tristezze altrui #298437294387

Un ragazzo mi ha dato lavoro, un secondo lavoro, dal 2006 ad oggi. Sempre meno a dire il vero, ma comunque qualcosa. Questo mentre facevo il mio vecchio lavoro. Quindi a mano a mano che il mio vecchio lavoro andava verso la rovina, contemporaneamente ricevevo meno incarichi per il secondo lavoro. La crisi, il risparmio.

Ma questo ragazzo, per quanto sia una testa di rapa per mille cose, un maleducato in cento altre, resta comunque un ragazzo ed ha almeno una parte di ammirazione da parte mia perché ha una impresa in proprio. D’accordo, l’ha pagata suo padre. Ma resta il fatto che gestire da soli un’attività non è facile. D’accordo, la gestisce con suo padre. Ma suo padre invecchia.

Comunque io sono più vecchio di lui e per quanto non mi fosse stato richiesto ho ben pensato di ammannirgli pistolotti paternalistici in tutti questi anni: non sono cascati così male. Protesta, ma alla fine mi chiama anche per chiedere consigli, non solo per darmi lavoro. In un certo senso fa piacere, anche se mille altre volte è una rottura di maroni perché, credetemi, non è un bel disquisire.

Tra alti e bassi mi è capitato quindi, ricordo, di osservare che lasciava fare troppe cose a suo padre: era vecchio e, Dio ce ne scampi, poteva restarci secco in qualsiasi momento. La pigrizia e le scuse che la mascheravano sono state infinite. Il delegare mestieri pagandoli (e cercando di non pagarli) ad altri non è mai diminuito. Pochi o nessuno i corsi strettamente legati alla sua professione.

Tanto, però, l’impegno da negoziante, da mercante, da “stratega della vendita” per cercare di farcela, di inventarsi qualcosa, di stringere alleanze o dividere spese …

Ma è un ineducato, un diseducato, un refrattario all’educazione. Uno che si vanta di mal sopportare determinate regole.

Ora me lo trovo a notte fonda, da solo, a rendersi conto che suo padre si sta pian piano ritirando, che la baracca va a rotoli e che lui – dice – sa fare bene solo quello.

Tutti i “te l’avevo detto” del mondo mi si spengono subito. A che servono? Lo invito ad andare a dormire sodo e guardarsi due cazzate prima, per non fare una nottata nera, che so io cosa vuol dire. Domani forse potrebbe anche ragionare.

Ma era uno che alle scuole superiori se non gli piaceva una festa faceva saltare la corrente e ricorda il fatto dopo 12 anni come una prodezza. Dentro quella testa non c’è solo stronzeria, ma non è esente. Io mi rattristo comunque: mi sembra il simbolo della parabola distruttiva di una mancata educazione e della manifestazione del suo risultato nella potenziale miseria di un essere umano.

E contemporaneamente la sento una ingiustizia: la solita che ti fa sentire che se non sei “utile” allora puoi anche morire, per questo mondo. Non vale solo per i simpatici.

Lettura consigliata: Perché siamo così ipocriti sulla guerra?

immagine che ricorda la violenza dei forti sui deboli

questo siamo

Per l’editore Chiarelettere è uscito il libro di Fabio Mini dal titolo “Perché siamo così ipocriti sulla guerra?“. Lo consiglio. Il curriculum dell’autore non è secondario. La sua autorevolezza non gli viene solo dall’aver prestato servizio “in alto” … ma dalla parte dalla quale non ti aspetteresti di sentir parlare chiaro in questi termini delle motivazioni della guerra, del nostro atteggiamento e soprattutto di chi governa il mondo e i nostri paesi: che questa gestione venga dallo stato oppure dalle multinazioanali.

E’ un Generale a parlarci e a dirci quello che il pezzente al bar sa da sempre, che il populista ha facile gioco ad urlare per il proprio lato politico, e il poeta dissacratore o la satira affermano come un dato certo. Ma che poi, dati alla mano assenti, tacciono quando sentono in faccia l’odore dell’alito del potente che, una volta ogni tanto, raggiungono. Continue reading →