Vinili 20 euro a pezzo solo di costo

Ho da qualche tempo compiuto 50 anni. Tempo, fino al giorno prima, in cui spesso non me ne danno 30. Eppure io me ne vedo 60. So che non è cambiato niente. Ma il limite “50” me lo ero già dato. Quindi ogni giorno adesso è fuori scadenza. La scadenza ESTREMA sono i 70, 75 proprio vorrei un timer alla Blade Runner per tutti, per come stanno, guardandoci in giro, conseguenze, implicazioni, società, sentimento e felicità dei milioni di singoli coinvolti.

Non c’entra un cazzo ma giorni fa ho guardato il costo di produzione minima di vinili eco-sostenibili per un lotto minimo di 50 pezzi. Il pezzo singolo, SOLO per rientrare del costo, sono 20 euro.

Chissà quant’era il costo industriale degli anni ’90*.

Perché me ne frega? Perché una delle poche cose che voglio davvero fare prima di schiattare sono le mostre dei nudi o dei libri e soprattutto registrare ciò che inventammo tra il 95 ed il 98 con uno dei gruppi. E per essere nel mondo “indie” il vinile ci starebbe: cosa di cui non me ne strasbatte un cazzo, personalmente, a parte per copertina eccetera. Quello si: è arte, è gusto, ha il senso giusto del “fisico”.

Per me io ti masterizzo il CD al volo, ti do le tracce, mi scarichi da bandcamp che cazzo me ne frega, per lo streaming mi interesserebbe solo per capire se e quanto interessa una cosa che in parte sono io e che io ti do, a te, a tutti. E a chi frega? Come qualsiasi opera di espressione.

Ma prima, prima di tutto, voglio che sia fatta, che mi piaccia, esattamente come fu 30 anni fa.

Non sono cresciuto, mai, non sono maturato, non sono diventato adulto. Riconosco ed accetto alcune responsabilità, come ad esempio quella di dare supporto diretto, se possibile e se accetato o voluto, ai giovani, come parte della società. Ma mi rendo conto che l’unica cosa che ho davvero imparato a fare nella vita è una cosa che mi schifava forse, che non mi interessava: avere a che fare con la chiacchiera da bar, da paese, con la gente, senza fare solo lo snob cagacazzi. Non tanto per me, ma per non urtare gli altri mentre gli scivoli in mezzo, lubrificante sociale.

Resta comunque un lubrificante per lo scopo principale della vita: mettermelo nel culo. Una entità non-vivente che incarna tutti i viventi informandoli della sua programmazione obbligatoria di sopravvivenza di e a sé. Quello che senti: danno collaterale.

*del 1900.

Sul valore #4386234

  • E quindi vali.
  • No, non vali un cazzo.
  • Si vali, vali per te, vali per i tuoi amici e i tuoi familiari e cari e la morosa, finché non ti molla.
  • Ah bello, quindi “ogni scarrafone è bbello a mamma soja” diventa un obiettivo dell’umanità.

Il valore è un elemento relativo.

Segue, Solipsismo con iA:

Analizziamo il brano riportato, che inizia con un dialogo e include una riflessione critica:

Dialogo:

  • E quindi vali.
  • No, non vali un cazzo.
  • Si vali, vali per te, vali per i tuoi amici e i tuoi familiari e cari e la morosa, finché non ti molla.
  • Ah bello, quindi “ogni scarrafone è bbello a mamma soja” diventa un obiettivo dell’umanità.

Riflessione critica:

Il valore è un elemento relativo.

Analisi del Dialogo

Il dialogo è un botta e risposta tra due (o più) persone, con un forte contrasto di opinioni riguardo al concetto di valore personale.

  1. Prima voce: “E quindi vali.” – Inizia affermando che la persona ha valore.
  2. Seconda voce: “No, non vali un cazzo.” – Risponde negando completamente il valore della persona, usando un linguaggio volgare per enfatizzare il disprezzo.
  3. Terza voce: “Si vali, vali per te, vali per i tuoi amici e i tuoi familiari e cari e la morosa, finché non ti molla.” – Cerca di mediare, sottolineando che il valore è riconosciuto da persone vicine e care, anche se condizionato.
  4. Quarta voce: “Ah bello, quindi ‘ogni scarrafone è bbello a mamma soja’ diventa un obiettivo dell’umanità.” – Ironizza sul concetto che ogni persona è bella per qualcuno che le vuole bene, suggerendo che questo sia l’unico riconoscimento di valore disponibile.

