Perché alcuni uomini sono feticisti dei piedi? – o anche no?

gambe magre con tacchi a spillo

io penso subito alla figa

via Perché alcuni uomini sono feticisti dei piedi? dice questo sito – Io non sono d’accordo praticamente su niente, quando consideriamo il fatto puramente estetico. Visualizzate la gamba nella sua interezza: piede a martello: goffo, taglia la sinuosità della “S” fatta dalla gamba. Piede in punta: gamba lunga, magra, snella, molto vicina all’aspetto estetico generale che esprime vigore e giovinezza. Tacco: aiuta ad ottenere questa posizione anche in piedi senza essere una ballerina, costantemente, oltre al fatto che favorisce una postura sexy, imponendo un certo “raddrizzarsi” culo-pancia-seno-spalle-collo che rende meno curve e più “sicure”. Certo, poi devi saperci camminare. E ti fa sculettare, facendo in ogni istante evidenziare curve e controcurve.

Sesso? Beh, tieniti le scarpe e avrò una maniglia interessante per rivoltarti in vari modi, oltre all’aspetto sexy che prenderà la tua gamba, manifestando costantemente nel rapporto la voglia di essere troia con impegno. E ricordo che uso questa parola come sinonimo di “amante del sesso, amante del cazzo, persona con notevole appetito sessuale e determinato impegno a godersela, non solo a farlo accadere perché capita”.

Piedi da soli? Da soli che me frega? Se sono il termine di una splendida gamba. Se sono in un posto molto vicino al viso mi dicono che ti sei messa in un modo particolare… se sono vicini alla testa vuol dire che mi stai accogliendo tutta, per farti prender meglio, ti scopo il culo? Ti scopo la figa? Ti scopo in bocca? non so, ma se ci sono di mezzo tutte le gambe tanto che possa vedere anche la parte sotto del piede posso abbracciarti tutta, prenderti tutta, sentirti tutta, accarezzrti mentre ti scopo. A me le belle gambe ricordano sempre l’insieme, e sempre le creste iliache, il monte di venere e la figa, splendida. Sono un feticista della figa? Ah. Come fotografo. Ma come uomo… se la porta una stronza può metterci dentro anche un frullatore e divertirsi. Continue reading →

cazzoditestardodimerda, o anche no

Lasciar perdere. Ho imparato a lasciar perdere. Perché se lascio perdere, la mia vita vince. Quando vince la Verità, la mia vita muore. Quando gli argomenti sopravvivono, io muoio.

Quanto è importante dunque quello che si percepisce come “avere ragione” ? Dipende. Quello che è vero è vero. Ma ne va della tua vita?

1984 ci ha riassunto, per chi capisce, tutto, nel semplice “libertà è poter dire che 2+2 = 4”. Perché se tu non puoi dire questo, che è vero, allora non sei libero. La libertà è la possibilità (potere) di dire che quello che è, è.

Ma nella tua vita, quanto ha importanza? Quanto impegno, accanimento, passione, determinazione, mordente, verve, vita, tempo ti è richiesto e chi c’è dall’altra, come si sente, cosa prova per il suo argomento, quanto condividete metodo e linguaggio e quanta percentuale di quello che ti frega, in totale, del rapporto con quella persona, è in gioco?

E dunque, perché è bello poter parlare dei massimi sistemi? Perché non lo fai con l’amore della tua vita. Sei libero. Sei libero di dire che quello che è vero è vero. Sei libero di portare il tuo argomento. Di prenderlo tutto avvolto nello sporco dell’imprecisione, dell’incomprensione, dei fraintendimenti e buttarlo nell’acido della verità, della verificabilità, della ripetibilità, del metodo condiviso, dell’oggettività e tirarlo fuori, candido, puro, divenuto finalmente un fatto assodato. Assodato per lo stato attuale dell’acido che hai tu. Domani magari esisterà qualcosa che scalfisce meglio, o che dimostra che il tuo acido ha bruciato troppo.

Ma se le mani su quel grezzo sono le mani di qualcuno che ami e non ti sente quando gli/le dici di toglierle e si brucia? E si fa male, tu gli/le fai male. Quanto era importante quella cosa dentro la pietra, quel metallo puro? Quanto era importante PER VOI ? Continue reading →

arte = disagio?

O forse sarebbe stato meglio chiedersi “creatività = disagio?”. L’epifania di questa domanda , che mi sono fatto poco fa in cesso, pisciando, perché non vi dimentichiate mai di quanto io sia un essere abietto, che non è possibile elevare nemmeno immergendolo in una pentola di cultura che bolle, scaturisce naturalmente da un incontro.

