andare ai matti

Mi stupisce tutt’ora che alcune delle persone più intelligenti che io abbia conosciuto personalmente – quindi non intendo le persone più intelligenti di cui io abbia notizia – si vergognino alla sola idea di considerare la possibilità di avere bisogno di un aiuto psicologico.

Ancora esiste lo stigma della pazzia. E sia, lo stigma ci sta: la gente è merda. Ma al di fuori del branco, del magma amalgamato di teste di cazzo, del giudizio altrui, dell’esposizione di sé pubblica. Dico tu, con la tua capacità di pensare, di ragionare: non puoi capire che quello che un buon amico, una serie di buoni amici, di persone dotate di buon senso, di persone sagge, esperte (vecchi o gente che ha vissuto, o che ha letto da fonti affidabili) sanno fare e possono fare e, in effetti, fanno in maniera innata, può essere fatto anche professionalmente ? Quindi niente di incredibile, niente di macchiato dall’oscurità del manicomio. Qualcuno che ti ascolta e ragiona con te. Solo che tutte le stronzate che ti racconti lui le ha già studiate, conosce i meccanismi.

L’analisi serve a conoscersi. Ed ha dei meccanismi.

Mica vuol dire che sei matto. Mica se ti fa male una gamba sei storpio. Mica se hai bisogno degli occhiali sei cieco. Mica se ti serve l’amplifon sei sordo.

Visto che la “pazzia” la possiamo considerare come un livello di handicap “irreversibile e supremo”, mi sento di fare questo assurdo paragone con degli altri malanni del corpo. Non hai “la mente malata”, non è che non ti funzionano i neuroni, che sei rotto, che hai un problema elettrico, strutturale. Certo si, qualcosa si è spezzato, ma non sei fuori di testa. Sei solo disorientato: riconoscere di avere bisogno di aiuto e farselo dare, o lasciarsi consigliare … non significa essere matto.

Il re ha i consiglieri. Il governo (non il nostro, dai, pensatene uno che funzioni) ha gli esperti. Persone che conoscono specificamente quelle date discipline sui cui è bene essere consigliati prima di decidere. Bene, l’analisi analizza: ma tu non sei una cavia. L’analista, sempre ammesso che tu vada in analisi, aiuta te a conoscere te. Non ti conosce mica. Ti aiuta a conoscere te stesso, a capire qualcosa che tu non stai capendo. Ma non fa sparire il dolore. Aiuta a sciogliere la confusione, la poca chiarezza. Ti aiuta a scavare dove tu non vuoi, non sai. Continue reading →

#nondirloalfotografo – cosavuoichesia

Hola a tutti! Per il nostro consueto appuntamento #nondirloalfotografo oggi abbiamo la consunta versione fotografica di “cosa vuoi che sia, per te son cinque minuti”, presente in ogni fottuto mestiere che non sia il vostro. Ecco a voi:

dai tanto sono giusto due scatti #nondirloalfotografo

Ci sono vari modi ti cagare in faccia il vostro disprezzo intrinseco per la competenza del lavoro di qualcun altro. Uno di questi modi è farne una valutazione riduttiva, o meglio minimizzare e soprattutto sminuire aprioristicamente sforzi, dispendi di energie od economici, di tempo, di impegno o di qualsiasi altra cosa sia necessaria all’ottenimento di un risultato : ma non da parte vostra. Continue reading →

capricciosa quattrostagioni

Appuntamento con lei post lavoro dai tu caffè io qualcosa. Ooook. Arriva con la sua (deo gratia, finalmente!). Salgo lato passeggero e fa “non esiste”. Poi inizia a dirmi quanto facesse cagare questa giornata all’asilo con questo e quel problema e che per una cosa brutta che le è successa e bla. Le rispondo che la vita lavorativa è così e che per quello specifico tipo di problema è bene che si abitui: ogni volta che non ti arrangi e chiedi aiuto, anche se te lo danno, qualcuno comincerà o in faccia o alle spalle a dire “allora a cosa mi servi facevo prima a farmelo da me e non assumerti” e simili versioni.

