Vinili 20 euro a pezzo solo di costo

Ho da qualche tempo compiuto 50 anni. Tempo, fino al giorno prima, in cui spesso non me ne danno 30. Eppure io me ne vedo 60. So che non è cambiato niente. Ma il limite “50” me lo ero già dato. Quindi ogni giorno adesso è fuori scadenza. La scadenza ESTREMA sono i 70, 75 proprio vorrei un timer alla Blade Runner per tutti, per come stanno, guardandoci in giro, conseguenze, implicazioni, società, sentimento e felicità dei milioni di singoli coinvolti.

Non c’entra un cazzo ma giorni fa ho guardato il costo di produzione minima di vinili eco-sostenibili per un lotto minimo di 50 pezzi. Il pezzo singolo, SOLO per rientrare del costo, sono 20 euro.

Chissà quant’era il costo industriale degli anni ’90*.

Perché me ne frega? Perché una delle poche cose che voglio davvero fare prima di schiattare sono le mostre dei nudi o dei libri e soprattutto registrare ciò che inventammo tra il 95 ed il 98 con uno dei gruppi. E per essere nel mondo “indie” il vinile ci starebbe: cosa di cui non me ne strasbatte un cazzo, personalmente, a parte per copertina eccetera. Quello si: è arte, è gusto, ha il senso giusto del “fisico”.

Per me io ti masterizzo il CD al volo, ti do le tracce, mi scarichi da bandcamp che cazzo me ne frega, per lo streaming mi interesserebbe solo per capire se e quanto interessa una cosa che in parte sono io e che io ti do, a te, a tutti. E a chi frega? Come qualsiasi opera di espressione.

Ma prima, prima di tutto, voglio che sia fatta, che mi piaccia, esattamente come fu 30 anni fa.

Non sono cresciuto, mai, non sono maturato, non sono diventato adulto. Riconosco ed accetto alcune responsabilità, come ad esempio quella di dare supporto diretto, se possibile e se accetato o voluto, ai giovani, come parte della società. Ma mi rendo conto che l’unica cosa che ho davvero imparato a fare nella vita è una cosa che mi schifava forse, che non mi interessava: avere a che fare con la chiacchiera da bar, da paese, con la gente, senza fare solo lo snob cagacazzi. Non tanto per me, ma per non urtare gli altri mentre gli scivoli in mezzo, lubrificante sociale.

Resta comunque un lubrificante per lo scopo principale della vita: mettermelo nel culo. Una entità non-vivente che incarna tutti i viventi informandoli della sua programmazione obbligatoria di sopravvivenza di e a sé. Quello che senti: danno collaterale.

*del 1900.

Sul valore #4386234

  • E quindi vali.
  • No, non vali un cazzo.
  • Si vali, vali per te, vali per i tuoi amici e i tuoi familiari e cari e la morosa, finché non ti molla.
  • Ah bello, quindi “ogni scarrafone è bbello a mamma soja” diventa un obiettivo dell’umanità.

Il valore è un elemento relativo.

Segue, Solipsismo con iA:

Analizziamo il brano riportato, che inizia con un dialogo e include una riflessione critica:

Dialogo:

  • E quindi vali.
  • No, non vali un cazzo.
  • Si vali, vali per te, vali per i tuoi amici e i tuoi familiari e cari e la morosa, finché non ti molla.
  • Ah bello, quindi “ogni scarrafone è bbello a mamma soja” diventa un obiettivo dell’umanità.

Riflessione critica:

Il valore è un elemento relativo.

Analisi del Dialogo

Il dialogo è un botta e risposta tra due (o più) persone, con un forte contrasto di opinioni riguardo al concetto di valore personale.

