“non to tempo”

Tra il 1995 e il 1998 suonavo mediamente in due gruppi il basso elettrico o la tastiera. Faccio fatica oggi a dare credito ai ragazzi/e che dicono di non avere tempo ed essere troppo impegnati. Io posso essere stato un pessimo studente, ma M, F e C non lo erano affatto. Due sono laureati e con dottorati, ingegneri informatici, C che non si è laureato è semplicemente incastrato in un loop mentale da quando i suoi sono morti e ha deciso di non laurearsi a un millimetro dalla laurea. Ma non era perché non aveva tempo. Facevamo le prove, componevamo a casa, provavamo perché nessuno ha fatto il conservatorio: serve tempo, prove ed errori, collaborazione, provare e riprovare. Io lavoravo, loro studiavano all’università. Si usciva nei fine settimana e anche dopo le prove. Chi aveva e chi non aveva la morosa a seconda del periodo. Ma le cose le volevamo fare, quindi trovavamo il tempo per farle. Con un gruppo abbiamo fatto un disco in studio. Come mai non ci suonai più non ha praticamente niente a che fare con il tempo: certo, ci ho messo del ragionamento anche con il tempo, ma tutto mediato dalla insoddisfazione: con quelli del CD odiavo la musica ma amavo loro, mi stavano simpatici e semplicemente mi rendevo conto che non volevo farmi il sangue amaro, con gente che mi stava simpatica, per motivi musicali. Volevo sempre andare a bere e mangiare qualcosa con loro DOPO le prove. Quindi visto che stavo iniziando a convivere, la soddisfazione di quel gruppo non valeva il tempo tolto allo stare con lei. Ma se lo avesse valso, avrei fatto cose, come le faceva lei: era il motivo principale per cui se n’era andata ad abitare da sola.
Con l’altro gruppo i gusti musicali e le divergenze erano forza e motivo di rottura: per tutti eravamo troppo diversi e la cosa non durò, ma io sono convinto fosse la nostra forza, anche se ci si poteva innervosire. È talmente vero che a distanza di vent’anni se faccio sentire i pezzi, la gente che amò gli anni 90 dice sempre “hey!” come a dire “ma questa non è merda!” anche se il suono è da demo. E infatti voglio che la cosa mi sopravviva, è un obiettivo preciso.
Il terzo gruppo mi buttò fuori: eravamo troppo diversi: io amavo loro ma loro non amavano me… sostanzialmente ero troppo poco integrato, per loro potevo fare bene per i cazzi mia. Al di là delle mie brutte storie, come è chiaro se leggi, non si tratta affatto di non avere tempo: tutti trovavamo il tempo, correvamo a destra e manca, con macchine usate, pochi soldi, i primi mutui e con mezzo piede in case di genitori che sono molti diversi da quelli che oggi ti lasciano scopare a casa come se fosse normale. Avevo tre gruppi, non uno. Andavo a corsi di illustrazione. Tutto MENTRE lavoravo e avevo la morosa, anzi, due le ho trovate lì e una andando proprio a suonare, così, in stazione.
G ha la mia stessa età e va ad ogni mostra possibile, scopa in giro, si organizza le scopate in hotel, ed è sul pezzo lavorativamente, tantissimo: è una che scala e viene riconosciuta in un mondo di uomini per il suo valore, quindi doppia energia lavorativamente. Eppure il suo tempo se lo trova. Più che palestra fa body-building… quindi “non ho tempo” e “che ansia” … maddeché?

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microstock, copyright e alcuni dati

Come personcine del FEISBUC e come personcine che si guardano la robaGGRatise dello YUTUBB sicuramente sarete stati presi dal sacro furore del citolgonolalibertàdellinternet.

MA

Se, invece, siete produttori di contenuti, ovvero detentori di diritto d’autore, ovvero vivete di proventi della proprietà intellettuale, vi trovate dall’altra parte della barricata e sapete che quando voi rubate la roba la rubate a qualcuno. Quando vi inculate gli mp3 di musica, quando vi scaricate quello che non si può scaricare, quando lo sapete, dai, lo sapete tutti, non è gratis “perché riesco a prenderlo”. Se sei molto abile, riesci a prendere molte cose. Ma in tribunale non avresti ragione: come mai? Perché compi un atto illegale.