“non ti racconterò più niente allora!” (questo lo dice sempre) perché lei voleva (ma non siamo più assieme, amour, e quindi non sono propenso a rendere felice una che non mi ama. Sono predisposto ad una civile, normale, non aggressiva, ragionevole, conversazione. Dialogo.)  “svuotamento di roba e gente che mi da ragione e mi commisera a prescindere e non che dice la sua”. E ok. Poi fatico un po’ ad ottenere un “per favore” invece di un “guida tu”. Ci riusciamo. Salgo, inizia a dirmi “non so cos’abbia non è stabile, è sbilanciata … come se avesse un bla e ribla e salcazzo bla, PUOI VEDERE TU?” e quindi prendo e ovviamente se si tratta di gomme, sterzo, stabilità, provi ciò che coinvolge forza centrifuga, accelerazione, frenata e una leggera spinta improvvisa in curva: quel genere di situazione che se ti capita inaspettato ti mette in pericolo. Se lo fai di proposito per prova è Ok. Comincia  subito ad urlare “ahhh! non fare il coglione con la mia auto!!!!” e io non sono paziente se mi si tratta di merda: io di più! Ma dico “se devo prov…” “queste cose le fai con la tua, non con la mia!!!” “mi hai detto che ha casino e…” “se te lo dico io! questa è la mia macch” “non rompere i coglioni, mi hai detto TU , mi hai CHIESTO di provare e io sto provando, si prova così!” “ma che ne posso sapere io? Se il 99% del tempo con la macchina sei un coglione io zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz ”

Non ho sentito cosa ha detto dopo. Inchiodato, fatto manovra, fatto retro, riportato auto in parcheggio, spento auto, detto ciao, chiusa portriera, rientrato a casa, ricominciato a fare licazzimia, guardato orario per andare a prendere il frittino.

Ho staccato i dati. Preso il frittino. Telefonato sulla luna (che tanto io ho minuti illimitati verso tutti, quindi le extraplanetarie sono comprese) per diverse ore anche. Ho riattaccato i dati, aspettandomi una valanga di insulti, di tumitraddidimerda, di qualsiasi cosa. Non c’era nulla. E mi ha bloccato 🙂 E io sono più leggero. Il passato, le gioie, mi davano di che dolermi. E me ne danno ancora: sono cose belle che non sono più. Non ci sputo sopra, non le cancello in nome della merda che accade comunque, con lo stesso involucro di chi mi amava. Ha sempre fatto le bizze. Ma diceva anche di amarmi. Ora è chiaro che è solo un’amica che si dimentica che gli amici non hanno il benefit. Gli amici hanno la caratteristica fondamentale di trattarsi con un certo rispetto di base. Di trovarsi bene. Di dialogare volentieri. Di ragionare, in senso moderno e in quello antico.

Posso dire di essere guarito. Molto prima dei sette anni. Di sbattermene i coglioni. Certo mi dispiace. Certo penso che da qualche parte abbiamo perso qualcosa entrambi, a parte le staffe. Ma io sono cresciuto in un mondo in cui l’educazione conta. Sono sboccato, maleducato, volgare. Ma non tratto mai gli altri esseri umani dando ordini od offendendoli a buon mercato con questa leggerezza. E soprattutto di solito do per scontato che del mio svuotamento di merda agli altri non gliene frega un cazzo perché ne hanno abbastanza della loro: quindi ho l’abitudine di interessarmi molto al fatto che ciò che dico sia di loro interesse. Non lo do per scontato. La seconda cosa fondamentale in questo campo è : non sono una radio e i miei interlocutori sono appunto, interlocutori. Interloquiscono. E lo fanno con una loro propria volontà, nel modo e con gli argomenti che provengono da sé, non dal mio libro di ciò che è consentito. Non sono monsignor Della Casa. Ma ci sono modi, di base. Un minimo.

So che ha bisogno. So che le serve compagnia. So che le serve anche poter svuotare il suo malumore. Ma lo abbiamo tutti. E non possiamo mai, in nessun caso, pensare di poter essere giustificati nel maltrattare gli altri solo perchè abbiamo una giornata no. Perché non è colpa loro. Forse non è nostra, ma più probabilmetne si. Di certo non loro.