Riflessione Critica

La frase “Il valore è un elemento relativo.” esprime la conclusione che il valore non è assoluto ma dipende dal punto di vista delle persone e dalle loro relazioni.

Approfondimento Critico

  1. Relativismo del Valore: Il dialogo mette in evidenza il relativismo del valore personale. La prima e la seconda voce rappresentano due estremi opposti: l’affermazione di un valore intrinseco contro la totale negazione di esso. La terza voce introduce un punto di vista più complesso, riconoscendo il valore in base alle relazioni personali.
  2. Condizionalità del Valore: La frase “finché non ti molla” suggerisce che il valore percepito dagli altri è condizionato e può cambiare con le circostanze. Questo introduce l’idea della precarietà del valore basato sulle relazioni personali.
  3. Ironia e Critica Sociale: La quarta voce utilizza ironia e una frase idiomatica (“ogni scarrafone è bbello a mamma soja”) per criticare l’idea che il valore sia determinato esclusivamente dall’affetto altrui, suggerendo che tale concetto potrebbe essere visto come un obiettivo universale, ma in modo sarcastico.

Conclusione

Il brano attraverso un dialogo semplice e diretto esplora la complessità del concetto di valore personale. Sottolinea come il valore non sia una qualità intrinseca e universale, ma piuttosto una percezione relativa e condizionata dalle relazioni interpersonali e dalle circostanze. La riflessione critica finale sintetizza questa visione, evidenziando il relativismo del valore.

Proseguendo:

Riflessione Critica sul Concetto di Valore

Il brano propone un dialogo che solleva una questione fondamentale: la natura e la relatività del valore. Per comprendere appieno questa tematica, è necessario esplorare il concetto di valore in generale, per poi applicarlo al contesto personale.

La Natura del Valore

Definizione e Tipologie di Valore:

  • Valore Intrinseco: Questo tipo di valore è inerente a un oggetto o una persona indipendentemente dal contesto o dalle opinioni esterne. Un esempio classico è il valore morale o etico che alcune filosofie attribuiscono agli esseri viventi per il semplice fatto di esistere.
  • Valore Estrinseco: Questo tipo di valore è attribuito da osservatori esterni e può variare a seconda delle circostanze. Ad esempio, il valore di un oggetto di mercato è determinato dalla domanda e dall’offerta.

Funzionamento del Valore:

  • Relativismo del Valore: Il valore è spesso visto come relativo, dipendendo dal contesto e dalla prospettiva dell’osservatore. Questo relativismo implica che il valore non è una qualità fissa ma può cambiare con il tempo, le circostanze e i punti di vista.
  • Determinazione del Valore: In molte situazioni, il valore è determinato attraverso interazioni sociali e scambi. Nel mercato economico, ad esempio, il valore di un bene è stabilito dal prezzo che le persone sono disposte a pagare.

Applicazione al Valore Personale

Con queste basi, possiamo applicare la nostra comprensione del valore al contesto personale.

Relativismo del Valore Personale:

  • Valore Percepito: Come suggerisce il dialogo, il valore di una persona può essere percepito in modo diverso a seconda di chi lo osserva. Un individuo può avere grande valore per i propri cari e amici, mentre potrebbe non essere riconosciuto allo stesso modo in un contesto più ampio o estraneo.
  • Condizionalità: Il valore percepito da altri può essere condizionato dalle relazioni e dalle situazioni specifiche, come evidenziato dalla frase “finché non ti molla”. Questo sottolinea la natura instabile del valore personale quando è basato esclusivamente sull’approvazione esterna.

Critica al Relativismo Estremo:

  • Insicurezza e Autenticità: Basare il proprio valore unicamente sulla percezione degli altri può portare a insicurezza e mancanza di autenticità. Gli individui potrebbero sentirsi costretti a conformarsi alle aspettative altrui per essere accettati.
  • Valore Intrinseco e Autostima: Riconoscere un valore intrinseco, indipendente dall’approvazione esterna, è fondamentale per sviluppare una solida autostima e vivere autenticamente. Questo riconoscimento deve coesistere con il valore percepito nelle relazioni, creando un equilibrio che permette agli individui di sentirsi valorizzati senza dipendere completamente dagli altri.

