#nondirloalfotografo tanto poi c’è photoshop

Ancora una volta siamo qui riuniti, fratelli e sorelle, per alzare il nostro coro di inni al signore; preghiamo insieme e diciamo: #nondirloalfotografo

tanto poi mi ritocchi con Photoshop, vero? #nondirloalfotografo

tanto poi mi ritocchi con Photoshop, vero? #nondirloalfotografo

Per quanto anche io percepisca il fastidio più come la minaccia di una schiccera sui coglioni, piuttosto che come una vera botta sulle palle, devo dire che la mia personale opinione su questo tormentone è sempre un bel dipende.

Non saprei dire perché dia fastidio anche a me. Forse perché fa parte di tutto quello che toglie “fotografia” alla fotografia e la sposta su “fotoritocco”.  Continue reading →

mi esprimo fastidiosamenPERMALOSO

Nel meraviglioso articolo di Tiasmo riguardante ” Cinque frasi motivazionali che mi hanno rotto le palle. ” avevo immediatamente provato senso di empatia, immediato, viscerale: che vadano affanculo, ahahah rido.

LOL.

Ieri ho visto per una giornata persone che, senza andare dai motivatori, di quelle motivazioni vivono. Una per una. Persone semplici, non pompate, non esaltate. E mentre parlavo con questa donna che alza la testa da una vita durissima, di ogni passo, ogni faticoso abbandonare la comfort zone, ripensavo a quanto facilmente ho crassamente riso. Ma ancora una volta, è ridere del prof che ti dice cosa fare, senza ricordare che a lui non gliene frega un cazzo se lo fai. Sono tutti fatti tuoi: non vuoi motivarti? Non vuoi uscire dalla comfort zone? Non vuoi splendere? Non vuoi godere delle piccole cose? Trovi mille modi per rendere ridicolo quello che potrebbe essere il tuo appiglio? Accomodati, a me che te lo dico non cambia di una virgola: nella comfort zone ci sei già, non devi fare nulla per cambiare. Ma ci si domanda: che sia sarcasmo o non usi questa modalità, la critica che muovi è valida, sensata?

Ecco, quando passo dal “sono d’accordo con te” al “ma quello che dici ha anche questo aspetto non-condivisibile e ti dico come mai” … ecco che la gente mi manda affanculo mentalmente, fisicamente, direttamente, indirettamente. Si indispettisce, si chiede “ma cosa vuoi?”. O “ma perché mi dici questo?” senza pensare che il primo atto comunicativo sul “ma perché dici questo?” lo hanno prodotto loro: tutti noi potremmo chiedere subito “ma perché dici questo?” a ciò che hanno detto. Ma di solito o tacciamo o manifestiamo assenso. Io di solito, se c’è da ridere, rido. E poi ci ragiono. E di solito non sto muto. Cosa che dovrei fare. Dovrei ragionarmela per i cazzi miei senza comunicarlo, perché da fastidio, suona sempre da bastiancontrario e me ne rendo conto. Eppure io non lo faccio per dare contro, ma semplicemente per ragionare sui molteplici aspetti dello stesso concetto. Continue reading →

si dice RECRUITING

Leggevo un estratto di un libro relativo alla compilazione di curriculum scritto da un esperto, un ex addetto HR. Ma nel bel mezzo dell’introduzione c’era un bel “reCLUting” … il che mi è suonato davvero strano (si dice recruiting, se proprio bisogna usare l’inglese) … e mi ha fatto pensare: vedi? Infatti ora non lo fa più: insegna.
Luoghi comuni e cazzatine: sicuramente. Ma come chi consiglia il modo di scrivere i curricula, io consiglio di dare una bella letta almeno 20 volte (e di farlo leggere ad almeno 20 persone) alle INTRODUZIONI dei propri libri e soprattutto alle prime 10 pagine. Nessun errore, nessuna sciocchezza del genere. Non importa se sono secondari. Come disse quel tale di cui non ricordo bene “hi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti”.
Tanti tanti salutiiiii

“problematica” ha rotto i coglioni: BASTAAA!