E quindi dormirò. Tranquillo. un po’ mi dispiace, ma non abbastanza da cambiare questa tranquillità. Anche se forse ho perso una modella; persino un’amica, anche se troppo fumina per me. Vedremo. Ma come diceva “quel birba di Lucignolo”: Lasciala gridare. Quando avrà gridato ben bene, si cheterà.

mi esprimo fastidiosamenPERMALOSO

Nel meraviglioso articolo di Tiasmo riguardante ” Cinque frasi motivazionali che mi hanno rotto le palle. ” avevo immediatamente provato senso di empatia, immediato, viscerale: che vadano affanculo, ahahah rido.

LOL.

Ieri ho visto per una giornata persone che, senza andare dai motivatori, di quelle motivazioni vivono. Una per una. Persone semplici, non pompate, non esaltate. E mentre parlavo con questa donna che alza la testa da una vita durissima, di ogni passo, ogni faticoso abbandonare la comfort zone, ripensavo a quanto facilmente ho crassamente riso. Ma ancora una volta, è ridere del prof che ti dice cosa fare, senza ricordare che a lui non gliene frega un cazzo se lo fai. Sono tutti fatti tuoi: non vuoi motivarti? Non vuoi uscire dalla comfort zone? Non vuoi splendere? Non vuoi godere delle piccole cose? Trovi mille modi per rendere ridicolo quello che potrebbe essere il tuo appiglio? Accomodati, a me che te lo dico non cambia di una virgola: nella comfort zone ci sei già, non devi fare nulla per cambiare. Ma ci si domanda: che sia sarcasmo o non usi questa modalità, la critica che muovi è valida, sensata?

Ecco, quando passo dal “sono d’accordo con te” al “ma quello che dici ha anche questo aspetto non-condivisibile e ti dico come mai” … ecco che la gente mi manda affanculo mentalmente, fisicamente, direttamente, indirettamente. Si indispettisce, si chiede “ma cosa vuoi?”. O “ma perché mi dici questo?” senza pensare che il primo atto comunicativo sul “ma perché dici questo?” lo hanno prodotto loro: tutti noi potremmo chiedere subito “ma perché dici questo?” a ciò che hanno detto. Ma di solito o tacciamo o manifestiamo assenso. Io di solito, se c’è da ridere, rido. E poi ci ragiono. E di solito non sto muto. Cosa che dovrei fare. Dovrei ragionarmela per i cazzi miei senza comunicarlo, perché da fastidio, suona sempre da bastiancontrario e me ne rendo conto. Eppure io non lo faccio per dare contro, ma semplicemente per ragionare sui molteplici aspetti dello stesso concetto. Continue reading →

le parole sono importanti, cara psicologa dei miei PERMALOSO

Avrei voluto corredare questo scritto con lo spezzone di video, il solito, di Nanni Moretti e “le parole sono importanti”. Ma prima di appiccicarlo così a cazzo, me lo sono rivisto. Pensavo per ridere. Ma non mi ha fatto più ridere. Lo trovo violento, lo schiaffo proprio. Forse se fosse stato maggiormente “staged” (uno schiaffo poderoso, in stile supereroi, con la rincorsa) forse avrebbe fatto ridere, sarebbe stato teatralmente esagerato, buffo. Ma lo schiaffo è ben dato, sembra vero. E quindi pur ricordando che tutta questa cosa è ironica… il disagio ottimamente reso dall’attrice mi colpisce. Magari sono mestruato, vai a vedere.

Io sono uno di quelli che ha perso anni di vita con l’esistenza di internet. Sono uno di quelli che quando apre un dizionario inizia a dire “ahhh, ma interessante, ah si? Ah!!!” e vede un’altra parola, e poi un’altra, e sfoglia a caso… E con quelli in cui puoi cliccare ancora di più. Vedi wikipedia ad esempio. Internet stessa, tutta internet.