Ieri avevo il classico “primo appuntamento” fotografico. Io incontro per la prima volta fotograficamente un sacco di gente. La prima volta è molto importante: si perde un tot di tempo (io lo perdo, altri se ne fottono) a spiegare un casino di roba, soprattutto legale, diritti, doveri. Tutti ascoltano molto attentamente, forse le ragazzine un po’ meno, ma più bambine. Le ragazzine già ti dicono “no no, mi interessa, dimmi tutto”. E questo ridona speranza nell’umanità. Tutto questo bla solo per dirvi che “primo appuntamento” non era con donzella per scopi allettanti.

Erano due servizi, il primo con una giovane ragazza che avevo individuato in un ristorante e che “in nuce” è sostanzialmente il classico di “chilly”. Non si può dire altro. Anzi, si, si può dire “era”. Era perché è cresciuta. Di qualche mese,ma è cresciuta e le sono apparse addosso un sacco di cose sbagliate. Alcune sono oggettive: il suo corpo ha iniziato a crescere scompostamente, come sempre accade agli adolescenti: la faccia cresce in un modo ed il naso in un altro. E questo ha leggermente sporcato quella perfezione che avevo visto io: sembrava un misto tra La ragazza con l’orecchino di Perla (come sensazione generale) e, appunto: Chilly. Il resto era più relativo a quella brutta cosa che succede quando cresci: inizi a vergognarti. Cioè: gli altri iniziano a farti vergognare di te. Quello che io faccio, molto spesso, quando le riprendo verso i 20 o anche i 18 è smontare, distruggere, sfaldare, scrostare via tutta questa merda di vergogna che causa a persone bellissime di lasciarsi libere di viversi il ben di dio che hanno. E allora se mi capita di beccare queste piccine quando la cosa sta iniziando a nascere (lo schifo) magari posso evitarlo. Magari dico. Ci provo. Ho una mezza idea che il sesso faccia da solo questo lavoro, ma non lo so: a 13 anni avrei tanto voluto ma non battevo chiodo. La mia teoria delle 11:50 di oggi è che le ragazze che scopano tanto dalle medie in poi si auto-accertano di essere belle: qualsiasi cosa dica il mondo esterno a parole, la quantità di sesso che fanno dona loro la certezza che è tutta invidia. Magari sono dei roiti da paura ma sono tanto brave. Ma checcefrega: almeno sono felici.

Il secondo servizio era quello che mi ha fatto pensare, oggi. Erano le figlie del fratello di un mio amico fotografo. Una volta le fotografava sempre, quindi le ho viste molto da piccolissime in foto splendide. Ho chiesto, ma hanno detto “lo zio non ci fotografa più”. Comunque una delle due era bella, sicura e cazzuta ma anche con la capacità di ridersela e godersela. L’altra era sfigatissima, poverina, con il corpo goffo e la consapevolezza di questo handicap sociale intrisa in tutto il resto di lei. Io non potevo saperlo: ho solo detto al papà “mandamele!” ricordandomi che erano carine. ERANO. Una è sbocciata e l’altra è solo cresciuta. Ad ogni modo non è fondamentale per questo post, quanto la scelta scolastica e la mia odierna epifania da cesso (“da cesso” potete leggerla in due modi: 1) io sono un cesso 2) avvenuta presso il mio gabinetto).

Una ha scelto gli studi nel settore dell’educazione: o educazione di minori, oppure disabili o altri settori di questo tipo. L’altra invece ha scelto il liceo artistico.

Allora mi sono chiesto: lei è violinista e ha fatto l’artistico. Io non posso negare di avere uno dei miei due caratteri incline alla creatività ed arte (anzi, per tutta la vita questo è stato evidente a tutti), B è tutta creatività (e sport, però!) … e un totale di altre persone che conosco hanno la caratteristica di dedicarsi alla creatività, all’inventiva, all’espressione.

E a me pare, ma non sono certo, che tutto questo avvenga con chi non si accetta pienamente. Ha disagio, inferiorità nel confronto, qualcosa di questo tipo.

Sembrerebbe quindi uno sfogo continuo, una necessità di dimenarsi nell’insoddisfazione di sé, del presente, del tutto, del corpo, della situazione, di… qualcosa. E tu sei artista. Scrivi, canti, fotografi, dipingi, danzi.

Possibile?