Questo post si riferisce ad un periodo tra aprile e ottobre circa del 2013, ma è stato scritto nel 2021.
Tra il 2012 e il 2013, mentre la ditta per la quale lavoravo quasi da 20 anni falliva, io rimanevo tra gli ultimi 5 a lavorarci e pian piano mi logoravo, senza rendermi bene conto di quanto accadeva. Forse ne ho già parlato, forse solo di alcuni flash di malessere. Qui voglio solo riassumere e, al contrario anche, dettagliare, alcune cose relative al “cercare di farci qualcosa”.
Un giorno osservando due connessioni in cavo coassiale della rete di terminali AS/400 “antica”, mano sinistra e mano destra che semplicemente avrebbero dovuto accostare maschio a femmina, connettere con delicatezza e poi decisione e quindi avvitare l’anello che assicurava questa connessione ebbi l’epifania di quanto stavo male. Le mie due teste dicevano “farai un casino, un disastro, spaccherai tutto e nessuno potrà aiutarti, siamo nella merda e non ci sono soldi e tu farai un danno irreparabile” e contemporaneamente “hey, che cazzo dici? Qualcosa qui non va: questa cosa l’hai fatta un milione di volte: non ti piace ok, è roba obsoleta ma la sai fare… qualcosa non va, DEVI fare qualcosa, vai dal dottore, fatti dare qualcosa, devi calmarti”.
Ricordo ancora il colore del pavimento, le mie mani, il cavo… la sensazione di due “sottosistemi” che si guardano l’uno con l’altro, uno gridando isterico, l’altro dicendo “hey calma, le cose non stanno come dici, non hai motivo di… hey! calma!”.
Andai a cercare un Valium dal mio medico. Ma per fortuna non lo trovai. Trovai una dottoressa che non avevi mai visto e non ho mai più visto, che devo ringraziare infinitamente. Mi disse che si vedeva che ero spezzato, che mi trovavo in una condizione mentale di un adolescente spaurito mentre dovevo essere un uomo e sentirmi tale: lei il valium me lo dava anche, ma non serviva a niente, bisognava farsi aiutare. Mi diede indicazioni adeguate. Era vero, per un po’ provai a prendere il valium e non serviva niente. Ricordo ancora il mio sudore, l’odore del valium, i vestiti usati come protezioni e contemporaneamente la sensazione che si intridessero di paura. Andai al consultorio. Trovai una dottorina alle prime armi, ma per fortuna fu comunque utile. Io insistei per sentire qualcuno che mi desse farmaci per togliermi la condizione di inabilità fisica, per farmi dormire, per permettermi di ascoltare quello che ci dicevamo. Mi aiutò, inoltre, a sentire e vedere un sessuologo – gratis – e anche se alla fine non la vidi più perché questa roba è già tanto se la trovi, non ci sono soldi, spesso i volontari sono in cerca di impiego… mi aiutò.
Seguiva il metodo cognitivo-comportamentale. Segno qui alcuni degli appunti su ciò che dovevo fare, tra cui il “contratto” iniziale che dovevo scrivere, il “contratto di cambiamento”, che era un obiettivo, un desiderio; doveva essere scritto così: 1) essere espresso in termini positivi, senza mai usare “non” 2) fisicamente possibile / concreto / specifico / osservabile (nei suoi progressi visibili) 3) scritto in modo da essere comprensibile ad un bambino 4) scritto per me, non per gli altri … ; in seguito ci sarebbe stato un “mini-contratto” settimanale, con elenco di CINQUE cose da fare la settimana seguente rispetto al generale.
Segnai anche “ridecisione” e poi “è il desiderio / qualcosa di me che si ripete e mi fa del male e che vorresti cambiare” detto “IL COPIONE”, uno schema di vita – faccetta triste – L’obiettivo sarebbe arrivare a RIDECIDERE il copione”. Segnai che “la dottoressa ha anche interesse per i sogni (non Freudiano) qualora ne avessi di dettagliati”.
Inizialmente il contratto che tirai fuori fu “voglio capire quale o quali siano i miei problemi”. Parecchio paraculo direi, ma forse abbastanza possibile.
I consigli furono quelli di informarsi anche autonomamente su internet su come sia definita e cosa sia l’ansia e cosa il sistema/metodo cognitivo-comportamentale.
Quando si presenta la crisi, sarebbe utile registrare (tabella) : – situazione (che succede); – emozione (come sto); – sensazioni somatiche (corpo); – pensiero automatico (cosa pensi tu di te stesso); comportamento (cosa fai).
Ho trovato un foglietto con UNA riga. Ho anche trovato: quando si presenta la situazione non si ha la freddezza ed il tempo per farlo: sei li e devi fare altro!
Ho anche trovato che cercavamo i “segni premonitori”, credo, dell’arrivo dei momenti bloccanti. La richiesta di capire “quando è iniziata l’ansia da prestazione?”. Cosa ti fa partire il pensiero ansiogeno?
“nella mia vita ho imparato a pensare che devi dare qualcosa agli altri” – dove? La prima volta?