  1. Prima voce: “E quindi vali.” – Inizia affermando che la persona ha valore.
  2. Seconda voce: “No, non vali un cazzo.” – Risponde negando completamente il valore della persona, usando un linguaggio volgare per enfatizzare il disprezzo.
  3. Terza voce: “Si vali, vali per te, vali per i tuoi amici e i tuoi familiari e cari e la morosa, finché non ti molla.” – Cerca di mediare, sottolineando che il valore è riconosciuto da persone vicine e care, anche se condizionato.
  4. Quarta voce: “Ah bello, quindi ‘ogni scarrafone è bbello a mamma soja’ diventa un obiettivo dell’umanità.” – Ironizza sul concetto che ogni persona è bella per qualcuno che le vuole bene, suggerendo che questo sia l’unico riconoscimento di valore disponibile.

Riflessione Critica

La frase “Il valore è un elemento relativo.” esprime la conclusione che il valore non è assoluto ma dipende dal punto di vista delle persone e dalle loro relazioni.

Approfondimento Critico

  1. Relativismo del Valore: Il dialogo mette in evidenza il relativismo del valore personale. La prima e la seconda voce rappresentano due estremi opposti: l’affermazione di un valore intrinseco contro la totale negazione di esso. La terza voce introduce un punto di vista più complesso, riconoscendo il valore in base alle relazioni personali.
  2. Condizionalità del Valore: La frase “finché non ti molla” suggerisce che il valore percepito dagli altri è condizionato e può cambiare con le circostanze. Questo introduce l’idea della precarietà del valore basato sulle relazioni personali.
  3. Ironia e Critica Sociale: La quarta voce utilizza ironia e una frase idiomatica (“ogni scarrafone è bbello a mamma soja”) per criticare l’idea che il valore sia determinato esclusivamente dall’affetto altrui, suggerendo che tale concetto potrebbe essere visto come un obiettivo universale, ma in modo sarcastico.

Conclusione

Il brano attraverso un dialogo semplice e diretto esplora la complessità del concetto di valore personale. Sottolinea come il valore non sia una qualità intrinseca e universale, ma piuttosto una percezione relativa e condizionata dalle relazioni interpersonali e dalle circostanze. La riflessione critica finale sintetizza questa visione, evidenziando il relativismo del valore.

Proseguendo:

Riflessione Critica sul Concetto di Valore

Il brano propone un dialogo che solleva una questione fondamentale: la natura e la relatività del valore. Per comprendere appieno questa tematica, è necessario esplorare il concetto di valore in generale, per poi applicarlo al contesto personale.

La Natura del Valore

Definizione e Tipologie di Valore:

  • Valore Intrinseco: Questo tipo di valore è inerente a un oggetto o una persona indipendentemente dal contesto o dalle opinioni esterne. Un esempio classico è il valore morale o etico che alcune filosofie attribuiscono agli esseri viventi per il semplice fatto di esistere.
  • Valore Estrinseco: Questo tipo di valore è attribuito da osservatori esterni e può variare a seconda delle circostanze. Ad esempio, il valore di un oggetto di mercato è determinato dalla domanda e dall’offerta.

Funzionamento del Valore:

  • Relativismo del Valore: Il valore è spesso visto come relativo, dipendendo dal contesto e dalla prospettiva dell’osservatore. Questo relativismo implica che il valore non è una qualità fissa ma può cambiare con il tempo, le circostanze e i punti di vista.
  • Determinazione del Valore: In molte situazioni, il valore è determinato attraverso interazioni sociali e scambi. Nel mercato economico, ad esempio, il valore di un bene è stabilito dal prezzo che le persone sono disposte a pagare.

Applicazione al Valore Personale

Con queste basi, possiamo applicare la nostra comprensione del valore al contesto personale.

Relativismo del Valore Personale:

  • Valore Percepito: Come suggerisce il dialogo, il valore di una persona può essere percepito in modo diverso a seconda di chi lo osserva. Un individuo può avere grande valore per i propri cari e amici, mentre potrebbe non essere riconosciuto allo stesso modo in un contesto più ampio o estraneo.
  • Condizionalità: Il valore percepito da altri può essere condizionato dalle relazioni e dalle situazioni specifiche, come evidenziato dalla frase “finché non ti molla”. Questo sottolinea la natura instabile del valore personale quando è basato esclusivamente sull’approvazione esterna.

