Accettazione #345928347

Accade che si possa avere accesso a qualcosa ma che le condizioni o le conseguenze siano talmente negative, per noi, che preferiamo rinunciarci del tutto: il beneficio sarebbe inferiore al danno e non si può essere grati per il danno o poco coraggiosi ad andare incontro a danni potenziali assicurati, facendoli diventare reali, così, solo per l’esperienza. È stupido e masochistico. La passione esiste, la gioia esiste, il bello esiste, ma anche i loro contrari: si fa il conto e si decide. Qualcuno accetta un granello di gioia in una distesa di nulla. Altri no. Perché, sempre, prendere atto della realtà ed accettare che è così, non significa che mi deve anche piacere. Non pretendo, quindi, che ciò che è cambi: lo accetto. Ma decido io quale tipo di relazione, con tale realtà, intendo o non intendo avere (accettare). Il libero arbitrio è questo?

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ChatGPT Plus, chat temporanea con GPT-4, a specifiche questioni su questo testo mio, dice:

Analisi Critica del Testo

Il testo proposto si concentra sul concetto di “accettazione” di realtà non piacevoli, esaminando il rapporto tra libertà di scelta e conseguenze derivanti da tale scelta. Una prima osservazione critica può essere indirizzata alla mancanza di una definizione chiara di termini come “danno”, “gratitudine” e “libero arbitrio”, che potrebbe portare a interpretazioni vaghe o ambigue. Il testo, tuttavia, non sembra presentare fallacie argomentative evidenti come attacchi personali o appelli emotivi non pertinenti. La struttura logica è generalmente coerente, poiché l’autore espone una situazione, ne analizza gli aspetti e conclude basandosi sulla riflessione iniziale.

Tuttavia, una possibile debolezza potrebbe risiedere nell’assunzione implicita che la decisione di non accettare una realtà non piacevole sia sempre un atto di libero arbitrio, senza considerare influenze esterne o condizionamenti che possono limitare le scelte individuali. Questo potrebbe essere visto come una semplificazione eccessiva di una questione molto più complessa.

Trattamento da Parte di Diverse Discipline

Filosofia: La questione dell’accettazione e del libero arbitrio è centralmente trattata in filosofia, con figure come Sartre che enfatizzano la libertà dell’individuo di scegliere nonostante le circostanze esterne. Argomenti contro possono includere le teorie deterministe, che negano la libera volontà a causa di fattori predeterminati biologici o ambientali.

Psicologia: La psicologia esplora come gli individui affrontano le situazioni avverse attraverso concetti come la resilienza e la percezione del controllo. Studi su queste tematiche spesso supportano l’idea che accettare la realtà, anche quando è negativa, può contribuire a una migliore salute mentale.

Sociologia: La sociologia può guardare alla questione dell’accettazione all’interno dei contesti sociali, analizzando come le norme culturali e le pressioni sociali influenzano le decisioni individuali. Ciò potrebbe portare a un dibattito sull’entità del libero arbitrio in contesti sociali densi di normative e aspettative.

Morale ed Etica: Queste discipline indagano spesso i principi dietro le decisioni di accettazione o rifiuto, interrogandosi se sia “giusto” accettare condizioni negative o se sia moralmente obbligatorio cercare di cambiarle.

Politica: La politica considera come le leggi e le politiche possano influenzare l’accettazione di certe realtà sociali o economiche. Il dibattito può riguardare questioni di giustizia sociale e diritti individuali versus il bene collettivo.

In conclusione, il testo solleva questioni significative che sono state ampiamente dibattute in molteplici campi del sapere, offrendo spunti per ulteriori riflessioni e discussioni.

L’assunzione che la decisione di accettare o non accettare una realtà sia sempre un atto di libero arbitrio è complessa e può essere analizzata sia da prospettive a favore (pro) che contro (contro). Esplorerò entrambi gli aspetti offrendo esempi specifici per illustrare meglio il dibattito.

Argomentazioni a favore (Pro)

  1. Autodeterminazione personale: Dal punto di vista filosofico, autori come Jean-Paul Sartre sostengono che gli individui sono sempre liberi di fare scelte, nonostante le circostanze. Questa visione enfatizza l’autodeterminazione. Ad esempio, una persona può scegliere di lasciare un lavoro stressante nonostante la sicurezza economica che offre, evidenziando un esercizio del libero arbitrio in contrasto con le pressioni finanziarie.
  2. Resilienza psicologica: In psicologia, la resilienza è la capacità di riprendersi da situazioni difficili. L’esercizio del libero arbitrio è evidente quando individui affrontano traumi o stress significativi e decidono consapevolmente di cercare aiuto o adottare strategie positive di coping, piuttosto che cedere alle circostanze.
  3. Rifiuto di conformismo sociale: Dal punto di vista sociologico, il rifiuto di conformarsi a norme sociali opprimenti è un altro esempio di libero arbitrio. Le rivoluzioni e i movimenti sociali come il suffragio femminile o il movimento per i diritti civili negli Stati Uniti sono esempi storici di individui che rifiutano una realtà accettata dalla maggioranza e agiscono per cambiarla.