Ho poi un appunto: portare il CV vecchio. E con un colore diverso “non è neanche male!”. Questo non lo ricordo precisamente, ma ricordo che lavorare sul curriculum, sempre, una auto-definizione di te stesso, era uno dei momenti più terrificanti: è stato utile lavorare a questo, sicuramente. Col tempo ci ho costruito sopra vari ragionamenti.
Segnai che è possibile, se urgente, usare il pronto soccorso per la psichiatria. Vedo che comunque era necessario vedere qualcuno per i medicinali, sicuramente avevo dei sollievi di un’ora, un po’ passeggiando al sole, recuperando il respiro… ma il farmaco aiutò: non avevo ancora avuto questo aiuto.
Mi ricordo ancora il fastidio (e ne vedo l’appunto) che mi venissero consigliate cose come lo yoga, un sacchetto per l’iperventilazione (e sentirmi un coglione), l’emozione, lo stomaco.
Medicinali: vedo che il mio medico senza batter ciglio mi diede xanax 50 mg 1 sera 1 mattina per provare: il mio ricordo chiarissimo è: MA PER FAVORE, non prendete mai questa merda, non serve a niente, ti fa girare la testa, venire le vertigini, ti rende inabile e non risolve un cazzo. Segnai anche “eventualmente Sangor 7 gocce”. Boh, non ho memoria di risultati utili.
Lo Xanax venne dimezzato, ma insomma riassumiamo: MERDA, lasciate perdere.
Lo psic mi diede inizialmente Elopram, ma in farmacia mi diedero il generico “citalopram” (2 compresse per 3 giorni, poi in seguito UNA al mattino) – con la domanda mia: problemi se serve prendere il moment? Dottore risponde: no se non hai problemi di emoraggie.
Ebbi nausea, e il tremore non andava via. Ci fu una parentesi positiva, poi delusione, nausea e tremore.
In quel periodo riuscii a vedere il sessuologo – a memoria mi ricordò molto “Gordon Gorgon” di Bones… un tranquillone, un omone e quello che mi ricordo sempre è che mi diede le prime speranze nei confronti della vasectomia e il netto pensiero di odio verso la psicologa di 12 anni prima che mai mi disse di andare da un sessuologo, un andrologo, qualcosa. Niente di niente. Stronza maledetta. E coglione io che non ci ho pensato.
Spostammo il citalopram alla sera (per mia comodità; si poteva).
Il Contratto fu cambiato in “affrontare le difficoltà con serenità” e identificare “7 sotto-obiettivi”.
Ricordo a chiunque legga che tutta questa roba succedeva di settimana in settimana, per mesi. Ho solo una VAGA idea del periodo.
Ho poi richiesto allo psic di cambiare citalopram con escitalopram per evitare il calo del desiderio: se qualcosa può deprimere uno già depresso è questo. Mi diedero “Entact” che secondo me mi diede il batticuore e soprattutto fragilità capillare e non sembrava aver risolto granché (giugno 2014). Pare che al tempo fossi determinato a fare quelle fottute analisi che non facevo mai. Segnai di avere vertigini e giramenti di testa sia in posizione verticale (seduto, in piedi) sia stando a letto. In piedi se piegavo la testa in basso o in alto.
In questo periodo spostarno il CIM (Centro Igiene Mentale) e feci la spettacolare esperienza dell’infermiera all’ingresso che fece il gesto con l’indice verso la tempia per indicare “ah il posto dei pazzi”, a me che le chiedevo le indicazioni. Ottimo personale.
Poi finalmente passammo ad EFEXOR (settembre 2014).
Per le vertigini la visita in ORL fece risultare che era “causa degli otoliti” e che con la medicina non c’entrava.
Mio ultimo appunto in merito dice “la dottoressa per mesi e mesi non si fece più sentire”.
Posso dire oggi – marzo 2021 – che la rividi anni dopo proprio dove avevo lo studio, perché venne a lavorare presso la struttura che me o affitta.
Sono 7 anni che prendo Efexor. Dopo alcuni anni mi accorsi che non era un ansiolitico come mi avevano lasciato intendere: è un antidepressivo. Prendo la dose che si usa per iniziare e per smettere, la minima. Credo che sia ok continuare fino a che non avrò il tempo (circa 3 mesi) per trovarmi nella condizione di smettere: la condizione comporta provare quelle sensazioni che vuoi evitare con il medicinale, si comporta, quando lo smetti anche per 2 giorni per sbaglio, quindi anche quando lo smetti, come iatrogeno, ha come effetto collaterale… quello che combatte. Serve quindi un ambiente che non mi faccia trovare, come dice il mio amico “emotivamente impresentabile”, e che mi possa far vagare in solitudine senza grossi problemi, respirando e guardando il cielo, come successe in quel merdoso mondo del 2013. Finito quello, dovrei ritrovarmi come appena prima di aver smesso: emozioni e sensazioni bilanciate con ciò che le causa.
Se c’è da aver paura hai paura. Se c’è da esser tristi sei triste. Ma non se non è così.
E con questo posso buttare via alcuni foglietti che servivano da appunti-medici…. ma voglio usare quel blocchetto così bello che li conteneva… per cose migliori.