non gioco più con te

Da quando è in grado di esprimere qualcosa, osservo mia nipote, di solito in momenti di “crisi” e quasi sempre mi viene da dire “siamo così, noi tutti siamo così – io di certo”.

Fa i capricci. Vuole che lo zio e la zia restino a giocare. E non vuole mangiare. Vuole finire presto di mangiare per… tornare a giocare con lo zio e la zia. Ma lo zio e la zia devono andare via, anche loro a mangiare, a casa loro. “Chi resterà con me?” – piange. “Chi giocherà con me?”, singhiozza.

E io singhiozzo allo stesso modo, 41 anni più di lei, scricciola, che ha tre anni e mezzo e sua madre se ne sbatte se piange, ne ha pieni i coglioni e non vuole essere manipolata dai ricattini del piagnisteo, dice. Fa la dura, fa quello che si deve fare, quello che io non so fare con i bambini, altro motivo per cui sarei un padre di merda, che come il medico pietoso fa la piaga verminosa. Ecco, mi dico, non sono cresciuto non solamente dai 17 anni. No. Non sono cresciuto dai 3. La sindrome dell’abbandono. Piango sul serio, in macchina, da solo. Ormai da settimane. Non devo convincere nessuno per smettere di mangiare la pappa.

( La mamma è l’universo, mangiare la pappa è sopravvivere, se vi serve l’allegoria, la metafora, il parallelo artistico. )

Eppure è così che mi sento. Faccio i capricci. Non ho quello che voglio, ué ué, piango, uffa uffa, batto i piedini. Non ho la morosetta, uffa uffa, batto i piedini. Non mi comporto da uomo, no. Che col petto di pietra contro il vento, l’avversità, la vita e l’universo che se ne sbatte se tu esisti o meno, va avanti indomito, imperterrito, che con la sua volontà fatta pene, spacca i culi di pietra delle avversità, a mento alto e mascella volitiva. E sorriso beffardo. Non curante di qualsiasi cosa. Va, sempre avanti, lui va.

No. Sono un infante che piange sul pavimento, mentre i grandi fanno cose da grandi, sorridono al fatto che nessuno fa quello che vuole, che ti impegni e prendi quello che riesci. Eccetera, che ti adatti. Che ti accontenti e godi.

Con la sopravvivenza io sono realistico, lo faccio anche io. Apprezzo ogni cosa carina che ho avuto. E cerco ogni giorno di costruire. Finché sono vivo, qualcosa per far meglio bisogna farla. Anche se.

Anche se ora sono distratto, quindi non è nemmeno vero che cerco abbastanza di far meglio. Sono distratto a fare i capricci. Ogni giorno che passa io mi sento più solo, faccio proprio il conto di quanto tempo passo da solo, quanti mesi, quanti giorni, quanti anni. Da solo.

Con la vita, dicevo, invece, io li faccio i capricci: mi dico che in fondo sono quel bambino, che quel che vuole è quel che vuole. Perché diavolo non dovrebbe? Sono qui. Perché dovrei essere qui, se no? Non sono come l’orso e la tigre, come la formica e gli altri animali. L’istinto è di vivere, non di sopravvivere. E di cosa godere decido io. O anche no: lo decide il mio sentimento.

E alla fin fine, dicendomi quello che mi ha detto, non è forse stato, il suo, un “con te non ci gioco più” ? Non gioca più con me, meglio soli che male accompagnati, avrà detto… poi lei è giovane, ha la figa, quanto ci mette a non essere più sola? E infatti sta con uno.

Io ripenso alla sua intelligenza, visibilissima in quegli occhi vispi. Alla sua porcaggine, certo, alle risate che ci facevamo, e alla assoluta felicità dell’ordinarietà dei giorni. Ora cerco di immaginarmela a Bologna o qualche posto del genere, un posto più caldo: Firenze, o l’umbria… il molise anche (dove ha trovato “il suo sole” – il nuovo tipo, quello che le manca, ricordati che è lui che le manca, non tu, lui) … e che riprenda in mano il violino e ricominci, che si costruisca una vita felice, che esca dal suo casino.

Anche se so che desidererei che si pentisse, tornasse da me, mi riconsiderasse e tutte quelle stronzate che gli sfigati dentro, come me, pensano a lungo, aggrappandosi (cit) “ad un passato senza futuro” (ri-cit) “che è stato una lezione, non una sentenza”. Ma che, mi dispiace, vista la mia età, ciò di cui ho bisogno e quanto sia difficile, invece lo è.

E allora se ce la faccio torno come prima: asessuato. La ringrazierò per avermi dato (no, non erano cose che voleva lei, per niente) una spinta ad andare in palestra, a farmi la vasectomia, a camminare un po’, forse a viaggiare un po’ … magari pure ad entrare in qualche locale. Anche se ora farò solo palestra, credo, con regolarità. Almeno da non farmi cagare quando mi vedo allo specchio. Persino a troie mi facevo schifo io. E mi sono ricordato di quando lei, nuda, voleva che fotografassi anche me con lei… ma lei era uno splendore, mentre io ero un cotechino. Non per lei.

Ora per lei non sono nulla.

Nulla.

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