Argomentazioni contro (Contro)

  1. Determinismo biologico e ambientale: Le teorie deterministe sostengono che molti aspetti delle decisioni umane sono predeterminati da fattori biologici o ambientali. Ad esempio, la ricerca ha mostrato come certi comportamenti possano essere influenzati da geni o condizioni ambientali come la povertà, limitando di fatto il libero arbitrio nell’accettazione o rifiuto di determinate situazioni.
  2. Influenza delle condizioni psicologiche: Condizioni come la depressione o l’ansia possono limitare significativamente la percezione delle scelte disponibili per un individuo, influenzando la sua capacità di esercitare il libero arbitrio. Una persona con depressione severa potrebbe sentirsi incapace di cambiare la propria situazione, anche se esternamente sembrano esserci opzioni disponibili.
  3. Pressioni e aspettative sociali: In sociologia, è riconosciuto come le aspettative sociali possano limitare le scelte individuali. Ad esempio, in certe culture, il matrimonio può essere visto non solo come una scelta personale ma come un obbligo sociale, limitando la libertà individuale di scegliere diversamente senza subire significative conseguenze sociali.

In sintesi, mentre il concetto di libero arbitrio è centrale nella discussione sulla capacità di accettare o rifiutare situazioni, esistono argomentazioni valide sia a favore che contro, che dipendono da una varietà di fattori psicologici, biologici, e sociali. Questo dimostra la complessità e la multidimensionalità del concetto di libero arbitrio nelle scienze umane.

Riguardo alla resilienza e alla psicologia (io)

questo assunto è assolutistico, sembra fondato sul fatto che la libertà sia solo quella di non fare valutazioni che portino a cedere, come se queste non fossero lucide, senza dimostrare che sia invece un preciso calcolo di costo VS beneficio

Risposta (ChatGPT):

Hai sollevato un punto interessante sulle limitazioni della visione che associa il libero arbitrio solo alla capacità di non “cedere” alle circostanze avverse, che sembra suggerire una valutazione non lucida. In effetti, esiste una dimensione del libero arbitrio che implica un calcolo attento e razionale dei costi e dei benefici, che può portare a decisioni più meditate e potenzialmente diverse.

Costi vs Benefici nella Decisione

L’approccio di costo-beneficio è un aspetto cruciale nella teoria delle decisioni e può essere applicato efficacemente anche nell’analisi del libero arbitrio:

  1. Valutazioni lucide in situazioni avverse: Anziché una semplice resistenza alle circostanze negative, il libero arbitrio può manifestarsi attraverso decisioni ponderate, basate su un attento bilanciamento tra i costi e i benefici previsti. Ad esempio, una persona che decide di rimanere in un lavoro poco gratificante potrebbe farlo valutando che i benefici economici superano il disagio personale, piuttosto che semplicemente “sopportare” le condizioni.
  2. Lucidità nelle crisi personali: Anche nelle crisi personali, come una malattia grave, la scelta di accettare o cercare un trattamento alternativo può essere basata su una valutazione dettagliata dei possibili esiti, degli effetti collaterali, della qualità di vita attesa e delle opinioni mediche, anziché un mero atto di resistenza al destino.
  3. Scelte sociali e culturali: Nel contesto socioculturale, le decisioni riguardanti l’adesione a tradizioni o norme possono anche essere il risultato di valutazioni dei costi sociali e personali associati alla conformità o alla deviazione. Ad esempio, una persona può scegliere di seguire una norma culturale non perché la subisca passivamente, ma perché valuta che il mantenimento delle relazioni familiari e sociali offra benefici superiori rispetto al costo della non conformità.

Questi esempi dimostrano che il libero arbitrio può essere esercitato attraverso decisioni che non sono semplicemente reazioni a circostanze avverse, ma risultati di processi decisionali complessi e riflessivi. Questo punto di vista offre una comprensione più ampia del libero arbitrio, considerando sia la resistenza alle difficoltà che la capacità di fare scelte consapevoli basate su valutazioni logiche e informate.

