Non puoi dire/fare così!

Con quale facilità ci sentiamo liberi di togliere la libertà, di dire cosa siano o non siano gli altri, liberi di fare. Di dire cosa possano dire non dire. Cosa possano fare o non fare, gli altri. Cosa sia giusto. Cosa non sia giusto. Così, in assoluto. Senza confronto, ipse dixit. Ipse chi?

Ah no. Io.

Ah ma lo dico anche io, di fronte a te, ma opposto. Basta così perché sia giusto?

Quindi se io lo dico e tu lo dici, chi decide che cosa vince?

Dai sguaniamo le spade.

Quello che muore aveva torto.

Mi pare giusto.

A me no.

Se avrò ragione di te, non lo dirai più.

wikipedia e il bullismo

Avete mai partecipato attivamente come editor di wikipedia? io lo faccio da oltre un decennio, sporadicamente ormai. Ho dedicato parecchio tempo a quel progetto. Mi sono disamorato.

Come mai? Beh, avrete letto i 5 pilastri, le regole, eccetera. Vi sarete accorti di come vadano le cose sulla wikipedia EN e cosa succeda invece sulla IT. Da qualsiasi parte intendiate partire, prima o poi vi scontrerete, da uomini di buona volontà, con uno spirito che con quelle regole, pilastri, indicazioni e così via non ha nulla a che fare.

Loro stessi, discutendone, se ne accorgono. Non tutti, però.

Si tratta dell’ego, che travalica di gran lunga “il bene superiore” che dovrebbe essere quello di tramandare la conoscenza. Bisogna ricordare che – parole in contenute nelle loro regole – wikipedia non va considerata una enciclopedia GENERICA, ma che può contenere anche ciò che starebbe in una enciclopedia specialistica, di un argomento particolare: enciclopedia della scienza, della musica, della lingua italiana, di storia, geografia, biologia, fumetti, serie tv, eccetera, ma mai una fonte primaria. Ricerca e giustificazione delle fonti, punto di vista neutrale (fornendo ad esempio i diversi punti di vista, per dire che questi punti di vista esistono e non sono slegati da una voce – e se ce n’è uno solo esplicito, si cita il suo autore se non è un pinco pallino) … ecc ecc. Tutto ragionevole.

Ma nella pratica… provate 😉

 

scolpire il proprio ego, andare contro sé stessi

Osservo mio padre. Un uomo anziano, nato negli anni ’30 del 1900. Ha vissuto, non fatto la guerra. E’ stato un profugo, ha studiato diligentemente per emanciparsi dalla povertà e per diventare uomo come solo chi sia nato un po’ di tempo fa sa che si doveva essere uomini.

L’uomo porta il pane a casa. L’uomo guadagna. L’uomo ha i suoi doveri. L’uomo non deve essere uno spiantato, deve essere un buon partito, deve essere autosufficiente, deve saper fare le cose, risolvere i problemi, non mostra emozioni, debolezze, pianto. Deve. E via dicendo.

Soffermarsi a comprendere quali epoche abbia attraversato un essere umano vivo ancora oggi, nel 2016, richiederebbe attenzione.

Purtroppo io posso riservargli comprensione solo quando non si comporta come molta della sua epoca ha accettato e trovato normale nei confronti non tanto delle donne, ma della “propria” donna. E’ proprio dall’epoca delle donne come mia madre che è colpa anche delle donne stesse se non si sono emancipate, se non hanno approfittato del vento del cambiamento. Lo è tutt’oggi, se vivete in provincia. Osservate quante donne hanno ancora capigliature anni ’80 per rendervi conto quanto determinate cose facciano presa e fatichino a mollare, in provincia. Non ho mai avuto pietà per la non-ribellione di mia madre.