Critica al Relativismo Estremo:

  • Insicurezza e Autenticità: Basare il proprio valore unicamente sulla percezione degli altri può portare a insicurezza e mancanza di autenticità. Gli individui potrebbero sentirsi costretti a conformarsi alle aspettative altrui per essere accettati.
  • Valore Intrinseco e Autostima: Riconoscere un valore intrinseco, indipendente dall’approvazione esterna, è fondamentale per sviluppare una solida autostima e vivere autenticamente. Questo riconoscimento deve coesistere con il valore percepito nelle relazioni, creando un equilibrio che permette agli individui di sentirsi valorizzati senza dipendere completamente dagli altri.

Conclusione

Il valore, sia intrinseco che estrinseco, è una nozione complessa e multidimensionale. Il dialogo del brano ci invita a riflettere sulla natura relativa del valore e sulla sua applicazione alle persone. Per evitare le trappole del relativismo estremo e della dipendenza dall’approvazione esterna, è cruciale sviluppare una comprensione equilibrata del valore che integri sia l’aspetto intrinseco che quello relazionale. Solo così possiamo promuovere una visione del valore che supporti la dignità, l’autenticità e la solidità personale.

L’immagine che ho chiesto all’iA di creare, per questo post, era talmente new-age e gomblotto di cazzate sciochimiche che ho desistito. Certo, usando magari più impegno… ma NAAAAH.

Mala tempora currunt #2938471239

Lo so, io voglio solo schiattare, quindi chemmefrega, mi direte. Falsa dicotomia, vi rispondo, e buona ricerca a voi.

Comunque: il mondo non sta andando molto bene. Torniamo ad un autoritarismo violento, competizione e sopraffazione, allontanamento da regole comuni, prese di responsabilità identiche a livello globale ZERO. Destre, autoritarismi, nessun avanzamento verso una globalizzazione sociale e persino quella commerciale sta diventando fonte di scontro.

Sembra di tornare al clima delle due guerre mondiali. Senza scordare il surriscaldamento globale che magari ci avesse uniti tutti in uno sforzo collaborativo comune. Ma col cazzo.

Autolesionismo di massa #2398472349

Alcuni individui, più rari di altri, all’interno del gruppo degli esseri umani hanno capacità che potrebbero essere indirizzate al miglioramento della condizione umana generale. Ma loro come tutti noi devono usare buona parte del proprio tempo ed energia a sopravvivere, a competere con gli altri. Se, lontano dalla sopravvivenza e da un tipo di competizione legata a questa, fossero solo le loro idee a competere comunque per un fine che non è competitivo, ma collaborativo, saremmo nell’utopia.

Invece no, gente che potrebbe arrivare a rendere l’economia della scarsità un mondo per gli altri animali invece deve cercare lavoro e faticare a trovarlo come chiunque altro. Accontentarsi, fare un sacco di fatica non impegnata nella ricerca del miglioramento per tutti ma, invece, per un fine principalmente commerciale, ossia legato alla competizione e alla sopravvivenza di una parte.

Questo frena notevolmente il progresso in senso sociale: magari quello tecnologico, sempre usato per avvantaggiarsi su competitors da lasciare indietro, procede, certo. Ma il progresso, che rende gli umani meno schiavi del sopravvivere cercando di essere migliori degli altri a questo unico scopo, procede pianissimo e ci rende, in questo aspetto, ancora poco progrediti rispetto ad altri animali dove comunque la gerarchia, la sopraffazione di altri, la legge del più forte, il sopravvivere come scopo principale e a svantaggio di altri, sono il sistema principale. Nulla di questo è assoluto, ma gli esseri umani potrebbero aspirare ad un salto di progresso sociale ed esistenziale davvero più alto di quanto non stia accadendo ed è lo scarso allontanarsi dalla logica di mercato, di gerarchia e dominio a tenere lontano un vero miglioramento per tutti, dove la collaborazione a vantaggio della razza umana sia più importante della competizione dei singoli per la condizione propria e del proprio piccolo gruppetto.