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L’argomento di questi ultimi anni, per me, è: vorrei che la psicologia clinica si assumesse la responsabilità di dichiarare che tutte le sue operazioni sono volte al benessere dell’individuo che sia lucidamente determinato a sopravvivere a prescindere dal fatto che tutte le terapie si fondano sull’accettazione che la vita è intrinsecamente mescolata a fatica, sofferenza, dolore. Questo però non è un assunto fondativo generale. Si tratta infatti già di una delle due biforcazioni di un bivio: mi sta bene / non mi sta bene. Quello che trovo pericoloso dal punto di vista normativo/legislativo è che, nel momento di prendere decisioni informate, il legislatore non si interroghi sufficientemente sulla base di alcuni ragionamenti degli specialisti psicologi e finiscano, in tema di libertà di scelte su fine vita, esistenza eccetera, per accettare acriticamente ciò che sembrano acriticamente accettare coloro che sono dediti al “far stare bene la gente” mentre si tratta di “far stare bene la gente CHE VUOLE SOPRAVVIVERE, automaticamente appiccicando una patologia a chi liberamente decide che questa valutazione sia soggettiva “.

Il fondamento legistlativo che patologizza una scelta libera soggettiva solo perché minoritaria nascondendo invece l’utilitarismo monodirezionale della società che intende estrarre beneficio dall’esistenza dei singoli, senza curarsi della loro felicità (poiché intrinsecamente considerano deboli e biasimevoli alcune condotte che altrimenti richiederebbero sforzo collettivo) è, per me, fascista. Malvagio, egoistico mentre considera egoista il singolo che non si fa fregare dall’egoismo di tutti gli altri singoli mentre ipocritamente si aspettano contributo. I numeri su quanti siano ricchi e quanti poveri nel mondo, rispondono alla critica di “assurdità”.

Scegliere di sottrarsi deve essere considerato al pari della scelta del lavoro intrinsecamente forzato della sopravvivenza. Come scelta libera riconosciuta valida dalla società dovrebbe, quindi, trovare un aiuto rapido ed indolore che renda effettiva questa pratica libera, deliberata di interruzione volontaria dell’esistenza. Additare a pigrizia del singolo la poca voglia di fare lo schiavo ignora la contemporanea pigrizia di tutti di adoperarsi per rendere la società collettivamente responsabile nell’elevarci rispetto alle scimmie ed altri animali gerarchici, competitivi, dominatori dei propri simili e collaborare, considerando il vantaggio proprio che porta danno ad altri come il principale dei mali inaccettabili. La scelta di non-esistenza, in questa ottica, scomparirebbe come “male” e sarebbe una valida scelta come tante altre, che non parte da presupposti machisti, efficientisti (solo per i sottoposti e i singoli), arrivisti, aziendalisti che spostano la responsabilità sul singolo che DEVE sopravvivere, ma sulla società nel suo complesso che la renda una scelta DESIDERABILE ed attrattiva. Soprattutto se, in fondo in fondo, quel che vuoi da quel singolo è che contribuisca a fare qualcosa per te. Beh sbattiti, o lasciami morire, ma con onestà intellettuale.

Nudi (miei) che mi nauseano

È possibile rattristarsi, rabbuiarsi, sentire anche un po’ di nausea mentre si sistemano foto di nudi di donna? È possibile continuare a pensare “ma ha un viso da vecchia” con una di 37 anni? Certo il suo corpo e la sua pelle sono abbastanza a posto. Non avrei nulla da dire su come si piega la pelle, sulle smagliature, sul cesareo o altre cicatrici.

Ma le occhiaie dell’età sono differenti da quelle della stanchezza. Io riesco, di nuovo, questa è la seconda volta che mi capita di fare questo genere di ragionamento, a scorgere la ragazza che questa donna è stata. Per un attimo, quella luce. Ma questi nudi sono troppo forti, non possono essere sopportati da una donna normale. L’imperfezione viene bilanciata dalla giovinezza.

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la giovinezza e la bellezza passano in un soffio

Incontro la vecchia, che sta sempre negli uffici sompra il mio studio: sta in segreteria; ho sempre notato che mette scarpe che non dovrebbe: dei vezzi, voglia di essere, libertà di farlo, probabile abitudine ad essere stata. La vecchia ha 72 anni. E’ vecchia sul serio, rughe, grinze, vene varicose, roba cadente e tutto il repertorio. Compresi i trucchi impietosamente sbagliati, i capelli eccetera. Ma non ci facciamo poi tanto caso. Io alle vecchie sono sempre stato abituato; di bellezza ce n’era meno in giro, più si va indietro nel tempo. Vanità, darsi delle arie, boria, altezzosi. Queste erano le parole per chi onorava il dono.

