Puoi aprire un po’ tutte le labbra?

Se c’è una a cui posso chiedere davvero ogni cosa, senza paura che mi giudichi male, ma al massimo mi dica fottiti, mi risponda col dito medio o mi dica “no” e basta, e si va avanti, questa è sicuramente la Kiki. Certo, con l’articolo, siamo al nord.

Non pensavo che avrei mai osato chiedere certe cose a una che sta posando nuda. E invece eccoci a chiedere a Kiki se una volta può aprire di più il buco del culo (e lei mi risponde tutta tranquilla “si, credo di si, mi infilo un cazzo grosso, e poi rimane aperto per un po’, si può fare: vuoi proprio la “O”, vero? tipo per guardarci dentro? Che porco! Ahaha” e si procede con gli scatti che si stava facendo: nudi si, ma niente di eccessivo. Faccio un po’ finta di niente, ma non crediate che non sia rimasto colpito. So che lei è così. Continue reading →

l’armanda

quando ero studente c’era un bar, che ha un nome, ma dicevamo che si andava dalla tipa che lo gestiva. Mi trasmetteva disagio, fastidio, malcelata sopportazione al limite, nei miei confronti. Portamento militare, pulizia in stile austriaco, qualcosa nel terrore della sua dipendente e nel suo apparente servilismo nei suoi confronti sembrava dire di più.

Non avevo notato subito, poi, che stava molto attenta alla gente bene. Dottore! Ingegnere! Avvocato! Maresciallo! Persone importanti, grandi leccate di culo. A me, capellone del cazzo che viene a marinare la scuola, quasi non mi badava. Le avevo detto chiaramente che venivo li per i suoi splendidi caffè aromatizzati (allora non si usava) e che le avevo portato almeno 20 clienti. Sbattercazzo. Mi guardava sempre schifata. Distacco, servizio, lavoro. Me ne sono sbattuto: io volevo quel buon caffè, il caffè dell’armanda. Che era pure sul giornale perché era una donna, perché aveva innovato, perché piaceva. Ho scoperto dopo quanto facile fosse finire sul giornale.

Ecco, ad un certo punto, e neanche tanto tardi, il fastidio è diventato reciproco. Forse entrambi ci lasciavamo di spalle con un “… di merda” sussurrato a denti stretti? Chi lo sa. Non ricordo con esattezza. Io ho sempre distinto il buon prodotto dal resto. Mai detto che siccome uno mi sta sul cazzo non fa bene le cose. Ma specifico bene quali. Ad esempio: è antipatica come la dermatite nel retto, ma il posto è più pulito del dentista e il suo caffè al cocco è meraviglioso. A parte per l’ordinazione non le rivolgerei la parola ma niente, anzi, tutto, da dire sul caffè. E quando ha chiuso, anche se ho pensato “ben le sta, così impara che un bar non è solo prodotto ma anche servizio e che noi non siamo plebe”, chi l’ha sostituita non mi fa la minima voglia di entrare. Tranquilli, regolari, offerta noiosamente irrilevante. Continue reading →

back in black

Mio padre ha 80 anni. I suoi amici non sono tanto più giovani. Mio padre è preoccupato per la mia vita: la mia professione non è attualmente sufficientemente remunerativa da togliersi le preoccupazioni e io non glielo nascondo perché non gli voglio mentire: non lo voglio nemmeno preoccupare troppo ma… si preoccupa, ovviamente, comunque. E così mia madre, poco meno giovane.

Così un suo amico ha preso l’iniziativa, non richiesta, di cercare un aggancio all’italiana: una persona a cui probabilmente la cosa ha, durante tutta la sua vita, ripugnato fare cose simili, ma che lo fa per grande affetto per mio padre che, immagino, manifesti con gli amici più cari la sua preoccupazione per tre figli che non sono certamente dei nababbi.

Questa cosa mi ha ripiombato nella tristezza dell’indeterminatezza, del vuoto, dello schifo. E’ stato certamente un pensiero sincero ed uno slancio di buon cuore. Eppure.

Dentro di me qualcosa urla “ma perché non ti fai i cazzi tuoi? Ma chi ti ha chiesto niente?!”.

Non è ingratitudine: questa stessa scelta e con le stesse modalità e gli stessi dubbi potenti l’ho fatta anni fa: non abbastanza da non far insinuare nuovamente il dubbio, però. Ma ho quarant’anni, signori. La via che ho deciso di prendere alcuni anni fa, l’ho presa proprio mentre un mio carissimo amico mi offriva un lavoro che lui, occupato in quel momento, non poteva accettare ma che era “di tutto rispetto”: posto fisso, mansioni adeguate, stipendio non si sa, ma sicuramente negli standard e di più di quanto non incassi io ora. Continue reading →

Gastellandia

Ho assistito alla presentazione del libro di Giovanni Gastel. Su internet sembrava una persona modesta e gentile. In effetti “umile” non si vedeva. E’ comunque molto aperto e disponibile: secondo quanto pontifica Settimio Benedusi, ad esempio, sono tot punti in meno perché posta su facebook e addirittura con i dati di scatto. Ma poi l’ho visto fuori all’angolo proprio con lui. Chissà se Benedusi lo considera un non-fotografo per questo e poi fanno comarò. Ma in effetti fare comarò non significa nulla. Resta invece l’encomiabile ed apprezzatissima attitudine a condividere questa conoscenza col pubblico: non smetterò mai di apprezzare questo aspetto.
Ad ogni modo: le stampe presenti – aspettativa mia, sia ben chiaro – sembravano stampate su carta da stampante della Feltrinelli … anche se in effetti poi a guardar bene sembrava forex da 2 mm … ma la stampa non sembrava di qualità. Forse, dico forse, Gastel se ne sbatte perché lui presentava un libro, non esponeva. Esporrà al palazzo del bla e bla (roba extralusso, curata da personaggio extralusso).  Continue reading →