Fototessera a neonato: fatto

Uno degli ambiti in cui può servirvi il classico “one-shot-one-kill” professionale del fotografo è la fototessera – che deve rispondere a delle precise regole per essere legalmente valida – di un neonato: situazione molto complessa da gestire.

Non essendo un fotografo “di bottega” e non essendo la fototessera la mia aspirazione artistica del ritratto più ambita, l’ho sempre e solo osservata come una delle “faccende tecniche” che rendono un professionista tale, ma senza occuparmene personalmente.

Per fortuna, interessarmene è stato un bene. Ho seguito, ho “rubato con l’occhio”, come dicevano i vecchi di una volta, ho domandato, e dopo anni mi è servito. Offro gratuitamente ai soci della cooperativa che ospita il mio studio lo scatto della foto tessera in orari e giorni assurdi che un negozio potrebbe non accettare mai; poi spedisco ad un servizio di stampa professionale di zona e loro addebitano il costo della sola stampa; è loro chiaro che non si tratta di concorrenza e va tutto bene.

Comunque sono andato alla grande! So perfettamente che non è facile, ma 1) lo so fare 2) la fortuna mi ha aiutato (la bimba non era agitatissima né assonnata).

Fatto!

comunicazione aziendale VS gusto personale [1]

Partiamo subito antipatici. Pronti? Uno, due, tre: se non è il tuo lavoro, fallo fare a chi lo sa fare e non impicciarti.

Yeeeeeeeeeeeee!!!!!!! Ehmachestronzo, ma c’è diritto di parola, io posso dire quello che voglio, non mi fido degli esperti, io voglio fare, io voglio sapere!

I più attenti e puntigliosi palinculo che non lasciano che le stronzate illogiche si mescolino con quelle che non sono stronzate ma sono fuori luogo avranno individuato sicuramente qualcosa che è più che lecito: sapere aude e “fa di sapere e sarai libero”.

Si, se ti arrangi, se comunque ricordi che sei parte di un pianeta che l’acqua calda l’ha già scoperta, che il metodo scientifico è già scettico di suo, che esiste un gusto generale … eccetera. Certo, fare la propria esperienza ed imparare è bene, bello.

Detto questo, magari quando hai finito di fare la tua esperienza sono passati 10 anni e non hai esperito IL RESTO. Ecco, ci sarà qualcuno che sa il resto e non sa il tuo. Possiamo iniziare adesso? Bene. Continue reading →

se non interessa a te, di certo non al consulente

WARNING: POST CON DELLA PEDANTERIA!

Ho fatto così… ma mi aveva detto di fare cosà… poi si arrabbia perché ho fatto così…

Scenario: avete un’attività commerciale. Dovete occuparvi di un aspetto che non è il vostro core business, come si dice. Ovvero, ‘sta benedetta cosa che dovete fare, la dovete fare, ma non è il motivo per cui vi siete messi, nella vita, a fare il lavoro, non era quello che avete imparato a fare e che dite di fare. Esempio? Esempio siete degli artisti, dei pittori, e dovete fare pubbliche relazioni. Fare gli artisti era quello che volevate fare. Fare pubbliche relazioni no. Quindi non è quello il vostro core business. Ma dovete occuparvene. Magari non personalmente. Allora chiedete a qualcuno come si fa. Poi non lo fate. O non lo fate come vi hanno detto di farlo. E la cosa non funziona. O non bene.

Ora, secondo voi, gliene frega qualcosa al vostro prof di matematica delle superiori se voi oggi non fate quello che lui vi ha insegnato a fare? Siete VOI che non sapete farlo, ne va del VOSTRO operato, non del suo. Magari vi verrebbe da dire “ah, se mi vedesse il prof si arrabbierebbe” ma la realtà è che a lui non gliene frega un cazzo. A lui interessavate come persone, magari si, come studenti, ma a lui interessa se LUI sa fare o non sa fare il proprio mestiere. Se lui vi ha detto come fare, ma voi non lo fate, non gliene frega un cazzo. Continue reading →

Fotografo professionista, documentazione 2017

photographersPresso l’apposito minisito dell’associazione nazionale fotografi professionisti (TAU VISUAL) http://www.documentazione.org, potete scaricare gratuitamente, in formato PDF, l’e-book “Documentazione per il fotografo professionista 2017“.

Si tratta di un utilissimo compendio, comprendente circa un terzo di ciò che è invece normalmente disponibile se si è soci, di documentazione relativa a roba burocratica di ogni tipo.