La vecchia mi mostra una foto del 1971. Non ero neanche nato e lei sembrava che so… la morosa di Jim Morrison. Una figa pazzesca. Rayban, ok, ma un collo, lineamenti, mascella, fronte-naso, le labbra. Poi vedo altre foto dopo, i suoi occhi. Era davvero una grandissima gnocca e lo ricorda. Ne parliamo, e mi dice “diglielo, diglielo alle tue ragazze, che questa cosa passa veloce, in un soffio! Guardo questa foto e mi sembra fosse ieri… ma guardo lo specchio e non c’è più niente, niente di tutta questa roba!”. Ne parliamo ancora, non diciamo che si muore, che non c’è altro. Ma quello di sicuro non c’è.

E certo, io a loro lo dico. Ma puoi capire solo quando era tuo e non ce l’hai più. Potevi e non hai fatto. Hai detto dopo. Hai detto c’è tempo.

E invece no. C’è QUEL tempo. E dopo ce n’è altro, diverso. Quello di prima è passato per sempre.

Se vi sembra tutto superficiale, pensate a qualsiasi altra caratteristica fisica. Mio padre, pensavo, leggerà finalmente in pensione. Non vede quasi niente. Beh potrebbe ascoltare. Non sente quasi niente.

Devi usare il tuo corpo. Devi godertelo, goderne a pieno, darci sotto. Scopare come un trapano, guardare, ascoltare, succhiare, mangiare, bere, gustare, usare i muscoli, correre, saltare, odorare, toccare, infilare, leccare.

Poi potresti non esserne più in grado.

Quindi se puoi posare nuda, dico io, fallo subito.

Perché alcuni uomini sono feticisti dei piedi? – o anche no?

gambe magre con tacchi a spillo

io penso subito alla figa

via Perché alcuni uomini sono feticisti dei piedi? dice questo sito – Io non sono d’accordo praticamente su niente, quando consideriamo il fatto puramente estetico. Visualizzate la gamba nella sua interezza: piede a martello: goffo, taglia la sinuosità della “S” fatta dalla gamba. Piede in punta: gamba lunga, magra, snella, molto vicina all’aspetto estetico generale che esprime vigore e giovinezza. Tacco: aiuta ad ottenere questa posizione anche in piedi senza essere una ballerina, costantemente, oltre al fatto che favorisce una postura sexy, imponendo un certo “raddrizzarsi” culo-pancia-seno-spalle-collo che rende meno curve e più “sicure”. Certo, poi devi saperci camminare. E ti fa sculettare, facendo in ogni istante evidenziare curve e controcurve.

Sesso? Beh, tieniti le scarpe e avrò una maniglia interessante per rivoltarti in vari modi, oltre all’aspetto sexy che prenderà la tua gamba, manifestando costantemente nel rapporto la voglia di essere troia con impegno. E ricordo che uso questa parola come sinonimo di “amante del sesso, amante del cazzo, persona con notevole appetito sessuale e determinato impegno a godersela, non solo a farlo accadere perché capita”.

Piedi da soli? Da soli che me frega? Se sono il termine di una splendida gamba. Se sono in un posto molto vicino al viso mi dicono che ti sei messa in un modo particolare… se sono vicini alla testa vuol dire che mi stai accogliendo tutta, per farti prender meglio, ti scopo il culo? Ti scopo la figa? Ti scopo in bocca? non so, ma se ci sono di mezzo tutte le gambe tanto che possa vedere anche la parte sotto del piede posso abbracciarti tutta, prenderti tutta, sentirti tutta, accarezzrti mentre ti scopo. A me le belle gambe ricordano sempre l’insieme, e sempre le creste iliache, il monte di venere e la figa, splendida. Sono un feticista della figa? Ah. Come fotografo. Ma come uomo… se la porta una stronza può metterci dentro anche un frullatore e divertirsi. Continue reading →

Bellezza/giovinezza

“Non sono bella: sono solo giovane!” – mi diceva lei, ricordo. Le dissi si, certamente, una parte della tua bellezza è inscindibile dalla giovinezza, ma siccome sono presenti tutte e due, in questo momento questa è una verità: tu sei bella. E lo sei anche perché sei giovane.

Ma certamente, era bella (lo è) e basta, bella quando altre coetanee non lo sono. Non basta essere giovani.

Ma certamente, osservo alcuni miei ritratti ora e io ci ripenso. C’è bellezza nella giovinezza e io sto ritraendo quella vitalità. Certo c’è la bellezza delle forme della donna, la potenza della carnalità, le proporzioni armoniche di alcune persone, i tratti e i lineamenti scelti dalla natura per selezionarci a vicenda. Tuttavia la gioventù credo abbia un potere che scompare presto. Persino molte giovani (mi riferisco ai nudi, fotografo ragazze/donne) non hanno più quel brio, quella scintilla. E invece certo, si ritrova in alcune persone, nei loro occhi, nel loro modo di fare, contenuto però in un involucro che non è affatto aggraziato o gradevole per i canoni di quello che intendo fotografare.

