no telepatia #201923890479

Sempre più non mi capacito di quanto molte donne (mai sentito un maschio fare questo genere di affermazione aprioristica, mai, in tutta la mia vita, maschio di nessuna età) che più si ritengono profonde, intelligenti, addirittura sensibili e degne di interesse per quello che hanno dentro e non quello che sono fuori, non si rendano conto che il dentro sta dentro. Non si vede. Non puoi conoscerlo senza passare per il fuori.

Questa aspettativa di telepatia maschile, che arrivi uno che sa tutto di te, che ti studi (stalking?) come un documentario prima di avvicinarsi a te e conoscerti (fatti conoscere, no?) e che magicamente la pappa pronta del piacergli sia veramente disponibile senza fare un cazzo… come tutte le aspettative si presta alla più cocente delusione. Si basa su quello che TU attribuisci alla tua “controparte”. Te lo aspetti TU. Ma ti aspetti una cosa che tu non fai. E soprattutto ti aspetti una cosa disumana. Ti aspetti che un essere umano, che è prima un animale e poi un essere umano, non sia interessato al fuori.

Fintantoché tu non decidi che il rapporto è solo comunicativo, intellettuale, totalmente privo di fisicità e non invece come qualsiasi rapporto tra esseri umani, si parte dalla superficie e poi si arriverà al profondo… è meglio che ti dimentichi di amori nati a tavolino. Ci si vede, ci si annusa, ci si bacia, ci si sbatte, si parla, si chiacchiera. Succede qualcosa che promette altro? Non si sa. Non succede ma quello che è successo ti va?

Ma naturalmente non siamo tutti uguali. Continue reading →

i giorni felici sono ancore nel cuore

Bah, non faccio che

ripetermi.

Ho il cellulare talmente pieno delle foto che le ho fatto in modo spontaneo, non posate (o pochissimo in rari casi) … persino con me dentro (io non voglio mai). Le ho fatto un milione di foto sul cesso mentre fa pipì, oppure cacca: era adorabile. Faceva una faccetta 🙂 Che poi alla fine io adoro le bimbe che amano i discorsi scatologici. Se poi nella stessa bimba abbiamo sia scatologico che escatologico allora io posso saltellare dalla gioia. Ad ogni modo io di solito mi trovo bene con ragazze/donne/bimbe che finiscono per parlare di “fare la cacca” 🙂 Si, lo so, uh che schifo, non sarai mica un pervertito che. Ma scherziamo? La cacca fa schifo. Adoro il sesso anale, proprio fino in fondo, fino alle palle: lo adoro. Ma questo in nessun modo ha a che fare con “amare la merda”, o “amare cose che puzzano” , come ho sentito dire a tante gente schifiltosa.

Semplicemente mi rendo conto che il carattere delle ragazze/donne che mi piacciono le porta ad essere un po’ come le bambine per certe cose e a parlare molto esplicitamente di cose intime, personali, che però condividono con te senza eccessivo ed inutile pudore, forse appunto dandoti un po’ di questa intimità già familiare.

Ho foto di lei che dorme, tante. Era la mia bambina, quindi capita. Ed era comunque sempre sexy, un angelo, non era mai un tradimento farle una foto mentre dormiva. Magari ok, qualche volta potrà essere stata buffa, ma non ridicola. Come le mie gatte: sono adorabili quando dormono. Anche se sono a pancia all’aria o tutte rivoltate.

Ho foto di lei che usa le app con i coniglietti, di momenti felici, di quando lasciavo il cellulare incustodito e me lo riempiva di boccacce. Un po’ teppistella. Ho anche foto di lei che si fotografa la figa con la sborra che cola giù eh, per carità, mica era una bambina davvero. Era una porca terribile e ringrazio il cielo che esistano ragazze così. E ci teneva, era un trofeo per lei… era felice che le venissi dentro. Immagino per il difficile rapporto con la possibilità di procreare che aveva. O con la rarità di farlo con libertà tra profilattici e salti della quaglia. Tra i suoi porno preferiti c’erano anche le cosiddette creampie (che pronunciava sempre “CREMPI”).

Ho foto di lei tutta arcuata che si muoveva come gollum quando aveva un po’ freddo per muoversi dal cesso al divano dello studio e ficcarsi sotto i piumini. Ho linguacce di ogni tipo.