Contemporaneamente però lei è la persona debole, la vittima. Non ha gli strumenti per “rispondere al fuoco” perché la sua vita ha preso, tanti anni fa, questa piega. Tuttavia io non riesco a giustificare nessuno dei due nei confronti della continua tortura inferta a questa convivenza. Quella che però viene maltrattata, psicologicamente, incessantemente, è mia madre. Ormai è piegata da decenni a questa visione e si arrabbia con tutti noi figli quando “non capiamo” che quando ci si sposa, che la vita è questo, che cazzatecazzatecazzate. Se me ne date il tempo sono molto maieutico. E con lei ho sempre avuto il tempo di indagare passo per passo il perché di molte cose. Alcune nei miei confronti (regole) arrivavano spesso al “perché si” e questo mi ha aiutato a comprendere come regolarmi. Altre riguardavano fatti suoi o di convivenza o di storia con mio padre, sua madre, la società.

Le risposte sono arrivate a cose come “la felicità è il minimo possibile di maltrattamenti quotidiani”. Quando scavi così a fondo da vedere che chi ti risponde ritiene questo – normale, allora spesso puoi solo chiedere a tutti di non eccedere. Non puoi chiedere di più.

Ho tentato, più volte negli ultimi 20 anni, di parlare anche con mio padre. Non è facile: di certe cose, dei sentimenti, non si parla. E se non si parla, non si sa come si fa. Alcune cose diventano orgoglio. Altre sono patologie, non ho altro modo di identificarle (non sono un esperto) … o forse si chiamano comportamenti deviati, antisociali. In un vecchio romanzo tutto questo era definito “atavismo”.

Io ho sempre avuto dentro di me qualcosa di sbagliato che vedo con chiarezza ho assorbito da mio padre. Quello che però ho sempre fatto io, non loro, è ri-osservarmi dall’esterno, quanto più mi è possibile. Ho sempre pensato, da quando ne ho memoria, che se io sento qualcosa quando sei tu ad agire, questo accadrà anche nell’altra direzione: come ho agito, dunque, perché tu reagissi? ti ho fatto del male? Ero consapevole? Ero in torto? Ero nella ragione ma tu hai sofferto comunque? Seghe mentali, per molti.

Resta il fatto che se ti giudichi costantemente, per questo motivo, cerchi di scolpire per quanto possibile quello che sei. Qualcosa, senti, se dessi un altro colpo di scalpello, farebbe sgorgare sangue: non si potrebbe scalpellare via: sei tu, per quanto sbagliato. Altri colpi di scalpello sono difficili da dare, ma puoi farlo: sono pezzi di qualcun altro, cose che hai assorbito, che si sono sedimentate… ma delle quali puoi fare a meno, anche se fai fatica a liberartene.

Credo che questo genere di fatica sia totalmente sconosciuto a mio padre. Quando gli viene evidenziato il suo torto lui sente offesa. Si sente attaccato, non in dialogo neutro con qualcuno che contemporaneamente gli vuole bene e gli dice che non si sta comportando bene. Scusarsi è sempre stato impossibile. Ammettere di avere torto anche. Rendersi conto che il suo stesso atteggiamento in situazioni di torto è inaccettabile. Che non accetterebbe mai comportamenti che lui ha, nei suoi confronti.

Correggersi costantemente: una fatica mostruosa per chi conosca l’ingiustizia delle azioni che compie ma che sia nato in un momento in cui questo era ben oltre il tollerabile per un maschio.

Sopportare costantemente: una fatica mostruosa per chi conosca l’ingiustizia delle azioni che subisce ma che sia nato in un momento in cui l’emancipazione era possibile ma che abbia scelto di restare sulla via del maschilismo, a fianco a milioni di altre donne.

non smettete di parlare: sputtanateli

Originally posted on Al di là del Buco: Di quante dimostrazioni abbiamo bisogno prima di chiamare le cose con il proprio nome? Accade a Melito, per esempio, in Calabria, ma potrebbe accadere ovunque e in fondo la questione si riduce alle conclusioni di sempre. lei è stata stuprata, minorenne, da più persone. lei se l’è…

via Alla vittima di stupro di gruppo in Calabria: non sei sola! — Il blog del nano Rocco