Sono un ciccione di merda, perché ho caldo?

Quando una persona grassa cicciona lardosa sovrappeso obesa di merda, come me, fa la stessa identica attività di una persona magra, spesso, (come nel mio caso di un me stesso che si ricorda di aver sempre sofferto il caldo, ma MOLTO MENO da magro) sente un caldo di merda merdoso schifoso PIU’ di quanto non senta la fatica. Il calore è peggiore.

Ma pecché?

Ecco il nostro amico ciattecipittì aggiornato credo sempre al 2021, che ci risponde su “GRASSONE DI MERDA, FAI SCHIFO” il programma per l’inculsività socianale per chi odia essere grasso e alla cosa del prendere la propria responsabilità con gentilezza ancora non ce l’ha fatta, perché in effetti si fa meno fatica a vomitarsi addosso che a risolvere, no? Ecco che tutto ciò resta coerentemente nel fare schifo anche nell’affrontare il proprio presunto schifo. E vale per ogni altra caratteristica indesiderata.

Ma eccoci:

Le persone in sovrappeso o obese tendono a sentire più calore per diverse ragioni:

  1. Maggiore massa corporea: Più massa corporea significa più tessuto che necessita di essere rifornito di sangue e ossigeno. Questo richiede un lavoro extra per il cuore, che può generare ulteriore calore.
  2. Isolamento termico: Il grasso corporeo agisce come un isolante, trattenendo il calore all’interno del corpo. Quindi, una persona con più grasso corporeo potrebbe avere difficoltà a disperdere il calore rispetto a una persona più magra.
  3. Maggiore sforzo: Le persone in sovrappeso o obese possono dover lavorare di più per fare le stesse attività di una persona più leggera, il che può portare alla produzione di più calore.
  4. Meno superficie corporea per disperdere il calore: La superficie corporea per unità di peso è inferiore nelle persone obese rispetto a quelle più magre. Ciò significa che le persone obese hanno meno superficie corporea per unità di peso attraverso la quale disperdere il calore, rendendo più difficile per loro raffreddare i loro corpi.

contesto obbligatorio?

Negli ultimi 10 anni la libertà di espressione – quando non apertamente osteggiata con motivazioni di tipo “politically correct” più intransigenti – viene spesso incasellata nella “contestualizzazione”. Cioè “puoi dire qualsiasi cosa, ma dipende dal contesto”. Per me, purtroppo, il contesto è “tra persone non idiote”. Non un luogo, un tipo di luogo, un luogo frequentato da una categoria di persone, od una o più categorie o sottocategorie di persone tranne quella di saper comprendere il limite tra la parola e l’azione, anche laddove la parola sia una incitazione all’azione criminale, cosa perfettamente già definita come illegale. Sarà dunque l’azione criminale e la negoziazione sociale fino alla definizione legale a comandare, non le parole.

Non vorrei, quindi, che gli unici a poter esprimere concetti che tocchino argomenti sensibili (“edgy”) o in modi che lo facciano, finiscano per restare i comici di professione, su un palco, con un cartello acceso “ora sto facendo lo spettacolo” oppure qualcuno autodefinentesi artista con un qualche tipo di esposizione che gli faccia da contenitore per potersi liberamente esprimere.

La libertà di espressione e di parola oggi in Italia e in USA deve avere un contenitore specifico persino per chi pensa che si possa dire tutto di tutto. Limitatamente, posso capirlo. Ma deve essere una piccola, piccolissima parte, secondo me.

Io so quando qualcuno sta usando l’umorismo per ridere e quando per dire – attraverso un meccanismo comico – qualcosa il cui intento è specificamente l’offesa, cioè il messaggio è l’offesa, arrecare danno, fare del male, ingiuriare, dire qualcosa di volutamente sminuente, non dire qualcosa che serve a fare altro, ma con un modo che tocchi una differente sensibilità. È molto, molto diverso.

Credo sia una battaglia in corso che è bene combattere. Più libertà, non di meno.

