Riconosco le quattro

Le quattro riesco a riconoscerle. Mentre qualcosa mi tiene sveglio, il mal di stomaco sottolinea, l’amaro in bocca lo accompagna mi chiedo che ore siano. Ascolto. Non sento quasi niente. Ed è un quasi niente che riconosco. Se mi avvicino il quasi cambia subito: il frinire è leggerissimo, diverso dalle 5, diverso da quello del pomeriggio caldo. Niente uccelli. Rarissimo il traffico in lontananza. È un momento che può essere pace o dannazione: l’insonnia è così. Beh anche la vita. Qualsiasi cosa, ok.

Allora penso di alzarmi ed occuparmi di ciò che mi preoccupa. Ma una delle altre preoccupazioni è che gli occhi mi si chiuderanno e sarò stanco quando ci saranno le persone con le quali posso finire queste cose. Una preoccupazione che ho da una dozzina d’anni. Non è stancarmi ora, ma essere stanco dopo, in un momento non controllabile. Ma mi alzo, mi occupo di questa cosa inutile di riconoscere le quattro di notte o del mattino.

La mia preoccupazione più grossa è che non penso di riuscire a procurarmi la morte rapida ed in dolore con una sostanza facilmente ingeribile. E figurarsi reperibile. La vita, del resto, si presenta con sempre più schifo e meno bello. Più problemi e meno serenità a farla da anziani.

Le altre preoccupazioni sono tante, ma quelle attuali trattano gli anziani veri, i miei.

Mi accordano una fiducia sostanzialmente illimitata ma io la vedo anche come una gran rogna. Non so se con arroganza, supponenza, incoscienza ma stranamente li capisco: mio fratello ha dato prova di inaffidabilità (e menzogne) e mia sorella è troppo concentrata sul terrore per sé. Certo non sanno che desidero e cerco la morte. E non dico affatto che i miei fratelli non abbiano ragioni per sentirsi come si sentono. Ciononostante il risultato è che se sei nel bisogno di dire “a chi affido questa cosa qui” ? Ti guardi intorno e il meno peggio forse sono io. Il che è orrendo, il livello è basso basso.

A volte penso che le “abilità” che ho accumulato sono grigie e burocratiche, ma davvero utili in queste situazioni: gestire regolarmente, in modo tracciato, con la fedeltà con la quale seguiresti le tue, le finanze altrui. Prima una banca, poi l’altra. Mi tremano un po’ le gambe. Penso che un giorno i miei fratelli diranno che non è giusto e chissà che. Che me ne sono approfittato. Che sono state fatte delle preferenze. Ma di certo non sono state fatte col cuore, queste. Sono totalmente razionali, analitiche: sulla base di osservazioni prolungate e con quel tipo di fiuto che ti da la paura: quello la non mi piace, ma se devo affidargli la mia sicurezza vado da quella. Ecco, quel tipo di decisione.

Ho esagerato, non dico affatto di non piacere ai miei. Ma di cuore, almeno mia madre, è chiaramente per mio fratello. Forse però capisce che non può affidargli la regolarità di un conto, non è “solerte” nel sgranare le rogne.

Sto cercando dei buoni motivi. La verità è che mi sento terribilmente inadeguato, meschino, intrappolato mentre vorrei fuggire. Eppure mio padre mi tiene economicamente in vita. Mi sta dando le chiavi per gestire ciò con cui LUI aiuta me.

Credo che essersi visto rubare i soldi in casa da mio fratello sia sufficiente per spostarmi in classifica: direi non un mio merito quanto un suo demerito. Aveva dei motivi? Ok, ma tant’è.

Mia sorella non è forse capace? Certo che si, ma dà l’impressione di impazzire per la pressione di casini che già ha.

Eppure qui io sono l’unico che ingerirebbe immediatamente la pillola della morte immediata. Ho anche dato un piccolo avanzamento alla restituzione di debito a M.

Certo non sono andato avanti nell’eliminazione delle mie tracce terrene, non a sufficienza, eliminando l’inutile, il non desiderato da riciclare. Ecco, le quattro sono perfette per ragionare lucidamente (se convenite con me, altrimenti con lucida pazzia) di questa roba. Tutti dormono.

Ecco che arrivano le cinque, quasi: aumenta il volume, gli uccelli iniziano a cinguettare.

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