Conclusione

Il valore, sia intrinseco che estrinseco, è una nozione complessa e multidimensionale. Il dialogo del brano ci invita a riflettere sulla natura relativa del valore e sulla sua applicazione alle persone. Per evitare le trappole del relativismo estremo e della dipendenza dall’approvazione esterna, è cruciale sviluppare una comprensione equilibrata del valore che integri sia l’aspetto intrinseco che quello relazionale. Solo così possiamo promuovere una visione del valore che supporti la dignità, l’autenticità e la solidità personale.

L’immagine che ho chiesto all’iA di creare, per questo post, era talmente new-age e gomblotto di cazzate sciochimiche che ho desistito. Certo, usando magari più impegno… ma NAAAAH.

sulle iA generative

Ai miei 4 lettori saltuari forse parrà strano non abbia detto granché sulle iA generative. Ma no: me le avete viste usare.

Ma superficialmente. Quelle che mi colpiscono negativamente sono – ad oggi – Suno e Udio. Perché lammmmmmmerda che vedo produrre è di proporzioni gigafecali. La noia. Qualsiasi produzione che mi piaccia stacca tutto questo di netto.

Per ora.

Riconosco le quattro

Le quattro riesco a riconoscerle. Mentre qualcosa mi tiene sveglio, il mal di stomaco sottolinea, l’amaro in bocca lo accompagna mi chiedo che ore siano. Ascolto. Non sento quasi niente. Ed è un quasi niente che riconosco. Se mi avvicino il quasi cambia subito: il frinire è leggerissimo, diverso dalle 5, diverso da quello del pomeriggio caldo. Niente uccelli. Rarissimo il traffico in lontananza. È un momento che può essere pace o dannazione: l’insonnia è così. Beh anche la vita. Qualsiasi cosa, ok.

Allora penso di alzarmi ed occuparmi di ciò che mi preoccupa. Ma una delle altre preoccupazioni è che gli occhi mi si chiuderanno e sarò stanco quando ci saranno le persone con le quali posso finire queste cose. Una preoccupazione che ho da una dozzina d’anni. Non è stancarmi ora, ma essere stanco dopo, in un momento non controllabile. Ma mi alzo, mi occupo di questa cosa inutile di riconoscere le quattro di notte o del mattino.

La mia preoccupazione più grossa è che non penso di riuscire a procurarmi la morte rapida ed in dolore con una sostanza facilmente ingeribile. E figurarsi reperibile. La vita, del resto, si presenta con sempre più schifo e meno bello. Più problemi e meno serenità a farla da anziani.

Le altre preoccupazioni sono tante, ma quelle attuali trattano gli anziani veri, i miei.

Mi accordano una fiducia sostanzialmente illimitata ma io la vedo anche come una gran rogna. Non so se con arroganza, supponenza, incoscienza ma stranamente li capisco: mio fratello ha dato prova di inaffidabilità (e menzogne) e mia sorella è troppo concentrata sul terrore per sé. Certo non sanno che desidero e cerco la morte. E non dico affatto che i miei fratelli non abbiano ragioni per sentirsi come si sentono. Ciononostante il risultato è che se sei nel bisogno di dire “a chi affido questa cosa qui” ? Ti guardi intorno e il meno peggio forse sono io. Il che è orrendo, il livello è basso basso.

A volte penso che le “abilità” che ho accumulato sono grigie e burocratiche, ma davvero utili in queste situazioni: gestire regolarmente, in modo tracciato, con la fedeltà con la quale seguiresti le tue, le finanze altrui. Prima una banca, poi l’altra. Mi tremano un po’ le gambe. Penso che un giorno i miei fratelli diranno che non è giusto e chissà che. Che me ne sono approfittato. Che sono state fatte delle preferenze. Ma di certo non sono state fatte col cuore, queste. Sono totalmente razionali, analitiche: sulla base di osservazioni prolungate e con quel tipo di fiuto che ti da la paura: quello la non mi piace, ma se devo affidargli la mia sicurezza vado da quella. Ecco, quel tipo di decisione.

Ho esagerato, non dico affatto di non piacere ai miei. Ma di cuore, almeno mia madre, è chiaramente per mio fratello. Forse però capisce che non può affidargli la regolarità di un conto, non è “solerte” nel sgranare le rogne.