~

ChatGPT 4o: Il testo solleva punti validi riguardo alle limitazioni imposte dalla competizione per la sopravvivenza e l’importanza della collaborazione per il progresso sociale. Tuttavia, alcune affermazioni possono essere idealistiche e semplificare problemi complessi. La chiave potrebbe risiedere nell’equilibrio tra competizione e collaborazione, oltre che nella creazione di strutture sociali ed economiche che permettano a più persone di esprimere il proprio potenziale senza essere limitate dalle necessità di base

in difesa dell’anonimato (2024)

circa nel 2003, su it.comp.software.p2p o forse su una chat di winmx (stesso che oggi potrebbe essere “su un server di discord”) , ebbi uno dei primi veri scambi 1-a-1 non “da forum” (oggi sarebbe “da social”) riguardante l’anonimato.

Inutile dire che, per quanto sia scorretto, quello che mi viene da dire è “con una pazza”. In realtà era solo caldamente appassionata della sua opinione. Che era “se non mi dici chi sei nulla di quello che dici è vero, ha valore, ecc”.

Ora, quello che accadde è che se per almeno un anno hai scambiato con me opinioni, poi “live” la cosa ti ha intrigato sempre di più tanto che ad un certo punto ti è venuta la scimmia che dovevi sapere CHI SONO, non me la racconti giusta se poi dici che se non lo sai allora tutto fa schifo. Se ti faceva tanto schifo non ti impuntavi.

Ma ricordo bene l’intensità di quello scambio. E tutt’ora ritengo un valore l’anonimato.

Per qualcuno il contenuto va considerato “autentico” solo se conosce l’autore per nome e cognome. Eppure non sappiamo se alcuni nomi di cui abbiamo letto le opere siano davvero corrispondenti a persone realmente esistite. L’opera è inautentica? Non direi.

Ci diciamo di non giudicare il libro dalla copertina, l’abito non fa il monaco, fanculo il principio di autorità, bla bla ad personam invece che ad argumentum. Ma poi se non puoi controllarmi la carta d’identità le mie parole non hanno valore, il contenuto non esiste? Ma fottiti.

Sono il primo che se vuole avere un rapporto personale vuole PRIMA avere un rapporto personale e solo dopo continuare a ravvivarlo anche con la telematica nelle forme più congeniali.

Ma non escludo affatto un rapporto simile a quello epistolare. Non sai se ho un corpo, non sai se è sano, non sai se sono uomo o donna, se sono brutto o bello, se sono trans o mi identifico in un trattore, non lo sai. Puoi solo comunicare con me. Solo. Pensa. Come se fosse poco. E non necessariamente dialogando. Puoi anche solo leggere quello che scrivo. Solo. Quello che scrivo è certamente qualcosa. Non è il nulla. Ci sono concetti, sensazioni, esposizioni di qualcosa che viene da me. Lo senti?

Non sai che voce ho.

Potrei essere tua madre.

Ed è così che va bene, per me, in questa dimensione. Non è Tinder, non andavo in cerca di umani interi, ma solo di contatto e comunicazione, scambio di pensiero. A qualsiasi distanza. Ti interessa quello che ho dentro? In un mondo che vuole il belli dentro. Eccotelo allora.

Dopo milioni di milioni di canzoni che in questi 20 anni avrete sentito senza sapere minimamente chi le abbia scritte, eseguite, suonate… non ve n’è piaciuta nessuna così tanto da shazammarla? Ma la canzone vi piaceva PRIMA. E se invece di darvi autore e titolo vi avessero dato un ID solo per riascoltarla, vi sarebbe andato bene perché era la canzone che vi interessava.