Gente, “problematica” non è sinonimo di “problema”.

eh, c’ho delle problematiche a scuola…

il nostro territorio, già interessato da altre problematiche … 

MA CHE CAZZO DITE??!!! come cazzo parlate???!!!!

“Problematica” è aggettivo femminile , ad esempio riferito a persona. Oppure – ma non va comunque confuso! – si riferisce ad un INSIEME di problemi. E ora sicuramente mi potrete stare a cavillare che “io intendevo infatti proprio l’insieme!” si… e allora avevi difficoltà non con UN insieme di problemi ma con VARI insiemi di problemi?! “delle problematiche” ???

su per favore: la verità è che ti faceva figo usare “problematica” al posto di “problema” , magari credendo che fosse una parola con le cromature, più lucida e fica, senza sapere che non è sinonimo della parola corretta.

Dal Treccani: “L’insieme dei problemi fra loro connessi relativi a un dato argomentola pdella disoccupazione giovaniletutta la psulla questione si riduce a pochi dati; con sign. più specifico, la particolare impostazione e classificazione dei problemi propria di un autore, di un movimento culturale, di un periodo storico, ecc.: la pcrocianala pstrutturalista.”

E sicuramente il ragazzo di 21 anni che scrive la petizione AL MINISTRO (Cristosanto, ok la democrazia, ma prima di scrivere ad un ministro, almeno imparare la lingua …) dovrebbe sapere che cosa dice, quando lo dice. E invece usa parole a cazzo.  A 21 anni puoi sapere, se hai fatto una scuola di un certo tipo e con dei prof di un certo tipo (io la critica strutturalista l’avevo fatta, ad esempio) sai chi sia il Croce. Ma ho come il non-troppo-vago sospetto che chi usa “problematica” a sproposito non comprenda quell’uso indicato nel dizionario, relativa alla classificazione dei problemi propria di un autore.

Quindi smettetela: dite PROBLEMA quando intendete quello. Lasciate la problematica a chi la tratta davvero. Ben pochi.

@beppesevergnini : il contesto 35 anni fa era sempre sostantivo (e oggi non si contesta più)

Eccoci qui, per l’angolo del Pedante: io!! (applausi).

Leggevo , a dire il vero, con gioia il volume due-in-uno di Beppe Severgnini “Imperfetto Manuale di Lingue” nonché con interesse e già un mezzo sorriso di goduria cagionato da pregiudizievole simpatia. Mi piaceva quest’aria di leggerezza, proprio lontana dalla pedanteria, anche quella del “boh” a giustificare una violazione di una regola riconosciuta “perché non mi piace, perché suona male”.

Però ho trovato una cosa che a me pare un errore e basta. E siccome a mio giudizio suona più pedante del resto, merita di essere trattata con un po’ di serietà. Non per rompere le palle, ma per non farsele rompere: in fondo chi ci dice che una cosa è sbagliata getta una sfida su cosa sia vero e cosa sia falso: ricordando che il linguaggio è una convenzione comune, ad un certo punto non possiamo dire “e io vi dico cosa significhi davvero” senza aspettarci una piccola verifica. Beppe ci dice che (cito, pag 38) “35 anni fa contesto era una prima persona singolare, indicativo presente (voce del verbo contestare […]) Oggi contesto è un sostantivo. Poco sostanzioso […]” – chiude, con il suo leitmotif della sezione sostantivi.