Certo, sono bellissimi in un altro modo: quella vitalità io la vedo, quell’anima io la ritraggo volentieri. Ma quasi sempre saranno i primi ad odiare quelle foto, apprezzabili appieno solo da sconosciuti e da gente che li ama. Magari non tanto da gente che “li conosce” e tantomeno da sé stessi.

Bambini e gattini, il concetto è quello. Possono essere degli stronzi terrificanti, ma se sono belli, sono belli e basta. Non serve che tu li ami, che tu abbia una relazione. Il loro valore estetico è slegato dal rapporto. Ovviamente sarà in una certa misura legato al gusto, alla cultura.

Che noia eh?

Ciao 🙂

very alti e very bassi

Ricordo al mio lettore che io sono scurrile, volgare, faccio uso di turpiloquio. Cerco di non esagerare nella sua distribuzione, onde evitare che, quando usato, risulti meno  efficace, come da di scelta di tale classe di vocaboli ci si attende.

Questa mattina è iniziata all’insegna dei porchiddei; avevo sonno, ma avevo un orario e un programma. Cerco di bere ‘sto mezzo litro d’acqua prima di qualsiasi cosa, tutto ok, wow pure le “due fette biscottate con marmellata” e penso di pigliare il caffè fuori. Le micie manifestano molto il desiderio di coccole e quando la smilza si trova in un punto delicato della casa il campanello suona in modo, come sempre, rumorosissimo, facendola schizzare nell’invisibilità. Rispondo: nessuno. Risuona spaccosamente. Ri-rispondo, questa volta già con un po’ di fastidio – cazzo, perché risuoni se la prima volta non hai risposto, stronzo, penso – e finalmente il postino palesa la sua identità e lo scopo della visita.

Scendo. Multa. I suddetti salgono al cielo. L’acqua calda inizia a fare effetto: prendo la lettera e mi metto sul cesso. Studio bene: le mie recenti frequentazioni mi hanno portato (mea culpa, corro) ingenti multazze e perdite di punti. Leggo bene. Dev’essere un tutor, proprio sul tratto in cui avevano piazzato una bella X rossa sul cartello. Leggo bene: 177 eur INVECE DI 470. Non mi lamenterò. Controllo: ci sono anche 3 punti. Coi soldi sono già in merda. Eh beh. Sono in merda anche coi punti. Mi ricordo che ieri sera iStock/getty hanno pagato, non tanto, ma circa il necessario per pagare la multa. Quindi mi affretto (è sabato) ad effettuare la richiesta di trasferimento bancario tra PayPal e la banca. Continue reading →

decadendo

vecchio ritratto drammatico affascinanteDella caducità, della decadenza fisica sicuramente sono millenni che si scrive. Mi fa schifo? In parte si, certamente. Ha a che fare con quello che mi fa schifo, ribrezzo, se e solo se messo in relazione al rapporto che la bellezza ha con la sessualità ed il rapporto fisico, soprattutto con la bocca. Non ho voglia di leccare la faccia di una splendida vecchia. Elegante, signorile, con rughe meravigliose, che farebbero un ritratto intensissimo: l’animale uomo che è in me ne rifugge, si schifa. Ma esaurito l’impulso primordiale del “scopare/non-scopare” esiste un altro genere di bellezza. Resta comunque un muro invalicabile. Non mi scoperei nemmeno un giglio, però. E non credo che lo leccherei volentieri.
Ma la bellezza della decadenza è differente da quella del vigore, turgore, tono muscolare, forza e vitalità della giovinezza, del nuovo, del tirato a lucido. Sono differenti e producono differenti risultati nelle sensazioni. Differente è l’affettuosità, la tenerezza. Continue reading →

sei talmente brutta che non ti si può stuprare

Vi invito a leggere fino in fondo prima di pensare merda di me.

E’ stata portata alla mia attenzione QUESTA notizia. Io purtroppo sono uno che infastidisce. Non sono mai da una parte o dall’altra e basta soprattutto dove si tratta di Giustizia. La Giustizia è quella che mette in galera sia il ladro che ti scippa la borsetta sia il derubato che per bloccarlo gli spacca il cervelletto. Sono due crimini diversi: ognuno ha il suo giudizio, motivazione, attenuante, aggravante. Tutta la famosa legittima difesa “in più” di questi giorni si basa proprio su questa non-accettata posizione.

Inizialmente mi sono incazzato: leggo la notizia e dico : se è stupro è stupro. Poi proseguo e leggo associazioni e giudici dire che “non è possibile usare questo linguaggio”.