Sto cercando dei buoni motivi. La verità è che mi sento terribilmente inadeguato, meschino, intrappolato mentre vorrei fuggire. Eppure mio padre mi tiene economicamente in vita. Mi sta dando le chiavi per gestire ciò con cui LUI aiuta me.

Credo che essersi visto rubare i soldi in casa da mio fratello sia sufficiente per spostarmi in classifica: direi non un mio merito quanto un suo demerito. Aveva dei motivi? Ok, ma tant’è.

Mia sorella non è forse capace? Certo che si, ma dà l’impressione di impazzire per la pressione di casini che già ha.

Eppure qui io sono l’unico che ingerirebbe immediatamente la pillola della morte immediata. Ho anche dato un piccolo avanzamento alla restituzione di debito a M.

Certo non sono andato avanti nell’eliminazione delle mie tracce terrene, non a sufficienza, eliminando l’inutile, il non desiderato da riciclare. Ecco, le quattro sono perfette per ragionare lucidamente (se convenite con me, altrimenti con lucida pazzia) di questa roba. Tutti dormono.

Ecco che arrivano le cinque, quasi: aumenta il volume, gli uccelli iniziano a cinguettare.

Ignoranti

Su cosa sia l’intelligenza e cosa la cultura (o l’ignoranza) di solito si discute attorno alle medie o comunque presto, per l’abuso della parola “stupido”.

Arrivato ai 50 (quasi) però mi dico che anche “ignoranti” può essere discutibile. E che discusso sia, dunque.

In primo luogo trovo che gran parte del problema sia la condivisione di un terreno culturale comune al quale fare riferimento: venendo a mancare ci si sente separati, distanti, ci si deve spiegare invece che fare le cit, non si può parlare di storie, avvenimenti, esperienze vissute da entrambe le parti. Lasciamo perdere che questo coinvolge anche il linguaggio e la moda.

Se tu sei nato negli anni ’30 del 1900, forse per te leggere è stata la principale fonte di nozioni, nonché un certo impianto scolastico. E anche se si condividesse il medium, comunque i contenuti potrebbero cambiare. Hai letto 2000 libri. Magari un trentenne ne ha letti altrettanti (perché è nato in un periodo e contesto che glielo consentiva? Ok, non è questo l’argomento, ma la presunta ignoranza) ma non sono gli stessi. Entrambi pensate l’uno dell’altro “che ignorante, sono proprio le basi queste!”. E invece no. Non è raro che determinati concetti siano trattati sia in secoli che in zone geografiche differenti. Quindi visto che in fin dei conti si tratta dell’umana esperienza, nei libri, e dell’universale umano in tutte le sue sfaccettature, spesso i concetti potrebbero essere stati trattati almeno nel 50% delle letture di entrambi. Ma che succede? Che non si parla dei contenuti, ma solo “conosci questo, conosci quello? hai letto quell’altro?”. Solo alcune persone si fermano e dicono “dimmi cosa dice, riassumimi il contesto necessario a parlarmi di quello che il tal libro ha da dirci ora”. Molte dicono solo “mmh.” e pensano “che ignorante, non ha letto / non sa un cazzo”. E invece sono solo differenti letture. Ora mescoliamolo alle innumerevoli serie TV viste con una pletora di mezzi differenti e fruibili anche in modo seriale, sempre più, senza aspettare “venerdì alle 20 e 30”: chi si è infilato più cultura in testa? E i video su youtube? I podcast? Internet tutta, con testi, siti, paper, documenti e altrettanti libri ma da leggere su schermo.

Puoi fermarti a dire “eh ma su schermo bla” ma il punto è: quei contenuti sono stati fruiti.

Ora, quello che interessa me è: quei contenuti ti hanno insegnato ? ti hanno fatto pensare? Li hai messi uno contro l’altro? Uno a fianco all’altro? Mescolati? Ti hanno generato domande? Hai risposto? Uno di questi ha risposto all’altro? I libri si parlano, sono esseri umani con idee che passano attraverso i lettori. E così ogni altro contenuto.

Dunque : cosa te ne sei fatto di quel libro? Elencare di aver letto roba ma poi dimenticare il profondo contenuto che un alto essere umano con un cruccio o un sentimento, un dubbio, una rabbia, solitudine, qualsiasi altra cosa, ha deciso di condividere esprimendolo come meglio ha saputo – ed era un gran bel meglio, in passato, se è sopravvissuto – per “parlare” con i nostri cuori e le nostre menti?

