In un’intervista ad uno della Banda della Magliana, si riferisce ad Enrico de Pedis come ad uno che “non era di compagnia”, perché non andava, con loro, in gruppo, a troie, orge, a drogarsi e bere. Questo, per quel tale, che era schietto e chiaro in quella intervista, anche divertito, era “essere di compagnia”.
Devo sentire un mafioso, un criminale, riferirsi alla versione “100% free” (per via dell’averne i soldi e l’impunità) di quello che la maggior parte della gente chiama “fare festa” ed anche “essere di compagnia“. Ma io direi che questi sono esseri DA compagnia. La compagnia come entità, gruppo, il classico “branco”. Se sei da branco, da gruppo, con quel gruppo ti senti un tutt’uno mentre bevete, ruttate, fate il cazzo che fate tutti. Se non sei da gruppo, in quel mucchio ti senti solo.
Io sono così.
Ma bisogna sempre vederla dai tue lati: sono di compagnia, per me, quelle persone? Io mi annoio mortalmente con quelle persone. Ok, forse le orge. Non so. E non credo, sinceramente. Di solito quel genere di gruppo mi annoia, non mi fa compagnia, non mi fa tornare a casa soddisfatto. Eppure quando trovo questa o quell’altra persona giusta, che sia uomo o donna, che abbia 15 o 90 anni, ci chiacchiero per ore, ci faccio le 4 di mattina senza che nessuno cerchi la porta per uscire. Quindi davvero non sono di compagnia? E davvero quelle persone, per me, non lo sono, solo perché non sono degli hooligan ad un qualche livello?
Selettivi, snob, disadattati. Ma sicuramente non asociali. La società non deve essere tutta massa, gruppo, squadre. La società è fatta di individui. Due teste, due cuori, due cervelli e due mondi che si intersecano ne hanno già a bizzeffe da dirsi e darsi.
Devo ringraziare un mafioso, dunque, per aver posto la luce su “essere di compagnia”.