Cosa?

Scherziamo? Quelle sono parole. Non c’è un modo corretto e più onesto di dire quello che è stato detto. Sono puttanate. Chiediamoci piuttosto se quanto è stato detto sia lecito nel merito, non nella forma delle parole. Quanto sappiamo di questo caso? Supponiamo solo per un attimo che sia vero quanto sostengono i giudici, anzi LE giudici: ovverosia il classico: visto che i maschi sono sempre delle merde puoi organizzare un finto stupro per chiedere soldi o per rovinare qualcuno, a seconda. Ripeto: fingiamo che sia vero: noi siamo li, abbiamo visto la scena vera e sappiamo che è vero. Seguitemi, assecondatemi per favore: SE le cose stanno così, il fatto che il desiderio sessuale “bestiale ed incontrollato” tipico da stupratore sia tecnicamente impossibile perché per il tizio lei era talmente cessa che non se la sarebbe fatta nemmeno col cazzo di un altro (volgo al maschile la frase TIPICA che ho imparato da ragazze, sia chiaro: in faccia ho visto dire loro a dei ragazzi “non scoperei con te neanche con la figa di un’altra!”) , allora l’aspetto estetico, l’attrattività, l’attrazione non solo sono pertinenti , ma determinanti per la definizione delle condizioni.

E visto che – se mi seguite nella fantasiosa ipotesi che sia vero, che non sia stupro ma organizzato – è determinante: quali parole dovremmo usare per dire che l’aspetto della ragazza non era tale da attirare sessualmente, da provocare desiderio i presunti stupratori?

Ok, fine dell’ipotesi. Mi serviva solo questo: il caso che hanno montato sulle PAROLE mi interessa. Altrimenti stiamo alla neolingua: se non posso usare le parole giuste non posso esprimere il corretto pensiero. E’ una forma di cancellazione di libertà del pensiero. Eppure in un caso che riguarda il sesso queste cose sono importanti.

Andiamo avanti. Torniamo nell’incertezza, nell’indeterminatezza: non sappiamo quale sia la verità. Davvero il fatto che lei sia mascolina può determinare l’indesiderabilità? Che non glielo faccia tirare intendo. Non lo sappiamo. Magari al tipo eccitava proprio quel tipo di fisicità. O la violenza in sé. Magari era uno che disprezza-e-compra. Non lo sappiamo proprio!

E lei? E’ impossibile che si sia comportata come si dice, con la sfida? Che abbia sfidato uno a farsela in stile “vediamo se sei capace o se sei una femminuccia”. Davvero non avete mai assistito a scene simili? Da ragazzini si fanno cose pazzesche.

Per me queste cose sono tutte terribili: mi spingono a dire che dovremmo tutti avere sempre delle dichiarazioni firmate o video di manifestazione di consenso femminile. Una vera merda per la vita sessuale, per le coppie, per ciò che rende sexy, passionale, sensuale la vita di coppia, la conoscenza, il flirt.

Ma se poi si arriva ad essere o stuprata, oppure ingiustamente accusati di essere stupratori…

… cosa possiamo fare?

Telecamere ovunque?

Questa roba mi amareggia.

Se avete letto fino in fondo spero pensiate meno merda di me di quanto non può succedere leggendo parzialmente.

su emotività e populismo barocco: lo faccio (1 di 2)

Mentre mi accingevo a scrivere che quello che faccio è inutile, per fortuna mi sovviene che ogni cosa inutile per cui viviamo è spesso sorretta dalla sopravvivenza, utile per necessità. La nostra solita utilità dell’inutile.

Michele Smargiassi, nel suo blog “fotocrazia”, presso Repubblica online, nel suo articolo sul barocco-populismo mi fa riflettere sul parallelo, che non mi sento di confutare, anzi, su quella definizione di Barocco e sul populismo. Credo si basi sulla definizione di “barocco” che diede nel precedente articolo, che a sua volta si basa su riflessioni tratte dal libro di Mario Tozzi “Tecnobarocco” (che non ho letto ma una malattia recentemente rinata mi spingerebbe a procurarmelo di corsa, accidenti a te, come direbbe qualcuno).

Parte 1: Tecno
Non avendo ancora letto il libro di M.Tozzi sento di sentirmi molto Barocco in quanto a quella che viene definita “eccedenza” nella (desiderata) complessità (non complicazione) dei comandi disponibili. Quando mi viene richiesta semplicità mi scogliono parecchio, come homo tecnologicus: la tecnologia “facile” è “schiaccia un bottone, ottieni risultato”. Ma a me interessa sempre ottenere quel certo risultato. Quindi ok, viva la tecnologia, ma con i parametri variabili: cosa che invece stressa il cazzo a tutti quanti, di solito. La classica differenza mac-windows, per non parlare di linux. Sono quelle cose dove devi sapere quello che fai per farlo bene.

