errato e andare avanti. Siamo più precisi di ieri, sappiamo un granellino più di ieri. Magari a quel punto scopriamo che possiamo mettere in discussione qualcosa (anche questo è andare avanti, ma in base a qualcosa). La discussione stessa, l’osservazione empirica stessa (alla base di tutto), i metodi, tutto questo, hanno trovato in diversi secoli una evoluzione. Sono cresciuti, maturati, migliorati, sono stati discussi, confermati, confutati, trovati veri o falsi o rimasti dimostrati, indimostrati o indimostrabili. Per tutto questo esiste un metodo. E la base di tutto è – anche questa ha dato prova di sé – il metodo scientifico. Ma in tutto quanto, in ognuna delle discipline, il linguaggio è fondamentale. Bisogna capirsi. E’ necessario, visto che già si cerca qualcosa che non si sa, almeno non fare casino semplicemente a parlarsi. Come se ci mettessimo le braghe di budino per andare a fare una spedizione esplorativa. O ci portassimo il frullino. O meglio: non sapessimo usare gli strumenti che hanno già dato prova di funzionare. Senza per questo smettere di considerarli migliorabili, o che se ne possano inventare degli altri migliori.

Ed ora andiamo nella pratica. Continue reading →

I piaceri che decidi tu, droga, cibo

Il piacere, la felicità, la soddisfazione. La “qualità della vita”. Possono essere, per qualcuno, o per una componente importante, il significato, lo scopo, il motivo di vivere, di faticare per restare in vita anche domani.
A volte la gente semplicemente mangia.
Si riempie per noia, qualcuno, si dice.
O magari prova una soddisfazione immediata, piacere, una carezza, anche un godimento intenso, anche prolungato.
Ripetibile.
Più o meno incondizionato. Indipendente da giudizi di come questo piacere debba essere, da parte di terzi.
A volte dici “mi resta solo questo”.
Capisco chi si rintana, con tv e pizza. Capisco tutto. Muori lentamente.
Hai perso ogni gara, ogni sfida, ogni “essere all’altezza”.
Se ti piace il sesso ti resta la masturbazione.
Se ti piace esprimerti ti resta un blog.
Se ti piace cantare ti resta la doccia.
E il cibo, se ti piace gustare, chilo su chilo, ben oltre all’utile per nutrire, ti droga per consolarti, come tutte le droghe. Che non risolvono niente, ma ti accarezzano un po’, e poi peggiorano la situazione.
Avevo cucinato per oggi e domani.
Domani farò altro.

sembri uno del biafra

“Sembri uno del Biafra!” – mi dicevano spesso dall’infanzia all’adolescenza. Ci ricorda la sempreamata (gli ho versato il 5×1000 per anni) Wikipedia che “Il Biafra, ufficialmente la Repubblica del Biafra, ebbe una vita breve come stato secessionista nel sud-est della Nigeria. Esistette dal 30 maggio 1967 al 15 gennaio 1970. Il Capo di Stato Maggiore annunciò formalmente la capitolazione il 12 gennaio. Il paese prese nome dal Golfo del Biafra, sul quale si affacciava. ”

le parole hanno un significato

Diciamo che non erano obesi? Diciamo che erano emaciati e scheletrici a causa della malnutrizione? Ok. Quindi sono nato negli anni 70, da genitori nati negli anni ’30 del 1900. Hanno vissuto primadurante la seconda guerra mondiale. Sono stati profughi. Erano poveri, tutti erano molto poveri. Il cibo aveva un vero valore. Chiunque abbia letto qualche racconto (anche quelli di Guccini che mi annoiano terribilmente, non ho finito il suo libro, che leggevo a cacate in cesso di un amico, ma ci sono libri simili che non annoiano) di quei tempi, spessissimo legati alla cucina ed al cibo, alla vita contadina, agli animali, sa quanto il pollame, le uova e gli animali valessero. Chi li trattava non li mangiava. Li mangiavano i ricchi. Le uova, in particolare, erano roba da ricchi, donne incinte, bambini e malati. Gallina vecchia fa buon brodo – che significato mai avrà oggi? Leggere invece come venissero cucinate zampe, bargigli, creste ed altre leccornie del genere, del pollo, e pensare a quanto costi oggi… ti mette in una prospettiva differente quando senti parlare di crudeli allevamenti intensivi. Certo, magari la mia è una visione distorta, si vive bene di riso e verdura, legumi eccetera. Continue reading →

riso integrale con DELLAROBA #201923498723

Ricetta per due piatti. Abbondanti. OK vegani.

Ciotole.

Oppure uno che mangia troppo.

Ingredienti: desumeteli dalla ricetta.

