Ad un certo punto mi sono ritrovato a pensare. Insonne, non operativo. Donna felice e stanca che tiene il mio corpo col suo corpo come fanno pollice e resto della mano con una brioche: prende, tiene; senza schiacciare. Il pollice è la gamba sinistra, sotto. Sono una brioche. Lo spero.
Perché ad un certo punto la notte scende. Ho preso la mia droga? La notte scende dentro di me. Non ho motivo. Inizio a sentire il buco, a fare bilanci, piangere, a sentirmi per la merda che sono, uno schifo, un inutile, un aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
beeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeep! – ECG piatto.
Lei è felice. Io ero felice. Non riuscivo a dire, a parole, perché le ero grato. Colmo, traboccante di gratitudine. Lei era felice, appagata, innamorata d’Amore, quello vero, quello originale Svizzero costruito con tutte le cosine fiche sia degli artigiani che degli ingegneri che sanno, non quello tarocco made in PRC eh. Io lo riconosco, quello è, non ci sono dubbi, quello fico, capolavoro gioiello della meccanica e tutto il resto. E io ero grato di poter essere questo, un po’. Ma ero soprattutto grato ti potermi sollevare dalla mia condizione di essere un nulla, morto vivente, una merda, un mediocre con insufficiente talento per ogni cosa, zero capacità per ogni altra e pochissimo impegno per sopperire a queste mancanze… che magicamente ha un’occasione rara: essere l’amore per qualcuno, essere il nucleo positivo. Rendere felice al 100% una donna, per qualche secondo, forse qualche minuto. Ma di nuovo, però. E ma però io lo dico qui, tié.
Grazie, grazie perché io in questo modo esisto. Prima non-sono. Poi tu sei felice e allora io sono. Questa cosa, nostra, non è come nelle fiabe. Lo sappiamo. Ma la spinta è essere felici, non seguire le istruzioni della forma e dei dettami di. Non ci sono, nessuna delle due cose c’è. Facciamo il massimo possibile per essere felici? Beh, l’intento è quello. E il test è sempre sentire. Sentire come stai.
Grazie, allora, grazie per questo che tu mi consenti di essere per te, che lasci la corazza a terra quando sei con me, nel tuo castello. Di cui senza neanche pensare un secondo mi hai anche dato le chiavi col gufetto.