Dato che poi vedo citare in ambito di “problema e problematiche” la vetustà di chi ascolterebbe prog anni ’70 e simili devo cercare di mettere in ordine la cronologia: io con la storia ho un cattivo rapporto. Partiamo da “problematiche” : lo sento usare all’interno delle aziende dagli stessi loschi individui del quantaltro e del ciaggiorniamo, gli stessi identici della mission, della maiuscola servile del pronome e di tante tante altre schifezze… ma sai dove si è trasferito? In bocca ai ragazzini di 17 anni: usano “problematica / problematiche” al posto di “problema” (la problematica è l’insieme dei problemi relativi ad un argomento) … che ormai, volenti o nolenti, come ci dice lo stesso Severgnini (citando adeguatamente) è sinonimo di difficoltà, intoppo, inghippo. Ma ormai sono i ragazzini che vogliono fare i fighetti a usarla come sinonimo di “problema”: li ho sentiti io in tanti posti, mano in tasca, bicchere, petto in fuori e giacchettina: eh ci sono tante problematiche…

Torniamo a contesto. Ho controllato per non lasciare nulla al caso: il libro originale (non quello del 2 in 1) è del 2007. Quindi in teoria nel 1972 forse esisteva un altro vocabolo per dire “Complesso di circostanze o di fatti che costituiscono e caratterizzano una determinata situazione, nella quale un singolo avvenimento si colloca o dev’essere ricondotto per poterlo intendere, valutare o giustificare” come analogia mutuata dal suo significato specialistico preso dalla letteratura.

Io non ero ancora nato nel ’72, ma chi conosceva gli ELP e i Krimson e parla di problematiche ricordandosi forse di eskimi verdi e ci cioé, mi lascerà andare a sfogliare un dizionario vecchio e controllare. Ho qui tra le mie mani un dizionario enciclopedico Sansoni (non sarà un Devoto Oli ma spero vada bene lo stesso) del 1965 (e non del 1969) che alcuni parenti mi hanno lasciato portar via da una loro soffitta… ci sono anche le figure così capisco anch’io! Controllo subito e lì dentro il sostantivo maschile singolare contesto è presente e si dice che sia il participio passato (sic!) di contessere, che stia per “collegamento di parti” e trovo persino un “non mi è chiaro il contesto” come esempio d’uso in frase. Anche se in effetti – lo ammetto chiaramente – col tempo l’uso figurato, così “poco sostanzioso” per Severgnini, ha preso il sopravvento nell’uso che ne fa la maggioranza delle persone con le quali mi è capitato di avere a che fare indirettamente o direttamente.

Però, non solo esisteva prima (vedi anche l’etimologico) d’oggi e del ’70 , ma oggi “contestare” lo usano in ben pochi (gli stessi che neppure dissentono?), mentre l’uso veloce dell’attuale parola “contesto”, che con un solo sostantivo dice così tante cose, è diffuso: un successo linguistico che abbraccerei con gioia, seguendo il citato Richard Jenkyns, invece di lottare contro di lui.

Perché tutto questo casino? Perchè amo la parola “contesto”: per fare altrettanto bene sarebbero necessarie più parole e non è nemmeno d’importazione… descrive con precisione un concetto complesso … quindi aiuta a riflettere una complessità di pensiero. Proprio quello che deve fare il linguaggio, no?

Poi vado avanti, mi ri-siedo al banco, torno a leggere: a cercare di imparare (magari imparassi la brevità, e chissà quante altre cose) … ma il contesto mi ha toccato, perché mi suonava così male da spingermi ad approfondire.

Grazie per la citazione di Camus (non la conoscevo, non l’ho mai letto, ora sono incuriosito).

il #copyright si VIOLA, non si “infrange”

lui bravo, lui guarda sul dizionario

lui bravo, lui guarda sul dizionario

Quando la gente smette di parlare l’italiano corretto perché l’inglese internettaro gli si infila tra un neurone e l’altro io esco di testa. Dico… devo leggere su un blog di una, che tra l’altro ovviamente se la tira, che le contestano di aver “infranto il copyright” … ? Ora ovviamente può giocarsi il jolly del “ho ovviamente fatto dell’ironia” ma… il resto del post ovviamente dice “l’inglese mi ha martellato via un po’ di italiano” … 😦