E quindi ho trovato nei commenti una cosetta che mi ha fatto riflettere su un fastidio personale verso tutta una serie di quelle che, con una frase fatta, chiamiamo “frasi fatte”. Ma in realtà, se usate con cognizione di causa , sono espressioni idiomatiche, svolgono una precisa funzione comunicativa tanto quanto le parole stesse. Possono annoiare, suonare male. Ma se usate a proposito, non c’è davvero un buon motivo valido per lamentarsi, a parte la puzza sotto il naso.

Ma eccomi al vero post!  Continue reading →

tira e molla (36ma puntata)

pensavo fosse strano e invece…

Mentre scrivo, la mia micia nera dorme sul divano di casa mia, anzi nostra (mia e di B). Divano dove dormirò tra un po’, forse assieme alla micia e al suo orsacchiotto. Dorme con un orsacchiotto! Nemmeno nelle più melense foto di gattini eh? (update: invece è pieno: evidentemente è normale!) E invece si! La mia micia “abbraccia” un orsacchiotto con una zampina e dorme. Lo stronzo che sono dovrà spostarla, farsi posto e dormire con … loro. L’ho promesso ad A., con la quale sono tornato (galeotto fu l’asciugamano). Naturalmente poche ore prima che partisse per tornare ad Hogwarts abbiamo litigato per una cazzata. Io so che questo genere di cazzata è prodromo di casini molto più grossi su cose molto più serie; carattere, comunicazione, logica, ragionamento, punti di vista, atteggiamenti. Ne parleremo.

Comunque abbiamo passato un bel periodo da coppietta felice. Volevo andasse via con questo nel cuore, e tenerlo anche per me, mentre avrei lavorato tutta la settimana per recuperare il fancazzismo. E invece boom. Due permalosi del cazzo. E due età e linguaggi molto differenti.  Continue reading →

quando ti detto quello che scrivi tu non sei bravo in italiano (gne gne gne)

Il capo chiede di raccogliere una mini-relazione alle 4-5 persone che hanno partecipato a degli incontri e me lo comunica. Faccio presente la cosa ai vari interessati. Alcuni eseguono, altri mi chiedono collaborazione, chi dicendomi 2 acche da trasformare nella relazione, una tipa usandomi più o meno come dattilografo: non è un problema, lo faccio volentieri.

Solo che.

Mi detta lei quello che sto scrivendo. E dato che sento che ricerca le parole e si da anche un tono, trascrivo parola per parola, al massimo senza fare lo stronzo sulle riprese della frase, e cancellando quelle parti che erano solo inizi di frase che vanno a morire.

Rileggo e ricevo un “ma quanto avevi in italiano?!”.

Talvolta avevo anche 10, talvolta anche 4. E se in latino avevo 4, in autori latini avevo anche 9 o 10. Ciò non toglie che stia trascrivendo parola per parola quello che TU mi stai dettando, quindi…”

‘sta styupida. Parla con il culo e quando sente ciò che ha detto chiede a ME quale voto avessi in italiano!

Si, si, permaloso, si.

Comprende l’antifona, ma ormai siamo entrati in fase di correzione e contemporaneamente in quella  “io so l’italiano” … così invece di tacere e fare il braccio mentre lei pensa di fare la mente, azzardo un “beh, la virgola tra il soggetto e il verbo non si mette” … la nostra sfortuna: ho appena letto il libro di Severgnini e quindi rilevo tutto il campionario di cazzate possibili: paroloni, pleonasmi e tautologie dove non si sa che cavolo dire (ad esempio l’ottima “richiesta di quesiti”) … subordinate piantate a cazzo come dei chiodi e talvolta non chiuse … legal-ragionier-burocratese aziendaliano, giri di parole per non voler affrontare di petto un giudizio, allusioni … e persino dettagli come “eccetera”.

E chiedi quanto avevo in italiano.

A me.

Brutta stronza.

Avevo anche 4 si. Ma quel prof se facevi UN errore di ortografia di smazzuolava le gengive coi porfidini. E non gli interessava cosa avevi scritto. Non se il contenuto era impreziosito da un errore di ortografia.

Gne gne gne!