Ed ognuna di queste cose mi taglia, mi perfora. Ci sono anche dei video. Devo togliere tutto dal cellulare e allora le ho chiesto se ne vuole una copia: so che ha tanti trofei tra le sue foto sul pc, di tutti i suoi ex. Ma io le foto le ho di lei, non di me (quelle non credo di volerle far girare… ne ha già altre che sono letteralmente porno fatte con la reflex, quindi è a posto direi) … e dice di si, che le ricordano giorni felici.

Anche a me. Ma a me fa male. Mi verrebbe da dire che le donne hanno questa splendida libertà di liberarsi del vecchio amore, toglierselo via come una pelle. Farsi uno scopamico (amico speciale, dicono alcune, ne conosco almeno 4) e andare avanti, senza spezzarsi, o piegarsi dal dolore. Ma immagino che sia una visione parziale. Eppure è ripetuta: l’ho visto accadere spesso: vanno avanti. Noi mica tanto. Impressione?

Ho foto di ogni sorta di momento felice con lei. Ho foto, ho ricordi. Tutte cose che non esistono: esistevano.

Il signor Dirk Gently diceva una cosa interessante: mi sono accorto che se guardo indietro, contemporaneamente non riesco a guardare avanti?

Ma dove cazzo la trovo una così? E invecchio.

Penso che alle banche non interessi della #desertificazione dell’Italia.

Pensavo: sono un banchiere. Non ho più interesse a dare mutui nemmeno a persone con garanzie, bustapaga e stipendio fisso perché oggi lavori ma domani chissà. Questo dovrebbe, come interessato appartenente al sistema, attivarmi politicamente per tornare a fare affari anche in questo modo: ho grossi interessi in gioco: soldi. Ma … evidentemente non mi frega: la banca è un ente sovranazionale, una multinazionale per definizione… il suo potere e la sua energia stanno nel denaro… possono risiedere anche sulla luna, non ha davvero importanza la geografia per loro… se anche spianassero tutta l’Italia per farci una discarica a loro non cambierebbe nulla… avrebbero sicuramente venduto e acquistato oculatamente ogni asset possibile.

Certo, credo che distruggere valore non giovi a nessuno… ma metterci la fatica e l’impegno, in una nazione, per una banca… dev’essere una barzelletta. Al massimo ti daranno la pacca sulla spalla se l’impegno ce lo metti tu. Perché il tornaconto “personale” o comunque la quantità di interesse per un organismo come quello è ipertrofico… se ci metto qualcosa devo avere un ritorno mostruoso, possibilmente immediato.

E quindi?

Riflettevo solo sul fatto che è ottimistico persino pensare che sia autodistruttivo, per le banche, fottersene della distruzione del paese: non lo è. A loro non interessa. Se la coltura è ricca, il batterio-banca viene a pappare e quando ha finito la pappa se ne va, non gli interessa rinnovare o perlomeno non alle condizioni accettabili per il resto dei cittadini, compresi quelli con le pezze al culo (ovvero una percentuale in aumento).

L’unico interessato a te ed a casa tua sei tu.