Eppure io so, con certezza, cosa significa nascondersi dietro ad una forma per dire che non era tua intenzione una sostanza, mentre invece lo è eccome. È sul filo del rasoio, così come può esserlo il rapporto attorno alle relazioni tra i sessi o meglio, che va verso il sesso. Lo stile con cui si esplica una relazione non è codificato. Non possiamo firmare un consenso per svolgere una conversazione, ma possiamo interrompere ciò che sta accadendo. Appena si interrompe il nostro rapporto, che è ciò che genera dolore, il tutto finisce. Quindi non smette di essere possibile ciò che noi facciamo, ma smette di essere possibile il fatto che NOI continuiamo – TRA NOI – a farlo. Questo è il compromesso tra il fattibile e il non fattibile in caso di zone “edgy”, secondo me.

Così come “secondo me” dovrebbe diventare (grazie Ricky Gervais, lo dico da sempre) il mantra di ogni “è offensivo” o “fa male” di chiunque. Se a NESSUNO va che si dica una parola, questa parola sparirà. Ma se tutti sanno che è classificabile come “volgare”, ma la dicono tutti, tanto volgare non è più: la dice il volgo ma la dice molto, la dice il nobile, la dicono uomo e donna, bambini e vecchi? Allora è solo diventato un grado di intensità di una espressione, che al massimo potremmo dire che è “informale”.

Puoi fermarti, chiedere “cosa intendevi” e vedere se sotto una parola, un tono, una espressione del volto, un gesto, un volume, un verso ci sia qualcosa la cui espressione è intenzionalmente insultante, sminuente, esercizio del poter disporre dell’altro ben oltre il possibile per essere frainteso con una sola espressione vivace di sé. Puoi. Invece di impedire tout-court che si dicano delle cose. Anche che si pensino. Ma del resto, per contrastare un pensiero errato, dobbiamo poterne sentire l’espressione, leggerla, vedere chi la esprime, parlarci, lasciare che dia il peggio di sé.

quello che vuoi tu / eremo #239847

Qualcuno che – proiettando – pensava di farmi sentire meglio per una cosa che fa male a sé, mi ha mandato questa roba. Che è una cosa nei confronti della quale sono profondamente contro. E lo sapete, non è nuovo.

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e insomma ho mangiato QUATTRO biscotti al burro

deliziosi.
239487 calorie. E io ne brucio circa 400 ogni volta che vado in palestra. Un ottimo bilancio. Erano deliziosi davvero e non mi pento e non mi dolgo del mio peccato, perché peccando ho meritato della delizia giù per il gargarozzo.
Ci starò un po’ di più ad eliminare la mia schifosità panzonica. Se rimango. Se vado, almeno ho goduto questi cazzo di biscotti.

Io e gli altri due stonzi eravamo andati a mangiare. Avevo mangiato giusto. Ho pure ribadito alla potenziale modellettacheviendallacampagna che “si, ok, non hai tempo, ma tu intanto contattami e senti e poi vediamo” e la cosa dovrebbe andare. Tutto positivo. Grigiamente positivo.

Poi però caffé altrove.

E nell’altrove… c’è sempre un dolcetto cazzo dibbudda. E li non ci andavo da tempo. Conosco il posto: sono raffinati, si sono ulteriormente raffinati, conosco il padrone da quando ci davamo dei cazzoni e continuiamo a farlo anche se lui ormai ha a che fare con la cremedellacaziodecreme… e so che non fa niente a caso. Quindi vale sempre la pena di assaggiare. Eh si. Buoni buoni buoni. Ma erano sostanzialmente quattro piccoli panetti di burro con una polverina di altro mescolata.

Favolosi.

Anche il caffé.

Vaffanculo.

SONO UN CICCIONE DI MERDA

ciccione

diversamente tartarugato

Io lo posso dire. Nessuno può aggiungere “di merda” ad un qualsiasi identificativo corrispondente a verità che sia adeguato alla mia condizione. Ad esempio io sono Cristiano/Cattolico perché mi hanno battezzato, ho fatto la comunione, confessione, cresima. Non sono praticante, io stesso NON mi considero Cristiano ma… non ho fatto lo sbattezzo. Per il prete stesso credo non sia possibile considerarmi qualcosa di diverso.