A pranzo devo/posso fare “carboidrati e una piccola fonte di proteine” e “verdure servono per riempire la pancia”.

Faccio con quello che ho. Prendo una tazza, di quelle da cioccolata calda, e la riempio di riso integrale (meglio se integrale, dice la nutrizionista, pasta o riso … che ovviamente costano un bottazzo di più, anche se poi guardo nel pastone del cane e a me sembra tanto integrale quella pasta lì). Schiaffo a bollire in acqua un po’ salata.

Nel frattempo: padellazza bella larga sul fuoco medio, a fuoco alto. Olio… questo è il problema. Il massimo consentito sarebbe un cucchiaio; ma non riesco proprio a far toccare l’olio a tutto… ‘sta volta verso più abbondante. Attendo che sia piuttosto caldo.

Ci metto una manciata di pepe del Sichuan, stando ben attento che sia proprio DENTRO l’olio: questo è fondamentale. Deve prendere una scottata, possibilmente spaccarsi. Poi una manciatina di sale sparso.

Intanto prendo tutti i cipollotti che ho e zic zic zic taglio a rondelline micro, anche la parte “erbosa” se è fresca, se no butto via. Aggiungo tutto e spadello un po’: cipollotto e pepe del Sichuan devono essere toccati dall’olio caldo. E spadella che ti spadella. Poi? sei sette olive taggiasche. E spadella. Hop hop. Intanto controlli il riso. Evvai non l’ho fatto attaccare al fondo! Perché io sono capace di attaccare pure quello che bolle eh! Ce la posso fare.

Poi? Mh. beh quello che si deve scottare si scotta. Fatto, spengo il fuoco. Ho una confezioncina di pomodorini datterini. Tutto molto vezzeggiativamente diminutivo in questo rosso pomodorar che m’è dolce in questo mare. O circa. Comunque taglio almeno in 2 ogni pomodorino che deve rimanere fresco, non cucinare. E schiaffo nella padellazza. E spadello. Spolverata di curry (all) Over The Top. Mentre aspetto questa mossa del curry si fa sentire fino in soggiorno (ok, la mia casa è di circa 67mq, cucina e soggiorno sono solo una stanza separata da un muro in due… ma deve almeno fare il giro del corridoio).

Ad una certa (come dicono igiovanidoggi) il riso è cotto. Lo scolo. Non la malattia. Eseguo l’operazione con lo scola pasta che separa il riso dall’acqua che fu bollente. Poi schiaffo tutto il riso nella padellazza. Gli do una mossa, una mescolatina. Continuamente mi chiedo “ma le proteine?” e ok, ‘stasera mi mangerò le proteine.

Mi siedo davanti a BOING (safe zone) con la mia ciotola. Degusto? Si, funziona. Un po’ troppo olio. Il pepe del Sichuan si fa sentire, ma meglio di tutto è cercarlo e morderlo, spezzarlo e fargli sprigionare quella pazzia di gusto strano che è acidulo e profumato quasi di fiore. Buono! E il resto è gran cipollame. Ma buono.

Ma troppo olio. Come faccio? devo cucinare ma poi vorrei colarlo via, che è stomachevole.

Credo che andrò a fare colazione al mac

Lavorando spesso di notte per me, tra sabato e domenica, non è inusuale andare a farmi un caffé al Mac. Di tanto in tanto mangio anche, ma solo se è il periodo “non solo cacate del mac” (chianina, carne normale, formaggio noncheddar, eccetera).

La colazione invece mi è sempre piaciuta: colazione salata, se vuoi muffin salato , oppure omelette, eccetera. Ovviamente con spremuta, che mi da una carica pazzesca. E il caffé non fa affatto schifo, anzi, per lo standard di queste parti è pure buono.

tipica foto stock 🙂

Ovviamente mi odiano, perché io arrivo proprio ALLE 7 (non sanno che sto aspettando dalle 5 perché ruotino quel fottuto menù) e preparare la colazione salata probabilmente richiede qualche complicazione. Ogni cazzo di lavoratore nel food dovrebbe avere avuto un PROPRIO ristorante/bar, per capire come funziona e che il cliente non è “quel tizio che si materializza dal nulla per farmi fare cose che non ho voglia di fare”, ma quello che compra quello che offri. Lo offri tu, la tua azienda. E, ad esempio, gli girano i coglioni se, fatti 10 km e uscito di casa per venire da te, gli dici “ho appena pulito la macchina”. Non posso rispondere “me ne sbatto il cazzo” solo perché poi tanto mi faresti un caffé di merda. Ma il punto è: qui fate caffé, giusto? Allora perché non smetti di farlo DOPO aver chiuso? Fate spremute? si? Perché non lavi la macchina DOPO aver chiuso? Il tuo orario di lavoro non è quello per la clientela, sono due orari diversi. Se fosse IL TUO bar, forse ci ragioneresti.