Ecco che cosa ti può dare l’anonimato: l’evitazione di tantissimi bias. E certo, l’introduzione di altri. Ma io preferisco focalizzarmi sui primi.

Sono troppo stanco ora, forse, per essere più appassionato in questa difesa.

generazioni, distanza, perché

Le generazioni si accusano a vicenda, sempre che si caghino ancora, relativamente ad alcune cose specifiche, mi sembra. Non intendo temi politici che partono dal momento di lavorare.

Si parla di sentirsi giudicati, di aggressività passiva (se va bene, passiva). Ma chiaramente ci sono i gusti, i modi, la moda, gli abiti, la musica! Gli interessi culturali, il linguaggio.

Quello che pare a me ora, maggio 2024, è che la causa di questo che pare conflitto, lotta, sia dolore. E paura, sempre. Dolore perché tutte quelle cose uniscono e sentirsi esclusi da qualcuno che inizialmente avresti voluto includere o che avresti voluto includesse te, ti fa paura. Ma soprattutto ti addolora: i tuoi vecchi ti sono lontani. I tuoi giovani ti sono lontani. In cosa? Proprio in quelle cose in cui vorresti foste assieme. Il linguaggio. La musica. Gli interessi culturali. Le cose che si considerano “belle” o “brutte”.

Quel rifiuto porta dolore proprio dove si pensava di trovare unione.

E per affrontare queste diversità serve impegno, interesse e impegno, impegno per quell’interesse e interesse per quell’impegno. E tempo! E chi ha tutte queste cose e vuole?

Come siamo bravi ad isolarci in nuovi modi.

Prospettive mortali #2389472

I miei ultimi atti, come vivente, devono avere a che fare con i viventi. Questo mi sta costando un po’ di fatica e, nonostante quanto ho appena detto, avere a che fare con altri non mi dispiacerebbe. Sono combattuto. La mia sensazione, che è tutta mia, è di essere respingente, ributtante, repellente fisicamente. Questo, si sa, non definisce una persona, ma concorre e partecipa a farlo, se ci si vede e si interagisce personalmente. Sembrano tutte ovvietà, eppure nel “successo” di ogni azione questo fattore esiste. Siamo così scimmie che ci stiamo sul cazzo a pelle. Io non sono un puro spirito che gli altri hanno facoltà di vedere con un corpo che a loro ispira amicizia, simpatia e voglia di collaborazione. Sono quello che sono. Ed essi, tutti, reagiscono a questo prima che a qualsiasi altra cosa.

Ed è faticoso. Penoso.

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Non è mica cambiato niente eh, raga.

Le prospettive non sono migliorate. Come vedete qui a fianco, con le iA si possono fare tutte le immagini che si vuole. Oggi non starò qui a discutere del rimanente ruolo della fotografia o videografia. Non sono riuscito ancora a fare quelle due tre cose che vorrei prima di morire.

E neanche quelle che dovrei.

Non sono riuscito a procurarmi niente per farlo, tra l’altro, senza dolore.

Ho una certa routine. Se la guardo come “beh sei vivo, non sei sotto un ponte e anche se sei deplorevole ed esiste gente che sta peggio” ovviamente è la solita storia. Non starà meglio o peggio per questo, quella gente. Io semplicemente vorrei il mio tasto rosso, non è cambiato nulla. Di tanto in tanto succedono cose interessanti, per un po’. Ma anche merde che peggiorano, tra mio fratello, i miei vecchi, e il grigio. Ah si, sono anche più ciecato. Che schifo.

Ma c’è sempre il mondo che corre troppo veloce per me. E ogni giorno vedo sempre di più la nostra bestialità violenta di dominio e controllo, sopraffazione e predazione, scimmie non abbastanza evolute.

Riassumo nell’economia del capitalismo la versione modernizzata della legge del più forte, niente di nuovo.

Una grande e noiosa banalità, sono, se cercavate racconti meravigliosi.