Ora, se sei un fotografo di stock e soprattutto microstock sai perfettamente che tutte le piattaforme di sharing inteso non come il vecchio p2pfilesharing, ma tutte le communities, Facebook, i social, YouTube eccetera fanno largo uso di materiale utilizzato senza licenza: RUBATO. Se siete da questa parte della barricata, dunque, visto che chi ci guadagna sono le piattaforme di crowdsourcing, sapete che ciò di cui si lamentano è quello che noi facciamo ogni giorno, per ogni atomo che muoviamo: DOBBIAMO CHIEDERE IL PERMESSO. E se non ce lo accordano, non possiamo. Perché loro potrebbero? Non possono. Ma TENTANO di fare passare la cosa dietro la libertà di espressione ed altre cose simili dicendo “ahhh censuraaaaaaaaaa!!!!” Ma censura un cazzo.

Censura è quando non puoi esprimerti. Non è censura quando ti esprimi dicendo “GUARDATE QUESTO FILM!” e il film non è tuo e lo schiaffi gratis da qualche parte e tutti quelli che lo hanno prodotto non guadagnano dal proprio lavoro. Ecco, non si tratta di censura venire a strapparti la mandibola dalla bocca mentre dici “LIBERTA’!!!!” perché la libertà finisce dove inizia quella degli altri: tu quelle cose del film dille tu, col tuo film, il tuo staff, il tuo girato, il tuo copione, i tuoi autori, le tue spese.

Giralo col cellulare. YouTube ti offre gratis la possibilità di metterlo online. Ma tu vuoi farlo fico.Tu vuoi del girato che non hai girato tu. Tu vuoi usare un font fico per il titolo, un font che non è gratis. E lo vuoi mettere su con un software che non hai. E siccome non hai foto fiche giuste, allora le prendi dove vuoi tu, senza pagarle. Anche se c’è scritto chiaro COPYRIGHT. Non te ne frega, erano su internet.

Ecco, agire OGGI, per voi che lavorate nel microstock, significa andare QUI e col vostro programma di posta elettronica mandare questa cinquantina di e-mail incollando magari il link al VOSTRO portfolio o usando (se lavorate anche per iStock, accedete PRIMA alla piattaforma ESP per usare questo) il TOOLBOX che vi mette a disposizione Getty. Che vi spiega anche la posizione su questo argomento.

MUOVETE LE CHIAPPE: ORA. Ci vogliono 15 minuti a farla grande.


Detto questo, guardandlo le statistiche su Deep Merda ho notato alcune cosette: il “return per download” dice: fai roba fica, interessante, varia. Guardando i top 25 seller per numero di download e per quantità di soldi invece sembra che ti dicano “batti il tuo chiodo amico: sai fare QUESTO, insisti e fallo”.

Io ne tengo un po’ conto. Un po’ me ne sbatto 🙂

UPDATE: wikipedia fa la seguente disinformazione: “[…] Costringerà inoltre quasi tutti i siti ad analizzare preventivamente ogni contributo dei propri utenti per bloccarli automaticamente se non autorizzati dalle industrie del copyright (articolo 13). Entrambi questi articoli rischiano di colpire in modo rilevante la libertà di espressione, la partecipazione e la creatività online. […]” 

… che è una grande puttanata. Ma grande. Io non sono una “industria del copyright”. Io sono un detentore di copyright. E graziealcazzo, le piattaforme di cui parliamo sono cose come YouTube, che vive di user generated content e crowdsourcing, certo, che è magnifico. Ma se il content l’ho generato io, porcoddue, quel fottuto content ricade automaticamente sotto il mio diritto. Senza far nulla. E’ così, da subito. Non è di altri. Quindi è a me che devi chiedere il permesso, preventivamente, proprio perché si chiama COPY right. Non è un caso. Nessuno, lo ripeto, ti impedisce di dire la tua, di esprimerti, di generare e diffondere il tuo verbo in modo ORIGINALE con le tue parole e la tua capacità di espressione, i tuoi video, le tue foto, le tue immagini. Non con quelle altrui: quella è merce. E non è tua. La tua libertà finisce dove inizia quella degli altri. Io quella autorizzazione preventiva la richiedo per ogni fottuto tatuaggio, marchio di fabbrica o persino design riconoscibile. Per iscritto. OGNI VOLTA. E naturalmente per il diritto all’immagine di ogni persona.

sono una mamma, non sono una donna

Fermo la gente per strada perché mi facciano da modelli o modelle: repetita juvant, ve lo ricordo. Faccio il fotografo, devo barattare il mio lavoro con il tempo di persone gradevoli alla vista ( cit.M. ❤ ). Perché, anche questo vi ricordo, ci sono persone bellissime in giro, che non se ne rendono conto. Alcune di queste sono donne, dalle quali il mio occhio e il mio istinto sono particolarmente attratti. Alcune di queste donne sono, incredibile a dirsi, madri. E a questo punto MILF, devo dire. Perché – anche questo, ricordiamolo, che non è mai

la mia mamma non è più una donna? ah si?