Non tutti i baristi sono così, anche se proprietari. Ma quelli che hanno capito, si; quelli che hanno voglia di lavorare, si. Altri sono quelli che si lamentano perché arrivano i cinesi, i kebabbari, gente che tiene aperto quando loro tengono chiuso, gente che lavora quando serve ai clienti e non quando je pare a loro. Gente che, in sostanza, individuata la domanda, la soddisfa. Non gente che fa offerte SPERANDO che la domanda corrisponda.

Mancano ancora 40 cazzo di minuti. Continuo a lavorare eh? 🙂

lo spreco di cibo non toglie cibo a nessuno

Gira un video che mostra le fragole coltivate, quindi acquistate, assaggiate appena e lasciate marcire fino ad essere buttate nel cestino.

Lo spreco di cibo è eticamente scorretto solo in modo astratto. Ma non genera nulla. Devo essere crudo e diretto in questo: se compro le fragole o non le compro faccio la differenza economica della catena che le fa arrivare a me. Se le compro, qualcuno lavora, guadagna.
Se non le compro no. Ma in questo lo spreco non c’entra.
 
Se le compro e non le mangio – invece – succede la stessa identica cosa che se le comprassi e le mangiassi.
Non finiscono da chi ha bisogno, né se vanno a male e finiscono nel cestino ammuffite, né se le ingerisco tutte, diventano merda e finiscono nel wc. E in nessun altro caso finiscono da chi ha bisogno.
Se le compro e gliele porto, allora faccio la differenza: si, ma a quello sotto casa, non al resto del pianeta.
 
La complessità, riguardo ai milioni di persone che muoiono di fame nel mondo, non c’entra nulla col mio spreco. E’ un insulto alla loro condizione, eticamente. Ma solo in modo astratto. In concreto non è questo ad influire sulla loro fame.
L’unico che spreca sono io: le conseguenze delle mie azioni sono tutte mie se compro e spreco il cibo.
Per cambiare le cose presso chi non ha cibo, non devi svuotare il tuo piatto quando ti viene riempito. Il mondo è più complesso di così.
E chiederti, invece, cosa devi fare, è la direzione giusta.

il senso della misura

una capra che si nutre di immondizia

magna che è tuttobbono.

Butto giù un flusso di pensiero così, perché non mi viene meglio. E non credo che lo rimetterò in sesto…

di solito parlando di cibo
di solito con gente che proviene dalla guerra e dalla povertà
ma poi si mettono a dire quanto è buono questo e quello
non confondiamo il buono con il commestibile, perché quando iniziamo a dire che questo o quello è “buono” e ci mettiamo un aggettivo … allora iniziamo a dare un giudizio. E il giudizio di per sé è discutibile.
E allora perché ti metti a rompermi i coglioni?
Non siamo in guerra, non siamo in carestia, quindi è inutile che mi presenti una cosa che dovrebbe essere una prelibatezza e che tale non è. Diventa una prelibatezza, e io con te la riterrò tale, se NON HAI UN CAZZO. Allora diventa buono, perché non hai niente.
Come diceva Eddie Murphy un cracker non è una fetta di torta alla crema.
E’ chiaro che se hai FAME allora un cracker è delizioso. Pure un cracker quasi andato a male è delizioso.
Ma se io non bevo alcol, di nessun genere, è inutile che tu mi dica che sono viziato se non gradisco le tue ciliegie sotto spirito. Sarò viziato, ma semplicemente non bevo alcol. Poi voglio vedere se ti faccio assaggiare un po’ di cibo indiano quanto vien fuori l’essere viziati. Oppure un po’ di cibo non tradizionale, allora vediamo.

Per me il cibo è come una donna, non è che basta che respiri: tu ti sei tirato su tua moglie dicendo che non dovevi fare tanto il viziato? Era la prima che capitava? Cosa credi che ne pensi lei di questo? Che sei bravo perché non ti lamenti oppure che dato che tutto è buono, allora lei non vale un cazzo più o meno di qualsiasi altra? La tua superficialità rischia di offendere coloro ai quali hai dato del valore, perché non sei qualificato a farlo: non hai una scala di valori: tutto è buono, hai un palato di capra. Tutto vale. Tua moglie è sostituibile con un’altra. Non ha un sapore particolare, non è che quella di tuocuggino non sia buona, se non c’è altro bisogna mangiare. Eh si. Spera che sia una che pensa come te, perché non ci arriverebbe e quindi saresti salvo. Continue reading →