Dirmi Cristiano è come dire Ebreo ad un Ebreo. E’ offensivo? Io non mi offendo. Dire “Ebreo di merda” ad un Ebreo è come dire “Cristiano di merda” a me. E come dirmi “ciccione di merda”. Io ciccione lo sono, ma la quantità di merda presente nel mio corpo non è davvero sufficiente per identificarla come parte costituente principale della mia persona. Quel “d merda” è la parte offensiva. La parte “ciccione” no. Ho la panza (non sono quello della foto, questo tizio mi batte parecchio), le mie braccia sono flaccide, il mio culo non è tonico e sodo, dietro al collo ho un accumulo di grasso che io stesso riesco a sentire se alzo la testa. Sono tutti fatti, uno dietro all’altro. Lo dico io. E se lo dice qualcun altro, ad alta voce, mi ferisce. Mi ferisce perché è vero. “Offesa” è questo: vulnus, ferita, mi ferisce. Usiamo tante parole perché la lingua si è evoluta, ma alla fin fine questo succede: vengo ferito, provo sofferenza, ma per cosa è che divento triste?

Per il riconoscimento esplicito della mia condizione. SONO grasso. E’ un fatto. Continue reading →

body shaming

Sotto questa definizione fichetta si nasconde il “prendere per il culo la gente per il proprio corpo”.

I bambini lo fanno sempre. Se hai una parola per definire quella cosa, da bambino, la usi. Se esiste un’alterazione la usi. Se è bastardo questo uso, tu lo usi.

penitenziagite

penitenziagite

Da adulti diremmo “per darsi importanza”. Se portati a sociologia o psicologia diremmo “per far parte del gruppo” (del branco, per senso di appartentenza) – certo, purché il gruppo sia la maggioranza.

Il diverso ha qualcosa nel proprio corpo che gli altri, la maggioranza, non hanno. La maggioranza, i normali, non hanno gli occhiali, non sono troppo magri o troppo grassi, alti, bassi. Non hanno i denti troppo o troppo poco qualcosa. E così per ogni altra parte del corpo, della pelle e della sua pigmentazione (lentiggini comprese).

Credo sia riprovevole, da non fare.

Nonostante questo… il mio cervello? boh, fa sempre due giudizi immediati nonappena si presenta un altro essere umano: te lo/la scoperesti: si/no. E “bello/brutto”.

Così, rapido, ultrarapido forse. Di solito è rapidissimo con maschi, anziani e bambini nella prima fase. Non mi scoperei bambini, anziani e in ogni caso non maschi. Spesso questo impulso è mischiato: l’essere attraente o il suo contrario (repellente) sono mescolati: senso estetico generale?

In qualche modo sono io, sono la stessa persona che penso “che cicciona di merda”, tanto quanto lo penso se vedo me stesso allo specchio. Di sicuro l’eccesso di magrezza, verso il quale sono sicuramente meno sensibile, mi provoca comunque ribrezzo: se mi ricordi uno scheletro o la morte, tutto penso fuorché sei bella, ergo ultrarapido l’altro pensiero inespresso ma eseguito in automatico “non ti scoperei”. Ma questo accade e basta.  Continue reading →

what a PANZ! my god!

immagine raffigurante un missile panciuto denominato fat man

immagine (C) wikipedia

ma insomma ho la panza. Il resto del mio corpo non fa quello che fa quella zona. Il resto segue una dieta corretta ed equilibrata, ma qui (gesto PAF PAF schifosetto) in questa zona… il mio corpo e il metabolismo in generale hanno detto “ah ma noi no eh, noi facciamo vacanza, prova a mandarce via, c’è l’articolo diciotto dell’adipe!” e quindi l’insaccato mette su casa, il sughetto si attarda, la patatina fritta nonché il sale in essa contenuto che – tutti sanno – aumenta la ritenzione idrica … tutti quanti si coalizzano e stanno li in piazza a panzeggiare … e se dovesse mancare il gas della bibitina, lo si chiama e anche lui soggiorna volentieri, non ci si fa mancar nulla.
Ma che ppalle! Adesso in sostanza (panza) dovrei? cosa? Fare palestra?
Si, ecco.
Ma … uf! Tempo impiegato nel solo scopo di non dovermi sentire una merda?
Mh, fammi pensare…
In effetti… è una idea da considerare.