abbastanza, in questo acronimo c’è MOTHER, ma da nessunissima parte viene indicata l’età. Che la consuetudine all’utilizzo del termine sdoganato si, ma proveniente dal porno, lo abbia portato a confondersi con la cougar (sempre porno) è un grande errore. Sei mother a 16 anni tanto quanto a 90. Ovviamente la cosa nasceva da quell’immagine di culetti che ad una seconda occhiata risultavano essere montati addosso ad una mother che stava spingendo un passeggino. Ma era il corpo di queste che I'(d) like (to) fuck, dice l’acronimo.

Io fermo una donna per strada: una mamma per strada? che ne so che sei mamma? potresti anche essere agente delle tasse, banchiera, pompinara, suora, santa, stronza, sorella, avere le emorroidi, avere il cazzo ed essere trans. Io so che sei bella, non so altro. Ergo ti chiedo se vuoi, se ti interessa, prima di sapere che sei mamma. E del resto, se lo sei: MEGLIO! Ho DUE modelli invece di una.

Risposta tipica (a rispondere è sempre prima il corpo) è: piega all’indietro (= mi distanzio) , faccia un po’ oltraggiata (sono superiore a quello che tu sporco plebeo porti a me Nobile et Superiore) unita a scansione alto-basso-alto e sguardo “scusa? ma conchiccazzocredidiavereaccheffare?” , cambio espressione in sorriso di cortesia con un “io non sono più una zoccola come quelle altre troie con cui potresti avermi confusa: io ho l’alone non viola, ma bianco, attorno” e inizio fase del diniego con “noooo, noooo… he he… Io… sono mamma“. Che sembrerebbe desiderare una risposta tipo “AHHHHH, MI SCUUUUUUSIIIII VOSTRA SIGNORIA LA MADRE SUPERIORAAAAA, ELLA HA USATO L’UTERO COME SOLO LEI SAFFAREEEEEeeeee, mi perdoni, mi prostro e vada con tutte le mie benedizioni et lodi e mi scusi ancora se ho osato parificarla alle altre donne non-madri povere ed inferiori che ancora non hanno infuso nel loro spirito il sacro-essere-una-madreee!” e quindi purificata in stile battesimo non già dal peccato originale, bensì dal peccato successivo di essere, di esistere come una donna che magari prima poteva, zoccola tra le zoccole, zozzona comune, mera meretrice merdosa che poteva usare del suo corpo in siffatto lurido modo impuro, esteriore, mostrarlo – pensa! – in chissà che modo…

ah scusa, in che modo? Ah non me lo chiedi. Toh. Sei madre, e questo è dichiarato, forte e chiaro, sempre nello stesso modo da questo tipo di ragazze o donne, sempre come uno scudo dal “io non sono più” qualcosa. Che foto ti voglio fare ti interessa? O dai per scontato? Le altre, prima di assurgere alla perfezione della Grazia della Madritudine, come minimo mi chiedono “che tipo di foto scusa?” anche se la faccia dice “porco, lo so che mi vuoi nuda, zozzone, ma sentiamo potresti anche convincermi” oppure “ma sentiamo, voglio svergognarti, porco, lo so che voiuominisietetuttiugualiblaaaaa”. Ma, bontà loro, non danno per scontato: chiedono. E guarda caso scoprono che si, certo, faccio anche quello, ma non le ho fermate per quello. Per quello me lo dici TU se vuoi, se ti interessa. Continue reading →

Foto di fucilazione Italiani-Sloveni: significato falsificato.

Voglio segnalare un fatto importante su una fotografia famosa e abbastanza usata e diffondere con CHIAREZZA che la foto di guerra ritrae soldati ITALIANI che fucilano quelli Sloveni, e non il contrario.

Qui i dettagli e l’approfondimento: http://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2012/03/23/non-dire-falsa-testimonianza .

Lo dico perché nonostante conosca personalmente il problema delle Foibe e dell’esodo degli Istriani e dei Fiumano-Dalmati, non posso accettare che si faccia passare per un crimine Slavo quello che hanno compiuto gli Italiani.

Sarebbe bene che tanta di questa chiarezza la si facesse più spesso, invece di fare come fece Napolitano l’altr’anno o due anni fa con “mettiamoci una pietra sopra”.