Mi sa che l’ho già scritto, ma mi ha molto infastidito accorgermi che in un momento, con mia madre, importante per la vita, in cui la tua vita e la tua famiglia sono coinvolti, un messaggio chiarissimo di un poeta che reciti a memoria non ha minimamente sfiorato la tua mente. Ti parla, ti fornisce tutta la trattazione del problema e lo fa in versi che ora, dopo mezzo secolo, sai recitare a memoria, bella prova da saltinbanco del cazzo. E tu cosa te ne fai? NIENTE. Non sai niente. Non ti dice niente, non ti fornisce strumento, argomento, mattoncino per confrontare, ragionare, rispondere o domandare.

So che il non condividere belle opere isola, separa. Ma non è automatico: possiamo raccontarcele. Abbiamo voglia di ascoltare? Abbiamo voglia di ascoltare e lasciarci insegnare qualcosa da quello che ascoltiamo?

Mala tempora currunt #2938471239

Lo so, io voglio solo schiattare, quindi chemmefrega, mi direte. Falsa dicotomia, vi rispondo, e buona ricerca a voi.

Comunque: il mondo non sta andando molto bene. Torniamo ad un autoritarismo violento, competizione e sopraffazione, allontanamento da regole comuni, prese di responsabilità identiche a livello globale ZERO. Destre, autoritarismi, nessun avanzamento verso una globalizzazione sociale e persino quella commerciale sta diventando fonte di scontro.

Sembra di tornare al clima delle due guerre mondiali. Senza scordare il surriscaldamento globale che magari ci avesse uniti tutti in uno sforzo collaborativo comune. Ma col cazzo.

Autolesionismo di massa #2398472349

Alcuni individui, più rari di altri, all’interno del gruppo degli esseri umani hanno capacità che potrebbero essere indirizzate al miglioramento della condizione umana generale. Ma loro come tutti noi devono usare buona parte del proprio tempo ed energia a sopravvivere, a competere con gli altri. Se, lontano dalla sopravvivenza e da un tipo di competizione legata a questa, fossero solo le loro idee a competere comunque per un fine che non è competitivo, ma collaborativo, saremmo nell’utopia.

Invece no, gente che potrebbe arrivare a rendere l’economia della scarsità un mondo per gli altri animali invece deve cercare lavoro e faticare a trovarlo come chiunque altro. Accontentarsi, fare un sacco di fatica non impegnata nella ricerca del miglioramento per tutti ma, invece, per un fine principalmente commerciale, ossia legato alla competizione e alla sopravvivenza di una parte.

Questo frena notevolmente il progresso in senso sociale: magari quello tecnologico, sempre usato per avvantaggiarsi su competitors da lasciare indietro, procede, certo. Ma il progresso, che rende gli umani meno schiavi del sopravvivere cercando di essere migliori degli altri a questo unico scopo, procede pianissimo e ci rende, in questo aspetto, ancora poco progrediti rispetto ad altri animali dove comunque la gerarchia, la sopraffazione di altri, la legge del più forte, il sopravvivere come scopo principale e a svantaggio di altri, sono il sistema principale. Nulla di questo è assoluto, ma gli esseri umani potrebbero aspirare ad un salto di progresso sociale ed esistenziale davvero più alto di quanto non stia accadendo ed è lo scarso allontanarsi dalla logica di mercato, di gerarchia e dominio a tenere lontano un vero miglioramento per tutti, dove la collaborazione a vantaggio della razza umana sia più importante della competizione dei singoli per la condizione propria e del proprio piccolo gruppetto.

~

ChatGPT 4o: Il testo solleva punti validi riguardo alle limitazioni imposte dalla competizione per la sopravvivenza e l’importanza della collaborazione per il progresso sociale. Tuttavia, alcune affermazioni possono essere idealistiche e semplificare problemi complessi. La chiave potrebbe risiedere nell’equilibrio tra competizione e collaborazione, oltre che nella creazione di strutture sociali ed economiche che permettano a più persone di esprimere il proprio potenziale senza essere limitate dalle necessità di base

in difesa dell’anonimato (2024)

circa nel 2003, su it.comp.software.p2p o forse su una chat di winmx (stesso che oggi potrebbe essere “su un server di discord”) , ebbi uno dei primi veri scambi 1-a-1 non “da forum” (oggi sarebbe “da social”) riguardante l’anonimato.