Chiunque abbia seguito questo blog in anni che furono sanno che nonostante la mia “vita nerd” non ho accettato l’avvento degli smartphone senza resistenze. Le mie resistenze hanno una storia. Se non te le spiego non puoi capire da dove proviene il mio fastidio. Il mio fastidio proviene dalla storia dell’informatica. Sicuramente un vecchio esperto tratterebbe me allo stesso modo: l’informatica è scienza. I computer, tutti i computer, non sono elettrodomestici. E si, sono al nostro servizio, ma proprio com’è la scienza. Ha quella natura. Devi avere fatto i compiti a casa, devi accarezzare la testa del cavallo perché sia docile e non scalci. Magari ti farà correre, salterà gli ostacoli, ti farà fare meno fatica, ma non se pensi di saltare davvero dalla balaustra del secondo piano sul groppone del cavallo di Zorro senza aver mai strigliato un cavallo.

Se non lo spiego non lo puoi capire: e ancora non l’ho fatto. La natura del mezzo informatico è scientifico e tecnologico. Per quanto io non sia un amante dell’hardware, della parte elettrica o qualsiasi cosa meccanica, riconosco che questa scienza è molto tecnica. La matematica che ha generato tutto questo è molto lontana: sta più che altro nei processori. Tuttavia non sono frullatori o stufette. Ogni cosa che ha teso a semplificare il sistema operativo o i programmi (i cosiddetti “software applicativi” o “applicazioni” e oggi “app”) ha reso questo mezzo più idiota e meno versatile, meno macchina e quindi meno automatizzabile. Cosa che invece è nato per fare: fare lui, fare al tuo posto, fare per te, fare milioni di volte prima di te, fare milioni di cose che tu staresti una vita a fare. Certo, questa è una delle cose fattibili con queste macchine. Una volta nel mondo nerd girava il vecchio adagio “fai un programma che anche un idiota può usare e solo un idiota vorrà usarlo”. Ecco, ci siamo, mi verrebbe da dire. Ma naturalmente questo atteggiamento sulle interfacce è retrogrado. Il 2.0 e tutto il mondo apple hanno mostrato che c’è una miriade di cose che la semplificazione ha reso possibili a molte più persone. Anche su questo c’è qualcosa da dire.

Il modo in cui questo passo dopo passo nella semlificazione di mezzi ed interfacce ha portato alla nascita degli smartphone ma soprattutto alla loro diffusione di massa mi ha indisposto in questo modo: visto che avete creato degli strumenti che non richiedono impegno di alcun tipo io non ce lo metterò e mi incazzerò senza alcuna pazienza se queste cose facili non succedono subito, sempre e senza problemi. 

Non leggo le istruzioni di nulla o quasi. Eppure io sono uno di quelli che prima legge le istruzioni. Non mi informo granché: provo subito a fare e se non trovo in 10 secondi allora concludo senza pietà che “fa schifo” eccetera. E’ per partito preso ma non lo è. La mia posizione da bambino viziato è che il marketing ha vinto puntando su questo. E allora che questo sia, ma sul serio. Mi avete promesso questo e allora adesso lo fate.

Di solito questo significa puntare molto sull’hardware perché il buon software richiede analisi, sperimentazione, progettazione: tempo. E la moda, che guida l’uscita di questi prodotti, non te ne lascia molto, di tempo. Nuovo modello, nuova versione. Ci sono computer anni 80 con la potenza del bucodelculo di un pixel di questi smartphone che facevano cose incredibili. Qualcuno riesce a mandare avanti un webserver con un Commodore 64, se non sbaglio persino a pedali (letterale). Perché sfruttavano il mezzo pensando, programmando, ottimizzando.

Io adesso invece esigo pestando i piedini, facendo una smorfietta e con il mignolino alzato se il mio fottuto smartphone fico non fa qualsiasi cosa perché io voglio. Con altri computer ho sempre avuto la pazienza, il tempo. Ho pensato a come fare, studiato, unito i puntini. E quando le cose non funzionano per qualche motivo di solito se sai, appunto, come funzionano, risolvi. Ma ci sono sistemi che sono progettati per fare dell’utente un utente. Distaccando quindi il mezzo dal progettista all’utente finale: noi sappiamo, tu non importa, rivestiamo tutto con della bella plastica liscia bianca e curva e ti premi il bottone.

Io con gli smartphone premo il bottone.