Ve lo dico nel modo più schifoso possibile, ma in fondo spesso chi fa un mestiere si sbatte il più possibile in ciò che, tecnicamente, consiste nella sua passione… dimenticando che in una professione c’è molto di più; la burocrazia è una di queste cose. La legge. Le consuetudini di mercato, di ambiente, di settore. Essere professionisti significa fare un LAVORO, non solo divertirsi, seguire qualcosa che ci emoziona. Per farlo, spesso, dobbiamo fare un sacco di cose che ci fanno cagare. Ma questa è la vita 🙂

E in Italia deppiù.

Quindi grazie a TauVisual che comunque mette a disposizione GRATIS questo volume a TUTTI. Se poi ci si associa ti stanno anche parecchio dietro, quindi evviva.

di fotografi e modelle che se la tirano (e TFCD)

Carissimi.

Inizio questa lettera come quella agli Efesini, Ateniesi, eccetera? Si, dai. Qui si parla di fotografi e modelle che se la tirano, quindi inizio io. Ho già moltiplicato i post e i follower. Quindi per pani e pesci ci vediamo dopo.

fashion model

Ordunque veniamo al topic. Il topic della topic è quello principale. Parliamo di professionisti nel momento in cui abbiamo a che fare con il lavoro. Lavoro significa impegno, significa che “no” non esiste praticamente mai, che non fai quello che ti piace, ma quello che ti è richiesto. Per cui ad esempio, al di là dell’ovvio rispetto per chi lavora e la sua competenza (ovvero il fatto che sa quello che fa e tu no, se no te lo saresti fatto tu), se io ti chiedo di fare una cosa, tu la fai. Se “non ti va”, tu non sei un professionista. Sei un artista, se va bene. Sei uno che potrebbe fare delle robe. Ma non sei un professionista. Questo ESSENZIALMENTE. Perché attorno alla parola professionale se ne spendono moltissime altre. E spesso sono tutte cazzate, a mio modo di vedere. Certamente soggettivo, io lo riconosco; cosa che invece sembrano non fare coloro che spendono queste vomitate di opinioni su qualcosa in cui ancora non hanno mai svolto incarichi, consegnato progetti, ricevuto commissioni, rispettato scadenze, budget, e tutti quei cazzi pallosi che si chiamano lavoro. Comunque essenzialmente “non mi piace e quindi non lo faccio” non esiste.

Ricordiamoci dunque come funziona: di fotografi ce ne sono di cento tipi e non mi riferisco al carattere. Le specializzazioni in cui spesso alcuni operano con maggior successo li caratterizzano. Per cui non è che si rifiutino di fare un lavoro di foto architettonica, ma magari sono specializzati in macrofotografia di insetti volanti. Non è che non vogliano fare la foto fashion: non sono capaci, non sono preparati e – in tutta onestà – te lo diranno e questo li renderà ancora più professionali: cioé “ciò che attiene la professione”, il lavoro, la prestazione lavorativa che paghi, che ti viene venduta, non sarà millantato credito.

Ma chi sei, tu che paghi? Sei il committente. Continue reading →

La scomparsa della qualità #20120322

Fare lavori che tutti possono fare, che molti possono fare, che molti possono autonomamente imparare, può essere una scelta relativamente facile, talvolta controproducente. Così magari ne impari uno più difficile, oppure impari a fare la versione “pro” , oppure solo l’applicazione “pro” … ma quando la qualità del tuo lavoro non viene più compresa dal tuo cliente, essere pro è solo uno svantaggio, mi pare, ormai. Perché essere pro significa spendere più energia, dover spiegare, metterci più tempo, a fare qualcosa che non viene percepita, che sembra scontata o strana, che sembra una fregatura rifilatati da un azzeccagarbugli che fa “sembrare complicato e difficile e di qualità una cosa che tanto mi faccio anche io”. Succede in tanti mestieri. Lo trovo sconfortante perché molti non fanno altro che considerare questo rilancio verso il basso nella qualità di ogni cosa come normale; non come decadenza della civiltà e scomparsa di capacità di apprezzare e riconoscere il valore che in seguito lo promuove, invece di squalificarlo.
Quando lo disprezzi (non ne accetti il prezzo) allora finisci per considerare accettabile ciò che è di più bassa, se non di scarsa, qualità. E ciò che è, qualsiasi cosa sia, peggiora, invece di migliorare. Ciò che tutti possono fare non tende al meglio. Tende alla stagnazione. Magari nasce un modo nuovo, ancora meno costoso, ancora meno faticoso, ancora più “vai che va bene” sempre più alla portata di qualunque incapace.
A cosa porta tutto questo?