in difesa dell’anonimato (2024)

circa nel 2003, su it.comp.software.p2p o forse su una chat di winmx (stesso che oggi potrebbe essere “su un server di discord”) , ebbi uno dei primi veri scambi 1-a-1 non “da forum” (oggi sarebbe “da social”) riguardante l’anonimato.

Inutile dire che, per quanto sia scorretto, quello che mi viene da dire è “con una pazza”. In realtà era solo caldamente appassionata della sua opinione. Che era “se non mi dici chi sei nulla di quello che dici è vero, ha valore, ecc”.

Ora, quello che accadde è che se per almeno un anno hai scambiato con me opinioni, poi “live” la cosa ti ha intrigato sempre di più tanto che ad un certo punto ti è venuta la scimmia che dovevi sapere CHI SONO, non me la racconti giusta se poi dici che se non lo sai allora tutto fa schifo. Se ti faceva tanto schifo non ti impuntavi.

Ma ricordo bene l’intensità di quello scambio. E tutt’ora ritengo un valore l’anonimato.

Per qualcuno il contenuto va considerato “autentico” solo se conosce l’autore per nome e cognome. Eppure non sappiamo se alcuni nomi di cui abbiamo letto le opere siano davvero corrispondenti a persone realmente esistite. L’opera è inautentica? Non direi.

Ci diciamo di non giudicare il libro dalla copertina, l’abito non fa il monaco, fanculo il principio di autorità, bla bla ad personam invece che ad argumentum. Ma poi se non puoi controllarmi la carta d’identità le mie parole non hanno valore, il contenuto non esiste? Ma fottiti.

Sono il primo che se vuole avere un rapporto personale vuole PRIMA avere un rapporto personale e solo dopo continuare a ravvivarlo anche con la telematica nelle forme più congeniali.

Ma non escludo affatto un rapporto simile a quello epistolare. Non sai se ho un corpo, non sai se è sano, non sai se sono uomo o donna, se sono brutto o bello, se sono trans o mi identifico in un trattore, non lo sai. Puoi solo comunicare con me. Solo. Pensa. Come se fosse poco. E non necessariamente dialogando. Puoi anche solo leggere quello che scrivo. Solo. Quello che scrivo è certamente qualcosa. Non è il nulla. Ci sono concetti, sensazioni, esposizioni di qualcosa che viene da me. Lo senti?

Non sai che voce ho.

Potrei essere tua madre.

Ed è così che va bene, per me, in questa dimensione. Non è Tinder, non andavo in cerca di umani interi, ma solo di contatto e comunicazione, scambio di pensiero. A qualsiasi distanza. Ti interessa quello che ho dentro? In un mondo che vuole il belli dentro. Eccotelo allora.

Dopo milioni di milioni di canzoni che in questi 20 anni avrete sentito senza sapere minimamente chi le abbia scritte, eseguite, suonate… non ve n’è piaciuta nessuna così tanto da shazammarla? Ma la canzone vi piaceva PRIMA. E se invece di darvi autore e titolo vi avessero dato un ID solo per riascoltarla, vi sarebbe andato bene perché era la canzone che vi interessava.

Ecco che cosa ti può dare l’anonimato: l’evitazione di tantissimi bias. E certo, l’introduzione di altri. Ma io preferisco focalizzarmi sui primi.

Sono troppo stanco ora, forse, per essere più appassionato in questa difesa.