Sul vivere utilmente #239482

La band qui sotto finisce di suonare una cover di Ligabue, pezzo forte de finali dei suoi concerti, Urlando Contro il Cielo, tenuta più su con la forza della canzone stessa che dalla fiacca della coverband. Mi emoziona perché sono vecchio, perché il pubblico la pompa bene. La band all’improvviso, in modo assolutamente non-rock, finito il pezzo, smette del tutto, saluta, inizia a smontare.

A questo punto il pubblico

da solo

canta.

La canta stonata come sempre, come sempre si è fatto da quando l’ho sentita, quasi male come la canta Vasco, con quella cadenza da pulmino della scuola, capisco che la so ma ancora non riesco a ricostruire e … all’improvviso

Albachiara.

È appena terminato un concerto di una coverband che al 90% fa Ligabue, finale moderatamente riuscito, ma ottimamente riuscito a giudicare dal casino del pubblico e cosa fanno immediatamente dopo, ebbri di energia della musica, que sti del pubblico? Cantano Vasco, una canzone di trent’anni almeno, come abbiamo sentito – circa – poco prima dal buon vecchio Liga. Ma sono 42, gli anni passati.

Mi immagino un vecchio Rossi, più invecchiato di quel che è, come un vero vecchio, che passa ingobbito dal peso della sua panza da birra, vecchio sul serio, senza nascondere più alcun pelo grigio, con le braccia dietro come i vecchi, che passa uscendo dal bar dove si ubriaca, qui al paese, e sente che dopo il pezzo di chiusura di un altro Grande Vecchio fatto dalla band, la gente, il popolo-popolo che è il suo pubblico, spontaneamente, canta la SUA canzone. E magari, mi immagino, pensa che non ha vissuto invano. Perché… si vive per qualcosa, si?

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