cazzoditestardodimerda, o anche no

Lasciar perdere. Ho imparato a lasciar perdere. Perché se lascio perdere, la mia vita vince. Quando vince la Verità, la mia vita muore. Quando gli argomenti sopravvivono, io muoio.

Quanto è importante dunque quello che si percepisce come “avere ragione” ? Dipende. Quello che è vero è vero. Ma ne va della tua vita?

1984 ci ha riassunto, per chi capisce, tutto, nel semplice “libertà è poter dire che 2+2 = 4”. Perché se tu non puoi dire questo, che è vero, allora non sei libero. La libertà è la possibilità (potere) di dire che quello che è, è.

Ma nella tua vita, quanto ha importanza? Quanto impegno, accanimento, passione, determinazione, mordente, verve, vita, tempo ti è richiesto e chi c’è dall’altra, come si sente, cosa prova per il suo argomento, quanto condividete metodo e linguaggio e quanta percentuale di quello che ti frega, in totale, del rapporto con quella persona, è in gioco?

E dunque, perché è bello poter parlare dei massimi sistemi? Perché non lo fai con l’amore della tua vita. Sei libero. Sei libero di dire che quello che è vero è vero. Sei libero di portare il tuo argomento. Di prenderlo tutto avvolto nello sporco dell’imprecisione, dell’incomprensione, dei fraintendimenti e buttarlo nell’acido della verità, della verificabilità, della ripetibilità, del metodo condiviso, dell’oggettività e tirarlo fuori, candido, puro, divenuto finalmente un fatto assodato. Assodato per lo stato attuale dell’acido che hai tu. Domani magari esisterà qualcosa che scalfisce meglio, o che dimostra che il tuo acido ha bruciato troppo.

Ma se le mani su quel grezzo sono le mani di qualcuno che ami e non ti sente quando gli/le dici di toglierle e si brucia? E si fa male, tu gli/le fai male. Quanto era importante quella cosa dentro la pietra, quel metallo puro? Quanto era importante PER VOI ? Continue reading →

l’accordo: ricatto con simpatica molestia

Side I – the Deal

Quindi dopo aver avuto mal di pancia per metà notte, aver ceduto al non-alzarsi (mio danno: sono un professionista e la pago) per 2 ore, sempre con il mal di pancia, ho compreso dall’infinito che non c’era grigio fuori. Dal 2012 sono in grado di percepirlo anche in un cubo di cemento sigillato: so se fuori c’è il tempo di merda che quando ti alzi dici fuck, torno. Compreso che non c’era, vista la smilza che miagolava per avere qualcosa, ho sollevato il culo. Avevo cotto della zucca a vapore. Tanto con l’alito che sentivo di avere avuto fare colazione mordendo tartufi sarebbe stato come un colluttorio alle rose. Quindi zucca lessa a colazione, qualche cubetto. Verdura. A mezza mattina, senza aver bruciato e con zero intenzione di bruciare: dovrebbe andare. E la chiamo. E non risponde. E parte la segreteria, di nuovo, pure con la Iliad adesso. Secondo me non lo sa. Del resto chi è che a 20 anni telefona ? Esco e riassaporo una passeggiata con una giacca che credevo di aver impregnato di terrore, sudore terrorizzato. Ma l’ho fatta sistemare, rilavare: è nuova, profuma. E non è una giacca vera e propria… è un po’ da fricchettoni, un po’ patchwork sui toni dell’arancione. Ho mal di gola, quindi collare. Mini passeggiata lenta, lentissima. Respiro (qui si può) a pieni polmoni, piano, cammino piano, sento i raggi di sole. E mi ricordo in quale condizione economica e lavorativa sono. Non diversa da quando ero nel terrore totale. Stavo così. Ieri lei mi ha rimesso esattamente li, a 5 mesi fa. Quindi respira, respira, respira, piano. Vado al bar, riprovo a chiamare, mi faccio un caffé. Penso alle interazioni tra ingredienti e anche che col caffé non ce la farò mai e  chissenefrega. Lo bevo, fa moderatamente schifo. Ancora arietta, sole, cammino piano: mi sento vecchio. Ho bisogno di pace in quel momento. Richiamo, niente. Continue reading →

senza l’ombra d’un rimorso

Riferita alla prima guerra mondiale, questa poesia di Trilussa in romanesco l’ho conosciuta con testo adattato e cantato (anni ’80) nella versione di Claudio Baglioni. Vi ricordo che in origine stiamo parlando del 1914-1918. Amo la versione musicata da Baglioni nel tour “attori e spettatori”. Se non conoscete nulla di tutto questo, buona lettura e buoni ascolti.

Ninna nanna della guerra
Trilussa

Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna,
dormi dormi, cocco bello,
se no chiamo Farfarello,
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone
Gujermone e Cecco Peppe
che s’aregge co’ le zeppe:

co’ le zeppe de un impero
mezzo giallo e mezzo nero;
ninna nanna, pija sonno,
che se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno,
fra le spade e li fucili
de li popoli civili.

Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che comanna,
che se scanna e che s’ammazza
a vantaggio de la razza,
o a vantaggio de una fede,
per un Dio che nun se vede,

ma che serve da riparo
ar sovrano macellaro;
che quer covo d’assassini
che c’insanguina la tera
sa benone che la guera
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le borse.

Fa la ninna, cocco bello,
finché dura ‘sto macello,
fa la ninna, che domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima,
boni amichi come prima;
so’ cuggini, e fra parenti
nun se fanno complimenti!

Torneranno più cordiali
li rapporti personali
e, riuniti infra de loro,
senza l’ombra de un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la pace e sur lavoro
pe’ quer popolo cojone
risparmiato dar cannone. Continue reading →