Inutile dire che, per quanto sia scorretto, quello che mi viene da dire è “con una pazza”. In realtà era solo caldamente appassionata della sua opinione. Che era “se non mi dici chi sei nulla di quello che dici è vero, ha valore, ecc”.

Ora, quello che accadde è che se per almeno un anno hai scambiato con me opinioni, poi “live” la cosa ti ha intrigato sempre di più tanto che ad un certo punto ti è venuta la scimmia che dovevi sapere CHI SONO, non me la racconti giusta se poi dici che se non lo sai allora tutto fa schifo. Se ti faceva tanto schifo non ti impuntavi.

Ma ricordo bene l’intensità di quello scambio. E tutt’ora ritengo un valore l’anonimato.

Per qualcuno il contenuto va considerato “autentico” solo se conosce l’autore per nome e cognome. Eppure non sappiamo se alcuni nomi di cui abbiamo letto le opere siano davvero corrispondenti a persone realmente esistite. L’opera è inautentica? Non direi.

Ci diciamo di non giudicare il libro dalla copertina, l’abito non fa il monaco, fanculo il principio di autorità, bla bla ad personam invece che ad argumentum. Ma poi se non puoi controllarmi la carta d’identità le mie parole non hanno valore, il contenuto non esiste? Ma fottiti.

Sono il primo che se vuole avere un rapporto personale vuole PRIMA avere un rapporto personale e solo dopo continuare a ravvivarlo anche con la telematica nelle forme più congeniali.

Ma non escludo affatto un rapporto simile a quello epistolare. Non sai se ho un corpo, non sai se è sano, non sai se sono uomo o donna, se sono brutto o bello, se sono trans o mi identifico in un trattore, non lo sai. Puoi solo comunicare con me. Solo. Pensa. Come se fosse poco. E non necessariamente dialogando. Puoi anche solo leggere quello che scrivo. Solo. Quello che scrivo è certamente qualcosa. Non è il nulla. Ci sono concetti, sensazioni, esposizioni di qualcosa che viene da me. Lo senti?

Non sai che voce ho.

Potrei essere tua madre.

Ed è così che va bene, per me, in questa dimensione. Non è Tinder, non andavo in cerca di umani interi, ma solo di contatto e comunicazione, scambio di pensiero. A qualsiasi distanza. Ti interessa quello che ho dentro? In un mondo che vuole il belli dentro. Eccotelo allora.

Dopo milioni di milioni di canzoni che in questi 20 anni avrete sentito senza sapere minimamente chi le abbia scritte, eseguite, suonate… non ve n’è piaciuta nessuna così tanto da shazammarla? Ma la canzone vi piaceva PRIMA. E se invece di darvi autore e titolo vi avessero dato un ID solo per riascoltarla, vi sarebbe andato bene perché era la canzone che vi interessava.

Ecco che cosa ti può dare l’anonimato: l’evitazione di tantissimi bias. E certo, l’introduzione di altri. Ma io preferisco focalizzarmi sui primi.

Sono troppo stanco ora, forse, per essere più appassionato in questa difesa.

generazioni, distanza, perché

Le generazioni si accusano a vicenda, sempre che si caghino ancora, relativamente ad alcune cose specifiche, mi sembra. Non intendo temi politici che partono dal momento di lavorare.

Si parla di sentirsi giudicati, di aggressività passiva (se va bene, passiva). Ma chiaramente ci sono i gusti, i modi, la moda, gli abiti, la musica! Gli interessi culturali, il linguaggio.

Quello che pare a me ora, maggio 2024, è che la causa di questo che pare conflitto, lotta, sia dolore. E paura, sempre. Dolore perché tutte quelle cose uniscono e sentirsi esclusi da qualcuno che inizialmente avresti voluto includere o che avresti voluto includesse te, ti fa paura. Ma soprattutto ti addolora: i tuoi vecchi ti sono lontani. I tuoi giovani ti sono lontani. In cosa? Proprio in quelle cose in cui vorresti foste assieme. Il linguaggio. La musica. Gli interessi culturali. Le cose che si considerano “belle” o “brutte”.

Quel rifiuto porta dolore proprio dove si pensava di trovare unione.

E per affrontare queste diversità serve impegno, interesse e impegno, impegno per quell’interesse e interesse per quell’impegno. E tempo! E chi ha tutte queste cose e vuole?

Come siamo bravi ad isolarci in nuovi modi.