Eh ma è fatt* così

Nella 8 ore di discussione che ebbi con mio padre uno degli argomenti che spuntò fuori era sostanzialmente il nonnismo. Non lo abbiamo chiamato così, ma sarebbe stato meglio.

Uno dei detti che hanno sostenuto lui era “L’età fa grado”. L’anzianità è già di per sé un dovuto riconoscimento di merito. Questo detto così, in assoluto, per me non vale un cazzo, lo sa. Sa che per me il valore va dimostrato, non è dovuto solo perché sei qualcosa. Vecchio, titolato, elegante. Spesso bastano due parole, basta solo che fai. Ma in caso di contestazioni, non basta l’autorità del grado. Naturalmente lui si riferisce soprattutto al mondo del lavoro ed in particolare quello dell’edilizia tutta, cantieri, progettazioni, rilievi topografici, perizie per tribunali, costruzioni. In quel mondo può starci: se sei ancora operaio dopo 30 anni è probabile che tu la cazzuola la sappia usare. Ma è anche probabile che se sei ancora operaio, non sei riuscito ad usarla poi tanto bene. Magari non hai voluto. Magari sei una testa dura, lo sei sempre stato e sempre lo sarai: e – sue stesse parole – con l’età si peggiora. Quindi non mi pare che faccia grado. Al massimo farà degrado.

Un’altra cosa riguardava il “comprendere l’imprenditore”. Sia io che mia sorella saremmo dovuti essere “più comprensivi” con il mio vecchio datore di lavoro (ma poi erano almeno 4 a livello di “gente in alto che ti da ordini”) perché la posizione comporta pesi, responsabilità, pensieri eccetera eccetera.

Ma i cazzi li hanno tutti: io ho i miei, tu hai i tuoi. Io non sono autorizzato a mancarti di rispetto perché ho i cazzi miei, tu nemmeno. Sono tutti cazzi tuoi e non me ne frega un cazzo, se li usi come scusa – perenne – per trattare in malomodo gli altri. Hai semplicemente l’abitudine a non pulirti il culo. Bene, abituati che ce lo si pulisce anche quando si hanno problemi, che diventi un automatismo. L’educazione è questo.

Perché quando si tratta di un diverso tipo di comprensione, siamo tutti umani, nessuno è così stronzo di base: sei preoccupato, anche io sono preoccupato. Ma so anche cosa fai tu con me quando io sono preoccupato. Se te ne sbatti, non ne tieni conto, me lo ricorderò e quindi non è proprio il caso che ti appelli ad una desiderata comprensione se sei uno stronzo coi sentimenti degli altri. Perché la mia intelligenza mi permetterà di comprendere, ma la mia esperienza ed i miei sentimenti non renderanno GIUSTO quello che fai: non sei giustificato, non sei scusato: ho solo compreso cosa ti porta a fare il male. Un po’ come un criminale che è frutto della sua situazione di vita. Avrai – forse – delle attenuanti. Ma la vittima non ne ha colpa, dei cazzi tuoi. Al massimo ne ha colpa come “persona che fa parte della società”, quella milionesima parte è la sua responsabilità nei tuoi confronti.

Detto questo, mi rendo conto che l’abitudine al nonnismo però un po’ ti indurisce. Gente che ti tratta a cazzo perché sì, a cui si lascia fare perché sì, alla fine ti rende più corazzato. Fai quello che devi fare, mandi un sottosistema automatico di vaffanculitiodio ma le cose procedono. Non diventi “non faccio le cose con quello/a lì perché è antipatico uffi”. Le fai. Non ci bevi una cosa, non lo tiri su se cade per terra, attendi infastidito e casomai lo/a biasimi “non farmi perdere tempo” esattamente come loro fanno con te.

Però davvero, ti fa andare avanti e dire “so che quella persona ha problemi a gestire la tensione, ma so anche che mi è molto grata ma in questo momento sta trattendendosi per non crollare, per non piangere, per non trovare tutto schifoso, e anzi: quello che fai glielo rende accettabile e domani se ne renderà conto dopo che avrà dormito” in altre situazioni. Certo non sono situazioni di prevaricazione e mancanza di rispetto, di autoritarismo. Magari semplicemente senti che non è tutto rose e fiori anche se per te lo è: beh, per quell’altra persona – ecco cosa è la comprensione – no, quindi non esprime la soddisfazione per il lavoro fatto, non sembra contenta, non sembra grata. Perché il denaro queste cose non le cambia: al massimo è l’unica cosa che rende tollerabile in simile comportamento. Ma quando è gratis è, spesso, la stessa cosa. Anzi, potrebbe entrare in gioco il disprezzo, anche inconscio, invece della gratitudine.

Alla fine io ci vedo una grandissima incapacità di autocontrollo, l’abitudine al comando (non alla leadership, sia ben chiaro, sono due cose diverse) che non viene contestato per tradizione, non per rispetto o riconoscimento di merito. E questo è solo frutto di atteggiamenti familiari: maschi in mezzo a femmine di secoli scorsi e cresciuti in quel modo, figli unici viziati di ogni secolo, abituati ad avere a che fare solo con chi vogliono e non con chi capita e farci pace. Mammina e papino, sé stessi e la propria mente, gli amici che scegli. Ma è sempre tuo fratello o tua sorella, il tuo pari per nascita, che ti mette in riga. Non sei nessuno, sei come me, in caso di contestazioni.

Nei social vedete spesso lo humour dei meme riguardante l’odio per la propria classe scolastica, gente con cui non vuoi avere a che fare. Sono quasi tutti figli unici quelli di queste generazioni. Certo non posso dirlo con accuratezza statistica, solo osservando ciò che mi circonda.

Il secolo scorso era meno rispettoso in generale e moltissimo più rispettoso in particolare, proprio con la deferenza. Ma era tutto formale: dovevi “rispetto” secondo determinate regole, non perché fosse rispetto. Era dovuto. Ai vecchi, ai maschi, a chi si comporta secondo una certa formalità, alle donne solo nelle forme della cavalleria, ma sotto sotto era disprezzo, ai ricchi e notabili, illustri per pubblico riconoscimento. La persona? Cos’è? Che dici? Che fanfaluche e melensaggini sono queste?

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