Con il mio pc invece automatizzo quanta più parte del mio lavoro mi è possibile: faccio a mano tutto quello che devo (a mano = photoshop, che comunque anche lui … si evolve molto, e accetto in molti casi automatismi di cui ormai ho perso i passaggi sottostanti: sono utente) e poi ho creato con le mie sante manine e la poca conoscenza che ho, rispetto ad un vero programmatore, tutto l’automatismo che serve per inviare ad N agenzie il mio lavoro, senza faticare, correggendo errori umani oppure prevenendoli, controllandoli, facendomi promemoria. Io faccio l’umano, lui fa la macchina. E gliel’ho fatto fare io. Non è una protesi. E’ una macchina. Non è una estensione del mio braccio. Lo è la fotocamera, in parte lo è photoshop. Ma il computer fa il computer, da me.

(Continua)

chi si loda si imbroda (dolore)

Giorni fa ricevevo un messaggio meraviglioso da un’altra ragazza che, venuta a posare molto dubbiosa sul proprio fisico ed il modo di porsi, esce entusiasta, con un inizio di liberazione.

La mia cliente di SMM mi chiama entusiasta per dirmi in quanti posti la trattano come riconosciuto personaggio pubblico e mi ringrazia considerandomi “coach” (cosa che mi dice un’altra amica leggendo il messaggio che mi aveva dato tanta contentezza). E questo accade, recentemente, molte volte.

Ma chi si loda si imbroda, mi diceva la mi’ mamma. E magari non è che sia una fonte di saggezza generalizzata lei stessa, né questo detto una verità assoluta, ma… ti ricorda di non montarti la testa. Di stare all’erta, non dire di “rimanere umile” che fa già gasato; io resto sempre quell’umile ragazzo di Betlemme, lo sapete. O di Gotham City, chiamatemi pure Bruce.

No, poco fa, tre di notte, un’altra ragazza apre con dei complimenti, foto belle tutto meraviglioso, sei bravo ecc, ma non mi sento pronta […] non me la sento di fare una cosa che mi fa piangere alle tre del mattino […]  il problema in me è nato quando ho cominciato a guardare le foto, erano bellissime ma non mi sembravo io, nello specifico mi turba il mio sorriso nelle foto più o meno da sempre, ma nelle tue di più.

BAM! BAM!!! BAM!!!!! Pugni nello stomaco. Non mi sono accorto di niente. Lei è arrivata una volta ed è stata benissimo. Sembrava. Lo ha anche testimoniato, Era tutto vero, mi sembrava. Sono cieco? Poi è venuta col moroso, di nuovo, gioia, sorrisi, sexy. Per qualche motivo le scappa sempre fuori una tetta, non ci fa mai caso, infatti sta molto bene, altro che. E se devo dirlo sembra Angelina Jolie da molto giovane, quando era ancora umana, non una Dea assoluta.

Si vede che prima non le aveva guardate? O da quando è iniziato questo casino?

Ma è il sorriso a turbarla, non il corpo. E cazzo… non ha nessun problema col sorriso, secondo me. E’ un po’ in carne, si, ma non è grassa affatto, sicuramente non nel visto. Ed è molto giovane. Separata dal padre, ha anche subito violenza (rapimento e stupro io li chiamerei; il suo ex ad un certo punto l’ha rinchiusa in casa e legata ed ha abusato di lei, quindi non era più consenziente) e poi ne è uscita. Dice che la cosa del non piacersi e non guardarsi allo specchio è iniziata dai 14 anni. Col padre ha un ottimo rapporto (a distanza).

Che cazzo?

Le ho solo detto: ok, parliamone. Non voglio forzarti a fare una sola foto se non abbiamo capito da dove viene questo problema, che non viene da fuori, non sono gli altri. Siccome quel sorriso è ok. Vorrei capire. A meno che stare li a capire non le provochi dolore. Quindi: se vai avanti per la tua vita, non guardi le foto e stai bene: vai avanti e fottitene, bruciale, distruggi il DVD. Se invece comunque il problema sta li, piangi, ti senti male … stai solo guardando da un’altra parte. Prima che tu ti perda la gioia del corpo dei vent’anni, il periodo più bello che esista, vediamo. Ma solo se vuoi guardare perché ti serve. Se non ti serve, se passi oltre e stai bene: voglio solo non essere quello che ha messo il muso nella tua vita e ti ha causato dolore dove prima non c’era.

Vedremo.

Certo siamo passati dal liberarne alcune a mettere gli occhiali ad alta definizione sul dolore di un’altra, per vederlo meglio. Questo mi dispiace. Certo, lei dice che non sono gli altri a dirle qualcosa. Potrebbe quindi essere che io mi trovi solo li. Aiuto? Mi scanso? Posso, soprattutto, aiutare?

Ora aiuto me steso e mi schianto a letto.