La #desertificazione del #lavoro

terra brulla

Le foreste pluviali come quelle dell’Amazzonia, quelle famose per la biodiversità e per il fatto che vengono rase al suolo dalla popolazione illusa di recuperare terreno fertile per le coltivazioni, vengono in realtà inaridite e tenderanno alla desertificazione proprio a causa di questi interventi: la loro ricchezza sta sopra il terreno, che di per sé è abbastanza povero, mentre è proprio la foresta, con tutta la vita che c’è sopra, ad essere ricca: probabilmente a conquistare quello spazio e a funzionare ci ha messo una quantità di tempo davvero grande e chissà quanti avvicendamenti e lenti passaggi evolutivi hanno fatto sì che quell’ecosistema funzionasse in modo tale da perpetuarsi in quelle precise condizioni ed in quelle zone. Togliendo la foresta, sotto c’è del terreno che, anche con le sue ceneri, produrrà frutto per pochissimo, per poi andare a catafascio.
Considero la desertificazione del lavoro in termini simili. La delocalizzazione, lo spostare il lavoro in luoghi dove le condizioni di mera sopravvivenza sono accettate come compenso sufficiente al lavoro, mettendo questo in concorrenza che non essendo alla pari dovremmo definire sleale.
Tutto qui? Pensandoci bene, si. Il motivo principale per cui si fa questo è soltamente il margine di profitto e tutta una serie di parametri che costringono alla competizione globale non solo le aziende, ma le popolazioni degli Stati che le ospitano senza che le popolazioni loro sovrane abbiano avuto voce in capitolo. Questo , quindi, avviene per libertà di pochi imprenditori che con le loro azioni portano conseguenze contro milioni di persone. Questi milioni di persone non sono in grado di organizzarsi e decidere come vivere con le risorse a disposizione sul territorio di cui nominalmente sarebbero “sovrani”.
Ma arriviamo alla desertificazione: in Italia (credo ovunque, ma in Italia di sicuro) la delocalizzazione distrugge la competenza, cancella la conoscenza (entrambe assieme ultimamente definite “know how”), elimina l’alta qualità e tutta la cultura legata a questi tre elementi: comparti e settori e il loro indotto, partendo da industrie , passando ai terzisti e coinvolgendo il terziario (avanzato non lo è mai stato, da noi) , cancellando l’esigenza di ricerca e sviluppo, di progresso scientifico o culturale, di interesse e passione, di storia e causando un dilavamento di ogni elemento fertile del territorio umano, lasciando, se si è fortunati, alla sopravvivenza di sussistenza le popolazioni che in 50 anni non abbiano dimenticato come si faccia ad occuparsene. Come se il boom non fosse mai esistito. Continue reading →

Desindacalizzare, precarizzare, terrorizzare: come eliminare il diritto dei dipendenti in 3 semplci mosse.

immagine raffigurante un uomo che vomita sotto la scritta vomito ergo sum

benessere e ottimismo

Applicandosi con costanza e determinazione otterrete il controllo! Trasformate i vostri concittadini in servi obbedienti o che muoiano senza puzzare troppo (che diminuisce la propensione al consumo).

Ecco una interessante sequenza di mosse che un’azienda può fare per desindacalizzare, desertificare di diritti e rendere precaria la situazione di tutti i propri dipendenti se non è tanto solida e naviga in cattive acque:

Fase 1: Con la motivazione “non mi serve più” butta fuori in cassa integrazione + mobilità tutti quelli che vuole (ovviamente chiude rami funzionali precisi: “non mi serve più la produzione, la programmazione e l’ufficio acquisti” “non mi serve più la fatturazione staccata dalla contabilità” “non mi serve più il magazzino” “non mi serve più l’information technology” “non mi serve la progettazione, l’ufficio tecnico, l’ufficio prodotto, il design, e l’R&D” “non mi serve la manutenzione elettrica, quella meccanica, quella generica” “non mi serve la sicurezza, il controllo, gli usceri” … ecc.

Un pezzo alla volta.

Fino a ridurre a meno di 15 dipendenti: fase 2.

Il dipendente (e il suo futuro, quello della sua famiglia) di un’azienda con meno di 15 persone è pressoché privo di diritti, di protezioni, in caso di situazioni difficili: ovviamente non sto a parlare di casi idilliaci con il capo e il dipendente che – intellettualmente onesti – discutono animatamente e con passione ma si rispettano sempre e per sempre, cenano assieme se vogliono (non perché “se non lo fai il capo ti guarda male” , si, ne conosco di posti così e lo stile Google non è tanto differente, ai miei occhi) e nessuno mai in nessun  diverbio metterà in discussione il tuo lavoro e con esso la tua vita.

Parlo di casi normali: ci sono problemi, non si sa più a che santo votarsi e intanto si licenzia, poi si vedrà. Tu che sei licenziato sai bene che non becchi un cazzo: che non pagherai l’affitto o il mutuo casa o auto. Che nulla ti tutelerà per il periodo necessario (che non si sa quanto sia!) … che sei vecchio a 26 anni per lo stesso mercato che ti dice che devi lavorare fino a 75 anni per poterti fermare.

Non hai tutele di alcun tipo, sei fottuto. E io un paese di fottuti non lo vedo tanto forte. Continue reading →