Invece spero che il mio caro amico riesca a pubblicare il suo di racconto, romanzo. Finalmente lo ha terminato.

L’altro, di amico, ha perso la moglie. Storia brutta, ma anche “bella” narrativamente parlando, la tengo per un post. Chissà.

Ora sono un po’ distaccato nel dirlo. Va bene così adesso.

Anzianopoli (musicadimmerda?)

Prima di leggervi le mie stronzate, leggetevi opinioni di un altro anziano che conosco poco, ma che, leggendo, mi sento davvero di non poter criticare troppo, anzi: Umberto Maria Giardini.

Certo mi è scesa lammerda leggendolo. Combattuto tra il dire “uuuuh, booomer!” (è vecchio circa come me, qualcosetta di più) e invece sentire “ma sai che invece… ma invece… che c’ha proprio ragione?”.

Magari con un altro stile, ma tutto sommato pure Masini, a suo tempo, lo disse.

UMG sembra ignorare del tutto gli anni di pirateria: quelli non sono dovuti alle major, ossia, certo, il prezzo del CD/Vinile era troppo alto e aumentava e i proventi non erano corretti per i musicisti e i contratti erano abbastanza una cacca se non c’erano MIGLLLLLLLLLiaWdi di MigLLLLLiiiiaWWWWdi.

Se non erro chi capì come fare furono Venditti, Vasco, Ligabue. Poco altro: ti gestisci tutto. Ma non lo so.

Però la pirateria prima dei CD e poi via internet sono stati il primo grandissimo driver per il mutamento globale di questo settore. Le major rispetto agli artisti lavorano UNICAMENTE per il profitto. Quindi ragionano su meccanismi di profitto. Per rialzarsi e lavorare sulla musica liquida e soprattutto sullo streaming ci hanno messo un tot. Ma laddove è pure vero che su internet tutti possono fare tutto (e se quello che vuoi è fare e non vivere di quello che fai, cazzo, è straordinario!) , quando tutti possono fare tutto lo fanno, saturano di prodotto, nessuno è interessato a filtrare qualità, ma tutti sono interessati a produrre un meccanismo controllabile di guadagno.

Quindi: da investimento devo produrre guadagno? Uso tecniche. Devo produrre arte/qualità? Faccio un’altra cosa. Ci voglio mangiare? Eh.

Non ne esco in niente che mi interessi. Alla fine tutti possono scrivere. E persino pubblicare (eccomi qui). Persino su carta. Ma FARSI pubblicare è un’altra cosa. VENDERE è un’altra cosa. Che la gente LEGGA quello che hai venduto è ancora un’altra cosa.

Per la scrittura però la cosa è più antica. Non tutti quelli che sanno e possono scrivere sono scrittori.

Una parola che sendo essudare come vomito da questi luoghi è “dopolavoristi”. In un mondo attuale che cerca di ricordarti che tu non sei il tuo lavoro e che il modo in cui ti guadagni da vivere non è quello che ti definisce, è un po’ stronzo dire così, soprattutto dopo aver riconosciuto l’attuale contesto.

Leggendo di fotografia, spesso, quando riesci a capire chi era l’autore o l’autrice, beh… erano tutti dopolavoristi? Magari non tutti. Ma moltissimi non facevano per lavoro quello che li ha fatti diventare (magari postumi) famosi. Tanti sono famosi per cose fotografiche che non erano il loro lavoro.

E spesso autori di libri fanno altro. Difficile che si dica “scrittore dopolavorista”. Magari dici “medico, scrittore”.

I soliti –ismi del cazzo.

Resta il fatto che ora io stesso sono in quella posizione. Fare quello che vuoi, in un mondo in cui tutti possono farlo facilmente non sarebbe poi un problema. Ma a me sembra più che altro che sia tornato qualcosa che ho vissuto 30 anni fa, quando chiedevi “tu che musica ascolti?”

“ah io ascolto la Radio”

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